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L'asse internazionale dell'energia

di W Joseph Stroupe


La Russia rappresenta 1l 25% delle riserve mondiali di gas, presto raggiungerà il 35%, mentre l’Iran possiede più del 51% delle riserve di gas. Se vi aggiungiamo anche l’Algeria, l’Indonesia, il Qatar e gli altri 16 membri che fanno parte del GECF (Gas Exporting Countries Forum), si raggiungono i ¾ delle riserve mondiali e il 60% della produzione mondiale.
Ciò che disturba maggiormente l’Occidente è che queste potenze condividono molti caratteri, ma soprattutto hanno una posizione geopolitica molto simile. Sono inoltre molto insofferenti alle iniziative unilaterali di Washington e segretamente spingono verso una gestione “unificata” di queste risorse. Il gas è vitale soprattutto per quanto riguarda le questioni ambientali. L’Europa è già largamente dipendente da questa risorsa, mentre le economie asiatiche lo diventeranno. Gli USA, attualmente producono più gas di quanto ne consumino, con il contributo di Canada, Qatar e Trinidad e Tobago.
Gli USA sempre di più dovranno fare affidamento alle importazioni di questa risorsa a causa dell’aumento delle richieste e dei danni causati dagli uaragani.
L’ipotesi di un cartello del gas è contrastata dai paesi consumatori dell’Occidente che, dall’embargo arabo sul petrolio (1973-74), rafforzarono due organizzazioni di consumatori di energia: l’OECD (OCSE, Organizzazione per lo Sviluppo e la Cooperazione Economica) e l’IEA (International Energy Agency). Oggi sostengono il cosiddetto “mercato libero del petrolio”.
Queste due organizzazioni erano asservite agli interessi delle Major occidentali del petrolio, lasciando fuori paesi produttori e altri importanti consumatori come India e Cina. Nonostante l'eccessivo sbilanciamento verso gli interessi occidentali, le nazioni occidentali importatrici decisero di massimizzare gli introiti ricorrendo accordi “informali”. La NATO, recentemente riunitasi a Riga, ha discusso sul da farsi a proposito della crescente collaborazione tra alcuni paesi esportatori di petrolio, quali Russia, Iran e Algeria. L’uso del gas per motivi politici, attraverso il cambio arbitrario dei prezzi è un ipotesi che fa paura agli USA ed ai suoi più stretti alleati. Considerano ciò come una minaccia ai loro interessi e al loro dominio globale. Soprattutto temono la forza che stanno assumendo i produttori a discapito dei paesi consumatori occidentali.

Il loro timore deriva da:
• Proliferazione di regimi antioccidentali che controllano le fonti di energia
• La loro intenzione di usare il gas come arma geopolitica ed economica
• L’emergere di potenti monopoli statali nei mercati internazionali dell’energia che mettono a serio rischio l’egemonia delle Major occidentali.
• La crescente dipendenza dei paesi occidentali dalle importazioni


Nel prossimo futuro vedremo un Occidente impegnato a limitare l’ascesa dei produttori, mentre la Russia ed i suoi partner useranno tutti gli strumenti a loro disposizione per emergere (senza mettere eccessivamente in discussione l'attuale ordine mondiale). La Russia possiede più potere dell’Ovest in ambito energetico.

Cartello ufficiale contro confederazione informale

Il cartello, a causa della sua supposta forza ha delle debolezze, manca di autosufficienza, e indipendenza poiché è solo un raggruppamento di produttori (esclude i consumatori). Quindi è un sistema inefficace per creare un gruppo che abbia un potere influente. Finché resta un assembramento di produttori tale modello non può essere altro che una Confederazione costretta a scendere a patti con i poteri politici e finanziari. In queste condizioni rischia sempre di dividersi per influenze esterne.
Il modello del cartello lega i propri membri al rispetto di quote, il che significa che i produttori spesso saranno costretti a disattenderle per andare incontro alle opportunità del mercato ed alle richieste dei consumatori. Diversi esperti sostengono che un cartello del gas non né auspicabile né realizzabile.

