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(Articolo pubblicato da Le Journal Hebdomadaire, n. 422, 19-25 dicembre 2009)


Taghjijt, una nuova Sidi Ifni?


Per aver diffuso in Internet alcune testimonianze sulla repressione messa in atto a Taghjijt, un piccolo villaggio nel sud del Marocco, il blogger El Bachir Hazzam è stato condannato a quattro mesi di carcere, colpevole di aver “infangato la reputazione del Marocco nel settore dei diritti umani”


Taghjijt è stata teatro di eventi simili a quelli registrati un anno fa a Sidi Ifni? Tutto porta a crederlo. Come a Sidi Ifni, di fronte alle legittime rivendicazioni della popolazione locale, la risposta delle autorità è stata l’utilizzo sproporzionato della forza, l’accerchiamento della città e l’arresto dei presunti “agitatori” che hanno dato il via alle manifestazioni, tra cui il blogger del villaggio El Bachir Hazzam.

Punizione collettiva
Il villaggio di Taghjijt, situato 70 chilometri ad est della città di Guelmim, è stato teatro di violenti scontri tra gli studenti saharaoui e le autorità locali, in seguito alle rivendicazioni per le condizioni di trasporto degli universitari. All’origine, le manifestazioni cominciate subito dopo l’Aid Kebir. E’ stato allestito un sit-in di fronte al municipio con l’obiettivo di consegnare al Caid un documento contenente le rivendicazioni. Ma i responsabili hanno rifiutato il dialogo ed hanno arrestato tre studenti. “Tutto è cominciato il 1° dicembre, con le proteste degli studenti saharaoui, che manifestavano per il mancato rilascio dei buoni-viaggio. Degli sconti riservati agli universitari, che permettono di raggiungere gratis la città di Agadir”, racconta Said Benjebli, presidente dell’Associazione dei blogger marocchini. Tra i tre studenti arrestati c’è Abdelaziz Sellami, anche lui blogger e membro di uno dei movimenti della sinistra radicale, incarcerato per aver partecipato alla manifestazione. Gli assembramenti, da questo momento, diventano sempre più numerosi. Arrivano rinforzi da tutte le parti e iniziano gli scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine, che inseguono i dimostranti fin dentro le loro case e nei douars circostanti.
Tutta la zona, per due giorni, è circondata dalle forze di polizia. Ogni persona che cerchi di entrare o uscire dal villaggio viene sistematicamente perquisita. “Per 48 ore Taghjijt è rimasta isolata dal mondo esterno”, aggiunge Benjebli. “Questo tipo di repressione, che ci ricorda i tristi avvenimenti di Sidi Ifni, è semplicemente inaccettabile. La punizione collettiva inflitta a Taghjijt è servita a seminare il panico, e questo rientrava negli obiettivi delle autorità. Bisognerebbe rispondere con dei programmi di sviluppo alle richieste degli abitanti del Marocco profondo, invece di martirizzarli”, tuona Abdellah Birdah, presidente della sezione AMDH (Associazione marocchina per i diritti dell’uomo) di Tiznit, che segue da vicino le vicende di Taghjijt. Le irruzioni della polizia non risparmiano nessun quartiere del villaggio. Testimoni sul posto parlano di tortura, e anche loro paragonano quanto successo a Taghjijt agli eventi di Sidi Ifni. Altre tre persone vengono arrestate, tra cui il proprietario di un Internet point, Abdellah Boukeffou. “Ha passato due giorni all’ospedale di Guelmim, dopo essere stato torturato dai poliziotti e dalle forze ausiliarie. Secondo alcune voci, sarebbe stato sorpreso mentre metteva in linea un comunicato degli studenti amazigh. E’ accusato di incitamento all’odio”, racconta un abitante del villaggio. I cybercafé della città sono sottoposti alla stretta sorveglianza delle autorità, affinché le informazioni sull’accaduto non vengano pubblicate in rete. “Ci sono state delle vere e proprie operazioni di rastrellamento. Molte persone sono finite in arresto, oltre una decina, tra cui due minatori in seguito rilasciati”, afferma Benjebli.

