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Le Grand Soir, 24 aprile 2017 (trad.ossin)
 
La vittoria rubata del moccioso di casa Rothschild
Bruno Guigue
 
Lanciato sul mercato come una saponetta, il bébé Cadum (immagine di una nota marca di saponette, ndt) della finanza si istallerà all’Eliseo il 7 maggio. Va bene, Macron ha vinto, ma la sua vittoria è giunta all’esito di una campagna elettorale che ha polverizzato tutti i record di mediocrità e parzialità. Selezionato dal capitale transnazionale, il moccioso di casa Rothschild ha vinto un match truccato. Se Macron domenica ha vinto, è perché nove miliardari controllano la stampa francese, perché Macron è il loro candidato e perché questi rapaci decidono al nostro posto.
 
Emmanuel Macron
 
Nel corso della campagna elettorale, la fabbrica del consenso ha girato a pieno regime, ventiquattro ore su ventiquattro! Dalle coccole di Bourdin (Jean-Jacques Bourdin è un noto giornalista televisivo francese, ndt), alle menzogne di “Le Monde”, passando per il servilismo cortigiano del bombardamento mediatico di Bfm/Tv, la casta giornalistica si è guadagnata i suoi emolumenti spazzando coscientemente i pavimenti per il commesso dell’oligarchia. Lanciato nel firmamento catodico, il giovane banchiere esperto in marketing ha venduto il suo sogno di paccottiglia, proponendo agli ingenui di fare, per esempio, della Francia una “start-up nation” dove ogni Francese potrà avviare la sua “start-up”.
 
Questo prestigiatore si fa passare per un candidato “progressista”, ma è disposto a tollerare 85 miliardi di evasione fiscale, volendo invece fare economie con tagli drastici al sistema di assicurazione contro la disoccupazione. Questo illusionista di primo pelo è riuscito perfino a far credere agli impiegati che, grazie alla sua pozione magica, diventeranno dirigenti e ai dirigenti che diventeranno padroni. Macron lo sa. Quando si è un bamboccio allevato con un cucchiaino d’argento in bocca, non si morde la mano che ti nutre.
 
Questo apostolo della uberizzazione dell’economia e dello smantellamento del diritto del lavoro, questo apologista del mercato senza frontiere e della mondializzazione capitalista ha vinto per un pelo, il 23 aprile, qualificandosi per il secondo turno. Ma se ha vinto, è solo perché c’era una promozione sui ventilatori! Macron, è una corrente d’aria. Adepto del pensiero magico, sermona come un tele-evangelista, agita le braccia a mulinello e promette un futuro che canta. Macron, è un sintomo, quello della depoliticizzazione e dell’impoverimento culturale di una società passata sotto il rullo compressore liberale, svuotata da quella calamità che è l’euro e destrutturata dall’individualismo made in USA.
 
Modulando la sua bella voce, il gigolò della casta ha investito lo spazio mediatico per distribuire la sua pappa per i gatti. Ha riciclato le vecchie illusioni liberali, e i media gli hanno servito la zuppa insieme ad un Front National deliziato di fare la parte dello spaventapasseri. Non dimentichiamo, la repulsione verso il lepenismo è il valore aggiunto di Macron. Il secondo turno delle presidenziali, il 7 maggio, sarà una co-produzione Macron/Le Pen che servirà a spedire il primo all’Eliseo mettendo a tacere ogni seria alternativa. E la cosa peggiore è che questo imbroglio è stato orchestrato e messo in atto sotto gli occhi di tutti, come fosse nell’ordine delle cose.
 
Il Don Giovanni delle classi medie instupidite, però, non avrà vita facile. Perché lo attendono al varco! Ipotizzando che riesca a ottenere una maggioranza un po’ qua e un po’ là alle elezioni legislative, dovrà scontrarsi con una opposizione a tre teste che non gli farà sconti. Il FN, ovviamente, al quale un presidente del genere garantisce una rendita da tribuna. La destra, che dovrà ricostruirsi una volta mandato in pensione Fillon. Ma anche, e soprattutto, una sinistra che ha cambiato volto. Quando il rimmel comincerà a colare, la vacuità del programma apparirà evidente. Il matrimonio della carpa e del coniglio stuferà presto il buongustaio. Seduttore asessuato, questo marmocchio che strilla per mostrarsi duro rischia di finire rapidamente in un fatidico stallo.