Crisi siriana, aprile 2015 - Il pericolo maggiore sarebbe che Daech e Al Qaeda “canale storico” finissero per trovare un’intesa. La loro ideologia e i loro nemici sono gli stessi. La rivalità viene solo dal fatto che Al-Bagdadi non vuole riconoscere l’autorità di Zawahiri che considera superato, insomma l’eterno conflitto generazionale (nella foto, la conquista jihadista di Idlib)



Cf2R (Centre Français de Recherche sur le Renseignement), 5 aprile 2015 (trad. Ossin)



Siria : Al Qaeda si radica

Alain Rodier


La conquista di Idlib

La città di Idlib, nel nord est della Siria, è caduta il 28 marzo 2015 nelle mani dei salafisti-jihadisti della coalizione Jaysh Al-Fatah (Esercito di conquista) che era apparsa ufficialmente il 24 dello stesso mese. Essa gode dell’appoggio dello sceicco Abdallah Mujammad Al-Muhaysini, l’ideologo religioso di nazionalità saudita, noto per essere un alto responsabile di Al Qaeda “canale storico”.  La nuova coalizione raggruppa il Fronte el-Nusra – il braccio armato ufficiale di Al Qaeda “canale storico” in Siria – Ahrar Al-Sham, Jund Al-Aqsa, Liwa Al-Haqq, Jaysh Al-Sunna, Ajnad Al-Sham, ecc. Di fatto, tutti questi gruppi e gruppuscoli sono stati infiltrati, fin dalla nascita, da agenti di Al Qaeda, in quanto il dottore el-Zawahiri non voleva dare l’impressione di gestire direttamente la ribellione siriana. Quindi ha fatto di tutto per promuovere dei gruppi teoricamente indipendenti ma in realtà strettamente legati alla “casa madre”.

Quest’ultima vittoria contro il regime di Bachar el-Assad fornisce ad Al Qaeda l’opportunità di istallarsi durevolmente nel secondo capoluogo di una provincia abbandonata dalle forze lealiste. Il primo era stato Raqqa, conquistata nel marzo 2013 da Daech e diventata da allora la “capitale” del califfato islamico, che è in concorrenza con Al Qaeda.

E’ sintomatico che i movimenti che hanno poi formato lo Jaysh Al-Fatah abbiamo prima di tutto scacciato i movimenti ribelli “moderati”, come Harakat Hazmi (1) che è sostenuto dagli Statunitensi, e poi abbiano attaccato le forze governative siriane.  La cosa ha loro consentito, tra l’altro, di impadronirsi di armi, in particolare postazioni di tiro anticarro TOW, che hanno svolto un ruolo importante nella vittoria, in quanto i carri armati avversari non hanno osato intervenire. Gli attaccanti hanno dato anche prova di un elevato livello di coordinamento, riuscendo a utilizzare congiuntamente fuoco di appoggio, veicoli suicidi e reparti d’assalto per respingere i difensori lealisti. I movimenti più impegnati nella conquista di Idlib sembrano essere stati il Fronte el-Nusra, Ahrar Al-Sham e Jund Al-Aqsa. El-Nusra, che avrebbe impegnato circa 3000 uomini, ha affermato che, per l’occasione, la coalizione aveva messo in campo tre stati maggiori di coordinamento, due dei quali erano solo delle esche per sviare l’intelligence nemica. Simili metodi di inganno tattico sembrano una novità sul teatro siriano.

Quasi tutta la provincia di Idlib è oramai nelle mani dei movimenti legati direttamente o indirettamente a Al Qaeda “canale storico”. Per salvare le apparenze, Abou Mohammad Al-Joulani, l’emiro di El-Nusra, ha affermato, nel corso di una dichiarazione radio di quindici minuti, di non voler guidare da solo la regione conquistata. Ha anche aggiunto che la “consultazione costituisce il miglior metodo di governo”. L’appello rivolto a tutti i movimenti jihadisti è manifesto e dimostra che Al Qaeda tenta oggi di ampliare la propria presenza in Siria. Viene seguita in questo da Abou Jaber - alias Hachil Al-Cheikh – l’emiro di Ahrar Al-Sham, che afferma che “i gruppi coinvolti (nella conquista) devono rinunciare ai rispettivi interessi personali, a profitto di quelli dell’islam e di quelli del popolo ferito e sofferente”. Riassumendo: nessuna fazione islamista deve cercare il predominio sulle altre. A tal fine dovrà essere istituito un consiglio che raggruppi i diversi gruppi presenti nella provincia di Idlib. Il suo compito sarà quello di governare la provincia. Prudentemente e per ragioni di comunicazione, non si è parlato della creazione di un “califfato”, come quello di Daech. Occorre evitare infatti di attirarsi i fulmini dei paesi che appoggiano la ribellione, per quanto di carattere islamista radicale.

