El Mundo, 1 dicembre 2009
I tre “no” di Aminatou
di Ana Del Barrio
Terza settimana di sciopero della fame, e per Aminattou Haidar non si profila alcuna via di uscita dal vicolo in cui si trova da quando è stata espulsa da Laayoune da parte delle autorità marocchine il 14 novembre.
Il digiuno non ha intaccato la volontà di ferro di questa ben nota attivista dei diritti umani, che ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti internazionali. Aminattou Haidar vuole solo tornare a Laayoune, la capitale del Sahara occidentale, dove vive, ma non può perché non ha un passaporto, il documento che è le stato sequestrato dalle autorità marocchine.
Una ad una, l'attivista saharawi ha respinto tutte le soluzioni offerte dal governo spagnolo, che nel suo entourage sono state considerate solo come "una trappola", o come un’uscita dalla porta di servizio per compiacere il Marocco. Per lei, l'unica possibilità è che il governo di José Luis Rodríguez Zapatero riesca ad ottenere che il regno alauita le restituisca il passaporto sequestrato, una ipotesi oggetto di negoziati col Marocco, condotti dal ministro degli Esteri, Miguel Angel Moratinos.
Ma perché? Quali sono le ragioni di Aminatou per non accettare le offerte del governo spagnolo?
Chiedere asilo politico
Lo status di rifugiato viene concesso a coloro che sono perseguitati nel loro paese di origine per motivi di razza, religione, nazionalità, opinioni politiche o per l’appartenenza ad un determinato gruppo sociale.
Questa misura prevede che la persona perseguitata abbia una protezione giuridica nel paese ospitante. Una volta concesso l'asilo politico, attraverso una procedura che può durare mesi o addirittura anni, il passaporto del rifugiato viene trattenuto presso l' “Ufficio asilo” viene e concesso uno speciale permesso di soggiorno. In aggiunta, viene rilasciato come documento di viaggio un passaporto valido per entrare in tutti i paesi ad eccezione del proprio, dato che questo ingresso metterebbe in pericolo la vita del rifugiato.
Pertanto questa offerta del governo non permetterebbe all'attivista saharawi di tornare a casa, come è suo desiderio. "Se Aminatou chiedesse asilo non potrebbe tornare a Laayoune. L'offerta è un'assurdità giuridica che non le offre alcun aiuto. Se sei un perseguitato, si suppone che tu non intenda tornare al luogo di origine", dice Arsenio Nuclei, avvocato per la Commissione Spagnolo Aiuto ai rifugiati (CEAR).
Richiesta di un nuovo passaporto
La possibilità che Aminatou Haidar si rechi al Consolato marocchino per chiedere un nuovo passaporto è stata suggerita dal ministro degli Esteri marocchino, Taieb Fassi Fihri, a Moratinos, durante la riunione che hanno tenuto a Rabat per discutere il tema della attivista saharawi.
Tuttavia il Marocco non ha assunto alcun impegno a concederle il passaporto. L’unica cosa che l'ambasciatore del Marocco in Spagna, Omar Azziman, ha assicurato è che "forse se Aminattou Haidar riconoscesse la sua nazionalità marocchina le si restituirebbe il passaporto, anche se al momento attuale è impossibile".
Né l’attivista per il diritto di autodeterminazione del popolo saharawi sembra disposta ad andare al consolato per richiedere un nuovo passaporto, perché ne possiede già uno e perché considera la cosa come una "umiliazione". Inoltre, non è disposta a riconoscere la sua nazionalità marocchina, perché si sente saharawi e, anzi, è stato proprio questo il motivo della sue espulsione da Laayoune, quando scrisse “Saharawi” nella casella della nazionalità sulla carta di sbarco.
Concedere la cittadinanza spagnola
Aminatou Haidar ha il diritto di chiedere la cittadinanza, perché sua madre è spagnola, ma non lo ha mai fatto. Se le fosse concessa, finirebbe col vivere da cittadina straniera a Laayoune e lei vuole rimanere saharawi, come ha spiegato il suo avvocato, Inés Miranda. Inoltre, nulla le garantirebbe che con il passaporto spagnolo il Marocco le permetterebbe di entrare nel Sahara.
"La nazionalità spagnola non è una soluzione e serve solo a confondere l'opinione pubblica. Aminattou ha dovuto attendere 15 anni perché il Marocco le concedesse un passaporto e la Spagna non ha mai fatto nulla per aiutarla. Le fu concesso solo grazie ad un intervento degli Stati Uniti", spiega Miranda.
A suo parere, l'attivista saharawi non ha bisogno di alcun documento per lasciare il paese, poiché il Regolamento della legge sugli stranieri consente la sua partenza dal territorio senza passaporto. "Se l'uscita viene effettuata con documentazione errata, nessuna documentazione o con una carta d'identità sulla quale non può essere apposto un timbro di uscita, lo straniero deve compilare, negli uffici di polizia addetti al controllo, il modulo previsto per registrare l'uscita" recita l'articolo 19.3 del regolamento.
Per questo motivo, la celebre attivista per i diritti dell'uomo ha rifiutato queste tre offerte ed è disposta ad accettarne solo una quarta, indicata ieri da Moratinos: che il Marocco le restituisca il passaporto sequestrato. Con questo documento potrebbe tornare a Laayoune e realizzare il sogno di riabbracciare i suoi due figli.