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L’Orient-Le jour, 4 aprile 2011


La rivolta in Siria mette radici


Il presidente siriano Bachar e-Assad ha chiamato il ministro uscente dell’agricoltura, Adel Safar, a dirigere il nuovo governo; i contestatori, dopo la sanguinosa repressione di venerdì, preparano altre manifestazioni per i prossimi giorni, per una settimana “del martirio”. Si segnala anche un’ondata di arresti in tutto il paese.
Decine di migliaia di persone hanno partecipato ieri ai funerali dei manifestanti uccisi venerdì a Douma, vicino a Damasco. “Gli otto morti di Douma sono stati sepolti. Vi sono altri tre manifestanti uccisi, ma che sono dei villaggi vicini di Arbine e Sbinah”, ha dichiarato Mazen Darwiche, direttore del Centro nazionale per l’informazione e la libera espressione, chiuso dal 2009, che era presente ai funerali. Secondo lui, “nel corso delle esequie sono stati scanditi slogan in omaggio ai martiri, per la libertà e contro la stampa ufficiale”. “Dove sono le gang?”, si poteva leggere sui cartelli che ridicolizzavano la versione ufficiale che accusa “le bande armate di avere aperto il fuoco dai tetti venerdì”.
Le esequie sono partite dalla grande moschea di Douma verso il cimitero, attraversando le vie della città. Non c’era alcuna presenza visibile delle forze di sicurezza.
Da parte sua, Mountaha al-Atrache, portavoce dell’organizzazione siriana per i diritti dell’uomo Sawasiyah, che ha partecipato anche lui ai funerali, ha assicurato che “le manifestazioni continueranno. Il popolo non resterà più in silenzio perché non ha più paura”. “Douma è in ebollizione. La Siria come nazione non deve restare inerte e perdere questa storica occasione di libertà”, ha chiesto un militante.
 I protestatari hanno annunciato delle nuove manifestazioni per questa settimana, mentre Internet è stato bloccato per più di sei ore e le comunicazioni tramite telefono cellulare risultavano difficilissime a causa, ufficialmente, di una “congestione” della rete. I protestatari hanno proclamato una settimana “del martirio”, con una giornata di protesta martedì e il boicottaggio, mercoledì, dei telefoni portatili che hanno offerto un’ora gratuita alla popolazione per avere sostenuto il regime, e delle manifestazioni giovedì davanti alle sedi del partito Baas in occasione dell’anniversario della sua fondazione nel 1947.
Hanno anche chiesto ai loro sostenitori di sfilare venerdì in tutta la Siria per mostrare “il malcontento popolare”. Si tratterà del quarto venerdì nel quale i siriani sono chiamati a scendere in piazza per mostrare il loro malcontento per la mancanza di liberalizzazioni da parte del regime.
“Le manifestazioni non sono massicce ma vanno radicandosi”, ha affermato all’AFP un uomo d’affari siriani che ha chiesto di mantenere l’anonimato. E se il numero di manifestanti è rimasto limitato, la contestazione si è allargata sul piano geografico. Venerdì per la prima volta vi sono state delle manifestazioni nel nord del paese, a maggioranza curda.
Sabato le autorità siriane hanno proceduto alla più massiccia ondata di arresti degli oppositori dall’inizio, a metà marzo, della contestazione, hanno segnalato in un comunicato otto organizzazioni per la difesa dei diritti dell’uomo. In totale, quasi 80 contestatori sono stati fermati da venerdì a Damasco, Homs, Duma, Deraa e Deir Ezzor (450 chilometri a nord est di Damasco).
La giustizia siriana ha tuttavia liberato ieri la militante per i diritti dell’uomo Souheir Atassi, arrestata il 16 marzo durante una manifestazione per la liberazione dei detenuti politici, ha annunciato un avvocato.
A Deraa, circa 200 persone hanno manifestato di nuovo. “Meglio la morte che l’umiliazione”, hanno scandito. Peraltro sabato è stato postato su Youtube un intervento di Youssef Abou Roumiyé, un deputato di Deaa, che ha accusato in parlamento le forze di sicurezza di avere aperto il fuoco “senza pietà” e rimproverato il capo dello stato di non essere andato nella regione per scusarsi.
Di fronte alle proteste, il presidente Bachar el-Assad ha incaricato Adel Safar, ex ministro dell’agricoltura, di formare un nuovo governo. Durante la sua gestione del ministero dell’agricoltura,  si è aggravata una crisi dell’acqua, che gli esperti attribuiscono alla corruzione ed alla cattiva gestione, provocando l’esodo di centinaia di migliaia di abitanti. Il governo Safar succederà a quello di Nagi Otri, le cui dimissioni sono state accettate martedì da Assad.






