Slider

Pravda statunitense: JFK, Richard Nixon, la CIA e il Watergate

Pravda statunitense: JFK, Richard Nixon, la CIA e il Watergate

Le Schede di Ossin

Tagline

  Le Schede di ossin, 10 agosto 2024 - Cinquantadue anni fa lo scandalo del Watergate, spacciato come un'alta dimostrazione…

More...
Massacro israeliano di Fajr: ogni sacco da 70 kg di resti umani è un martire

Massacro israeliano di Fajr: ogni sacco da 70 kg di resti umani è un martire

Storie di genocidio

Tagline

  Storie di genocidio, 12 agosto 2024 - I corpi dei Palestinesi uccisi nell'ultimo massacro israeliano a Gaza sono stati fatti…

More...
"Ho paura di morire": i tanti modi in cui gli uomini ucraini cercano di sfuggire al servizio militare

"Ho paura di morire": i tanti modi in cui gli uomini ucraini cercano di sfuggire al servizio militare

Le guerre dell'Impero in declino

Tagline

  Le guerre dell'Impero in declino, 12 agosto 2024 - Aggirando (col VPN) la censura dell'Unione Europea, vi presentiamo questo…

More...
Tommy Robinson e altri agenti sionisti dietro le rivolte razziali in Gran Bretagna

Tommy Robinson e altri agenti sionisti dietro le rivolte razziali in Gran Bretagna

Gran Bretagna

Tagline

  Gran Bretagna, 15 agosto 2024 - Ci sono indicazioni inequivocabili che il fervore anti-musulmano che ha devastato la Gran…

More...
Aime VI, Giove e il Biondastro con un buco nell'orecchio

Aime VI, Giove e il Biondastro con un buco nell'orecchio

Marocco

Tagline

  Marocco, 20 agosto 2024 - Una storiella divertente, ma non fatua, di Ahmed Bensaada, che vede Aime VI (il…

More...
L’ultimo spettacolo: l’operazione ucraina in territorio russo

L’ultimo spettacolo: l’operazione ucraina in territorio russo

Le guerre dell'Impero in declino

Tagline

  Le guerre dell'impero in declino, 23 agosto 2024 - L'operazione ucraina in territorio russo arrecherà solo danni a chi…

More...
Dall'11 settembre al 7 ottobre: si spegne la finta "guerra al terrorismo"

Dall'11 settembre al 7 ottobre: si spegne la finta "guerra al terrorismo"

La guerra in Medio Oriente

Tagline

  La Guerra in Medio Oriente, 15 settembre 2024 - Per anni, gli Stati Uniti hanno portato avanti il programma di…

More...
Frontpage Slideshow | Copyright © 2006-2015 JoomlaWorks Ltd.

Analisi - Stiamo assistendo negli ultimi mesi ad un dibattito interessante ma controverso, su alcune questioni territoriali che evocano il principio di autodeterminazione: le questioni del Kosovo, del Sahara Occidentale e del Tibet. La controversia nasce dalla tendenza ad unificare le diverse situazioni, considerandole o sostanzialmente analoghe o rilevanti solo in virtù della loro copertura mediatica.....

L’interesse risiede viceversa nelle modalità con cui si sta sviluppando il dibattito sul principio di autodeterminazione. Tale dibattito è inficiato, di volta in volta, dalla indisponibilità di una documentazione completa ovvero dagli interessi di natura politica o economica che i diversi contesti territoriali animano.


Tali questioni assumono una rilevanza esemplare per il principio di autodeterminazione in virtù della loro attualità: la proclamazione unilaterale dell’indipendenza del Kosovo (in febbraio), la speranza di completare (entro l’anno) il processo referendario sull’autodeterminazione saharawi, la sollevazione tibetana e la mobilitazione internazionale a sostegno (dallo scorso marzo). Gran parte degli osservatori tratta tali questioni come questioni di autodeterminazione tout court ed alla stregua di fondamenti giuridici unificanti: la tesi che qui si sostiene è diversa e considera le tre questioni sostanzialmente diverse tra di loro ed il contesto in cui si inscrivono prevalentemente storico-politico anziché giuridico. 

