L’Express.fr – 19 gennaio 2011


Che cosa rappresenta l’islamismo in Tunisia?
di Catherine Goueset

L’islamismo tunisino: il partito Ennahda
Fondato nel 1981, Ennahda viene tollerato dal regime del presidente Ben Ali dopo la presa del potere del 1987. Ma dopo le legislative dell’aprile 1989, quando gli islamisti ottengono il 15% dei suffragi presentandosi sotto una lista “indipendente”, i suoi militanti vengono perseguitati e imprigionati. La vittoria elettorale del Fronte islamico di salvezza (FIS) in Algeria alle elezioni del 1990 consente a Ben Ali di agitare il pericolo di un “effetto domino”. Durante gli anni 1990, 30.000 militanti del partito islamista vengono arrestati. Finiranno per essere liberati agli inizi degli anni 2000, dopo aver scontato quasi tutta la pena, ma sono piegati.
Ennahda insiste, da allora, sul fatto che accetta sia il divieto della poligamia che il diritto delle donne di divorziare, le conquiste più importanti di Bourguiba, il padre della Tunisia contemporanea. Al contrario il partito resta ostile all’uguaglianza dei sessi in materia di eredità, secondo quanto hanno spiegato Christophe Ayad e Christophe Boltanski in Libération nel 2006.
Dopo la repressione degli anni 1990, poi la messa in disparte di Ennahda, “il movimento islamista sembra disorganizzato”, osserva il ricercatore Pierre Vermeren


Quali rapporti con le altre forze politiche?
Negli anni 1990, i principali partiti di opposizione hanno sostenuto la repressione contro gli islamisti e, passati diversi anni, l’islamismo resta il mostro assoluto. “Tra Ennahda e Ben Ali, essi hanno scelto Ben Ali, come nel 1991-1993, assicura un diplomatico citato da Libération nel 2004. Moncef Marzouki, secondo cui le violazioni dei diritti dell’uomo non diventano più accettabili quando le vittime sono degli islamisti, è uno dei rari oppositori a sostenerli, ma forse è anche interessato dal seguito che hanno gli islamisti tra le categorie più popolari. Poco a poco, anch’essa vittima della repressione, l’opposizione laica si apre al dialogo con Ennahda. Al punto che, in occasione della liberazione di diversi islamisti nel 2006, alcuni alti dirigenti del partito si sentono in dovere di rassicurare il loro partner della sinistra democratica sul fatto che non avevano stretto alcun patto segreto con Ben Ali, come raccontato da Libération.


Sì, esiste una sensibilità islamista in Tunisia…
Secondo il ricercatore Pierre Vermeren, “esiste una sensibilità islamista molto forte tra la popolazione: il discorso religioso, morale o moralizzatore, si alimenta della denuncia della corruzione e dei comportamenti economici mafiosi. Il terreno è assai favorevole” e “la Tunisia è esposta, come tutti i paesi della regione, all’influenza ideologica veicolata dai grandi media del Golfo”, aggiunge.
Nel corso dell’ultima elezione del presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati, nel giungo 2010,  la personalità che ha ottenuto il maggior numero di voti è stata Daida Akrémi, la moglie di Noureddine Bhiri, membro di Ennahda, secondo quanto scrive La Croix. “In giugno, sono stato invitato dall’associazione dei Tunisini della Grandi scuole per una conferenza”, racconta il ricercatore Eric Gobe al giornale cristiano. “Mi hanno chiesto di adattarmi ad un certo orario che avrebbe permesso ai partecipanti di recarsi alla grande preghiera del venerdì. Dieci anni prima non sarebbe successo. La società tunisina pratica sempre di più la religione e si vedono sempre più hijab (foulard islamici)”, testimonia.


