Asia Times, 6 luglio 2011

Che cosa succede veramente in Libia?
Pepe Escobar (*)

Sotto la fitta nebbia della guerra, la tragedia in corso in Libia si trasforma in una guerra di sigle che disegna graficamente i confusi “dolori del parto” del nuovo ordine mondiale che si va delineando


Da una parte c’è la NATO (l’organizzazione del trattato nordatlantico) e la LA (Lega Araba); dall’altro l’UA (Unione Africana) e il gruppo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Africa del Sud). Si può anche dire che l’Occidente atlantista e i suoi alleati arabi nella contro-rivoluzione si ritrovano contro l’Africa e i poteri economici emergenti del pianeta.


Menzogne, menzogne e ancora menzogne
Si sono sentiti molti mugugni provenienti dal Congresso degli Stati Uniti a proposito della Libia – concernenti gli aspetti tecnici della legge sui poteri di guerra (War Power Act). In due parole, i legislatori USA hanno rifiutato fino ad oggi di autorizzare quello che assomiglia moltissimo ad una guerra (ma che, secondo la Casa Bianca non è una guerra). Essi si rifiutano di votare stanziamenti per un impegno più importante degli USA in questa avventura della NATO; ma i fondi continueranno comunque ad arrivare.
Le contorsioni semantiche a proposito della tragedia libica hanno già largamente oltrepassato il livello abituale e tutto ciò fa pensare che i droni USA continueranno ad affiancare gli aerei da combattimento della NATO per bombardare i civili di Tripoli.
 A parte Vijay Prashad del Trinity College del Connecticut, pochi in Occidente hanno notato che il primo ministro cinese Wen Jiabao ha detto tutto questo. In un articolo di opinione sul Financial Times del 23 giugno intitolato “Come la Cina progetta di rafforzare la ripresa mondiale”, Wen ha dichiarato che la Cina è pronta ad esercitare il suo potere politico nell’area MENA (Medio Oriente/Africa del Nord), attraverso i BRICS.
Pechino non è particolarmente contenta di essere stata costretta ad abbandonare i suoi importanti investimenti energetici in Libia – più di 30.000 operai sono stati evacuati in soli due giorni; vuole continuare ad essere protagonista, qualsiasi cosa accada in Libia.
Il ministro russo degli affari esteri, da parte sua, ha già sottolineato che la “distruzione fisica di (Muammar) Gheddafi e della sua famiglia solleva seri dubbi”. La figlia di Gheddafi, Aisha, ha denunciato la NATO a Bruxelles per l’uccisione di sua figlia Mastoura, suo fratello e gli altri nipotini di Gheddafi.
Donatella Rovera, una conosciuta esponente di Amnesty International, ha dichiarato che, dopo avere svolto un’inchiesta di tre mesi in Libia, non aveva trovato alcuna prova che le truppe libiche avessero compiuto degli stupri di massa (benché questo sia considerato un fatto accertato dalla Corte Penale Internazionale).
Amnesty non ha neppure trovato alcuna prova sulla presenza di mercenari dell’Africa dell’Ovest e dell’Africa centrale tra le truppe fedeli a Gheddafi. Secondo Rovera, quelli che sono stati presentati ai giornalisti come mercenari stranieri sono stati poi rilasciati con discrezione… la maggior parte essendo degli immigrati subsahariani che lavoravano in Libia come clandestini.
Alcuni di loro sono stati comunque linciati o giustiziati. La Cirenaica ha sempre dato prova di razzismo nei confronti degli Africani neri.
I civili sono stati bombardati sia dall’esercito libico che dalla NATO. E tuttavia non vi è alcuna certezza che le forze aeree libiche abbiano bombardato massicciamente le città “ribelli”; e nessuna certezza di stragi di civili comparabili a quelli della Siria o dello Yemen. Insomma il regime di Gheddafi può anche in passato essersi abbandonato ad una brutale repressione nei confronti delle opposizioni, ma non ha certamente commesso un genocidio. E questo seppellisce gli argomenti dei falchi autoritari in favore della guerra aerea.
Regna l’ipocrisia. La Corte Penale Internazionale accusa Gheddafi e suo figlio Saif al-Islam – quello che era stato il beniamino della Scuola di Economia di Londra – e lo zar dei servizi segreti Abdallah al-Senoussi di “crimini contro l’umanità”, mentre l’odiosa dittatura di Burma/Myanmar e gli al-Khalifa del Bahrein non vengono disturbati in alcun modo.


