Gli harraga algerini
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La Liberté, 1 giugno 2008
Ahmine Lemnaouer, regista di un documentario trasmesso da RAI 3, a La Liberté
In Italia i nostri harraga sono sfruttati e maltrattati
di Salim Koudil
Residente in Italia da quindici anni, il regista-produttore algerino Ahmine Lemnaouer ci parla degli harraga sui quali ha girato un documentario trasmesso ultimamente sul canale italiano RAI 3
Liberté: Il documentario “Gli Harraga di Annaba” è stato trasmesso da RAI 3 nel febbraio scorso. Quale eco ne ha ricevuto da parte italiana?
Ahmine Lemnaouer: Già da prima erano curiosi di saperne di più su quello che succede sul versante algerino. Questo documentario di 30 minuti è giunto al momento giusto per loro. Loro vedono questo fenomeno dell’immigrazione clandestina come una minaccia. Una in più direi. Prima della Sardegna e i suoi harraga che vengono da Annaba, era l’isola di Lampedusa ad essere invasa regolarmente da quelli che provenivano dalla Lybia. Anche gli Algerini, oltre ai Marocchini ed ai Tunisini, utilizzavano questa filiera. Annaba-Sardegna ha soprattutto fatto crollare i prezzi, ed è questo che fa ancora più paura alla gente del Nord.
Liberté: Di quale prezzo parla?
Ahmine Lemnaouer: Semplicemente di quello che costa un viaggio da Annaba verso la Sardegna su di un’imbarcazione. I 186 chilometri di distanza costano per un harraga circa 10 milioni di centimes. E’ come un low cost. Una tariffa ben più bassa di quella praticata in Lybia che arriva fino a 10.000 euro, vale a dire 100 milioni di centimes. Con questi prezzi e l’anarchia che regnava all’inizio, gli italiani sono diventati sempre più apprensivi. Quando si trattava solo della Lybia, riuscivano a governare più o meno bene la situazione. Così, nel corso della mia inchiesta, ho rilevato che quelli che erano stati arrestati in Italia si presentavano spesso come algerini, anche se non lo erano. Erano soprattutto i Tunisini e i Marocchini a farlo.
Liberté: Perché?
Ahmine Lemnaouer: Perché l’Algeria non aveva un accordo di estradizione con l’Italia. Tuttavia, dopo la visita di Bouteflika nel settembre 2007, tutto è cambiato. E’ stato firmato un accordo tra i due paesi. Gli harraga algerini arrestati, da allora, forniscono false identità e soprattutto una falsa nazionalità, nella speranza di non essere rispediti nel loro paese.
Liberté: Lei ha incontrato gli harraga in Algeria prima della partenza ed anche in Sardegna dopo l’arrivo. Cosa ha notato in loro?
Ahmine Lemnaouer: Ad Annaba alcuni mi dicevano: “Chiederò l’elemosina e so che in questo modo potrò permettermi una macchina”. Questo il livello di idealizzazione che avevano. Tuttavia devo confessare che c’erano alcuni tra loro che avevano argomenti per nulla bislacchi. Come un giovane di Bab El-Oued che mi ha fatto un vero e proprio corso di economia di una semplicità sconcertante. L’ho incontrato in Sardegna dopo che si era imbarcato da Annaba qualche settimana prima. E mi ha detto, sicuro di sé, che aveva un piccolo lavoro in Sardegna e che poteva pagare la sua stanza con soli tre giorni di paga. Ma non bisogna dimenticare che molti sono delusi. Malgrado ciò, non vogliono assolutamente sentir parlare di ritorno. Inseguono ancora i loro sogni che, secondo loro, non possono realizzarsi in Algeria. Il sogno continua per loro ed è in Francia o in Inghilterra.
Liberté: E come vivono in Italia?
Ahmine Lemnaouer: Sono malvisti, sfruttati e maltrattati da alcuni italiani. Vi è anche dell’islamofobia che assume grandi proporzioni laggiù. Per loro, gli harraga sono degli sconosciuti e immaginano perfino che tra loro vi siano dei terroristi. L’aspetto securitario non può essere negato. Tuttavia devo confessare che sono sorpreso dalla tenacia di questi giovani. Molti sono delusi, ma non vogliono ritornare. Per loro il sogno continua. Se non sarà in Italia, sarà altrove in Europa; comunque non in Algeria.