Al-Manar, 22 ottobre 2014 (trad.ossin)



Pena di morte per due oppositori sauditi


Né l’amministrazione USA, né l’Unione Europea (e nemmeno un divo di Hollywood, magari di seconda fila) sentono il bisogno di levare la loro voce contro l’ultimo crimine contro i diritti umani del principale alleato statunitense del Medio oriente: l’Arabia Saudita

Un tribunale saudita ha condannato due oppositori a morte, e un terzo a 12 anni di reclusione, per avere partecipato a delle manifestazioni anti-governative nell’est del regno saudita, riferisce l’agenzia di stampa ufficiale Spa.

I tre uomini, che sono comparsi martedì dinanzi al tribunale di Riyadh competente per i delitti di terrorismo, erano accusati di “partecipazione a disordini”, “tentato omicidio di poliziotti”, e “lanci di bottiglie molotov” contro il commissariato di polizia nel villaggio di Awamiyeh.

I tre prevenuti possono, nel termine di 30 giorni, proporre appello contro la sentenza, pronunciata solo una settimana dopo l’altra condanna a morte, per “disobbedienza al re” del dignitario religioso, sceicco Nimr Baqer al-Nimr, considerato come uno dei principali promotori delle manifestazioni che chiedono riforme costituzionali.

Le manifestazioni nella provincia orientale sono cominciate nel 2011. Sono state represse nel sangue da parte delle forze saudite. Una ventina di oppositori sono stati uccisi e più di 950 arrestati, 217 sono tuttora in carcere.

 

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