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Il comandante delle forze armate USA in Afghanistan, generale David Petraeus, ha detto alla BBC che  sarebbero stati organizzati dei negoziati a livello locale con i talebani insorti (non i grandi leaders talebani, ma solo i leaders locali).  Il segretario di Stato britannico per gli Affari Esteri, David Miliband, ha recentemente detto che bisognava prepararsi a negoziare con i leaders delle tribù moderate alleate con i talebani. Probabilmente i negoziati più importanti saranno organizzati in altri paesi (Turchia, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita).

Gli Stati Uniti alfine hanno ceduto alle pressioni inglesi, che proseguono ormai da diversi anni, sulla necessità di dialogare con i leaders delle tribù locali. La superpotenza ancora una volta ha ascoltato i consigli del governo inglese solo dopo dure sconfitte: una storia che tende a ripetersi nelle storia delle relazioni internazionali.

I primi tentativi alla luce del sole di funzionari britannici che hanno avviato un dialogo con i talebani moderati risalgono al 2007 , quando l' inglese Mervyn Patterson e l' irlandese Michael Semple, rispettivamente alto funzionario dell' Unama (la missione Onu di assistenza) e responsabile ad interim della delegazione dell' Unione Europea, sono stati  accompagnati alla frontiera. Secondo le accuse sarebbero stati espulsi perché fermati dalle forze di sicurezza afghane mentre intrattenevano contatti diretti con “esponenti talebani”. (maggiori info sulla vicenda)

Semple ha dichiarato al Guardian di essere stato vittima di politicanti locali: un politico della provincia di Helmand avrebbe tendenziosamente dichiarato che Semple e Patterson stessero negoziando con Al Qaida.

Secondo Semple la differenza che corre tra ciò che è  “discreto” e ciò che è “nascosto” è molto ampia. Semple e il suo collega erano semplicemente discreti perché le necessità lo richiedevano.

Le negoziazioni con i talebani, secondo fonti afghane, sarebbero terminate perché il mullah Omar avrebbe fatto riferire  all’intelligence saudita tramite il comandante supremo delle forze talebane, Mullah Bradar, che i negoziati erano impossibili.

Tuttavia i negoziati non sarebbero del tutto terminati. Rehami, senatore afghano, sostiene che il governo afghano avrebbe compiuto alcuni passi per stabilire un contatto con i Talebani con  il consenso di alcuni governi occidentali. D’altronde il governo afghano è sottoposto, oltre che alle pressioni dei talebani, anche  alle pressioni dei governi occidentali che hanno ciascuno le proprie agende da seguire.

In questo contesto gli Americani non hanno molte scelte: prima dell’invasione i talebani erano presenti solo in Afghanistan, adesso si stanno diffondendo anche nelle repubbliche centroasiatiche. La politica di guerra non ha funzionato.

Chi si oppone alle trattave è il mullah Omar anche contro l’opinione degli altri comandanti talebani. Rehami sostiene che sebbene siano in corso trattative con tutti i comandanti afghani, la priorità è quella di convincere i leaders del consiglio dei Talebani perché a quel punto si obbligherebbe anche il mullah Omar a trattare.

In ogni caso bisognerà aspettare i risultati elettorali: Karzai dovrebbe ottenere il 51% dei consensi, ma non è detto e si potrebbe arrivare al ballottaggio. L’esito del ballottaggio è forse la soluzione più felice per gli Americani che vorrebbero rimescolare le carte per trattare con altri candidati più affidabili di Karzai.
(maggiori info sulla competizione elettorale)


Valerio Quatrano