Il rapporto di Graphika : soft power e guerra di quarta generazione contro l’Algeria
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Il rapporto di Graphika : soft power e guerra di quarta generazione contro l’Algeria
Ahmed Bensaada (22 agosto 2021)
A differenza dell’hard power che utilizza la classica forza coercitiva, il soft power ricorre all’attrazione positiva ed alla persuasione per ottenere risultati di politica estera. Si tratta dunque di una capacità di influenza in grado di imporre, in modo dolce, comportamenti o modi di pensare graditi
Il suo successo si basa quindi sull’impressione di non essere costretti. Quindi il soft power raggiunge i suoi obiettivi solo se non è visto come manipolazione o propaganda.
Secondo il suo inventore, il molto influente Joseph Nye, il soft power poggia su tre pilastri: i valori politici, la cultura e la politica estera. Commentando questa teoria, il professore G. John Ikenberry fornisce le seguenti precisazioni nella celebre rivista Foreign Affairs :
« Gli Stati Uniti sono in grado di dominare gli altri, ma hanno raggiunto livelli di eccellenza nel soft power, con l’aiuto delle loro imprese, fondazioni, università, chiese ed altre istituzioni della società civile; la cultura, gli ideali e i valori statunitensi hanno avuto un ruolo importantissimo nell’aiutare Washington ad attirare partner e seguaci ».
L’esportazione della democrazia, un campo consolidato e preponderante della politica estera statunitense, ricorre evidentemente al soft power. Nel suo articolo sul soft power statunitense nelle rivoluzioni colorate, l’antropologo Boris Pétric ricorda che alcune « ONG statunitensi sono protagoniste di questa promozione della democrazia, dei diritti umani e della libertà [...] ».
Tale relazione tra le ONG e il soft power è chiarita molto bene da Susan Liautaud nel suo articolo « Soft Power of NGOs : Hard Responsibility, Hard Strategy, and Hard Accountability » dove nota che « le ONG e gli altri attori del settore senza fini di lucro devono ricorrere al soft power in modo responsabile e rendere conto delle conseguenze indotte da tale utilizzazione ».
E’ stato anche dimostrato che queste stesse ONG statunitensi, statali o meno, hanno giocato un ruolo analogo in quelle che sono state chiamate abusivamente le « primavere » arabe. La primaverizzazione di taluni paesi esposti al soft power statunitense è stata ottenuta attraverso la formazione e il reset di cyber-attivisti « autoctoni », provenienti cioè dai paesi presi di mira. Queste rivolte, che sono state presentate e vendute come una « bella stagione », si sono in realtà dimostrate nulla di più che delle operazioni di « regime change » che hanno provocato caos, distruzione e desolazione.
Un decennio dopo, queste ONG sono ancora attive, soprattutto nell’ Hirak algerino.
Come ha osservato Albert A. Nofi, il soft power è una delle risorse su cui poggia la guerra di 4°generazione (G4G), quella guerra moderna che, secondo François-Bernard Huyghe, « si collega alla rivoluzione dell’informazione », precisando che essa « è in grado di mobilitare popolazioni intere in un antagonismo che si estende ad ogni campo politico, economico, sociale e culturale ».
Per quanto concerne gli usi militari dell’informazione, Christina M. Knopf ed Eric J. Ziegelmayer ci spiegano che : « l’informazione è un prodotto che si presta a far parte degli arsenali, e l’ambiente informativo è diventato vitale per il successo delle operazioni militari. Il campo dell’informazione, soprattutto internet, è attualmente un terreno cruciale da controllare per poter esercitare un’influenza economica e diplomatica dominante. E’ per questo che gli Stati Uniti hanno ufficialmente incorporato nella loro dottrina militare [...] la "guerra delle comunicazioni" ».
Questa incorporazione dell’informazione negli arsenali militari è resa efficace dalla rapida crescita di internet e dei media sociali. In proposito, Waseem Ahmad Qureshi precisa :
«I progressi tecnologici attuali (accesso facilitato ai blog mediatici e ad internet) semplificano la propaganda e la manipolazione dei fatti e amplificano le conseguenze delle operazioni di guerra dell’informazione, provocando danni enormi».
L’obiettivo di questo articolo è dimostrare in modo esplicito che l’Algeria è attualmente terreno di una guerra di 4° generazione, che ha approfittato delle turbolenze dell’Hirak per dispiegarsi insidiosamente.
Hirak, soft power e guerra di 4° generazione
Un libro e moltissimi articoli hanno trattato del ruolo delle organizzazioni statunitensi di esportazione della democrazia e delle loro relazioni con l’Hirak e i suoi « tenori ». Non tratterò qui di questo aspetto del soft power e invito i lettori che fossero interessati a leggere i link suggeriti.
Occorre tuttavia precisare che il soft power utilizzato nella guerra di 4° generazione ha a disposizione anche altre tecniche altrettanto efficaci.
Ne ho menzionato una in un mio articolo del dicembre 2019. E si compendia nel fatto di incaricare un accademico autorevole di scrivere, in una rivista autorevole, un testo assolutamente infondato che promuova un certo comportamento, presentandolo come giusto e appropriato mentre invece, in realtà, è del tutto irragionevole. Un esempio tipico è quello del professor Robert Zaretsky, insegnante di storia francese all’Università di Houston, che si è fatto notare per un testo strampalato pubblicato su Foreign Affairs. Infatti, il 26 novembre 2019, cioè solo due settimane prima delle elezioni presidenziali algerine, il professore scriveva: « An Election’s Failure Will Be a Democratic Success » (Il fallimento di queste elezioni sarà un successo democratico).
