The Cradle, 24 ottobre 2023 (trad.ossin)
 
Che cosa è successo veramente il 7 ottobre?
Robert Inlakesh e Sharmine Narwani
 
Stanno finalmente emergendo le prove che più della metà degli israeliani uccisi erano combattenti; che le forze israeliane sono responsabili dell’uccisione di alcuni dei loro civili; e che Tel Aviv ha diffuso false storie sulle “atrocità di Hamas” per giustificare il suo devastante attacco aereo contro i civili palestinesi a Gaza
 
 
 
 
Due settimane dopo l’assalto di Hamas contro Israele il 7 ottobre, un quadro più chiaro di ciò che è accaduto – chi è morto e chi ha ucciso – sta ora cominciando ad emergere. 
 
Invece del massacro di civili su vasta scala denunciato da Israele, i dati incompleti pubblicati dal quotidiano ebraico Haaretz mostrano che quasi la metà degli Israeliani uccisi quel giorno erano in realtà combattenti: soldati o poliziotti.
 
Nel frattempo, due settimane di false notizie riprese da tutti i media occidentali, secondo cui Hamas avrebbe ucciso circa 1.400 civili israeliani durante l’attacco militare del 7 ottobre, sono servite ad infiammare le emozioni e a creare il clima per la distruzione incontrollata della Striscia di Gaza e della sua popolazione civile da parte di Israele. 
 
Il bilancio delle vittime diffuso dal governo israeliano (e ripreso acriticamente da tutti i media occidentali) è stato distillato e modellato per suggerire che quel giorno si sia verificato un massacro di civili su larga scala, e che gli obiettivi privilegiati dell’attacco “terroristico” erano neonati, bambini e donne.
 
Ora, le statistiche dettagliate sulle vittime pubblicate dal quotidiano israeliano Haaretz dipingono un quadro completamente diverso. Al 23 ottobre, il quotidiano ha fornito informazioni su 683 Israeliani uccisi durante l'offensiva di Hamas del 7 ottobre, compresi i loro nomi e i luoghi della loro morte. 
 
Di questi, 331 vittime – ovvero il 48,4% – sono soldati e agenti di polizia, molti dei quali donne. Altri 13 sono descritti come membri del servizio di soccorso, e i restanti 339 sembra siano civili.
 
Sebbene questo elenco non sia completo e rappresenti solo circa la metà del bilancio delle vittime dichiarato da Israele, quasi la metà delle persone uccise nello scontro sono chiaramente identificate come combattenti israeliani. 
 
Inoltre, finora non sono stati registrati decessi di bambini di età inferiore ai tre anni, il che mette in discussione la narrativa israeliana secondo cui i bambini erano presi di mira dai combattenti della resistenza palestinese. Delle 683 vittime totali segnalate finora, sette erano di età compresa tra 4 e 7 anni e nove di età compresa tra 10 e 17 anni. Le restanti 667 vittime sembrano essere adulti.
 
 
Distribuzione per età degli israeliani uccisi durante l'operazione di Hamas del 7 ottobre (al 23 ottobre)
 
 
 
Il numero e la percentuale di civili e bambini palestinesi uccisi dai bombardamenti israeliani nelle ultime due settimane – oltre 5.791 morti, inclusi 2.360 bambini e 1.292 donne, e più di 18.000 feriti – sono di gran lunga superiori alle cifre delle vittime israeliane del 7 ottobre fornite dal governo.
 
Rivisitare la scena
 
L’audace operazione militare guidata da Hamas, nome in codice Al-Aqsa Flood, si è svolta con un drammatico raid all’alba intorno alle 6:30 (ora della Palestina) del 7 ottobre. Essa è stata accompagnata da una cacofonia di sirene che hanno rotto il silenzio della Gerusalemme occupata, segnalando l'inizio di quello che è diventato un evento straordinario nei 75 anni di storia dello stato di occupazione. 
 
Secondo il portavoce del braccio armato di Hamas, le Brigate Al-Qassam, circa 1.500 combattenti palestinesi hanno attraversato la formidabile barriera di separazione Gaza-Israele. 
 
Tuttavia, questa fuga non si è limitata alle sole forze di Hamas. Numerosi combattenti armati appartenenti ad altre fazioni come il Jihad islamico palestinese (PIJ) hanno successivamente violato la linea dell'armistizio, insieme ad alcuni Palestinesi non affiliati ad alcuna milizia organizzata.
 
Quando è diventato evidente che non si trattava di una normale operazione di resistenza, centinaia di video hanno rapidamente inondato i social media, la maggior parte dei quali sono stati visualizzati da The Cradle, raffiguranti soldati e coloni israeliani morti, feroci scontri a fuoco e Israeliani catturati a Gaza.
 