Un modello migliore è quello che sta emergendo dalla proposta russa sulla costituzione di una confederazione simmetrica (bilanciata) in cui produttori e consumatori rinunciano a singoli trattati bilaterali e contratti a lungo termine. La nuova confederazione simmetrica dovrebbe provvedere al rifornimento; tutti si riforniscono l’uno con l’altro in un sistema complementare.

Un cartello di produttori è semplicemente un gruppo di stati che hanno un obiettivo comune, come la fissazione dei prezzi. Invece una confederazione simmetrica (bilanciata) della quale facciano parte sia i consumatori che i produttori in un legame politico, economico e di sicurezza, incorporerebbe membri con una comune visione geopolitica, che si distinguerebbe nettamente dall’unipolarismo americano. Una confederazione di produttori e consumatori avrebbe una vita propria, i suoi membri avrebbero l’opportunità di rafforzarsi sia internamente che esternamente.
La Russia è impegnata proprio su questo fronte, infatti sta tentando di creare queste confederazioni nel settore del gas e del petrolio; confederazioni autosufficienti e non dichiarate.
Questo gruppo guidato dalla Russia ha già sfrattato le Major occidentali dalla loro posizione di controllo della produzione, dei mercati e delle riserve. E’ sicuro che l’attuale ordine “liberal” del petrolio continua ad operare grazie alla benevolenza russa e dei suoi partner. Il gruppo di paesi guidati dalla Russia è tanto informale (a differenza dell’OPEC) quanto effettivo. Per ovvie ragioni la Russia ha mantenuto un profilo basso a riguardo, ma il suo presidente, Vladimir Putin, in diverse occasioni non ha nascosto la vera natura del modello qui descritto: “ caratterizzato da un’offerta affidabile e da una domanda stabile”. Una caratteristica di questo modello è che produttori e consumatori sono legati da forniture mutuali, private e a lungo termine. Questa rigidità si contrappone al modello profondamnte “liquido” del mercato attualmente gestito dagli USA. In sistemi quali quello dell’energia, maggiore è la rigidità, minore è il rischio di danni ai paesi consumatori (vedi emabarghi).
Ovviamente l’Occidente è profondamente preoccupato da questo sistema rigido che favorirebbe le economie dell’Est.

La Russia, che agisce di nascosto per evitare i radar occidentali, sta anche cercando di cooptare nella sua confederazione alcuni membri dell’OPEC.
Quando fu chiesto a Putin se la Russia avrebbe intensificato i legami con l’Algeria e l’Iran, lui rispose escludendo un' ipotesi di “cartello” e disse che piuttosto sarebbe stato meglio coordinare le proprie attività per fornire ai propri principali consumatori una fornitura stabile.
Durante la riunione del GECF a Doha (9 Aprile) si è solo stabilito di aumentare la cooperazione tra consumatori e produttori. Entrambe le parti si sono impegnate ad intensificare i finanziamenti per l’esplorazione, produzione e trasporto del petrolio e/o del gas. In un mercato “tradizionale” tutto ciò sarebbe appannaggio dei soli produttori che si occuperebbero anche del trasporto verso i consumatori. Ad esempio i produttori di gas (Russia, Algeria e potenzialmente l’Iran) stanno cooperando, anziché competere, per rifornire l’Europa e l’Asia. Sta nascendo anche un'intesa tra Pakistan-Iran-India per la costruzione di un gasdotto nel quale parteciperebbe anche Gazprom. Il nuovo modello energetico è volto ad approfondire la cooperazione tra i produttori e tra produttori e consumatori chiave. Ciò implica divisione dei costi e investimenti congiunti che avrebbero un profondo impatto geopolitico, contrapposto all’unipolarismo americano. Non è un caso che gli USA ed i suo principali alleati sono stati esclusi da questo nuovo ordine dell’Est.

