Alahed, 30 ottobre 2014 (trad. ossin)


Ad al-Qods è scoppiata la terza Intifada

Samer R. Zoughaib


I media occidentali osano appena pronunciarne il nome, gli “Israeliani” la negano ostinatamente, gli Arabi la ignorano, ma i fatti sono là: la terza Intifada palestinese, quella di al-Qods, è già cominciata


Non passa più giorno a al-Qods (Gerusalemme) senza che i Palestinesi escano in strada per affrontare la polizia, l’esercito, i coloni e i militanti dell’estrema destra “israeliana”. Gli incidenti si contano a decine nelle ultime settimane, e però i media di tutto il mondo non prestano a questi avvenimenti l’attenzione che meritano. E’ peraltro chiaro, agli occhi degli analisti e degli osservatori onesti, che gli abitanti arabi della città santa, sottoposti a persecuzioni e vessazioni quotidiane da parte dell’occupante “israeliano”, hanno deciso di prendere nelle loro mani il loro destino.

Benché la calma sia tornata a Gaza e in Cisgiordania, dopo il cessate il fuoco firmato a fine agosto, gli scontri proseguono a al-Qods. L’inasprimento della repressione “israeliana” e le tante restrizioni e misure di ritorsione prese dalle autorità di occupazione non hanno piegato il morale e la determinazione dei Qodsioti a difendere la loro città e i loro luoghi santi. E questa resistenza sta assumendo forme diverse, dalle manifestazioni dei giovani, agli attacchi contro i simboli dell’occupazione e, da ultimo, al ricorso alla lotta armata.


Un rabbino estremista ferito

Mercoledì sera, degli sconosciuti in moto hanno sparato contro un rabbino di estrema destra, Yéhuda Glick, che è rimasto gravemente ferito, in una strada nella zona Est di al-Qods. Cinquantenne, questo rabbino guida da tempo i tentativi di occupare la “Spianata delle Moschee”, terzo luogo santo dell’Islam, che gli ebrei estremisti chiamano “Monte del Tempio”.

Qualche ora dopo, la polizia “israeliana” ha annunciato di avere abbattuto un Palestinese sospettato di essere l’autore dell’attentato contro Yéhuda Glick. Si tratta dell’ex detenuto palestinese Mou’taz Hijazi, membro della Jihad islamica in Palestina, che ha passato 11 anni nelle prigioni sioniste. La versione “israeliana” viene però contestata dagli osservatori, soprattutto per il fatto che Hijazi è stato ucciso all’alba a casa sua, mentre resisteva all’arresto. E’ mai possibile che l’autore di un attentato commesso poche ore prima abbia tranquillamente passato la notte nel suo letto?

Dopo questi incidenti, le forze di occupazione hanno vietato l’accesso, “fino a nuovo ordine”, della Spianata delle Moschee ai visitatori e ai fedeli mussulmani. La misura ha provocato una forte tensione in città e decine di abitanti di al-Qods, che passano la notte nei luoghi santi per proteggerli (i murabitun), sono in stato d’allerta, pronti a fronteggiare qualsiasi tentativo di occupazione della Spianata.


La polizia israeliana in assetto antisommossa


Questa restrizione si aggiunge alle innumerevoli vessazioni che vengono inflitte ai Palestinesi. La settimana scorsa, le autorità “israeliane” hanno vietato ai lavoratori palestinesi della Cisgiordania di usare, nel viaggio di ritorno, gli stessi bus degli Ebrei. Molte organizzazioni per la difesa dei diritti dell’uomo hanno denunciato questa misura di segregazione, presentata come obbligo di sicurezza.


Moltiplicazione delle provocazioni

Ma la cosa più grave resta la politica di rilancio della colonizzazione di al-Qods, annunciata dal primo ministro Benjamin Netanyahu (costruzione di 1000 alloggi nei quartieri arabi), che assume i caratteri di una provocazione contro la popolazione palestinese, e che si aggiunge alle visite quotidiane degli estremisti ebrei alla Spianata delle Moschee.

Contemporaneamente, prosegue bellamente l’appropriazione di case palestinesi da parte dei coloni nel quartiere arabo di Silwan.

L’annuncio della costruzione dei 1000 alloggi ha provocato la rabbia dei giovani palestinesi, che sono scesi in piazza in molti quartieri per affrontare i poliziotti “israeliani”. Il primo ministro palestinese, Rami Hamdallah, si è recato alla Spianata delle Moschee, dove è stato accolto da una folla che gridava: “Andiamo a al-Aqsa, martiri a milioni”.

Questi sono gli ultimi di una serie di avvenimenti che si sono moltiplicati nelle ultime settimane. Dopo l’assassinio, questa estate, del giovane palestinese Mohammad Abou Khdeir da parte di estremisti ebrei, i convogli del tram, inaugurato nel 2011 per collegare i quartieri Est e Ovest di al-Qods, sono diventati bersaglio quotidiano di getti di pietre e di bottiglie Molotov. Per molti giovani palestinesi, questa linea è diventata il simbolo di una sovranità israeliana che bisogna combattere, costi quel che costi.

Quasi ogni notte, i giovani erigono barricate nei quartieri arabi, danno battaglia nella città vecchia, attaccano gli “Israeliani”.

L’inasprimento della repressione non è riuscita a piegare i manifestanti. L’arresto, da luglio scorso, di 800 Palestinesi non ha riportato la calma nelle strade di al-Qods.

Di fronte a questi fatti, alcuni giornalisti israeliani e media occidentali cominciano a usare l’espressione “Intifada”. Secondo Hamos Harel, del quotidiano Haaretz, “non si può fare altro che parlare di un’intifada cittadina che imperversa dall’estate”.


L'Intifada in corso


Alcuni media francesi, come il quotidiano Le Monde e i settimanali Le Point e L’Express, non esitano a parlare apertamente di intifada.

Connie Hackbarth, editore di Alternativnews, si affanna a dimostrare che, nonostante le smentite “israeliane” sul carattere insurrezionale degli avvenimenti di al-Qods, è proprio una nuova Intifada cui il mondo sta per assistere.

“Scontri vi sono stati durante tutto il week end a Gerusalemme Est, mentre rinforzi di polizia e forze speciali israeliane sono state dislocate in città per fronteggiare la non Intifada”, scrive ironicamente.

La giornalista evidenzia che “decine di Palestinesi sono rimasti feriti durante il week end nel corso di scontri tra le forze israeliane e i manifestanti palestinesi in vari punti di Gerusalemme Est”.

Fin dal venerdì mattina, imponenti forze di polizia israeliana e di polizia delle frontiere sono state ammassate in città per l’operazione battezzata “Guardiani dei muri”.

Tre battaglioni di sorveglianza sono stati dislocati nei quartieri di Ras al Amud, Abou Dis e Beit Hanina, nella parte ovest della città. Scontri vi sono stati anche a A tur, Silwan Issawiya e Wadi Joz, durante tutto lo scorso week end.

Domenica 26 ottobre, Mahmoud Zahar, alto responsabile di Hamas, ha dichiarato che la permanenza costante di violenza a Gerusalemme è una “Intifada”.

L’Intifada di al-Qods non è più una sollevazione silenziosa, come vorrebbero gli “Israeliani”. I leader e i media arabi continuano ad ignorarla.   



 

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