Hebdo al-ahram, 30 marzo 2011


L’incontrollabile effetto domino

di Maha Salem


Siria. Il paese è toccato dallo tsunami rivoluzionario che sconvolge il mondo arabo, ma il suo mosaico etnico e religioso rende difficile l’analisi del futuro politico

Il presidente Bachar Al-Assad, posto di fronte alla più grande ondata di contestazione del suo regime in 11 anni di potere, vede le manifestazioni crescere nel paese. Ispirandosi alle rivoluzione tunisina ed egiziana, le decine di migliaia di persone  che hanno partecipato ai funerali dei manifestanti uccisi questa settimana hanno invocato “Libertà” all’uscita dalla preghiera del venerdì. Le informazioni che provengono da Lattaquié, importante porto strategico del nord-ovest ed una delle città più prospere della Siria, abitata da sunniti, cristiani e alauiti, fanno pensare che le contestazioni cominciate a Deraa, nel sud e bastione della maggioranza sunnita, si propagano nel paese.
Così, dopo che è stata abbattuta la statua di Hafez Al-Assad, padre dell’attuale presidente, alcuni elementi delle forze dell’ordine in borghese hanno aperto il fuoco sui manifestanti appostati nei palazzi circostanti. La folla di circa 3000 persone allora si è dispersa sotto una pioggia di proiettili e di bombe lacrimogene. Ci sono state inoltre manifestazioni a Damasco e Hama.
Boussaina Chaabane, prima collaboratrice del presidente Assad, ha dichiarato che “il paese è obiettivo di un piano tendente a mettere zizzania tra le diverse comunità per chiudere un’esperienza unica di coesistenza”. Ha detto di dolersi del fatto che i media giochino un ruolo di mobilitazione contro la Siria, raccontando solo una parte e non tutta la verità. Inoltre “le autorità siriane daranno immediatamente risposta alle rivendicazioni giuste e legittime del popolo siriano”, ha dichiarato Chaabane. Ha anche accusato alcuni rifugiati palestinesi del campo di Ramel, vicino a Lattaqué, di avere creato una fitna (divergenza confessionale), sparando sulle forze di sicurezza e sui manifestanti per far montare la tensione tra i due campi.

Evitare lo scontro
Da parte sua, il segretario del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina – Coando Generale (FPLP-CG) ha smentito ogni coinvolgimento di Palestinesi del campo di Ramel nei fatti di sabato.  Secondo l’International Crises Group, Assad potrebbe fare delle nuove concessioni per evitare lo scontro ed avviare delle riforme politiche ed economiche . “La Siria si trova potrebbe trovarsi ad una svolta del suo regime”, ha detto l’organizzazione. Secondo gli specialisti vi sono solo due opzioni: una implica una iniziativa immediata e politicamente rischiosa che potrebbe convincere il popolo siriano che il regime intende impegnarsi in cambiamenti spettacolari. L’altra è una repressione che sfocerebbe quasi certamente in un esito sanguinoso e odioso.
Tra le concessioni fatte, la Siria ha deciso di abrogare lo stato di emergenza in vigore da quasi 50 anni, che limita le libertà pubbliche. “Non so quando sarà fatto”, ha tuttavia ammesso la consigliera di Bachar, la signora Chaabane. Precisando che subito dopo l’abrogazione, tutte le persone arrestate in virtù di esso saranno liberate.
Abdelhalim Khaddam, ex vice-presidente siriano, che ha lasciato nel 2005 il partito Baas e che non è molto popolare nell’opposizione a causa del ruolo svolto in passato nel regime, ha dichiarato sabato che il sangue dei martiri spazzerà via il regime. Ha invitato inoltre le forze armate a fare una scelta patriottica, schierandosi col popolo o con la famiglia al potere. Altra figura dell’opposizione siriana, Maamoun Al-Homsi, in esilio, ha esortato la comunità internazionale ad intervenire per far cessare il massacro dei civili. La repressione delle manifestazioni è stata condannata dalla comunità internazionale, ma gli osservatori non credono ad un intervento militare in Siria, alleato dell’Iran e coinvolto nei diversi punti caldi della regione.