Così la Turchia si è ufficialmente felicitata della caduta della provincia di Idlib, sostenendo che l’Esercito Siriano Libero (ESL) abbia preso parte ai combattimenti, quando tutti gli osservatori sanno che esso era stato in precedenza messo fuori gioco dai jihadisti salafisti. Ma dire questo permette ad Ankara di fare apparire che la Turchia continui ad appoggiare l’ESL, mentre invece l’aiuto logistico viene concretamente ricevuto, più o meno direttamente, dalla coalizione Jaysh Al-Fattah. (Da ricordare che la provincia di Idlib si trova sulla frontiera turca). Le apparenze sono salve. E’ tuttavia certo che molti combattenti dell’ESL si sono uniti ai ranghi salafisti-jihadisti. Che vengono considerati più “in odore di vittoria”.





Situazione nelle altre regioni della Siria

Dal 2013 la regione costiera di Laodicea, feudo del clan Assad, è sotto la minaccia di El-Nusra, soprattutto dopo gli aspri combattimenti di strada che si sono avuti nella località di Dourine che sovrasta Salma, a nord, e Jabal Al-Akrad, a est, due bastioni dei salafisti-jihadisti. Tuttavia le forze lealiste sembrano oramai solidamente istallate sulle alture, impedendo ai ribelli di avanzare verso la costa.

La regione di Aleppo, più a est, è stata teatro di sanguinose battaglie. Ma nessuna delle parti in causa è riuscita a riportare qualche successo militare decisivo, e nemmeno significativo. Attualmente si trova in una situazione di calma punteggiata da sporadici scontri. In città sono presenti entrambi i movimenti jihadisti, El-Nusra e Dach, e rispettano una sorta di patto di non aggressione.

Il sud della Siria è attualmente teatro di aspri combattimenti tra ribelli e forze governative appoggiate dagli Iraniani e da Hezbollah libanese, in particolare nel triangolo Damasco/Quneitra/Deraa. A Damasco, la Ghouta orientale, periferia orientale posta fin dal 2012 sotto assedio dalle forze governative, resta un obiettivo prioritario per il regime. Quest’ultimo spera di riuscire a tagliare i rifornimenti che giungono ai ribelli dal sud del paese. In quest’ultima regione, El-Nusra si è alleata con l’ESL, che vi è ancora presente perché le sue retroguardie sostenute da USA e consorti si trovano nella vicina Giordania. A inizio di aprile, i ribelli si sono impossessati del ponte di passaggio frontaliero siro-giordano di Nasib, tagliando di fatto l’asse Damasco-Amman.


Nel frattempo Daech…

Daech è impegnata contro i Curdi dell’Unione Democratica Curda (PYD), sostenuti dalla milizia siriana nella provincia di Hassaké, nel nord est del paese, tentando di impadronirsi della località di Tall Tamer. L’obiettivo è duplice: dividere le forze curde e aprire un corridoio che colleghi la regione di Aleppo alla frontiera irachena e poi a Mosul.

Infine Daech, verosimilmente con la complicità di elementi locali di El-Nusra, è all’offensiva nel campo di rifugiati palestinesi di Yarmouk, posto a sette chilometri dal centro di Damasco. Daech si oppone al movimento Aknaf Bayt Al-Maqdis, restato fedele ad Hamas. Il campo è assediato dalle forze lealiste dall’inizio del 2014.