Allucinante ! Secondo questo professore, che vive in un paese sedicente democratico, « non votare è un atto democratico » ! Ma che tipo di democrazia vuole esportare questo strambo professore?
La storia ricorderà comunque l’odiosa campagna di intimidazione degli elettori durante queste elezioni, vicenda ignominiosa che deve essere piaciuta al signor Zaretsky, il cui mandato era senz’altro quello di arrecare danno all’Algeria.
Più di recente, è in un trafiletto pubblicato sul giornale francese Le Figaro il 31 luglio 2021 che si manifesta una nuova tecnica, ancora più insidiosa di quella del nostro professore di Houston. Il trafiletto intende suggerire che lo Stato algerino si affida a illecite manipolazioni cibernetiche « per difendere gli interessi del presidente algerino », mentre dispone « campagne persecutorie » contro taluni oppositori politici.
Le Figaro precisa che tali informazioni provengono da un rapporto elaborato da una società statunitense che si chiama Graphika, « specialista delle nuove tecnologie e dell’analisi delle reti sociali ». Non ci inganna. Questo riferimento tende evidentemente a dare credibilità alla società, per attribuire quindi affidabilità al suo rapporto.
Ancora un’altra organizzazione statunitense che prende di mira lo Stato algerino in generale, e le istituzioni militari e presidenziali in particolare! Decisamente questi Statunitensi non ci lasceranno mai in pace!
Ma insomma, che cos’è Graphika ? Chi si cela dietro questo nome grazioso, di cosa si occupa e chi la finanzia ?
Diversamente da Émilien Hertement, il giornalista del Figaro che ha riportato acriticamente la notizia, cerchiamo di capire, prima di tutto, che cos’è questa società, per capire dove vuole andare a parare e se sia degna di fede. Analizzeremo poi dettagliatamente il rapporto citato da Le Figaro.
Graphika e le sue sospette connessioni
Stando alle informazioni fornite dal suo sito ufficiale, Graphika è « una società di analisi dei social, fondata nel 2013 dal dott. John Kelly che ha studiato, nella sua tesi di laurea, lo strabiliante successo dei social, analizzando le relazioni tra gli autori on line, e non solo il contenuto dei loro messaggi ».
Sempre secondo il sito, Graphika è finanziata dalla DARPA, la « Minerva Initiative », l’« US Senate Select Committee on Intelligence » e la « Knight Foundation ».
DARPA è l’acronimo della « Defense Advanced Research Projects Agency » (Agenzia per i progetti di ricerca avanzata della Difesa) che è un’agenzia del Ministero della Difesa degli Stati Uniti, incaricata della ricerca e dello sviluppo di nuove tecnologie da impiegare per usi militari.
La « Minerva Initiative » è una iniziativa di ricerca universitaria patrocinata dal Ministero della Difesa degli Stati Uniti nei campi di importanza strategica per la politica di sicurezza nazionale statunitense. Varata nel 2008 da Robert Gates, il segretario alla Difesa dell’epoca, ha come obiettivo di migliorare la comprensione di base del Ministero della Difesa per ciò che concerne la realtà delle forze sociali, culturali, comportamentali e politiche che operano nelle regioni del mondo di importanza strategica per gli Stati Uniti. Fin dagli esordi, il programma si è focalizzato, tra l’altro, sulle ricerche universitarie concernenti la Cina, l’Iraq, il terrorismo e l’islam radicale. Al suo varo, il progetto ha ricevuto uno stanziamento di 50 milioni di dollari dal Ministero della Difesa degli Stati Uniti per finanziare le sue ricerche.
Le sovvenzioni per le ricerche sono supervisionate da responsabili dei programmi affiliati a due organizzazioni militari di ricerca fondamentali: l’Ufficio della ricerca scientifica dell’esercito e dell’aviazione (AFOSR) e l’Ufficio della ricerca navale (ONR).
L’« US Senate Select Committee on Intelligence » (SSCI) è un comitato creato dal Senato statunitense nel 1976 per supervisionare e analizzare con continuità le attività e i programmi di intelligence del governo degli Stati Uniti.
La « Knight Foundation » si presenta come una fondazione nazionale statunitense che investe nel giornalismo e nelle arti e il cui obiettivo è di favorire la nascita di comunità informate e impegnate, essenziali ad una sana democrazia. Questa fondazione collabora però attivamente con l’Open Society di George Soros, la National Endowment for Democracy, Freedom House e l’USAID.
Queste quattro organizzazioni formano la colonna vertebrale del dispositivo statunitense di esportazione della democrazia, di cui si è detto prima.
E non è tutto. Graphika dichiara di essere associata a dei gruppi di difesa dei Diritti dell’uomo in tutto il mondo « per tenere sotto controllo le minacce informatiche che prendano di mira gli utenti vulnerabili ».
Si tratta, in buona sostanza, di Human Rights Watch (HRW), Amnesty International (AI) e « The Syria Campaign ». È noto a tutti che le due prime organizzazioni (HRW e AI) sono generosamente finanziate dall’Open Society. E non bisogna dimenticare che entrambe (insieme ad altre entità dirittiumaniste) hanno patrocinato la risoluzione del Parlamento Europeo contro l’Algeria, solo qualche giorno dopo il referendum sulla nuova Costituzione algerina. Curiosa coincidenza, non vi pare ? Come la coincidenza dell’articolo del povero professore Zaretsky, un anno prima.
L’associazione di Graphika con « The Syria campaign » è assai rivelatrice del ruolo di disinformazione, di propaganda e di stretta collaborazione di questa società con i governi statunitense e britannico.