Nell’Eurasia il ruolo predominante della Russia è riconosciuto da entrambe le estremità del continente. Con questo sistema, difendendo i suoi interessi, non metterebbe in discussione nemmeno quelli dei partner.
Ciò che si è deciso a Doha il 9 Aprile è sostanzialmente la leadership della Russia. La SCO (Shanghai Cooperation Organization), la NATO del Est che ha come leader Russia e Cina, diventa l’organo preposto alla sicurezza di questo nuovo ordine energetico. Il multipolarismo si avvicina...

Parte 2

Recentemente l’Iran ha proposto alla Russia di creare un cartello del gas. Molti analisti politici hanno interpretato questo cartello più come uno strumento politico antiamericano che come uno strumento economico.

Sono innegabili le importanti considerazioni economiche, ma i motivi politici non sono assolutamente assenti.

L’Iran sta “assaporando” le enormi difficoltà che si incontrano nel contrapporsi agli USA. Gli USA stanno utilizzando diversi strumenti, quali un alleanza “Sunnita” per isolarli e il supporto a gruppi di opposizione interna, anche quelli che organizzano atti terroristici.
Anche l’Algeria, un altro membro chiave del cartello del gas, si contrappone ad un mondo unipolare, il Qatar sta migliorando le sue relazioni con Russia e Iran, anche l’Indonesia è allineata contro il dominio USA. Tutti questi paesi, produttori di gas, hanno posizioni opposte a quelle americane. Ma soprattutto, c’è la Russia.

Dal punto di vista di Mosca, gli USA e l’Europa starebbero invadendo i suoi legittimi interessi. Non solo starebbero tentando di minare i suoi crescenti interessi energetici, ma starebbero anche creando un sistema anti-balistico in Europa dell’Est che minaccerebbe innanzitutto la Russia.

Secondo il punto di vista dei Russi, gli USA starebbero cercando di allargare la NATO ad Est. In più ci sarebbe anche l’antagonismo americano nei confronti della Siria, della Corea del Nord e dell’Iran, che la Russia disapprova apertamente.

A loro dire, gli USA e alcune potenze europee starebbero sfidando i suoi interessi strategici e quelli dei suoi partners avendo interesse a indebolirla. I dirigenti russi non hanno dimenticato le “rivoluzioni colorate” organizzate dall’Occidente nei vecchi stati sovietici per indebolire la Russia. Il recente attacco del Presidente Putin a Monaco, Germania, contro l’aggressività e l’arroganza delle politiche americane nel mondo, mostra bene a che punto le questioni politiche spingono i Russi a alzare il livello di scontro nei confronti di una superpotenza “fuori controllo”.

Tali motivazioni politiche hanno suggerito alla Russia e ai suoi alleati di rafforzare le misure contro le ingerenze degli USA e l’Europa. Con il nuovo “gruppo del gas”, la migliore misura da adottare sarà quella di approfondire la spaccatura tra l’Europa filo-americana e l’Europa più indipendente. Si potrebbe addirittura cercare di sganciare l’Unione Europea dagli USA.

Inoltre una confederazione, come quella delineata nella parte 1 di questo articolo, che includerebbe produttori e consumatori, favorirebbe la Russia nell’allineare questi paesi sui suoi interessi o quantomeno minare l’unipolarismo americano.

Nonostante tali interessi politici abbiano raggiunto dimensioni enormi, la Russia ed i suoi partner preferiscono che non diventino di dominio pubblico, potrebbero trasformarsi in una bomba che minerebbe il loro progetto “segreto”.

Quando si dice che dietro questo progetto ci sono motivazioni politiche non si vuole intendere che non sia un progetto pragmatico o che non sia un desiderio sinceramente voluto dai membri potenziali.

Il tentativo americano di riconquistare la potenza perduta è chiaramente visto come un sintomo di debolezza. Le politiche destabilizzanti degli USA impongono, quindi, agli altri paesi di trovare un ordine alternativo a quello americano.