Colpevole di giornalismo “civico”
Bachir El Hazzam viene interrogato lunedì 7 dicembre. E’ stato il primo a parlare degli avvenimenti che hanno coinvolto il villaggio e a commentarli nel suo blog, hazzam82.maktoobblog.com. Il 3 dicembre, due giorni dopo l’inizio degli scontri, pubblica il comunicato di protesta degli studenti di Taghjijt, togliendo così dall’isolamento, almeno virtualmente, il suo villaggio. “Hazzam è stato convocato dalle autorità il 7 dicembre. Ha passato le prime ventiquattr’ore in isolamento, prima di ritrovare gli altri abitanti finiti in arresto. Era nel mirino delle autorità da molto tempo”, spiega il presidente dell’Associazione dei blogger marocchini. Stando a quanto riferito dagli amici di Hazzam, durante l’interrogatorio gli investigatori gli hanno chiesto delle spiegazioni in merito ad un articolo scritto nel settembre del 2007, dopo le elezioni legislative. In questo articolo, intitolato “Promesse elettorali: verità o illusioni”, Hazzam evocava la necessità della creazione di “un fronte nazionale per difendere gli interessi supremi del Marocco”. Due anni più tardi, dunque, Hazzam si è trovato costretto a spigare che cosa volesse dire con “interessi supremi del Marocco”! E’ accusato di “pubblicazione di informazioni che danneggiano la reputazione del Marocco nel settore dei diritti dell’uomo”. Un altro blogger della zona e militante amazigh, Boubker El Yadib, è tuttora ricercato per aver pubblicato degli articoli critici sull’amministrazione della regione nel sito Sousspress. “Le autorità non vogliono che nel resto del paese si sappia cosa è successo a Taghjijt”, spiega Benjebli. I cinque fermati sono stati portati in giudizio con differenti capi d’accusa: distruzione di proprietà dello Stato, oltraggio all’indirizzo di funzionari pubblici e costituzione di gruppo armato. Ma i primi tre studenti finiti sotto accusa sono stati arrestati quando ancora non erano cominciati gli scontri. “Gli avvocati sono convinti dell’innocenza degli imputati. Per quel che riguarda il caso di Hazzam, l’AMDH domanda la sua liberazione immediata, dal momento che la libertà di espressione resta, in ogni caso, una prerogativa irrinunciabile”, afferma il responsabile dell’AMDH a Tiznit.
Una manifestazione di solidarietà verso le vittime della repressione di Taghjijt è stata organizzata dalla sezione Attac di Guelmim il 10 dicembre, giorno che coincide con il mercato settimanale. Gran parte della città ha preso parte alla dimostrazione. Dopo essere stata sollecitata dall’Associazione dei blogger marocchini, The Arabic network for human rights information, una organizzazione di stanza al Cairo, ha chiesto al governo marocchino di liberare Hazzam, di “interrompere gli attacchi alla libertà di espressione nel paese e di difendere il diritto di riunione pacifica”. Nella lettera indirizzata alle autorità, l’organizzazione egiziana ha accennato anche al caso del giornale Al Michaal e a quello dell’attivista Chakib El Khiyari. Reporters sans frontieres ha denunciato le condanne, “che segnano un passo indietro e dimostrano come, nel regno, la libertà di espressione su Internet non contempli ancora le critiche rivolte ai responsabili del regime”. Le condanne inflitte ai cinque abitanti di Taghjijt non hanno bisogno di alcun commento: quattro mesi al blogger Hazzam, un anno al proprietario dell’Internet point Abdellah Boukeffou e sei mesi per gli altri tre accusati, tutti studenti. Attac organizzerà nei prossimi giorni una marcia nazionale diretta a Taghjijt, per denunciare il verdetto del tribunale. Il “feuilleton Taghjijt” è solo all’inizio.

Hicham Houdaifa