« The Syria campaign » che si definisce « organizzazione senza scopo di lucro registrata nel Regno Unito» è strettamente legata ai « White Helmets » (Caschi bianchi), organismo di protezione civile siriano che è balzata agli onori della cronaca nel 2016 (leggere il mio articolo dell’epoca).
Infatti questi « soccorritori » presentati come eroi in occidente, sono finanziati dall’USAID (United States Agency for International Development), il più importante organismo statunitense di « esportazione » della democrazia. Un documento dell’USAID datato 2018 precisa che venne erogata una sovvenzione di 6,25 milioni di dollari ai « White Helmets », oltre ai 33 milioni di dollari che sono stati loro versati a partire dal 2013. Questi « Caschi bianchi » sono stati anche ampiamente finanziati dalla Gran Bretagna attraverso il « Foreign and Commonwealth Office ». Al 31 marzo 2018, la somma totale del finanziamento loro fornito dal governo britannico ha toccato i 38 425 591,23 £. Cosa che spinse Julie Hyland, giornalista e militante britannica, a dire :
« Finanziati dal « Conflict, Stability and Security Fund » del governo britannico e dal programma USAID del governo statunitense, essi [i « White Helmets »] fanno parte di una rete di forze jihadiste sostenute dall’Occidente per attuare un cambio di regime ».
Secondo Vanessa Beeley, giornalista indipendente che ha molto lavorato sul campo in Siria e in molti altri paesi della regione, i « White Helmets » «erano legati finanziariamente a Londra e a Washington (tra gli altri), principali belligeranti senza mandato in Siria [...] e alcuni elementi dei Caschi Bianchi intrattenevano rapporti con gruppi jihadisti ribelli, come Fatah Al-Cham, il gruppo nato dalla fusione di Al-Nosra e di Ahrar Al-Cham ».
Il mito dei « Caschi bianchi » è stato demolito da un gran numero di giornalisti e ricercatori autorevoli, come Eva Bartlett, John Pilger, Gareth Porter, Phillip Giraldi, Craig Murray e l’ex ispettore degli armamenti dell’ONU Scott Ritter.
Graphika e i suoi volti pubblici
Tra i volti pubblici di Graphika, si trova il nome dell’inglese Ben Nimmo (direttore delle ricerche) e della francese Camille François (direttrice dell’innovazione).
Ben Nimmo è entrato in Graphika nel 2019, sebbene nulla lo predestinasse a un simile incarico. Il suo singolare percorso è stato raccontato in un dettagliato articolo del New York Times (NYT).
Infatti, egli ha studiato letteratura all’Università di Cambridge, ha lavorato come istruttore di immersione subacquea in Egitto, oltre che come scrittore e giornalista di viaggi in Europa. Nel 2011, è stato assunto dalla NATO come addetto stampa sulla Russia e l’Ucraina fino al 2014. Poi è diventato ricercatore indipendente e ha cominciato a lavorare sulla Russia sotto contratto di alcuni think tanks pro-democrazia come l’« Institute for Statecraft », che sviluppa un progetto finanziato dal « Foreign and Commonwealth Office » dal nome « The integrity initiative ». Varato nel 2015, il programma aveva per obiettivo di contrastare la disinformazione messa in circolo da paesi come la Russia e la Cina, e anche da gruppi estremisti come Daesh. Per puro caso, si tratta dei paesi e dei gruppi presi di mira anche dalla «Minerva Initiative».
Durante la campagna elettorale statunitense del 2016, il sig. Nimmo ha collaborato con l’Atlantic Council, il think tank non ufficiale della NATO.
Per avere un’idea dell’importanza di questo « gruppo di riflessione », basta consultare l’impressionante lista dei componenti del suo Consiglio di amministrazione. Vi si trovano, tra gli altri, Henry Kissinger, Joseph Nye (l’ideatore del soft power), il generale David H. Petraeus (comandante della coalizione militare con Bush figlio e capo delle truppe NATO, oltre che Direttore della CIA con Obama), Stephen Hadley (consigliere per la sicurezza nazionale di Bush figlio), Robert Gates (già citato – Direttore della CIA con Bush padre e Segretario alla Difesa con Bush figlio e Obama). Vi trovano anche James Baker, Léon Panetta, Colin Powell, James Woosley, Peter Ackerman e qui mi fermo perché la lista dà le vertigini (il lettore che voglia approfondire può consultare le seguenti pagine: link 1 e link 2). Per la cronaca, James Woosley è stato direttore della CIA con Bill Clinton e ha diretto Freedom House. Da parte sua, Peter Ackerman ha contribuito a creare l’Albert Einstein Institution diretto dal suo professore, l’illustre Gene Sharp, il teorico della « lotta non violenta », utilizzata nelle rivoluzioni colorate e nelle « primavere » arabe. Egli ha sviluppato le sue teorie in numerosi libri e soprattutto in « Dalla dittatura alla democrazia », opera diventata il libro prediletto di tutti i rivoluzionari in erba in giro per il mondo.
Torniamo adesso a Ben Nimmo. Ha contribuito alla realizzazione del Digital Forensic Research Lab (DFRLab) dell’Atlantic Council, un gruppo con sede a Washington che studia la disinformazione on line.
Nel 2018, Facebook ha annunciato un partenariato con DFRLab per « individuare, mettere in evidenza e demistificare la disinformazione in occasione delle elezioni in tutto il mondo », accordando all’Atlantic Council e a Nimmo l’accesso ai dati privati di miliardi di utenti di Facebook.