Questi video sono stati girati con i telefoni israeliani o diffusi da combattenti palestinesi che filmavano la loro stessa operazione. Fu solo qualche ora dopo che iniziarono ad emergere accuse più raccapriccianti e decisamente dubbie. 
 
Accuse infondate di “atrocità di Hamas”
 
Aviva Klompas, ex autrice di discorsi per la missione israeliana alle Nazioni Unite, è stata la prima israeliana degna di nota a diffondere la notizia secondo cui c'erano stati casi di "ragazze israeliane violentate e i loro corpi trascinati per strada”
 
Ha pubblicato questo post su X alle 21:18 (ora della Palestina), il 7 ottobre, sebbene un editoriale di Klompas pubblicato su Newsweek alle 00:28 (ora della Palestina), l'8 ottobre, non facesse menzione di alcuna violenza sessuale. 
 
Klompas è anche co-fondatrice di Boundless Israel, un “think-action tank” che lavora “per rivitalizzare l’istruzione israeliana e intraprendere un’azione collettiva coraggiosa per combattere l’odio verso gli ebrei”. Un gruppo di beneficenza “impenitentemente sionista” che lavora per promuovere la propaganda israeliana sui social media.  
 
L’unico caso indicato come prova di stupro è stato quello di una giovane donna tedesco-israeliana di nome Shani Louk, che è stata filmata a faccia in giù nel retro di un camioncino ed è stata da tutti ritenuta morta. 
 
Non era chiaro se i combattenti filmati con Louk nel veicolo diretto a Gaza fossero membri di Hamas, poiché non indossano le uniformi o le insegne delle truppe di Al-Qassam identificabili in altri video di Hamas - alcuni indossavano addirittura abiti civili e sandali. 
 
Più tardi, sua madre ha affermato di avere le prove che sua figlia era ancora viva, pur avendo subito una grave ferita alla testa. Ciò risulta vero dalle informazioni rilasciate da Hamas secondo le quali Louk era in cura per le sue ferite in un non meglio specificato ospedale di Gaza.
 
A complicare ulteriormente le cose, il giorno in cui sono emerse queste accuse di stupro, gli Israeliani non avrebbero potuto avere accesso a queste informazioni. Le loro forze armate non erano ancora entrate in molte, se non nella maggior parte, delle aree liberate dalla resistenza, ed erano ancora impegnate in scontri armati con loro su più fronti.
 
Tuttavia, queste accuse di stupro hanno preso vita propria, tanto che lo stesso presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha affermato, durante un discorso giorni dopo, che le donne israeliane erano state “violentate, aggredite, sfoggiate come trofei” dai combattenti di Hamas. È importante notare che l’articolo di The Forward dell’11 ottobre riferiva che l’esercito israeliano aveva riconosciuto di non disporre al momento di prove in proposito. 
 
Quando in seguito fu l'esercito a lanciare accuse di decapitazioni, amputazioni di piedi e stupri, la Reuters sottolineò che "il personale militare che supervisionava il processo di identificazione non aveva presentato alcuna prova forense sotto forma di immagini o cartelle cliniche". Ad oggi non è stata presentata alcuna prova credibile di queste atrocità.
 
Altre accuse scandalose, come la storia di Hamas “che ha decapitato 40 bambini”, hanno fatto notizia e occupato le prime pagine di innumerevoli organi di informazione occidentali. Perfino Biden ha affermato di aver visto “foto confermate di terroristi che decapitano bambini”. Le affermazioni sono state divulgate dal colono e soldato israeliano David Ben Zion, che in precedenza aveva incitato violente rivolte contro i Palestinesi e chiesto la distruzione della città di Huwara in Cisgiordania. Non è mai stata prodotta alcuna prova a sostegno di queste affermazioni e la stessa Casa Bianca ha confermato in seguito che Joe Biden non aveva mai visto foto del genere.
 
Il piano di Hamas
 
Ci sono poche o nessuna prova credibile che i combattenti palestinesi avessero un piano per – o deliberatamente cercato di – uccidere o danneggiare i civili israeliani disarmati il 7 ottobre. Dai filmati disponibili, vediamo che si sono impegnati principalmente con le forze armate israeliane, causando la morte di centinaia di soldati di occupazione. Come ha chiarito il 12 ottobre il portavoce delle Brigate Qassam, Abu Obeida:
 
“L'operazione Al-Aqsa Flood mirava a distruggere la Divisione Gaza (un'unità dell'esercito israeliano ai confini di Gaza) che è stata attaccata in 15 punti, seguita dall'attacco di altri 10 punti di intervento militare. Abbiamo attaccato il sito di Zikim e diversi altri insediamenti fuori dal quartier generale della Divisione di Gaza”.
 
Abu Obeida e altri funzionari della resistenza affermano che l'altro obiettivo chiave della loro operazione era prendere prigionieri israeliani da poter scambiare con i circa 5.300 prigionieri palestinesi detenuti nei centri di detenzione israeliani, molti dei quali sono donne e bambini. 
 
