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The Unz Review, 19 febbraio 2017 (trad. ossin)
 
L’enigma Trump: tra sogno e realtà, resta una speranza
The saker
 
Per molti sostenitori di Trump, la settimana scorsa è stata dolorosa. Che abbiano reagito abbandonandosi al panico o che abbiano pensato che non fosse successo niente, qualche cosa invece è realmente accaduto ed è stato qualcosa di importante: le agenzie a tre lettere hanno realizzato un colpo di Stato de facto contro Donald Trump, forzandolo a dimissionare il suo più importante consigliere di politica estera e l’uomo che aveva osato dichiarare di volere riformare la comunità statunitense dei servizi di informazione, ipertrofica e terribilmente inefficiente
 
 
Non c’è alcun modo di fare buon viso a cattivo gioco di fronte a quanto è accaduto. Non solo perché ha dimostrato che Trump non è leale con quelli che si fidano di lui, ma perché questo episodio ha quasi ucciso quello che io definirei il «sogno Trump». Ho ben scelto le parole. Parlo di «sogno Trump» per opposizione alla realtà Trump. Consentitemi di spiegare.
 
Il «sogno Trump»
 
Quando Trump ha vinto le elezioni, le speranze erano grandissime. Si andava dal «Trump rimodellerà per sempre il sistema internazionale, la farà finita con l’Impero e darà pace e prosperità agli Stati Uniti» al «non sarà mai pessimo come Hillary, qualsiasi cosa faccia». Lungo questo arco di speranze, elencherò gli elementi essenziali del «sogno Trump»:
 
1. Prosciugare la palude, ricacciare i neocon nelle cantine da dove sono venuti fuori 24 anni fa, riformare la comunità statunitense dei servizi di informazione, forse perfino sciogliere la CIA o quanto meno porla sotto il controllo del presidente.
 
2. Fare la pace con la Russia e negoziare un «grande accordo» che dovrebbe precisare con chiarezza come gli USA e la Russia devono comportarsi gli uni verso gli altri e, congiuntamente, contro le comuni minacce. Quanto meno, esso dovrebbe comportare un accordo sull’Ucraina e sulla Siria.
 
3. Lavorare con la Russia per creare un nuovo sistema di sicurezza europeo che mantenga la NATO come organizzazione politica, diluita però in un nuovo quadro di sicurezza che dovrebbe andare dal Portogallo alle montagne degli Urali e comprenderebbe una versione aggiornata del Trattato delle Forze convenzionali in Europa.
 
4. Smetterla di spendere miliardi di dollari per il mantenimento dell’Impero e dirottarli verso gli Stati Uniti e le loro infrastrutture fatiscenti, verso l’assistenza sanitaria, la scuola, le piccole imprese, ecc, mentre attualmente immense risorse vengono sprecate nella guerra, le aggressioni e la sovversione. Fino ad oggi, i settori più redditizi dell’economia statunitense sono stati il complesso militare-industriale e la finanza. La speranza era che Trump potesse rilanciare l’economia reale: la produzione di beni e servizi.
 
5. Porre fine a quella che definirei la «dittatura delle minoranze» e sostituirla con la restituzione della sovranità alla maggioranza del popolo statunitense. Le «Rachel Maddows» che erano i «maestri ideologici» del regime anglo-sionista sarebbero state educatamente accompagnate alla porta e sostituite da persone con le quali la maggior parte degli Statunitensi è in grado di identificarsi.
 
6. Ristabilire la legge e l’ordine negli Stati Uniti e regolamentare finalmente, almeno in una certa misura, il flusso incontrollato di migranti.
 
7. Ultimo, ma non minore per importanza, Trump non avrebbe partecipato a questa stupida, controproducente e auto-distruttiva campagna di retorica denigrazione dell’Iran e della Cina. Tenete a mente che quanto vado dicendo non è una realistica enumerazione di quanto Trump potrebbe fare una volta al potere, ma è quello che ho deliberatamente chiamato il «sogno Trump», sottolineando la prima parola. Certo, ci sono senz’altro anche quelli che volevano che Trump proferisse minacce, e forse anche facesse guerra, contro l’Iran e la Cina, ma io non ne ho mai incontrate (tra l’altro non è gente di cui ami circondarmi). Ancora una volta, ripeto che questa è la mia sensazione, soggettiva e personale, di quel che penso siano stati i sogni di molti (la maggior parte?) dei sostenitori di Trump, niente di più.
 