Conclusioni

Scoppiata il 15 marzo 2011, la ribellione avrebbe provocato più di 215.000 morti, 76.000 solo nell’anno 2014, che è stato il più sanguinoso. Le vittime si ripartiscono approssimativamente per 1/3 nel campo dell’opposizione, per un altro terzo in quello delle forze governative, e il resto tra la popolazione civile intrappolata tra i belligeranti. Il fronte siriano non può essere disgiunto dal teatro iracheno, perché si tratta della stessa guerra di influenza tra Iran, Arabia saudita e Stati del Golfo Persico (lo Yemen altro non è se non un prolungamento di questa rivalità). Il problema si è complicato con la crescita dei salafisti-jihadisti, essi stessi divisi tra Al Qaeda “canale storico” e Daech. Secondo l’ONU, questi ultimi sarebbero spalleggiati da 22.000 combattenti stranieri, provenienti da più di cento nazioni (2). Occorre ricordare che i volontari che parteciparono alla guerra contro i Sovietici in Afghanistan non hanno superato i 10.000 in dieci anni di operazioni (1979-1989).

Se si parla molto di più di Daech, che è diventata maestra nell’arte della comunicazione, Al Qaeda “canale storico” è molto meno presente sulla scena. Ciò è in gran parte voluto dalla Choura (Consiglio consultivo diretto da Zawahiri) che allarga progressivamente la propria sfera di influenza, non solo in Siria ma anche in Yemen e riorganizzando le proprie forze nel Sahel (3). Non bisogna sottovalutare la minaccia terrorista rappresentata da Al Qaeda (4), in quanto le sue reti all’estero sono molto più importanti di quelle di Daech, che rivendica soltanto operazioni di attivisti che pensano che il suo marchio si porti di più (5). Una eccezione: la provincia del Sinai, dove 32 persone, tra cui 15 soldati, sono cadute in azioni di guerriglia lanciate da Ansar Beit Al-Maqdess (Ansar Gerusalemme, che ha giurato fedeltà a ISIS), a est di Al-Arich il 2 aprile. L’allineamento di Boko Haram a Daech è solo un’alleanza di circostanza. Per contro gli Shabab somali – gli autori del massacro nell’Università di Garrisa in Kenya, il 2 aprile, che ha provocato 148 vittime, in maggioranza cristiani – dipendono tuttora da Al Qaeda “canale storico”. Gli Shabab hanno poi diffuso un messaggio in cui promettono al popolo keniota una guerra “lunga e atroce”.

Il pericolo maggiore sarebbe che Daech e Al Qaeda “canale storico”, i due movimenti salafisti-jihadisti, finissero per trovare un’intesa. E’ già puntualmente il caso sul campo in Siria. La loro ideologia e i loro nemici sono gli stessi. La rivalità viene solo dal fatto che Al-Bagdadi non vuole riconoscere l’autorità di Zawahiri che considera superato, insomma l’eterno conflitto generazionale.


Note:

(1)    Leggi: “Siria: riorganizzazione dell’opposizione”, in www.ossin.org, marzo 2015  http://www.ossin.org/crisi-siriana/siria-riorganizzazione-dell-opposizione.html

(2)    6.550 si troverebbero in Afghanistan e diverse centinaia in Libia, in Somalia, in Pakistan e in Yemen. I contingenti più numerosi provengono dall’Arabia Saudita, dal Maghreb (3.000 dei quali Tunisini), dal Caucaso e poi dall’Europa occidentale. Si comincia ad assistere anche a una certa porosità dei diversi fronti, con dei combattenti internazionalisti che hanno fatto esperienza in Siria e in Iraq e si sono poi trasferiti in altre terre di jihad.

(3)    E’ stata annunciata la uccisione di Khaled Chaieb, l’emiro della katiba Okba Ibn Nafaa e soprattutto rappresentante di AQMI in Tunisia, da parte delle autorità a inizio aprile.

(4)    Gli attentati di Parigi dei fratelli Kouachi sono stati programmati da Al Qaeda nella Penisola Arabica (AQPA), anche se Coulibaly – un portamina reclutato dalla cellula Kouachi – si è poi dichiarato militante di Daech che riteneva si portasse di più.

(5)    Almeno uno degli attaccanti del museo del Bardo a Tunisi del 19 marzo sarebbe stato addestrato in un campo di Daech in Libia. Ma occorre ricordare che Al Qaeda è molto presente in Libia. Si tratta forse di un depistaggio.
 


 

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