Facebook ha fatto di lui e del laboratorio i primi estranei autorizzati a studiare le reti di disinformazione sul suo sito prima di oscurarle.
A conclusione dell’articolo, il NYT precisa che Graphika e DFRLab hanno entrambi ricevuto un finanziamento da Facebook.
Lo scorso 5 febbraio, Ben Nimmo ha annunciato il suo passaggio da Graphika a Facebook, dove contribuirà a « dirigere la strategia mondiale di raccolta di informazioni sulle minacce alle operazioni di influenza ». Senza dimenticare di mandare un saluto alla sua collega e collaboratrice, Camille François.
La notizia non è passata inosservata, anzi. Su The Grayzone, per esempio, è uscito un articolo intitolato « Facebook hires ex-NATO press officer and social media censor Ben Nimmo as intel strategist » (Facebook assume Ben Nimmo, ex addetto stampa della NATO e censore dei social media, come stratega della raccolta di informazioni), mentre Mint Press News titolava « Facebook partners with Hawkish Atlantic Council, a NATO lobby group, to “protect democracy” » (Facebook si associa al bellicista Atlantic Council, un gruppo di pressione della NATO per «proteggere la democrazia»).
Passiamo ora al secondo volto pubblico di Graphika che si chiama Camille François. Laureata a Sciences-Po e borsista Fulbright, ha partecipato alla « New America’s Cybersecurity Initiative » (NACI), ricercatrice capo presso Jigsaw, ha diretto progetti di ricerca sulla cybersicurezza e di Diritti umani per la « Defence Advanced Research Projects Agency », e ha lavorato per l’equipe « Market Insights » di Google (consultare questo link).
La « New America’s Cybersecurity Initiative » è un’organizzazione finanziata, tra gli altri, dal Dipartimento di Stato degli USA, dalla Knight Foundation, Open Society, Google, Microsoft, Apple e Facebook.
Jigsaw (in precedenza Google Ideas) è un centro di riflessione e un incubatore aziendale creato da Google/Alphabet e diretto da Jared Cohen. Quest’ultimo ha lavorato per il Dipartimento di Stato degli USA all’interno del comitato di pianificazione delle politiche del Dipartimento di Stato, poi è stato assai prossimo consigliere delle segretarie di Stato Condoleezza Rice et Hillary Clinton. È stato lui, ad esempio, a contattare personalmente il co-fondatore e presidente di Twitter, Jack Dorsey, per chiedergli di posticipare i lavori di manutenzione dei server di Twitter, in modo da non ostacolare le attività dei cyberattivisti iraniani durante le manifestazioni antigovernative nel 2009.
Ma quel che più colpisce è il ruolo svolto nella formazione dei cyberattivisti arabi in preparazione della « primavera » araba. Infatti Jared Cohen fu uno dei fondatori di AYM « Alliance of Youth Movements » (ribattezzato Movements.org) che si definisce come una organizzazione statunitense senza scopo di lucro (stando al suo sito) che dichiara apertamente la sua mission : i) individuare dei cyberattivisti nella regione presa di mira ; ii) metterli in contatto tra di loro, e con esperti ed altri esponenti della società civile ; e iii) sostenerli formandoli, consigliandoli e procurando loro una piattaforma per avviare i contatti e svilupparli nel tempo (per maggiori dettagli, consultare il mio articolo).
Come già detto, la « Defence Advanced Research Projects Agency » (DARPA) è l’agenzia del ministero della Difesa degli Stati Uniti che finanzia Graphika. Come è piccolo il mondo !
Per quanto appare nel suo CV, anche Camille François ha lavorato per Google, nel gruppo di « Market Insights ». Direttrice di ricerca associata, si è specializzata nella ricerca on line delle PMI francesi ed ha gestito i tracker dei marchi e della privacy di Google per la percezione tra il pubblico e gli opinion maker.
Infine, la signorina François ha frequentato, nel 2014, i corsi della NATO di Oberammergau (Allemagne) sulle « cyber-operazioni » come anche precisato nel suo CV.
Graphika, con le mani nel sacco
La società Graphika è stata coinvolta in numerose controversie in relazione i) all'"individuazione" di un tipo particolare e mirato di disinformazione sui social media e ii) al suo ruolo di "cane da tartufo" addestrato per servire militaristi, atlantisti e sponsor occidentali.
Per chiarire questo punto, citeremo due esempi pedagogici:
1- L’affaire Jeremy Corbyn
L’ampia vittoria elettorale di Jeremy Corbyn alla testa del partito laburista britannico con quasi il 60% dei voti nel 2015 è stata seguita da una campagna mediatica « mainstream » diretta a demonizzare la sua figura e privarlo di qualsiasi legittimità politica di primo piano.
In primo luogo, le sue posizioni filo-palestinesi lo hanno reso bersaglio di attacchi della lobby sionista con accuse di antisemitismo dopo il suo successo elettorale. Qualche anno dopo, avvicinandosi le elezioni legislative del 2019, le accuse sono cresciute di tono, facendosi più incisive. Bisognava evitare che un socialista « antisemita » entrasse al numero 10 di Downing Street.
Oltre a queste accuse false, è stato messo in piedi un altro caso per dare il colpo di grazia alla possibilità che Corbyn potesse un giorno occupare la poltrona di Primo Ministro britannico: la sua « collusione » con la Russia. Questa accusa, accompagnata da quello « sport » occidentale comunemente noto come « Russia Bashing », avrebbe dovuto dare, né più né meno, il colpo di grazia a questo progetto.
