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Demain online, 30 gennaio 2013 (trad. ossin)



Si apre venerdì a Rabat il processo contro i Saharawi di Gdeim Izik


Il processo contro i 24 indipendentisti saharawi arrestati per gli incidenti di Gdeim Izik, il cui bilancio è stato di 13 morti, di cui 11 elementi della gendarmeria e delle forze ausiliarie e un autista di ambulanza, si apre dopodomani, venerdì 1 febbraio, innanzi il tribunale militare di Rabat.


E’ un processo denso di pericoli e che rischia, secondo molti osservatori, di andare a finir male. Secondo gli avvocati della difesa, se questi giovani si riconoscono indipendentisti ed hanno confessato di essersi trovati nel campo prima dell’assalto che ha scatenato il massacro, si dichiarano però innocenti dei fatti loro contestati. La versione marocchina è ovviamente diversa.


Tuttavia, fino a oggi, il Marocco non si è affrettato a giudicare questi saharawi, cosa che ha confortato una certa idea che le autorità avessero qualche problema con questa vicenda. D’altronde nessuno riesce a comprendere come uno Stato noto per l’estrema rapidità quando si tratta di processi politici abbia tardato più di due anni per portare in giudizio questa vicenda.


Sono più di due anni (novembre 2010) che questi saharawi sono detenuti senza processo. Un processo che è stato più volte rinviato. Perché rinviare per due anni questo processo se per lo Stato marocchino questi saharawi sono certamente colpevoli? Forse mancano le prove?


Forti di questa sensazione, il Fronte Polisario e i suoi seguaci hanno lanciato da diversi mesi una campagna di sensibilizzazione. L’obiettivo  è di denunciare la “militarizzazione” del processo. Sono impegnati in questo lavoro anche diverse organizzazioni internazionali per i diritti umani che hanno criticato la lentezza della giustizia marocchina.


Un manifesto firmato da diversi dirigenti di partiti politici mauritani, avvocati e attivisti dei diritti dell’uomo di questo paese maghrebino, circola da diversi giorni a Nouakchott. I firmatari ritengono che il ritardo sia eccessivo e chiedono che gli accusati siano giudicati da un tribunale civile.


Se venerdì il processo non sarà rinviato un’altra volta, si saprà un po’ di più di quanto è accaduto a Gdeim Izik nel 2010. Al di là dei calcoli politici degli uni e degli altri, i parenti delle vittime, soprattutto quelli che hanno visto alla televisione le scene insostenibili dei corpi mutilati e profanati quasi in diretta, hanno diritto di sapere chi ha ucciso i loro parenti.