Dopo l’ultima settimana direi che, per l’essenziale, questo sogno è oramai svanito, in particolare sui punti 1,2,3 e 5; i punti 6 e 7 sono in coma e solo il punto 4 è febbricitante, col naso gonfio, ma potrebbe ancora sopravvivere.
 
Il più importante è ovviamente il punto 1: prosciugare la palude (di Washington). Vale a dire strappare il potere ai neocon e allo Stato profondo degli Stati Uniti e restituirlo a chi deve gestirlo: al presidente eletto dalla maggioranza del popolo statunitense. Si tratta, ahimè, della maggiore perdita che abbiamo registrato la settimana scorsa: l’uomo che avrebbe dovuto prosciugare la palude ha subito un’umiliante batosta da uno Stato profondo che ha ritrovato la forza della sua enorme faccia tosta. Il problema principale non è tanto che Flynn sia stato rimosso, per quanto già questo sia un fatto grosso, ma il fatto che lo Stato profondo abbia costretto Trump a tradire pubblicamente Flynn e a scuoiarlo, invece di licenziare i protagonisti di questa rivoluzione di palazzo.
 
Quello che lo Stato profondo ha dimostrato questa settimana è che tutto il potere esecutivo non è al servizio della presidenza, ma dello Stato profondo, ivi compreso probabilmente lo stesso Donald Trump.
 
Eliminando il secondo di Trump, i neocon hanno dimostrato al mondo che tutti gli altri, il terzo, il quarto ecc. e forse anche il primo, The Donald, rimangono al loro posto solo fin quando i neocon lo permetteranno. Io sono personalmente convinto che, se Donald Trump non trova in se stesso il coraggio di lanciare un forte contrattacco, i neocon troveranno un modo per cacciarlo dalla Casa Bianca prima della conclusione del suo mandato. E’ tipicamente il loro stile: mandare messaggi e dare esempi.
 
Se Trump si sottomette, potrebbero forse lasciargli fare un po’ del punto 6 (legge e ordine) e 4 (spendere un po’ di soldi per il paese). Quanto al punto 7 (ostilità verso Iran e Cina), è l’unica parte del suo programma che appoggeranno con entusiasmo – cosa che distrugge anche il sogno di vederlo lavorare contro questo assoluto non senso.
 
Allora sì! Va male e non ci saranno miracoli, il sogno è davvero svanito.
 
Però rimettiamo tutto questo in prospettiva.
 
La realtà Trump
 
Se il sogno è svanito, questa non è una ragione per scoraggiarsi o recriminare sull’errore di avere appoggiato Trump. Vi prego di tenere sempre a mente che l’alternativa era Hillary Clinton.
 
Uno dei miei commentatori favoriti, Ruslan Ostashko ha detto brillantemente:
 
«Nessuna persona ragionevole si aspettava che Trump mostrasse una vera amicizia, o un amore, per la Russia, o riconoscesse immediatamente la Crimea come parte della Russia. La nostra gioia, all’elezione di Trump, era dovuta ad un solo fatto: con Clinton non avremmo avuto alcuna speranza, alcuna, di intenderci su nulla. Se fosse oggi Clinton alla Casa Bianca, noi non discuteremmo del riconoscimento della Crimea o dello sviluppo delle sanzioni statunitensi. Dovremmo solo tentare di prevedere quando comincerà la guerra nucleare, studiare le mappe dei rifugi anti-atomici, come utilizzare un computer Geiger, e come dosare correttamente le compresse di iodio».
 
Ha assolutamente ragione, certamente. E’ esattamente quello che ho scritto il 9 novembre all’indomani dell’elezione:
 
Così è accaduto: Hillary non ha vinto! Dico questo al posto di «Trump ha vinto» perché lo considero l'aspetto più importante. Perché? Perché non ho alcuna idea di ciò che Trump farà. Ho invece una idea ben precisa di quello che avrebbe fatto Hillary: la guerra con la Russia. Molto probabilmente Trump non la farà.
 