In proposito, i giornalisti investigativi Ben Norton e Max Blumenthal scrivevano l’8 dicembre 2019 :
« Pochi giorni prima delle elezioni nazionali britanniche del 12 dicembre, le agenzie di intelligence britanniche e gli organismi finanzianti dal governo USA hanno intensificato i loro attacchi contro Corbyn, modellando le tattiche all’isteria statunitense del Russiagate, e tentando in ogni modo di presentarlo – senza alcuna prova sostanziale – come una presunta marionetta del Cremlino ».
Il giornalista Matt Kennard ha, da parte sua, pubblicato un’inchiesta dettagliata dal titolo molto esplicito: «Come l’establishment militare e dell’intelligence britannica tenta di impedire a Jeremy Corbyn di diventare Primo Ministro».
Si ricorda che taluni responsabili dell’esercito e dell’intelligence britannica hanno ispirato almeno 34 importanti reportage pubblicati nei media nazionali, che presentavano Jeremy Corbyn come un pericolo per la sicurezza britannica.
Il 27 novembre 2019, in piena campagna elettorale, il team di Jeremy Corbyn presentò un imponente dossier a proposito dei negoziati segreti tra il governo conservatore di Boris Johnson e l’amministrazione statunitense diretti a privatizzare il National Health Service (NHS) britannico, che smentiva le promesse elettorali del suo rivale conservatore.
Neppure una settimana dopo, si ricorse all’artiglieria pesante per rispondere alle accuse.
Ben Wallace, il Segretario di Stato alla Difesa britannico, dichiarò che « Jeremy Corbyn ha giocato il ruolo di “utile idiota” per il Cremlino, mettendo in pericolo la NATO per decenni e ciò lo rende inadatto al ruolo di Primo Ministro ».
Come per confermare tale tesi, il quotidiano filo-conservatore The Daily Telegraph titolava in prima « Il dossier di Corbyn punta il dito verso i Russi».
The Guardian seguì a ruota precisando che i documenti di Corbyn erano stati «messi in rete utilizzando metodi russi». Anche altri media come The Daily Beast, la BBC o il Washington Post ripresero questa notizia.
Non è tanto il « clonaggio » di questa informazione che attira l’attenzione, quanto il fatto che tutti i media hanno fatto riferimento ad un’unica fonte: Graphika e il suo direttore di ricerca, Ben Nimmo. Ma guarda un po’ !
Estratto dell’articolo del Guardian :
« Ben Nimmo, il coordinatore delle indagini di Graphika, ha dichiarato: "Quello che diciamo è che la tecnica messa inizialmente in campo per amplificare l’impatto delle fughe di notizie sul NHS ricorda molto le tecniche utilizzate da Secondary Infektion nel passato, una nota operazione russa. Ma non disponiamo di tutti i dati che ci consentano di dire una parola definitiva su questa vicenda”».
Un’accusa tanto grave, ripresa da importanti e influenti media, che si fonda su di un’unica fonte e… totalmente infondata.
Tanto che Norton e Blumenthal hanno così commentato:
« Nemmeno un articolo che si è occupato della vicenda si è premurato di informare i lettori di chi fosse Nimmo, né ha fornito dettagli sulle potenti forze statali che sostengono Graphika ».
E hanno aggiunto :
« Infatti, Ninno non è un esperto di dati o un giornalista, ma un ex addetto stampa della NATO, che aveva in precedenza lavorato per la fabbrica di propaganda segreta "Integrity Initiative", che era finanziata dal ministero britannico degli affari esteri e aveva come mission di provocare conflitti con la Russia ».
Il seguito della storia certamente lo indovinate: Jeremy Corbyn ha ovviamente perso le elezioni del 12 dicembre 2019.
2- Il Russiagate
Il Russiagate è l’affaire politico-giudiziario che deve il suo nome alle accuse di ingerenza della Russia nelle elezioni statunitensi del 2016. Un putiferio mediatico è stato montato per dimostrare che la sconfitta di Hillary Clinton era dovuta a nient’altro che alle collusioni tra il team di Donald Trump e il Cremlino, per mezzo di un esercito di trolls russi che scorrazzavano nei media sociali, soprattutto Facebook e Twitter.
Come c’era da immaginarsi, le indagini sono state affidate ad un gruppo dell’Università di Oxford e ...alla società Graphika. Quest’ultima era rappresentata dal suo fondatore, John Kelly, e Camille François.
Il rapporto, commissionato nel 2018 dall’« US Senate Select Committee on Intelligence » (SSCI) di cui si è trattato più sopra, conferma evidentemente le accuse. Vi si può leggere:
« L’Agenzia russa di ricerche Internet (IRA) ha lanciato un attacco prolungato contro gli Stati Uniti, utilizzando una propaganda informatica per disinformare e polarizzare gli elettori statunitensi ».
« I dati sull’IRA forniti al SSCI dalle piattaforme statunitensi di media sociali e Internet dimostrano un forte intervento per manipolare il pubblico statunitense e indebolire la democrazia. Con anni di esperienza nella manipolazione dell’opinione pubblica in Russia, l’IRA ha utilizzato le principali piattaforme dei media sociali, soprattutto Facebook, Instagram e Twitter, per intervenire sugli elettori statunitensi e polarizzare gli utenti del media sociali statunitensi ».
Un anno dopo, veniva pubblicato il rapporto di Robert Mueller, procuratore speciale incaricato di indagare sulle ingerenze russe nelle elezioni presidenziali del 2016. La conclusione più importante era che non ci fosse stato alcun accordo tra i componenti del team di Trump e la Russia.