Il lettore non può negare che gli USA e la Russia sono già coinvolti in uno scontro all’ultimo sangue (perfettamente celato) per il controllo delle risorse globali. Gli interessi sono enormi e nessuno delle due parti risparmierà energia per raggiungere lo scopo finale.

Considerazioni economiche

Gli USA e gli Europei sono sempre più preoccupati per l’emergente potere russo, ed è in questo senso che si devono leggere le pressioni per liberalizzare il mercato del gas e del petrolio.
Stanno anche facendo pressione per convincere la Russia ad aprire il suo rigido mercato agli investimenti dell’Ovest.

Inoltre stanno facendo pressioni per prevenire la creazione del temuto cartello del gas. Se riescono in questo intento, la forza potenziale dei produttori di gas sarebbe definitivamente stroncata.
Tuttavia questa accanita pressione occidentale potrebbe anche ritorcersi contro i suoi stessi autori, potrebbe infatti velocizzare i tempi di formazione di un asse del gas.

La liberalizzazione del mercato del petrolio e del gas (voluto dagli USA) metterebbe fine al dominio del rigido sistema delle forniture bilaterali a lungo termine stipulate direttamente tra produttori e consumatori. La liberalizzazione permetterebbe a tutti di accedere alle forniture, inoltre contratti da “lungo termine” diventerebbero a “breve termine”.

Questo obiettivo si raggiungerebbe attraverso l’istituzione di Borse del petrolio e del gas dove contrattare i prezzi e le forniture ogni giorno e dove il prezzo dovrebbe essere lasciato fluttuare liberamente. Enormi quantità di barili di gas verrebbero venduti e comprati.

Una volta venduti i barili, nessun produttore potrà controllare dove andranno effettivamente, impedendo così ogni sorta di embargo. Per i paesi dell’Ovest il vantaggio è evidente, mentre per i produttori il peso politico cala.

Gli USA e L’Europa crearono un sistema del genere per il petrolio dopo la crisi petrolifera del ‘73-74 e adesso stanno creando un sistema simile anche per il gas.

Il gas è ancora largamente trasportato attraverso le tubature, ma la liberalizzazione promette di cambiare questo aspetto. L’Occidente vorrebbe privatizzare il settore per permettere di “aprire” la partita per il possesso delle tubature. Ciò darebbe una grave scossa alla Russia e riporterebbe i paesi consumatori a condurre le danze. Naturalmente la Russia e i suoi alleati si oppongono a ciò. Quali sono le loro opzioni?

Russia, Iran e Algeria detengono il 55% del gas, si aggiungano altri produttori chiave legati tra di loro politicamente, militarmente ed economicamente, si aggiungano infine i consumatori dell’Est. Questi stati permetterebbero la costituzione di un “sistema autosufficiente” già in parte in formazione.

Agiranno in silenzio e segretamente, approfondiranno le relazioni e la cooperazione evitando rumorosi annunci pubblici.

Nel sistema “liberista” americano del gas e del petrolio, le transazioni si fanno obbligatoriamente in dollari. Il che assegna agli USA un potere spropositato. Un tale sistema non permette l’accesso paritario alle risorse energetiche.

Invece la Russia ed i suoi partner (consumatori e produttori) hanno una visione di sicurezza energetica globale completamente diversa. Costoro preferiscono un sistema di fornitura bilaterale con contratti a lungo termine.

Con questo sistema produttori e consumatori diventano scambievolmente dipendenti, sia economicamente che politicamente. Le transazioni non si farebbero più solo in dollari e la liberalizzazione sarebbe solo parziale. I consumatori e i produttori che sostengono questo modello rivale condividono affinità politiche e interessi geopolitici comuni. Questo modello sarebbe una rovina per gli USA e l’Europa che invece non hanno nessuna affinità con i produttori e quindi sarebbero esclusi.