… ma questo non è necessariamente una minaccia
“Nessuno nel Maghreb si augura di vivere una tragedia come quella che ha conosciuto l’Algeria negli anni 1990, sottolinea Pierre Vermeren. Stessa analisi fa la ricercatrice Salma Belaala: “La repressione del regime, l’esperienza algerina e l’immagine negativa del terrorismo islamista in Tunisia hanno molto indebolito i leader politici di questa corrente”.
Sono loro stessi a paragonarsi all’AKP, al potere in Turchia, addirittura ai cristiani democratici europei. Mouhieddine Cherbib, uno dei fondatori del Comitato per il rispetto delle libertà e dei diritti dell’uomo in Tunisia (CRLDHT) fa lo stesso paragone. Un esempio ci viene indicato dalla cyberattivista Amira Yahyaoui: Rached Ghannouchi è considerato “comunista” da Al Manar, il canale degli Hezbollah libanesi, a causa delle sue concessioni alla laicità.


Quale è stato il ruolo degli islamisti nelle manifestazioni dei mesi scorsi?
Praticamente assenti dalle manifestazioni tunisine, le formazioni islamiste non hanno influenza per il momento sul corso delle cose a Tunisi. Ma resta da vedere che peso avranno sulle elezioni presidenziali”, spiega il ricercatore François Burgat.
Ma un leader islamista, Sadok Chourou, era martedì per la prima volta alla testa di una manifestazione a Tunisi contro la presenza di membri dell’entourage del presidente deposto Ben Ali nel nuovo governo. “C’è stata in Tunisia una rivoluzione popolare che ha rivendicato dei diritti sociali e politici. Non si vuole dare l’impressione di voler recuperare questo movimento. Si è disponibili a consultare tutti, tutte le forze politiche e della società civile”, ha spiegato Houcine Jaziri, uno dei portavoce del partito da Parigi.


Ben Ali è stato un baluardo contro l’islamismo?
E’ l’argomento continuamente usato per giustificare il sostegno dei paesi occidentali al regime poliziesco di Ben Ali, e recentemente ancora utilizzato, per esempio da Rachida Dati sul set di BFMTV il 14 gennaio: “Ben Ali ha giocato un ruolo importante nella cooperazione, nella lotta contro il terrorismo e la lotta contro la crescita dell’integralismo. E bisogna anche dire che il fatto che egli abbia represso così duramente la crescita dell’integralismo, è stato anche per proteggere gli Europei”.
Ma secondo la maggior parte degli esperti, è tutto il contrario. In Tunisia questo comportamento ha provocato “l’impasse di cui oggi constatiamo l’ampiezza”, ritiene François Burgat, intervistato da Le Soir. “I paesi che hanno integrato l’islam nel gioco democratico” sono quelli “nei quali le urne hanno la concreta possibilità di mutare i rapporti di forza al vertice dello Stato”, aggiunge.


Quale l’interesse ad includere gli islamisti nel gioco politico?
Secondo Luis Martinez, specialista dell’islamismo radicale, l’integrazione dei partiti islamisti nel gioco politico non può che essere un “atout nella lotta contro i gruppi terroristi”.
- Sul piani ideologico, la cosa consente di combattere più efficacemente dei governanti le interpretazioni falsate dell’islam che sono proprie delle organizzazioni terroristiche;
- Sul piano della sicurezza, permette ai governi di dimostrare che la lotta contro il terrorismo non è una lotta anti-islamica;
- Sul piano sociale, i partiti islamisti potrebbero svolgere buna funzione tribunizia, integrando tutti i più sfavoriti sulla scena politica legale”.

E adesso?
Rached Ghannouchi si è impegnato, nel corso di una intervista diffusa venerdì 14 gennaio da France 24 a “lavorare coi movimenti politici e la società civile per costruire uno Stato di diritto”.
Ennahda ha depositato una richiesta di legalizzazione, prendendo sulla parola il Primo ministro di transizione. E un portavoce del partito ha annunciato che il movimento non presenterà suoi candidati alle presidenziali, ma che parteciperà alle legislative che si terranno tra sei mesi. Ma dovranno trovarsi delle soluzioni perché la Costituzione tunisina vieta la creazione di partiti di ispirazione religiosa. 

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