Le Monde diplomatique definì il Russiagate un « fiasco » e così commentò il rapporto :
« Le prime informazioni disponibili sul Rapporto Mueller rappresentano una sconfitta per la frazione più moderata del partito democratico, per il partito della guerra contro la Russia, per i media. [...] Infine, il rapporto rappresenta uno schiaffo spettacolare alla quasi totalità dei grandi media statunitensi che, da due anni, avevano fatto del Russiagate la loro attività a tempo pieno ».
Uno schiaffo anche a Graphika e ai suoi « esperti ».
La caccia alle streghe è proseguita fino alle elezioni presidenziali statunitensi del 2020. Graphika ha prodotto un altro rapporto nel 2020 a firma, tra gli altri, di Ben Nimmo e Camille François, segnalando un sito di nome PeaceData ritenuto finanziato dall’Agenzia russa di ricerca internet (IRA).
In proposito, ha scritto il New York Times :
« Il gruppo russo che si è ingerito nelle elezioni presidenziali del 2016 è di ritorno, servendosi di una rete di falsi account e di un sito web concepito per assomigliare ad un sito di informazione di sinistra, hanno dichiarato martedì Facebook e Twitter. La campagna di disinformazione realizzata dal gruppo sostenuto dal Cremlino, noto col nome di Internet Research Agency, è la prima prova pubblica che l’agenzia tenta di ripetere le sue azioni di quattro anni fa e di allontanare gli elettori dal candidato democratico alla presidenza, Joseph R. Biden Jr., per dare una mano al presidente Trump ».
PeaceData ha vivamente reagito a queste accuse, definendole calunnie e menzogne.
In effetti, alcuni attenti osservatori hanno notato che, al contrario di quanto sostenuto da Graphika e dal NYT, il sito web PeaceData aveva pubblicato diversi articoli di aspra critica a Trump, tra i quali uno nel quale lo si definiva "instabile e squilibrato". D’altra parte, Graphika non ha fornito alcuna prova del finanziamento del sito da parte dell’IRA nel suo rapporto.
I profili Facebook e Twitter di PeaceData sono stati ovviamente chiusi sulla base del rapporto di Graphika e dei suoi « esperti », Ben Nimmo e Camille François.
Graphika e l’Algeria
Dopo avere passato in rivista l’imponente rete di connessioni politico-militari in cui si inseriscono Graphika, i suoi « esperti » e le « missioni » ad alto livello che sono state loro affidate, diverse domande sorgono spontanee: Perché l’Algeria ? Perché adesso ? Che cosa ci si propone di ottenere ? Chi ha commissionato lo studio ? Chi l’ha finanziato ? E chi ha fornito loro tutti i dettagli necessari ?
Prima di tutto, bisogna riconoscere che, se Graphika si è interessata all’Algeria, è perché questo paese rappresenta una questione strategica importante per gli Stati Uniti. Questo conferma quanto avevo affermato in molti dei miei articoli e nei miei libri più recenti.
Anche i tempi sono importanti. Infatti, mentre il « fasullo » Hirak è in piena crisi, questa evidente ingerenza nella politica interna algerina cerca di suscitare nuove dannose agitazioni nella vita politica del paese. E poi è quanto meno strano che il rapporto venga pubblicato proprio dopo lo scandalo Pegasus che aveva di mira l’Algeria. Da vittima, l’Algeria viene trasformata da Graphika in colpevole.
Per tentare di chiarire meglio la questione, torniamo al rapporto Graphika sull’Algeria.
La sintesi del rapporto dà il tono :
« Facebook ha condiviso un insieme di profili, di pagine e di gruppi con Graphika per un’analisi più approfondita prima di sopprimerli dalle sue piattaforme. La nostra inchiesta ha rivelato un’azione multipiattaforma pluriennale per promuovere gli interessi del presidente algerino Abdelmadjid Tebboune, dalla sua candidatura alle elezioni presidenziali del 2019, fino al referendum costituzionale l’anno scorso e alle elezioni legislative ampiamente boicottate in giugno. Questa attività si è intrecciata con una vivace campagna di aggressione e intimidazione contro il movimento di protesta dell’Hirak in Algeria che, negli ultimi due anni, ha portato migliaia di persone in piazza per chiedere la cacciata dell’élite dirigente e la fine della corruzione. Tali tentativi combinati per manipolare, deformare e polarizzare le discussioni on line in Algeria devono essere valutate nel contesto della repressione governativa delle voci dell’opposizione e dell’impatto della pandemia di Covid-19, che ha costretto molti Algerini a trasferire le manifestazioni dalla piazza alla rete ».
Ne traiamo le seguenti conclusioni :
- Come già detto, Facebook lavora con Graphika ;
- I siti giudicati « indesiderabili » vengono soppressi su raccomandazione di Graphika ;
- Graphika fa politica e non analisi della rete;
- Il percorso costituzionale scelto dallo Stato algerino per uscire dalla crisi non piace a Graphika ;
- Graphika sostiene le posizioni del « Yetnahaw Gaa » patrocinate specialmente dalle ONG (formate e finanziate dalle organizzazioni statunitensi di «esportazione» della democrazia), gli islamisti « offshore » e i makisti (militanti del MAK) separatisti;
- Graphika si colloca contro le istituzioni dello Stato algerino e appoggia i gruppi prima citati, due dei quali sono considerati organizzazioni terroriste;
- Secondo Graphika, lo Stato algerino manipola l’informazione, ma nemmeno una parola viene spese sulle manipolazioni cui ricorrono i tre gruppi citati;
- Facebook (e gli altri social media) autorizza (incoraggia ?) le manifestazioni on line di quelli che militano per la transizione, ma oscura i profili di coloro che appoggiano la via costituzionale.