Nel dubbio, balcanizzare
Bisognerebbe essere un topolino nelle immense hall della NATO vicino a Bruxelles, per poter vedere fino a che punto lo sciame di burocrati militari che vi circola sia impermeabile alla realtà.  La NATO continua ad essere convinta di avere “vinto” la guerra contro Slobodan Milosevic grazie ai bombardamenti sulla Serbia durati 78 giorni nel 1999. Di fatto, quello che decise la guerra fu il fatto che Milosevic avesse perduto il sostegno politico della Russia.
Dopo più di 100 giorni di bombardamenti sulla Libia, con 12.000 azioni e 2.500 obiettivi, la NATO continua a sostenere di “vincere”. Esattamente come “vince” in Afghanistan.
Le parole dominano l’informazione nel contesto di una guerra di disinformazione senza pietà. La NATO non ammette che il suo obiettivo di liberazione umanitaria della Libia preveda un cambiamento di regime, cosa che non è autorizzata dalla Risoluzione 1973 dell’ONU.
Gli Usa, dal canto loro, hanno disconnesso la televisione libica dal satellite Arabsat – del quale la Libia è un partner finanziario. Il nuovo rappresentante libico all’ONU non ha ottenuto il “visto” degli USA. E ciò significa che solo il gruppo sospetto ed eterogeneo dei “ribelli” ha accesso ai media internazionali di lingua inglese.
Nonostante la “precisione dei bombardamenti” tanto vantata, la NATO perde almeno un missile su 10. Ciò spiega l’aumento dei “danni collaterali”. Gli obiettivi non sono solo militari, ma soprattutto economici, come l’edificio della zecca libica che stampa i dinari.
Non c’è alcuna sollevazione popolare contro il regime. La Tripolitania – la Libia dell’ovest – è fedele a Gheddafi. In modo evidente, viene considerato il difensore del paese contro un attacco neo-coloniale straniero.
Quanto a quelli di Bengasi che credono che l’opportunista, neo-bonapartista Nicolas Sarkozy li ami a tal punto da volerli “liberare” a colpi di raffiche, sono considerati degli ingenui, se non dei traditori.
Gli jihadisti di Al-Qaida dell’Africa del Nord, da parte loro, si divertono da matti a strumentalizzare la NATO per raggiungere i loro obiettivi – abbandonandosi occasionalmente al linciaggio o a qualche amputazione tradizionale in questo o quel luogo “liberato”.
Il miscuglio di arroganza e incompetenza della NATO conduce inevitabilmente ad una balcanizzazione della Libia – uno scenario che il sito Asia Times aveva predetto. Considerando che sono già stati distribuiti alla popolazione quasi due milioni di mitragliatrici e che la NATO finirà per intervenire via terra – il solo modo di ottenere una “vittoria” decisiva – possiamo aspettarci dei combattimenti di strada sanguinosissimi.