Il vice capo dell'ufficio politico di Hamas Saleh Al-Arouri, in un'intervista dopo l'operazione, ha sottolineato: “Abbiamo un numero elevato e qualitativo e alti ufficiali. Tutto quello che possiamo dire ora è che la libertà dei nostri prigionieri è a portata di mano”.
 
Entrambe le parti giocano a questo gioco: dall’inizio dell’assalto militare a Gaza, Israele ha rastrellato e imprigionato più di 1.200 Palestinesi nella Cisgiordania occupata. Ad oggi ci sono stati 38 accordi di scambio di prigionieri tra le fazioni della resistenza e Tel Aviv – accordi a cui gli israeliani spesso resistono fino all’ultimo minuto. 
 
Stanno inoltre emergendo sempre più notizie sul peggioramento delle condizioni degli ostaggi presi dagli Israeliani e risulta che le autorità israeliane hanno intensificato i maltrattamenti, le torture e persino l’uccisione dei prigionieri palestinesi sotto la loro custodia – una violazione delle Convenzioni di Ginevra che, ironicamente, sembra che un attore non statale come Hamas abbia invece rispettato alla lettera. 
 
In relazione agli eventi del 7 ottobre, ci sono sicuramente alcuni video che ritraggono Israeliani forse disarmati, uccisi nei loro veicoli o all'ingresso delle strutture, per consentire alle truppe palestinesi di accedervi.
 
Ci sono anche video che mostrano i combattenti impegnati in sparatorie con le forze armate israeliane, mentre nel frattempo c'erano Israeliani disarmati che si mettevano al riparo, oltre a video di combattenti che sparavano verso le case e lanciavano granate nelle aree fortificate. Le testimonianze di testimoni oculari suggeriscono anche che le granate siano state lanciate nei rifugi antiaerei, anche se non è chiaro da chi. 
 
Anche durante il “rave di pace” israeliano, che è stato citato come l’attacco più mortale commesso dai combattenti palestinesi durante la loro operazione, sono emersi video che sembrano mostrare che sono state le forze israeliane ad aprire il fuoco attraverso una folla di civili disarmati, verso obiettivi che credevano fossero membri di Hamas. ABC News ha anche riferito che un carro armato israeliano si era diretto verso il luogo del festival. 
 
Un massacro israeliano nel Kibbutz Be'eri?
 
Nel suo rapporto sugli eventi del Kibbutz Be'eri, la ABC News ha fotografato pezzi di artiglieria simili a munizioni israeliane all'esterno di una casa bombardata. Il giornalista David Muir ha riferito che in seguito all'attentato sono stati ritrovati combattenti di Hamas, coperti di sacchetti di plastica.
 
Inoltre, i video della scena mostrano case che sembrano essere state colpite da munizioni che i combattenti di Hamas non possedevano. Muir ha riferito che circa 14 persone sono state tenute in ostaggio in un edificio da combattenti palestinesi.
 
Un articolo in lingua ebraica di Haaretz pubblicato il 20 ottobre, che appare solo in inglese in un articolo imperdibile di Mondoweiss, racconta una storia molto diversa di ciò che accadde a Be'eri quel giorno. Un residente del Kibbutz che era lontano da casa – la cui compagna è rimasta uccisa nello scontro – rivela nuovi sorprendenti dettagli:
 
“Gli trema la voce quando gli viene in mente la sua compagna, che in quel momento era assediata nel suo rifugio domestico. Secondo lui, solo lunedì notte (9 ottobre) e solo dopo che i comandanti sul campo avevano preso decisioni difficili – compreso il bombardamento delle case con tutti i loro occupanti all’interno per eliminare i terroristi insieme agli ostaggi – l’IDF ha completato la presa del controllo di il kibbutz. Il prezzo fu terribile: furono uccise almeno 112 persone a Be'eri. Altri sono stati rapiti. Ieri, 11 giorni dopo il massacro, in una delle case distrutte sono stati scoperti i corpi di una madre e di suo figlio. Si ritiene che altri corpi giacciano ancora tra le macerie”.
 
Le prove fotografiche della distruzione di Be'eri corroborano il suo racconto. Solo le munizioni pesanti dell'esercito israeliano avrebbero potuto distruggere le case residenziali in questo modo.
 
 
Panorama di Be'eri Kibbutz, quando è cessato il fuoco
 
 
Comportamenti di Hamas: prove contro accuse
 
Yasmin Porat, una sopravvissuta del Kibbutz Be'eri, ha detto in un'intervista per un programma radiofonico israeliano, condotto dall'emittente statale Kan, che le forze israeliane "hanno eliminato tutti, compresi gli ostaggi", affermando inoltre che "c'era molto, fuoco incrociato molto pesante” e persino di aver notato bombardamenti di carri armati. 
 
