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La Liberté – 18 novembre 2010


Il Consiglio di Sicurezza si è limitato a deplorare la violenza dei fatti di Laayoune. La Francia pone il veto alla condanna del Marocco
di Merzak Tigrine

Parigi ha riaffermato martedì il suo sostegno incondizionato a Rabat, nel conflitto del Sahara Occidentale, ricorrendo al suo diritto di veto per impedire una risoluzione di condanna da parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU nei confronti dell’aggressione delle forze marocchine contro i civili saharawi del campo di Gdem Izik, lo scorso 8 novembre, e l’invio di una missione di inchiesta nei territori. Come ci si poteva aspettare, il Consiglio di sicurezza non è stato messo in grado di assumere delle iniziative nel corso del dibattito sulle violenze perpetrate l’8 novembre 2010 nel campo di Gdem Izik, dove si erano rifugiati più di 25.000 saharawi per protestare contro l’occupazione marocchina.
La Francia l’ha impedito. L’organo esecutivo dell’ONU ha solo deplorato la violenza usate dalla forze marocchine senza condannarla.
Non solo, ma la Francia ha anche respinto col suo veto la proposta di una missione di inchiesta dell’ONU nei territori.
Nel corso di questa riunione, che è durata più di tre ore, sono stati presentati due rapporti, rispettivamente dall’inviato personale del segretario generale delle Nazioni Unite per il Sahara occidentale, Christopher Ross, che ha relazionato sugli ultimi sviluppi del processo di negoziato tra il Fronte Polisario e il Marocco, e del Dipartimento delle operazioni di mantenimento della pace dell’ONU. Secondo Ahmed Boukhari, il rappresentante del Fronte Polisario all’ONU, il Dipartimento ha detto chiaramente “che la missione delle nazioni unite per l’organizzazione di un referendum in Sahara Occidentale (Minurso) è stata posta dal Marocco nell’impossibilità di fare accertamenti e di conoscere i dettagli dell’assalto militare lanciato dalle forze marocchine contro i campi saharawi e non ha potuto, conseguentemente, relazionare in modo dettagliato su questi tragici avvenimenti”.
 Per tale ragione, diversi membri del Consiglio di sicurezza hanno sostenuto la proposta di inviare una missione di inchiesta nei territori. “Proposta che non ha avuto un esito positivo a causa del rifiuto della Francia, che è stato il solo membro del Consiglio di sicurezza a opporsi, nel corso di questa riunione, all’invio di una missione di inchiesta”, ha detto Boukhari che ritiene che “la Francia abbia paura della verità. Altrimenti non si potrebbe giustificare il suo comportamento”. Intervenendo nel corso della riunione, il presidente dell’organo esecutivo dell’ONU, Sir Mark Grant Lyall, ha espresso “il sostegno del Consiglio di Sicurezza alla Minurso e alla missione che le è affidata, e ha chiesto alle due parti in conflitto (Fronte Polisario e Marocco) di restare impegnati nel processo di negoziati sotto l’egida dell’ONU”. Ha poi dichiarato alla stampa, dopo la riunione, che il Consiglio di sicurezza “deplora la violenza che vi è stata durante gli avvenimenti della settimana scorsa nei campi saharawi”. Il Fronte Polisario prende dunque nota del rammarico espresso dal Consiglio di sicurezza e considera che il fatto che fosse stata indetta questa riunione del Consiglio significava che questo aveva “deciso di studiare la situazione vista la gravità degli avvenimenti”, ma “si rammarica del fatto che la proposta di inviare una missione di inchiesta non ha potuto essere accolta a causa dell’opposizione della Francia”, ha dichiarato Ahmed Boukhari.
E ha aggiunto: “Noi continueremo senza requie ha chiedere l’invio di una missione di inchiesta come continueremo a chiedere l’attivazione di un meccanismo di protezione dei diritti dell’uomo in capo alla Minurso, il cui avvio si dimostra sempre più urgente ala luce di quanto accade nel Sahara Occidentale”. Ha insistito sul fatto che “la storica sollevazione del popolo saharawi nei territori occupati era un forte messaggio inviato alla comunità internazionale per accelerare il processo di decolonizzazione attraverso l’organizzazione di un referendum di autodeterminazione che consenta al popolo saharawi di decidere liberamente del proprio destino”.