Stampa




Jeune Afrique, 2/8 agosto 2008



Mauritania: Aziz alla resa dei conti



Dopo aver promesso tutto, l’ex capo della giunta e nuovo presidente adesso riceve richieste e doglianze. Ma le finanze dello Stato gli consentono pochi margini di manovra

Il 26 luglio una lettera dai toni perentori è stata indirizzata a Mohamed Ould Abdelaziz. Il mittente, il Collettivo degli abitanti di Socogim Plage, una lottizzazione di Nouakchott che si stende sulle rive dell’oceano, “desidera attirare l’attenzione del presidente dei poveri” sui problemi che “ogni giorno” si vivono nel quartiere: “interruzioni croniche dell’elettricità, soprattutto di notte”, e dell’erogazione dell’acqua “per lunghi periodi che vanno da una settimana ad un mese e anche di più”. Lo stile è cortese. Almeno fino ad ora. Perché, in chiusura, i mittenti ricorrono a quello che sembra una vera e propria ingiunzione al capo dello Stato, esigendo da Mohamed Ould Abdelaziz, niente meno che una “soluzione definitiva dei loro problemi”.
Di lettere del genere, Aziz rischia di riceverne a pacchi. E’ il prezzo della sua elezione, il 18 luglio, con un impegno ambizioso: io sarò il “presidente dei poveri”, ha ripetuto l’ex-generale (ha dovuto dimettersi dall’esercito per potersi candidare alle presidenziali) dopo il colpo di stato del 6 agosto 2008. Uno slogan che ha anche accompagnato a qualche atto concreto, girando per le bidonville ad annunciare il prossimo trasferimento degli abitanti, ordinando personalmente l’acquisto di uno scanner – ancora recentemente ce ne era solo uno in Mauritania -, trasformando la residenza nuova di zecca del Primo ministro in ospedale “della madre e del bambino”… Fisicamente su più fronti, in diretto contatto coi più poveri, Aziz ha voluto mostrarsi onnipotente per undici mesi. E adesso che è stato eletto, è a lui direttamente che ci si rivolge per la minima richiesta.


Un possibile salvatore
Acqua, elettricità, cure, alimentazione, infrastrutture di trasporto: attese fondamentali pesano sulle spalle di colui che tutto ha promesso. Uscendo dal seggio elettorale, il 18 luglio, Meina, 38 anni, che aveva appena votato per Aziz, così spiegava la sua scelta: “Ho votato per lui perché in un breve periodo ha fatto molto per i poveri: ha distribuito delle terre, ha ridotto i prezzi, ha costruito delle strade. Per la prima volta, a Nouakchott, abbiamo un marciapiede in asfalto senza sabbia”.  Riconoscente, questa madre di due bambini, si è dimostrata tuttavia anche esigente: “Dovrà continuare quello che ha cominciato”.
Quarto capo di stato in quattro anni – dopo Ely Ould Mohamed Vall, Sidi Ould Cheikh Abdallahi e Ba ‘Baré- Mohamed Ould Abdelaziz è stato scelto da elettori disillusi dal teatrino della politica. In questo militare che ha dimostrato verso di loro un’inedita attenzione, essi hanno intravisto un possibile salvatore. Ma la loro pazienza si esaurirà presto se il “candidato dei poveri” non si trasformerà nel “presidente dei poveri”.
Sarà capace di cambiare pelle? “Si vedrà se questo undici mesi sono stati polvere negli occhi”, previene un economista. Un mandato di cinque anni non sarà sufficiente a far uscire dalla povertà 1,5 milioni di Mauritani. Perché lo Stato é alle strette – il 20 luglio dei professori di scuola superiore aspettavano ancora lo stipendio di giugno – e dispone solo di una stretto margine di manovra. E’ indebitato col settore privato e le sue entrate – soprattutto doganali – si riducono, mentre aumenta la bolletta dell’importazione.
Corollario della promessa di redistribuzione della ricchezza, quella della lotta alla corruzione ha colpito nel segno. Ma è sostenibile? In genere, l’indispensabile sostegno finanziario assicurato dalle lobbie degli uomini di affari ad una campagna elettorale viene ricompensata col clientelismo. Resta da vedere se la tradizione sarà rispettata da Mohamed Ould Boumatou – proprietario della Boumatou SA, impresa attiva nel commercio di sigarette, il settore aereo, gli autosaloni – che ha apertamente e generosamente aiutato Aziz.
Militare, arabo-berbero, originario di una tribù del nord della Mauritania (gli Ouled Besbah):  se il suo profilo è assai caratterizzato, va detto che,  il giorno delle elezioni, Mohamed Ould Abdelaziz è riuscito a mettere insieme cani e porci. Anche nella valle del fiume Senegal, tra i negro-mauritani che in maggioranza sono per Ibrahima Sart, molti hanno votato per lui. Certamente convinti dalle prese di posizione di Aziz sul “passivo umanitario”, espressione pudica che indica le vessazioni inflitte loro tra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni ’90. Aziz ha riconosciuto che bisognava  “curare le ferite ancora aperte”e si è impegnato a indennizzare le famiglie. Ma non è detto che un risarcimento pecuniario sia sufficiente. “Non si può perdonare in questo modo – sostiene Ibrahima Sart. Occorre fare delle indagini per accertare le responsabilità”. Un’esigenza di giustizia difficile da soddisfare quando la gerarchia militare, il cui sostegno è indispensabile per restare al potere, è implicata pienamente negli avvenimenti di quegli “anni di fuoco”.

Le minacce di Al Qaida
Nell’immediato, anche altri problemi incombono su Mohamed Ould Abdelaziz, per esempio quello della sicurezza,   e le minacce di Al Qaida nel Maghreb islamico (AQMI): è accertato che diverse decine di elementi mauritani sono stati reclutati nei suoi campi nel nord del Mali e al sud dell’Algeria. Per uno che, appoggiandosi al suo grado di generale, ha giocato la carta dell’uomo forte, riuscire a dominare questi potenziali terroristi è indispensabile alla sua immagine.
Più importante ancora è il fronte politico. Aziz scioglierà l’Assemblea nazionale? Essa è presieduta dal suo più feroce detrattore, Messaoud Ould Boulkheir che, di concerto con Ahmed Ould Daddah, leader del Rassemblement des forces  démocratiques, ha denunciato il 28 luglio elezioni “né libere, né democratiche, né trasparenti”. Ma l’organizzazione di nuove elezioni legislative può dimostrarsi una scelta troppo costosa. Senza contare che il capo dello Stato dovrebbe già contare sulla maggioranza all’Assemblea. Dunque attenderà probabilmente la fine della legislatura e l’approvazione della legge finanziaria del 2010. Fino ad allora, dovrà consolidare una legittimità che le accuse di frode elettorale continuano a porre in dubbio. E una volta investito – la cerimonia è prevista per il 5 luglio – dovrà formare la sua squadra, primo banco di prova per quella “rottura” tanto promessa.

Marianne Meunier