I produttori e i consumatori impegnati nel ridefinire l’ordine energetico mondiale hanno motivazioni profonde per perseguire un modello a loro dire “più bilanciato”.

Le implicazioni di un nuovo modello


Gli analisti che scrivono circa il GECF (Gas Exporting Countries Forum) che si è tenuto ad Aprile a Doha, Qatar, non hanno colto la reale importanza di questa riunione. Il problema è che sono abituati a pensare solo in termini di organizzazioni e strutture.

Secondo loro i paesi produttori, o costituivano un cartello oppure non lo costituivano, punto. Ma si sbagliano di grosso.

Sostengono che la fissazione di prezzi per il mercato del gas sarebbe impossibile a causa della segmentazione del mercato e del fatto che è dominato da contratti privati di fornitura a lungo termine. Un progetto del genere a loro parere sarebbe irraggiungibile prima di un decennio.

La Russia, promotrice del GECF, rifiuta di considerarlo un cartello, così mentre promuove il forum invita anche i membri del celebre cartello OPEC a parteciparvi.

La Russia si muove molto bene, questa è una confederazione “non dichiarata” basata sul principio di simmetria complementare. Cerca invece di evitare la rigidità dell’OPEC.

Lo sganciamento del prezzo del gas dal petrolio è desiderato da tutti i partners alfine di rendere produttori e consumatori indipendenti dalle sorti del petrolio. Anche la coordinazione sulla fissazione dei prezzi è auspicabile.

Un sistema di coordinazione per una fissazione dei prezzi flessibile permetterebbe di evitare truffe da parte dei produttori. Contemporaneamente, prezzi ragionevoli permetterebbero di mantenere una domanda costante e sostenuta.

Per tale motivo la flessibilità dei prezzi sarebbe garantita, mentre la fissazione di prezzi arbitrari sarebbe evitata. Nessun cartello formale potrebbe raggiungere obiettivi del genere. Inoltre c’è da dire che attualmente non si sta discutendo di quali prezzi impostare, invece, all’ordine del giorno c’è la questione della coordinazione dei prezzi. Probabilmente tale confederazione potrebbe essere già attiva dal prossimo anno.

La coordinazione sui prezzi, sugli investimenti, sulla partecipazione agli interessi tra produttori e tra produttori e consumatori sarà intensificata. Questi fattori rafforzeranno la coesione e i legami tra i membri. Potranno decidere congiuntamente circa gli investimenti e potranno serrare i ranghi in occasione degli attacchi degli USA.

Limitati al gas?

Il modello liberista americano esteso anche al petrolio è attualmente criticato dalle economie emergenti (Cina e India). Non condividono assolutamente la politica energetica americana..

I paesi emergenti stanno cercando di assicurarsi una quantità sempre maggiore di risorse per i propri bisogni. I preparativi per l’abbandono dell’ordine liberista sono cominciati da tempo, il passaggio ad un ordine gestito dalla Russia potrebbe essere più semplice del previsto.

Insieme ai suoi partner la Russia già sta costruendo un ordine energetico mondiale del petrolio alternativo che sarà esteso al gas.

Implicazioni geopolitiche

L’instabilità nel Medio Oriente non può che rafforzare il nuovo ordine energetico russo poiché i paesi del mondo preferiscono affidarsi alle forniture russe. I paesi produttori chiave mediorientali abbandoneranno gli USA e le loro politiche fallimentari per entrare nel gruppo russo.

Lo scontro Est-Ovest si intensificherà mano a mano che i due campi cercheranno di serrare i ranghi. La Russia probabilmente riuscirà a sfondare il fragile sistema americano e dividere la coesione del suo gruppo.

Più gli USA si indeboliranno, al proprio interno e sullo scenario internazionale, più vedremo un’attività frenetica dei suoi militari nel Medio Oriente e in Corea de Nord. Il che non farà che favorire la creazione di un polo alternativo e multipolare.


source: Asia Times 27 Aprile 2007

Traduzione a cura di Ossin.org