Io non ho mai creduto al «sogno Trump». Ero solo un sostenitore di Trump, speravo che potesse essere, non solo meglio di Hillary, ma che potesse realizzare, almeno, una parte del suo messaggio di «sogno».
 
Ma se devo scegliere tra il vedere i neocon umiliare Trump o la guerra termonucleare – allora scelgo la prima opzione, con gratitudine.
 
Inoltre, per quanto sgradevole possa sembrare a molti Statunitensi, è un fatto innegabile che gli Stati Uniti siano attualmente l’ospite del quale il parassita anglo-sionista si nutre, e che questo parassita usa per tentare di dominare l’intero pianeta.
 
Ciò che attualmente accade è che i neocon e lo Stato profondo sono riusciti a riprendere il controllo del loro ospite, ma solo al prezzo di un suo profondo indebolimento. E questa è obiettivamente una buona notizia per il nostro pianeta. Proprio come il colpo di Stato in Turchia ha finito con lo sventrare il sistema dei servizi militari e di sicurezza turchi, riducendo considerevolmente la loro capacità di influenzare gli avvenimenti in Siria – è in parte dovuto a questo fatto che Erdogan stia giocando adesso a palla con i Russi e gli Iraniani – la rivoluzione colorata in corso contro Trump ha castrato la potenza dell’ospite statunitense e, di conseguenza, anche del parassita anglo-sionista. Da un lato, l’insieme dell’establishment politico è così profondamente preso dalla lotta per il potere che gli resta assai poca energia burocratica per occuparsi di altro. Inoltre, sul piano politico, la Nazione indispensabile e la Città in collina sono diventati lo zimbello del pianeta. La prossima volta che un propagandista del Dipartimento di Stato comincerà a vomitare le solite chiacchere alle classi lavoratrici sulla democrazia, i diritti dell’uomo e le elezioni giuste, sarà accolto da risa isteriche e dall’invito a «farsi curare!» E, francamente, solo dio sa dove questo processo può portarci. Da parte mia, non escludo per nulla la possibilità di una guerra civile negli Stati Uniti. E prima che questa affermazione venga accolta da lazzi e dall’abituale sarcasmo, permettetemi di ricordarvi che ho predetto la guerra civile in Ucraina quando quasi tutti negavano del tutto una simile eventualità (leggi qui: Les portes de l’enfer s’ouvrent en Ukraine, scritto il 20 novembre 2013). Allo stato, io non prevedo una guerra civile negli Stati Uniti, dico solo che è diventata una possibilità reale.
 
Guerra civile o meno, tutti i neocon e lo Stato profondo accelerano l’inevitabile crisi degli USA come potenza egemone. Certamente Trump non avrebbe potuto evitarlo, ma avrebbe potuto negoziare una nuova collocazione, utilizzando l’immenso potere degli Stati Uniti per ottenere il migliore accordo possibile con gli altri grandi attori. Se qualcuno cade da un grattacielo, non può in alcun modo evitare di toccare il suolo – ma avere un paracadute o meno farà una grande differenza per lui. E’ ciò che Trump avrebbe potuto fare, scendere in modo frenato, come si dice in Russia. Occorrono semplici competenze per riuscirvi: realismo, volontà di negoziare, capacità di comprendere l’altro, coraggio di abbandonare ciò che non funziona, ecc. Sono esattamente le competenze che ai neocon mancano totalmente. Tutto quello che sanno fare è fallire e raddoppiare la posta, e via così di seguito. Questo tipo di atteggiamento maniacale porta sempre alla catastrofe.
 
Qualsiasi cosa accada, la grossa questione, nel prevedibile avvenire, sarà la lotta intestina in seno allo Stato profondo statunitense. Perché lotte intestine? Perché anche Trump fa parte dello Stato profondo, non è improvvisamente spuntato dal nulla, ex nihilo, aveva, ed ha, potenti appoggi. E’ questa, se così si può dire, la buona notizia. La cattiva è che la fazione dello Stato profondo che appoggia Trump sembra essere la più debole. E lo stesso Trump non è esattamente un prode cavaliere con l’armatura scintillante, per dirla cortesemente. Però se valutiamo in un calcolo complessivo di potenza le forze anti-Trump all’interno dello Stato profondo in un, diciamo, 70% e quindi i sostenitori di Trump in un 30%, la guerra intestina tra il 70% e il 30% lascerà ben poca energia all’una o all’altra parte, per occuparsi di Russia, Cina o Iran.
 