Non si intende mettere in discussione alcuno dei presupposti: il principio di autodeterminazione è riconosciuto, sancito e regolato dalla comunità internazionale e, nei limiti di vigenza del c.d. diritto internazionale, costituisce principio giuridico; l’organizzazione del consenso e del dissenso è libera ed interviene sul terreno delle libertà fondamentali, che sono quelle di espressione, manifestazione ed associazione, indiscutibilmente riconosciute, sancite e tutelate dalle carte internazionali e dal c. d. diritto dei diritti umani; non meno importante, le forme della manifestazione della propria specificità etnica, nazionale, linguistica, religiosa e culturale, si danno storicamente e politicamente, sono condizionate dall’evoluzione storica e possono essere regolate in forma politica. Di conseguenza, il principio di auto-determinazione non è un principio esclusivamente nazionale e non può ridursi a motivazioni etno-politiche: “a ciascuna etnia la sua nazione”. Se così fosse la stessa ipotesi di stati multi-etnici o pluri-nazionali sarebbe violentemente espulsa dalla storia. 

Questo è il motivo per cui una parte, tuttavia minoritaria, della comunità internazionale e degli analisti, si è schierata contro l’indipendenza unilaterale del Kosovo. Questo orientamento andrebbe interpretato non come acritico sostegno alla causa serba né come tattico elemento di contrapposizione geo-politica anti-statunitense e/o filo-russa; bensì come ripudio di una soluzione auto-determinata in forma violenta, attraverso l’esclusione delle componenti non albanofone e la costituzione di una omogeneità nazionale su base mono-etnica. Se il principio di autodeterminazione non è esaustivamente principio nazionale, esso può trovare forme diverse di compimento: non nella “nazionalizzazione” della questione, bensì nell’esperimento di contesti giuridici e materiali entro cui la libertà auto-noma di espressione, manifestazione ed associazione possa essere garantita. 

Anche in questo caso si tratta di un orientamento minoritario, ma una parte degli osservatori non sostiene l’indipendentismo tibetano proprio in ragione di questo presupposto. L’amministrazione cinese del Tibet viene legittimamente vissuta come prevaricatrice da parte di una minoranza della popolazione tibetana che riconosce nel Dalai Lama non solo una autorità religiosa ma anche una direzione politica. Tuttavia, l’evoluzione storico-sociale del Tibet dal 1959, dunque in vigenza dell’amministrazione cinese, ha creato le condizioni sociali e materiali perché l’autonomia etnica, culturale e religiosa della regione possa esprimersi. Dal punto di vista civile, in virtù del fatto che l’amministrazione cinese riconosce il diritto ai tibetani credenti di professare la propria fede e la comunità tibetana in quanto tale tra le componenti nazionali della Repubblica Popolare; dal punto di vista materiale, in quanto, a seguito della abrogazione delle precedenti normative a base castuale e confessionale, quindi del signoraggio feudale e della servitù della gleba, ha determinato le condizioni della liberazione personale dei tibetani, condizione della piena manifestazione dei diritti di cittadinanza e dell’autodeterminazione soggettiva e comunitaria.

Il discorso è diverso per quello che concerne il Sahara Occidentale. In questo contesto, infatti, il diritto di auto-determinazione del popolo saharawi si lega non solo alla condizione sociale di quella comunità, ma anche al vincolo storico di un processo di decolonizzazione ancora incompiuto, che impone la celebrazione del referendum di autodeterminazione come possibilità di esprimere un orientamento generale, che sia quello dell’autonomia ovvero dell’indipendenza. Qui, in particolare, alla motivazione storica, si aggiunge quella sociale, data dall’avere costituito, sulla base della propria specificità linguistica e culturale, una formazione sociale originale, attraverso cui si sono sviluppati motivi di incompatibilità rispetto al sistema politico-sociale del Paese occupante (il Regno del Marocco).
    
In questo caso, dunque, vale il contrario di quello che vale per il Tibet: solo al di fuori del contesto istituzionale vigente sarà possibile per il Sahara compiere il processo della propria autodeterminazione.

Gianmarco Pisa

Torna alla home
Dichiarazione per la Privacy - Condizioni d'Uso - P.I. 95086110632 - Copyright (c) 2000-2024