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Cameroun - Lo sfruttamento selvaggio del patrimonio boschivo del Camerun è un crimine contro l'umanità.
 
Realizzato da multinazionali occidentali, viene favorito da funzionari corrotti e da un governo in cerca di appoggi politici in occidente.

 

Un articolo di Jean Marc Soboth per ossin ed il rapporto (in francese) di Les Amis de la Terre.

 
Contro l’accelerazione del saccheggio della foresta camerunese

di Jean Marc Soboth

 

Sotto l’apparenza di una falsa legalità, lo sfruttamento intensivo della foresta durante il regime del presidente Biya fa temere il peggio: la sparizione dell’intero patrimonio forestale.

Una ONG internazionale ha ancora una volta ribadito che il patrimonio boschivo camerunese ha subito un saccheggio senza precedenti sotto le spoglie di una falsa legalità, il tutto su di uno sfondo di corruzione dei funzionari e dei componenti del governo Biya.

Sulla base di una ricerca sul campo, è emerso che questo saccheggio, realizzato dopo l’indipendenza da grandi gruppi europei (Rougier, Alpi, Thanry, Vastolegno, ecc.), viene effettuato in regioni che, al contrario di quanto accade in Norvegia o in Canada per esempio, non ne ricavano alcun vantaggio economico, sociale o infrastrutturale. Regioni che sono tra le più povere del paese.


Il Cameroun dispone infatti di uno dei patrimoni forestali più importanti del mondo, il secondo più ricco in Africa dopo la Repubblica Democratica del Congo. Ma ci si chiede se, da qui ad una ventina d’anni, resterà ancora qualcosa della sua ricca flora e delle sue molteplici specie.

 

Perché “il saccheggio prosegue veloce”, nonostante gli allarmi, per il momento restati senza risposte, delle ONG che ammoniscono contro i pericoli di sconvolgimenti climatici provocati, al Nord, dallo squilibrio prodotto dallo sfruttamento selvaggio della natura.


Una cooperazione multilaterale, patrocinata soprattutto dal governo nordamericano, ha tentato di fare qualcosa per frenare il saccheggio ed il bracconaggio nella sotto-regione dell’Africa centrale, mano mano che la situazione si aggravava nettamente con la salita al potere, nel novembre 1982, del presidente Paul Biya.

 

Quest’ultimo infatti sta svendendo le ricchezze naturali del paese in cambio di sostegni politici da parte dell’Occidente. Ma non si è fatto niente. Il suo predecessore disse, in un discorso tenuto per l’inaugurazione del ponte sul fiume Kadey, che lui si opponeva allo sfruttamento della foresta, perché si trattava di una “risorsa che il suo regime riservava ai posteri”.

Con Biya non c’è una posterità della quale doversi preoccupare. Tutto comincia con lui e la sua oligarchia. E tutto finisce con lui. Egli è l’Alfa e l’Omega.


Di colpo, la devastazione della foresta porta con sé uno sviluppo del bracconaggio senza precedenti. Nella pratica i saccheggiatori tatticamente mettono in campo diverse strategie per sfuggire alle forche caudine dell’”ecologismo”. Sfruttano rapidamente e fanno sparire le specie rare o vietate, come l’ebano. Corrompono in continuazione.


In una cittadina come Yokadouma, nella Bomba et Ngoko, nell’est del paese, addirittura nel Sud Ntoumou della valle del Ntem,ci si è oramai abituati a vedere circa venticinque TIR carichi di legna e di specie rare ogni mattina. Uno spettacolo sconcertante che, qui, lascia gli abitanti del tutto indifferenti, perché “tutto si decide a Yaundé, da parte dei funzionari di Paul Biya”.

 

Il governo ha fissato un piccolo canone forestale per le collettività decentrate che, nei fatti, potrebbe permettere un funzionamento delle amministrazioni comunali, se non fosse distratto interamente dai pezzi grossi del sistema di potere Biya.


La situazione è tanto più grave attualmente che, nelle circoscrizioni amministrative dove il saccheggio è più spaventoso, non esistono né scuole, né strade, né infrastrutture sociali né acqua potabile….


I saccheggiatori costruiscono tutti i ponti con strutture precarie, giusto per far passare i loro veicoli. In quelle zone, nelle scuole, tutte le classi sono spesso raggruppate in una sola aula col pavimento di terra battuta.


Secondo alcuni specialisti, alcune province del sud del Camerun, oggi considerate come zone di sterpaglie ed erba alta, sono state in passato zone boschive, distrutte dallo sfruttamento forestale…


Una legge del 1994 sulle foreste, imposta dalla comunità internazionale, si riprometteva di fermare l’esportazione dei tronchi. Si consentiva di esportare solo la segatura, per permettere comunque l’esercizio di un’attività economica locale. Ma questa legge non ha fatto i conti con la mentalità dei funzionari del Camerun, che non hanno esitato neppure ad importare rifiuti industriali tossici sul loro territorio.


Questa legge infatti è stata presto modificata e abbandonata a colpi di bustarelle da parte di gruppi che non intendono in alcun modo sobbarcarsi dei costi di produzione supplementare che aiuterebbero i residenti a soffrire per la perdita di ciò che costituisce la fonte della loro esistenza.

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