Porat aveva partecipato al rave di Nova e aveva testimoniato del trattamento umano durante le diverse interviste condotte con i media israeliani. Ha spiegato che quando è stata tenuta prigioniera, i combattenti di Hamas “ci hanno sorvegliato”, dicendole in ebraico: “Guardami bene, non ti uccideremo. Vogliamo portarti a Gaza. Non ti uccideremo. Quindi stai calmo, non morirai." Ha anche aggiunto quanto segue: 
 
“Ci danno da bere qua e là. Quando vedono che siamo nervosi ci calmano. È stato molto spaventoso ma nessuno ci ha trattato violentemente. Fortunatamente non mi è successo niente di simile a quello che ho sentito dai media”.
 
Sempre più spesso, e con orrore di alcuni funzionari e organi di stampa israeliani, testimoni oculari israeliani e sopravvissuti allo spargimento di sangue testimoniano di essere stati trattati bene dai combattenti palestinesi. Il 24 ottobre l'emittente statale israeliana Kan si è lamentata del fatto che al prigioniero Yocheved Lifshitz, rilasciato il giorno prima da Hamas, fosse stato permesso di rilasciare dichiarazioni in diretta. 
 
Mentre veniva consegnata agli intermediari della Croce Rossa, l'anziana prigioniera israeliana è stata ripresa dalla telecamera mentre si voltava per stringere la mano del suo rapitore di Hamas nel suo ultimo addio. La trasmissione in diretta di Lifshitz, in cui ha parlato del suo calvario durato due settimane, ha "umanizzato" ancora di più i suoi rapitori di Hamas mentre raccontava la sua vita quotidiana con i combattenti:
 
“Sono stati molto amichevoli con noi. Si sono presi cura di noi. Ci hanno dato delle medicine e siamo stati curati. Uno degli uomini con noi è rimasto gravemente ferito in un incidente in moto. I loro paramedici (di Hamas) si sono presi cura delle sue ferite, gli hanno dato medicine e antibiotici. Le persone erano amichevoli. Hanno mantenuto il posto molto pulito. Erano molto preoccupati per noi”.
 
 
 
 
Più domande che risposte
 
È essenziale riconoscere che in molti resoconti dei giornalisti occidentali sul campo, la maggior parte delle informazioni riguardanti le azioni dei combattenti di Hamas provengono dall'esercito israeliano, un partecipante attivo al conflitto. 
 
Le prove attualmente emergenti indicano che esiste un’alta probabilità, soprattutto a causa dell’entità del danno infrastrutturale, che le forze militari israeliane possano aver deliberatamente ucciso prigionieri, sparato su obiettivi sbagliati o scambiato Israeliani per Palestinesi nei loro scontri a fuoco. Se l'unica fonte di informazione è l'esercito israeliano, allora bisogna tener conto del fatto che ha motivo di nascondere i casi di fuoco amico.
 
Il fuoco amico israeliano è proseguito anche nei giorni successivi, da parte di un esercito con pochissima esperienza di combattimento. Nella città di Ashkelon (Askalan) l'8 ottobre, soldati israeliani hanno ucciso a colpi d'arma da fuoco e gridato insulti al corpo di un uomo che credevano fosse un combattente di Hamas, ma in seguito si sono resi conto di aver giustiziato un loro compagno israeliano. Questo è solo uno dei tre esempi di fuoco amico avvenuti in un giorno, che hanno provocato l'uccisione di Israeliani da parte delle loro stesse truppe. 
 
Nella nebbia della guerra, le parti in conflitto forniscono informazioni diverse su ciò che è accaduto durante il raid iniziale e sulle sue conseguenze. Non è in discussione il fatto che i gruppi armati palestinesi abbiano inflitto perdite significative all’esercito israeliano, ma nelle settimane e nei mesi a venire si aprirà un ampio dibattito su tutto il resto. 
 
È urgentemente necessaria un’indagine internazionale indipendente, imparziale, che abbia accesso alle informazioni di tutte le parti coinvolte nel conflitto. Né gli Israeliani né gli USA saranno d’accordo su questo, il che di per sé suggerisce che Tel Aviv ha molto da nascondere.
 
Nel frattempo, i civili palestinesi a Gaza subiscono attacchi continui e indiscriminati con le armi pesanti più sofisticate esistenti, vivendo sotto la minaccia persistente di sfollamento forzato e potenzialmente irreversibile. Questo blitz aereo israeliano è stato reso possibile solo dall'ondata di storie infondate sulle “atrocità di Hamas” che i media hanno cominciato a diffondere a partire dal 7 ottobre. 
 
 
Ossin pubblica articoli che considera onesti, intelligenti e ben documentati. Ciò non significa che ne condivida necessariamente il contenuto. Solo, ne ritiene utile la lettura

 

 
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