Un nuovo protettorato della NATO
La Libia è già un caso di scuola di saccheggio neo-coloniale post-moderno.
La “vittoria” della NATO significa nella realtà che la Cirenaica diventerà una repubblica indipendente – anche se i “ribelli” preferirebbero restaurare la monarchia (il candidato a mala pena riesce a nascondere la sua impazienza a Londra).  Si dà il caso che è questo che l’Arabia Saudita e il Qatar – i principali fautori del cambiamento di regime – vogliono.
Il futuro emirato ”indipendente” dell’est Libia è già stato riconosciuto da qualche paese, tra cui la Francia di Sarkozy. Niente di sorprendente: è già considerato come un protettorato della NATO. Il discutibilissimo Consiglio di transizione non vuole neppure che si conoscano i suoi membri – dei transfughi opportunisti, agenti dei servizi segreti USA e religiosi legati agli jihadisti.
Inoltre diversi miliardi di dollari di attivo libico sono già stati sequestrati – illegalmente – dagli USA e dell’Unione Europea. E il Qatar è in procinto di vendere una parte della produzione nazionale del petrolio libico.
Questa guerra della NATO che non pronuncia il suo nome non ha assolutamente niente a che vedere con RdP (responsabilità di proteggere), il nuovo vangelo dei falchi umanitari che fanno camminare il diritto internazionale a testa in giù. I civili, a Tripoli, non sono protetti, ma anzi bombardati. C’è un problema di rifugiati – conseguenza diretta della guerra civile. Nonostante le suppliche reiterate della Turchia e della UA, i falchi umanitari non si sono dati nemmeno la pena di organizzare un corridoio umanitario verso la Tunisia e l’Egitto.
Il solo modo di uscirne è un cessate il fuoco che metta la NATO fuori gioco. Il controllo sul terreno sarebbe affidato ai caschi blu dell’ONU – composti preferibilmente da africani. L’Occidente non ha assolutamente alcuna credibilità come mediatore; gli africani sarebbero i primi ad opporvisi. Dunque resta la Lega araba e l’Unione Africana.
La Lega araba è pro-Bengasi. Di fatto un voto arabo truccato (solo 9 dei 22 paesi hanno votato e, di questi 9, 6 fanno parte del club dei contro-rivoluzionari del Golfo conosciuto con la sigla CCG), manipolato dall’Arabia Saudita, ha consentito l’approvazione araba di quella che è diventata la risoluzione 1973; si è trattato infatti di un mercanteggiamento in cambio del quale la Casa dei Saud (1) ha avuto mano libera per reprimere le manifestazioni per la democrazia in Bahrein.
L’Unione Africana è stata costantemente ignorata dal consorzio Anglo-Franco-USA per il cambiamento di regime, perfino quando ha ottenuto l’impegno di Gheddafi a un negoziato. L’UA si riunisce nuovamente questo giovedì in Guinea Equatoriale. Il presidente della commissione UA per la Libia – il presidente della Mauritania, Mohamed Abdel Aziz – ha già detto ufficialmente che Gheddafi non può più governare la Libia – cosa che costituisce un considerevole passo avanti per la UA.
Ma ciò non significa che l’UA – a differenza della NATO e dei “ribelli” – voglia un cambiamento di regime immediato. L’allontanamento di Gheddafi dovrà essere conseguenza naturale di negoziati particolareggiati. In una parola, l’UA ha un piano per la soluzione del problema mentre la NATO ha le bombe. E i BRICS, soprattutto la Cina, la Russia e l’Africa del Sud, preferiscono la strategia dell’UA.
Bisogna tuttavia aspettarsi che il consorzio USA/NATO si batterà a morte. Per evidenti ragioni – tutte legate alla dottrina eterna ed immutabile della dominazione assoluta, con l’aggiunta di una trama secondaria, il nuovo concetto strategico della NATO adottata a Lisbona nel novembre 2010.
 La definizione NATO dell’espressione “vincere” comporta che Bengasi diventi il nuovo Camp Bondsteel – la più grande base USA in Europa che si trova ad essere nello stesso tempo anche lo stato “indipendente” che porta il nome di Kosovo. La Cirenaica è il nuovo Kosovo. E’ il regno della balcanizzazione.
E’ uno scenario di sogno per la coppia OTAN/Africom (2). Africom ottiene la base africana che tanto desiderava (l’attuale quartier generale si trova a Stoccarda, in Germania) dopo aver partecipato alla sua prima guerra africana. La NATO persegue il suo progetto originario di fare del Mediterraneo il lago della NATO. Dopo l’Africa del Nord non resteranno nel Mediterraneo che due soli rompiscatole da espellere: la Siria e il Libano. Il nome di questo gioco non è Libia, ma Lunga Guerra.


(*) Pepe Escobar é l’autore di Globalistan : How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007) e Red Zone Blues : a snapshot of Baghdad during the surge. Sta per uscire il suo ultimo libro; si intitola : Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Si può comunicare con lui all’indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Per consultare l’originale : http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/MF30Ak02.html



(1) Saud ben Abdelaziz Al Saud (12 gennaio 1902 – 23 febbraio 1969), figlio di Abdelaziz ben Abderrahman Al Saud, il fondatore della dinastia saudita, e di Wadhba, è stato re dell’Arabia Saudita dal 1953 al 1964


(2) Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha deciso di creare un comando unificato per l’Africa (United States Africa Command), il cui acronimo è USAFRICOM o AFRICOM e che deve coordinare tutte le attività militari e di sicurezza degli Stati Uniti su questo continente. Ha cominciato ad operare il 1° ottobre 2008. Il suo battesimo di fuoco per operazioni di grande portata è avvenuto nel marzo 2011 durante la realizzazione della zona di esclusione aerea sui cieli della Libia

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