Afrique Asie, 16 marzo 2013 (trad.Ossin)



L’elogio di John Kerry all’Arabia Saudita, un paese sulla via delle riforme!
Mounadil Al-Djazairi


E' inutile dire, al contrario della Siria…


Due militanti per i diritti dell’uomo sono stati condannati rispettivamente a dieci e undici anni di prigione in Arabia Saudita. Si tratta di Mohammed Fahd Al Qahtani e di Mohammed al-Hamid, fondatori di “Saudi Civil and Political Rights Association”, vietata dalle Autorità.


Come segnala il sito Angry Arab, le sentenze sono state pronunciate nell’intervallo tra le visite di due alti esponenti politici USA, quella del nuovo Segretario di Stato John Kerry, e quella dell’Attorney General (ministro della Giustizia), Eric Holder.


Nessuno dei due ha fatto la minima osservazione su queste due condanne, come alcuna osservazione essi hanno fatto sulla repressione in corso da parte delle monarchie della regione.


Angry Arab così prosegue:

Al contrario, Kerry e Holder hanno usato toni lirici sulla cooperazione tra USA e Arabia Saudita, sulle questioni strategiche e si sono fatti in quattro per felicitarsi col Regno per avere nominato trenta donne nell’ Assemblea Consultativa (shura) non elettiva. Holder è stato menzionato in lungo e largo per avere lodato il ministro saudita dell’interno a proposito della sua azione contro l’estremismo e per le riforme nel Regno.

Ecco cosa Kerry aveva da dire durante la conferenza stampa, tenuta il 4 marzo insieme al ministro degli affari esteri Saud al Fayçal  :

“In tutto il mondo arabo, ci sono uomini e donne che si sono levati per rivendicare i loro diritti universali e maggiore uguaglianza di opportunità. Alcuni governi hanno risposto mostrandosi disponibili alle riforme. Altri, come la Siria, hanno reagito con violenza. Io tengo quindi a porre a credito del governo saudita la nomina di 30 donne al Consiglio della Shura e l’incoraggiamento a maggiori opportunità economiche per le donne. Abbiamo parlato di nuovo del numero di donne che entrano nella popolazione attiva e della transizione in corso nel regno. Noi incoraggiamo la prosecuzione di riforme inclusive per garantire che tutti i cittadini del regno possano finalmente godere dei loro diritti e delle libertà fondamentali”.


In altri termini ha collocato il regno tra i regimi che “hanno risposto dimostrandosi disponibili alle riforme”. Nel corso di una riunione col personale dell’ambasciata, Kerry è stato ancora più disinvolto. Su quasi tutti i problemi che preoccupano gli Stati Uniti, ha detto, “L’Arabia Saudita ci ha sostenuto e aiutato”. (Per quelli che contano i punti, questi problemi sono le sanzioni contro l’Iran, lo Yemen, la fornitura di armi [all’opposizione] in Siria, l’antiterrorismo, Israele e la transizione politica in Egitto).


E perché mai dovrebbe essere più critico? Nessuno gli ha fatto pressione su queste questioni. Nelle sue varie conferenze stampa a Riyadh e a  Doha e nelle sette interviste rilasciate a Doha il 5 marzo, Kerry è stato bombardato di domande sull’armamento dei ribelli siriani, sui negoziati con l’Iran e sui suoi rapporti col presidente Obama. Nemmeno una sola domanda gli è stata posta sui diritti umani o sulle riforme nel Golfo. Ma non ve la prendete per questo – c’è stato il tempo di fargli una domanda su Dennis Rodman. Perché il popolo degli Stati Uniti vuole sapere. 

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