E’ una dolce ironia vedere i grandi propugnatori del «dividere per comandare» restare vittima dei loro stessi stratagemmi, non trovate?
 
Conclusione
 
E’ troppo presto per scoraggiarsi. Sì, il «sogno Trump» è probabilmente svanito, è stato bello finché è durato, ma adesso la «realtà Trump» si fa avanti e noi abbiamo bisogno di imparare a muoverci in questo nuovo contesto. Dobbiamo studiare accuratamente e sistematicamente questa nuova realtà e analizzarla in dettaglio per capire tutti i rischi e le opportunità che ci offre. E ci sono molte grandi opportunità, con dei rischi molto reali, da scoprire. Il semplice fatto che i padroni dell’Impero si siano schierati l’uno contro l’altro è una benedizione inviata dal cielo! Che noi dobbiamo sfruttare al meglio.
 
Coincidenza o meno, The Duran riferisce che il presidente del JCS [Stato Maggiore Interarma] il generale Joe Dunford e il generale Valery Gerasimov, il capo di stato maggiore dell’esercito russo si sono incontrati a Baku. Si tratta del primo incontro di questo tipo dal gennaio 2014, si è svolto in una «atmosfera cordiale». Infatti Dunford ha rassicurato Gerasimov che non esiste alcun piano di intervento di truppe statunitensi sul suolo siriano – vi sono ovviamente già diverse migliaia di miliziani statunitensi in Siria, entrambi lo sanno, ma sanno anche che Dunford si riferisce alle forze armate regolari.
 
Sareste in grado di immaginare una simile riunione con Hillary?
 
Quel che è accaduto è davvero semplice. Con l’elezione di Trump, i neocon hanno subito una disfatta schiacciante e è stato loro sufficiente meno di un mese per rimettere insieme le truppe ed evirare Trump. È una brutta cosa e il «sogno Trump» è svanito. Ma noi – la resistenza contro l’Impero – stiamo sempre in ottima forma. Dopo tutto, Trump non è mai stato il nostro candidato, era il candidato di quella parte dello Stato profondo statunitense che noi, avversari dello Stato profondo USA nel suo insieme, abbiamo sostenuto come il male minore. E avevamo ragione – era ed è tuttora il male minore.
 
Inoltre, la parte che ha veramente perduto di più è quella dello Stato profondo che appoggia Trump, che conserva però abbastanza potere – 10, 30 o 45 per cento, poco importa – per serrare le fila e battersi. E se, o quando, decideranno di battersi, noi dovremo ancora appoggiarli, semplicemente perché è la cosa morale e pragmatica da fare. Al momento Trump assomiglia a Janukovyc, è vero. Ma io penso anche che sia una persona molto più intelligente e molto più onorevole di Janukovyc. Prendetemi per un ingenuo, ma il mio istinto mi dice che Trump cura gli interessi degli USA e che vuole fare delle buone cose. Posso sbagliarmi, è ovvio. Ma, almeno fino ad oggi, non vedo i segni evidenti del marciume e della corruzione che Janukovyc emanava. Inoltre Trump si comporta come fosse in fase di apprendimento. E’ importantissimo. Nel corso dell’ultima conferenza stampa, Trump ha finalmente dimostrato di avere i coglioni e ha contrattaccato i media, molto efficacemente direi. E vi ricordate quanto rapidamente Trump ha recuperato dopo la prima sconfitta nel dibattito pubblico contro Hillary? Trump potrebbe imparare presto, e se sarà così, allora potrebbe trarre qualche utile lezione dalla sconfitta totale nella vicenda Flynn.
 
Le speranze ancora possibili
 
Dunque le speranze sono ancora autorizzate. Non le attese – esse non sono mai consigliabili. Ma qualche speranza ragionevole, compatibile con la realtà. Come tutti gli esseri umani, i politici cambiano. Se i neocon non riusciranno a licenziarlo, Trump potrebbe ancora riuscire a fare il culo a qualcuno, per così dire. E se lo licenziano, indeboliranno ancor più l’Impero. Quindi, nell’insieme, direi che, nonostante una pessima settimana, siamo sempre in ottima forma.