Passiamo ora a quello che Graphika considera prove delle sue accuse. Il rapporto comincia con un articolo su Noureddine Boukrouh che viene commentato come segue :
« Nell’insieme, i profili e le pagine individuate da Facebook hanno mostrato chiari indizi di coordinamento, oltre al ricorso a false identità e altre pratiche ingannevoli miranti a indurre in errore gli utenti. Una manifestazione particolarmente evidente di ciò si è avuta quest’anno, in giugno, quando 42 delle pagine individuate hanno pubblicato la medesima foto con legende identiche che attaccavano alcuni oppositori del governo algerino. Molte di queste pagine si presentano come di gruppi per la democrazia o come media indipendenti»
Che raffinatezza di indagine ! Hercule Poirot le avrebbe sacrificato i suoi mitici baffi !
In realtà l’articolo incriminato è il MIO, dal titolo « Un mascalzone di nome Boukrouh » che è stato pubblicato sul mio sito con quella stessa foto, ma che è stato anche ripreso da altri siti (sito 1, sito 2, sito 3, ecc.). È quindi del tutto normale che alcune pagine Facebook lo riprendano, come avviene con tutti i miei articoli. Il mio recente poema in omaggio a Djamel Bensmaïl, per esempio, è stato ripreso integralmente da decine di pagine. Qual è il problema? Le reti sociali non servono forse a questo? O la cosa è halal per qualcuno e haram per altri?
Oltre a questo, ciò che cattura l’attenzione è la legenda:
« Foto di schermo relativa alla pubblicazione coordinata di un attacco che descrive la figura dell’opposizione Noureddine Boukrouh come un « folle », poco dopo avere criticato Tebboune ».
E’ una menzogna ! E’ stato piuttosto il signor Boukrouh a definire il presidente Abdelmadjid Tebboune f"olle" in un suo post su Facebook ! A lettere intere nel titolo!
Domanda rivolta a Graphika e Facebook : accusare falsamente un presidente in carica di follia non merita l’oscuramento del profilo del signor « sano di mente» ?
Più dell’istituzione presidenziale, è l’istituzione militare algerina che è stata denigrata, come se queste stesse istituzioni, negli Stati Uniti o in Occidente, non avessero il diritto di esprimersi sullo stato della Nazione. Come ogni altro paese al mondo, l’Algeria ha le sue istituzioni statali e si esprime nei media che ritiene più adeguati.
Per bizzarro che possa apparire, il rapporto di Graphika critica i diritto dell’istituzione militare di fare dei reportage sulle « fake news » e di denunciare le azioni di taluni gruppi che minacciano la sicurezza e la sovranità dell’Algeria.
Il rapporto menziona esplicitamente « Karim Tabbou » (citato 3 volte), « Amir DZ » (citato 4 volte), « Rachad » (citato 4 volte), « Mohamed Larbi Zitout » (citato 5 volte) e Mourad Dhina.
« Gli obiettivi chiave dal 2019 sono stati : Karim Tabou – un esponente dell’opposizione che è stata arrestato dalla polizia algerina nel 2020 e 2021 ; Amir Boukhors (« Amir DZ »), un dissidente anti-regime che si trova in Francia ; e due co-fondatori del gruppo politico « Rachad » - Mohamed Larbi Zitout, che vive in esilio a Londra, e Mourad Dhina, che vive in Svizzera. A marzo 2021, un tribunale algerino avrebbe emesso dei mandati di arresto contro Boukhors e Zitout per "terrorismo" ».
Gli « autoproclamati tenori dell’Hirak », nella specie Mostefa Bouchachi, Zoubida Assoul e Karim Tabbou, vengono così presentati come dei « critici del regime algerino ».
Come per caso, tutte le persone citate, senza eccezione alcuna, collaborano tra loro, come ho dimostrato nel mio libro sull’Hirak e sono, ovviamente, fautori della transizione.
Decisamente, la visione di Graphika (e dei suoi committenti) è dicotomica: ci sono i buoni e ci sono i cattivi. I buoni sono quelli che definisce « gli esponenti dell’opposizione » e i cattivi sono le istituzioni statali, presidenziale e militare.
Per contro nulla si dice dell’innumerevole quantità di profili Facebook che sono, direttamente o indirettamente, legati a questi « esponenti » e che, notte e giorno, denigrano queste stesse istituzioni.
Per maggiori dettagli e per capire il ruolo di questi gruppi che hanno veleggiato sull’Hirak algerino, il lettore è invitato a consultare la mia intervista sul tema.
Bisogna dire che alcuni passaggi del rapporto di Graphika rasentano il ridicolo. Giudicate voi:
« Le pagine e i profili della rete hanno costantemente fatto gli elogi dell’Esercito Nazionale popolare algerino (الجيش الوطني الشعبي الجزائري). La rete ha dato ampio risalto all’addestramento e ad altri eventi, producendo memi e disegni animati favorevoli ai militari, presentando tutto l’esercito algerino come un protettore forte e ben equipaggiato del popolo algerino ».
E’ dunque vietato elogiare l’esercito del proprio paese ? Non se ne dolga Graphika, ma l’istituzione militare protegge non solo il popolo, ma anche l’integrità e la sovranità del paese.
Ancora un’assurdità raccontata nel rapporto : Graphika critica talune pagine perché hanno promosso le elezioni legislative del 12 giugno 2021. Ma che c’è di male a voler incoraggiare i cittadini a compiere il loro dovere elettorale ? Perché non ha detto niente di quei « grandi democratici », volgari factotum di quegli « esponenti dell’opposizione » che, all’estero, impedivano con la violenza alle persone di votare ? E’ chiaro che gli informatori « autoctoni » non hanno raccontato tutta la storia agli « esperti » di Graphika. O è stata forse quest’ultima a selezionare le informazioni per demonizzare le istituzioni statali algerine e santificare quella « opposizione » impegnata nella distruzione del paese, con la benedizione dello Zio Sam e della NATO?
