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crisiAlgeria - La crisi si manifesta in Algeria con esplosioni di violenza giovanile.
Migliaia di ragazzi senza futuro si scontrano con le forze dell'ordine, ora per ragioni sociali, ora per conflitti interetnici, ora perché la squadra di calcio è stata retrocessa.
L'analisi in un articolo di Jeune Afrique, tradotto in italiano a cura di ossin. 

 

(Nella foto, scontri a Oran)


Jeune Afrique, 8-14 giugno 2008 -
Algeria - Perché la piazza si infiamma

 

Scontri intercomunitari a Berriane, sommosse a Chlef, hooligan a Oran… Gli episodi di violenza che si susseguono nel paese da quasi due mesi non allarmano il governo, la popolazione invece non si sente affatto sicura

 

Regna un’atmosfera come se fosse ottobre. E non solo a causa della temperatura, fresca  per la stagione. L’odore di zolfo che emanano, qui e la, pneumatici bruciati, bottiglie Molotov e gas lacrimogeni ricordano dolorosamente all’opinione pubblica un fatto di venti anni fa: gli avvenimenti dell’ottobre 1988, quando le sommosse popolari nelle grandi città hanno provocato un duro intervento dell’esercito conclusosi con centinaia di morti e migliaia di arresti. Le manifestazioni dell’ottobre 1988 hanno comportato la fine del regime del partito unico ed imposto una nuova Costituzione.
Scontri intercomunitari tra arabofoni e berberofoni  a Berriane, nel Mzab. Esplosione sociale a Chlef, città martire dopo il terribile terremoto dell’ottobre 1980.  Un’ondata senza precedenti di hooliganismo particolarmente violento a Oran, seconda città del paese. Da qualche settimana il governo di Abdelaziz Belkhadem deve fare fronte a tre grandi crisi. La prima delle quali non è la meno delicata.

 

Lite… di vicinato
A Berriane, 400 km a sud di Algeri, coabitano da molti secoli due comunità, una malékita e arabofona, l’altra ibadita. La storia comune delle Cha’ambas (tribù arabe) e dei Mozabiti è costellata da qualche litigio, rapidamente risolto dai notabili della città attraverso un meccanismo tradizionale di prevenzione dei conflitti. Mai gli scontri passati hanno conosciuto una tale ampiezza  come in questo mese di aprile 2008. Attacchi e rappresaglie hanno trasformato Beriane in una città fantasma: economia e commerci paralizzati, edifici scolastici chiusi. Gli atti di saccheggio hanno costretto centinaia di famiglie ad abbandonare case e magazzini, spesso incendiati da una folla di giovani incappucciati, armati di mazze di ferro e bottiglie Molotv. L’interposizione delle forze di sicurezza ha provocato la morte di un giovane rivoltoso, restato sordo ai colpi di intimazione secondo la versione ufficiale. Il poliziotto che ha sparato è stato arrestato, ha annunciato la televisione di Stato, ma questo non ha riportato la calma.
Un settantenne, il cui solo torto è stato quello di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato, è stato linciato. I suoi funerali sono stati l’occasione di nuova e maggiore violenza. Nella loro stessa città, ed a qualche decina di metri dalle loro proprietà saccheggiate, migliaia di persone sono state dichiarate senza tetto, rifugiate in campi di fortuna.
L’opposizione, per iniziativa del Rassemblement pour la culture et la démocratie (RCD, di Said Sadi) ha chiesto la costituzione di una commissione d’inchiesta parlamentare. In minoranza nell’Assemblea popolare nazionale (APN), i 10 deputati del RCD non hanno peso di fronte ai 230 eletti (su di un totale di 380) dell’Alleanza presidenziale.
Il Presidente dell’ANP, Abdelaziz Ziari, ha deciso di inviare una semplice missione di informazione. Quanto all’inchiesta giudiziaria, i primi risultati sono stati rivelati da Noureddine Yazid Zerhouni, Ministro dell’Interno, che ha annunciato l’arresto di sei individui coinvolti nel linciaggio del settantenne ed il sequestro di materiale informatico.  L’analisi di questo materiale, che contiene volantini a contenuto etnico, dimostra secondo il ministro che la violenza intercomunitaria è stata preparata.

 

Spaccare per spaccare
E’ in questa atmosfera intossicata che scoppia la sommossa a Chlef, 230 km a ovest di Algeri, questa volta motivata da ragioni di protesta sociale.   In preda al dubbio, i figli dei sinistrati del terremoto dell’ottobre 1980, hanno dato libero corso alla loro rabbia. Gli edifici pubblici sono stati saccheggiati, le istituzioni finanziarie largamente rapinate. La televisione e gli altri media pubblici non hanno diffuso alcuna immagine, ma ci ha pensato Internet con i suoi siti specializzati. Qualche giorno dopo è Oran il teatro di avvenimenti dello stesso genere. Migliaia di giovani tifosi, delusi per la retrocessione della loro squadra, hanno occupato la città. Per tre giorni gli abitanti sono restati rinchiusi in casa, abbandonando la strada ai rivoltosi.
La piazza algerina sembra sul punto di incendiarsi, per lo più per futili motivi. Una semplice assegnazione di nuovi alloggi può scatenare una rivolta se dei giovani dal sangue caldo non compaiono nella lista dei beneficiari.  Secondo alcune fonti, i fatti di Berriane sarebbero stati provocati da un litigio banale tra due padri di famiglia.
Queste esplosioni di violenza preoccupano il governo? “Non è niente di straordinario in una società in piena trasformazione economica”, minimizza Yazid Zerhouni.  Le Autorità preferiscono porre l’accento sulla migliore capacità di controllo da parte dei servizi di sicurezza.  “I manifestanti che ci troviamo davanti – testimonia un ufficiale delle CRS (Compagnies régionales de sécurité) - sono di un tipo nuovo. Non hanno niente a che vedere con le rivendicazioni sociali. Sono degli emarginati, fatti di sostanze psicotrope e che vogliono approfittare della buona occasione per distruggere la banca all’angolo, l’ufficio postale del quartiere e tutto quanto simbolizza il loro fallimento: scuole, biblioteche o case della cultura. Il loro modo di fare è spesso suicida. Sono a metà strada tra i kamikaze salafisti e gli harraga (candidato all’immigrazione clandestina che tenta di attraversare il Mediterraneo su di una imbarcazione di fortuna). Contenere  questa folla senza che vi siano morti è un vero successo”.
Un trionfalismo non condiviso dalla gran parte dell’opinione pubblica, che vede nella gestione prudente delle rivolte una forma di lassismo, addirittura una incapacità a difendere le persone e i loro beni.
In un paese dove i trasferimenti sociali previsti nel bilancio 2008 sono stimati in 8 miliardi di dollari, non è probabile che le rivendicazioni sociali travolgano il regime come nell’ottobre 2008. Ma comunque sollevano numerose questioni.


Cherif Ouazani

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