Occorre dirlo con chiarezza : un lavoro scientifico credibile deve necessariamente analizzare la attività di tutti gli attori e non dimostrare cecità selettiva in favore della parte che si intende sostenere. Il rapporto di Graphika mostra una debolezza metodologica tanto evidente che il suo sedicente lavoro « scientifico » non è altro, in realtà, se non propaganda per una certa parte, la stessa selezionata dalle organizzazioni statunitensi di « esportazione » della democrazia con l’intento di realizzare un « regime change » in Algeria usando il soft power.
Graphika non si ferma qui. Giunge perfino a dedicare una sezione al Marocco e alla Francia dal titolo « Marocco maligno, Francia traditrice ».
E sostiene che i media di questi due paesi sono delle mammolette e che l’Algeria li calunnia. Mentre attacca i canali della televisione di Stato algerina, Graphika presenta France 24 come fosse semplicemente un inoffensivo canale televisivo e tacendo che si tratta di uno dei canali di Stato francesi che lavora in collegamento diretto col Quai d’Orsay e la cui informazione sull’Hirak è stata estremamente parziale (per non dire ostile all’Algeria), come ho dimostrato in uno dei miei articoli pubblicati nel 2019. Non è d’altronde un caso se nel giugno 2021 le è stato revocato qualsiasi accreditamento in Algeria.
Quanto al Marocco, la sua condotta bellicosa e aggressiva nelle reti sociali contro l’Algeria è anch’essa passata sotto silenzio. Bisognerebbe forse ricordare a Graphika l’affaire Pegasus del quale non ha detto una sola parola. Il Marocco non ha forse spiato 6000 persone in Algeria, o anche questa è una « fake News » delle istituzioni presidenziali o militari ?
Come previsto, Mohamed Larbi Zitout, uno degli esponenti del movimento Rachad citato nel rapporto Graphika, ci ha sollevato sopra un polverone in una delle sue interminabili logorree cyberspaziali.
E qui si trova la naturale risposta all’importante questione: Cui Bono ?
Conclusioni
Questa analisi ci consente di trarre le seguenti conclusioni:
- La società Graphika è finanziata da enti direttamente o indirettamente legate al governo statunitense, al governo britannico, alla NATO e ad organizzazioni statunitensi di « esportazione » della democrazia;
- La società Graphika non realizza studi finalizzati ad informare i cittadini. Si occupa solo dei media sociali dei paesi invisi agli Stati Uniti o ad alcuni membri della NATO come la Gran Bretagna;
- Negli ultimi anni, i paesi più importanti oggetto di attenzione da parte della società Graphika sono stati la Russia, la Cina e l’Iran.
- Gli studi sulla Russia sono molti e molto aggressivi, a conferma dell’influenza esercitata dall’Atlantic Council, il think tank non ufficiale della NATO;
- La società Graphika intreccia relazioni con alcuni giganti del Web, o direttamente, o attraverso i suoi « esperti » ;
- La società Graphika collabora direttamente con Facebook e fornisce a quest’ultimo la lista delle pagine da oscurare;
- In tal modo Facebook non è indipendente, ma si comporta come un’impresa al servizio della politica estera USA e della NATO (Non è una novità: la collusione tra alcuni giganti del Web e il governo statunitense viene ampiamente analizzata nel mio libro « Arabesque$ » e in alcuni miei articoli) ;
- Non è stato un caso se la società Graphika si è occupata dei media sociali algerini. I tempi, i pregiudizi e gli attacchi frontali contro le istituzioni fondamentali dello Stato algerino indicano che il rapporto è stato commissionato da gruppi o Stati che intendono promuovere un « regime change » in Algeria e lavorano a questo obiettivo;
- Quest’ultimo punto appare evidente alla lettura del rapporto, che presenta negativamente le istituzioni dello Stato algerino e positivamente quelle che definisce « gli esponenti dell’opposizione » ;
- Nessuno studio è stato per contro realizzato sul modo in cui questi « esponenti dell’opposizione » hanno utilizzato i media sociali, ciò che priva il rapporto di ogni validità scientifica e lo rende, conseguenzialmente, solo uno strumento di propaganda contro l’Algeria;
- Dal momento che il rapporto occulta completamente i rapporti correnti tra alcuni « esponenti dell’opposizione » e il governo statunitense (spiegati nel libro che ho scritto sul tema), deve dedursi che anche Graphika ha giocato un ruolo analogo e complementare alle organizzazioni statunitensi di « esportazione » della democrazia;
- Questi ultimi tre punti indicano che Graphika, insieme alle varie istituzioni (statali o meno) con cui collabora, supporta e sostiene attivamente gli « esponenti dell’opposizione » contro lo Stato algerino;
- Tutto ciò ci induce a concludere che Graphika costituisce un ulteriore strumento a servizio del soft power statunitense, specializzata in un nuovo « campo di battaglia », quello del mondo virtuale del media sociali;
- Le azioni attuate in modo aggressivo dalle organizzazioni statunitensi di « esportazione » della democrazia, combinate a quelle delle ONG dirittiumaniste e agli attacchi della società Graphika, dimostrano in modo inequivoco che l’Algeria si trova attualmente esposta al fuoco pesante di una guerra di quarta generazione.
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