Re Macron e i suoi giullari
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Re Macron e i suoi giullari
Ahmed Bensaada (11 ottobre 2021)
Dopo i « kwassa- kwassa » (barche da pesca utilizzate dai migranti clandestini, ndt) a Mayotte, i climatizzatori in Burkina Faso, l'esagerata fecondità delle donne africane al summit 2017 del G20, Emmanuel 1°, Re di Francia e di Navarra, continua ad arricchire il suo lungo elenco di gaffe reali macroniane. Stavolta, lo ha fatto prendendosela gratuitamente e perfidamente con l’Algeria, che continua a considerare una sua ex colonia. E non ha usato mezzi termini, tutt’altro. Col suo scettro gigliato, non ha risparmiato né il suo governo né la sua storia: quando si possono fare tante idiozie, perché accontentarsi di una sola?
Ma non aveva raccomandato di « voltare pagina » durante il suo ultimo viaggio in Algeria? O il voltare pagina è una prerogativa della corona francese, che obbedisce solo agli umori e ai capricci del monarca?
Ovviamente, la reazione degli Algerini alle sue dichiarazioni bellicose non si è fatta attendere. La blogsfera si è infiammata, dando il via ad un ricco florilegio di insulti e lazzi che hanno illuminato il cielo del cyberspazio. Anche un successivo tentativo di stemperare le sue affermazioni non ha avuto effetti, anzi.
Che altro fare allora, se non dare ordine al suo esercito di giullari reali di intervenire, veri e propri « alibi etnici » così ben custoditi in tempo di pace e tanto preziosi in questi momenti di turbolenza?
Va notato inoltre che il mandato conferito a questi devoti collaborazionisti è quello di minimizzare, perfino ignorare, le aggressioni verbali di Emmanuel 1°, e di attaccare senza remore le Autorità algerine, l’Algeria, e chiunque ne difenda la dignità e la sovranità.
Di questa specie tassonomica di « informatori indigeni », tanto diffusi nelle nostre latitudini, sceglieremo qualche esemplare rappresentativo.
Ferhat 1°
Il primo a reagire, come una rana ad uno stimolo elettrico, è Ferhat 1°, sultano autoproclamato del regno farlocco di Cabilia e vassallo del sovrano francese. Vero è che la dichiarazione del suo sovrano sulla « creazione » dell’Algeria è suonata alle orecchie del fondatore del MAK (Movimento per l’autodeterminazione della Cabilia) come una dolce melodia. Emmanuel 1° avrebbe volontariamente e scientemente offerto « manna dal cielo » a Ferhat 1° per confortarne le fantasie secessioniste? Ma è prerogativa del sovrano di offrire al suo vassallo rifugio, protezione e anche parole. Specie se esse possono provocare la rabbia del governo algerino.
Ali Dilem
Ecco un tipico esempio di ribaltamento della realtà perfettamente illustrato, senza alcuna vergogna, dal vignettista del giornale Liberté. Ricordiamo en passant che il suddetto disegnatore ha mostrato uno zelo senza precedenti nella difesa di Ferhat 1° e del suo movimento.
Sebbene la provocazione e l’aggressione siano deliberatamente e unilateralmente venute dal sovrano tricolore, l’Algerino viene rappresentato come un selvaggio tagliatore di teste, che si avventa a tambur battente contro tutto ciò che è francese. Una simile rappresentazione disonesta della realtà meritava un’adeguata correzione, Come è stato fatto:
Non va dimenticato che Dilem ha ricevuto due onorificenze dalla Francia. Nel 2010, ha ricevuto le insegne di cavaliere delle Arti e delle Lettere e, nel 2017, è stato promosso al rango di Ufficiale delle Arti e delle Lettere dalla Presidenza della Repubblica Francese.
Sarà per questo che ha ribaltato i ruoli nella caricatura?
Kamel Daoud
La linea editoriale del giornale Liberté solleva serie questioni relative ai suoi rapporti con la Francia. Infatti, oltre a Dilem, il quotidiano ha ospitato anche gli sproloqui dell’autore Kamel Daoud, sullo stesso tema e in perfetta sintonia col punto di vista del vignettista.
La flagellazione degli Algerini è diventata una « tecnica letteraria » di cui Kamel Daoud è diventato il maggiore specialista (leggere il mio libro sul tema) e questo articolo non fa eccezione. Ha sferzato con la sua prosa pungente tutti quelli che hanno avuto « l’ardire » di criticare le parole del Re di Francia e di Navarra.
Fedele al ruolo di scrittore neocolonizzato che ho descritto in uno dei miei libri (con l’aggravante di essersi poi naturalizzato francese), è andato ben oltre la mistificazione che era stata operata dal vignettista, con un articolo dal titolo « Se sentir humilié après les déclarations de Macron » (Sentirsi umiliati dopo le dichiarazioni di Macron)
Valutate voi stessi :
« Dopo aver letto le dichiarazioni di Macron sull’Algeria, la memoria e il futuro, mi sono sentito personalmente umiliato. Per quello che ha detto ? No. Ciò che mi ha umiliato è stata l’ampiezza vuota, inutile, della reazione dei miei, degli Algerini. Tanta rabbia, collera ed esagerazioni, umiliano perché sono spia dell’assenza di un progetto nazionale, algerino, collettivo per questo paese ».
L’ex-giornalista del Quotidien d’Oran non può sentirsi umiliato per le dichiarazioni di Emmanuel 1°: non può permetterselo. Non è forse lui ad essere « ammirato » dall’inquilino dell’Eliseo? Non è lui ad essere stato uno dei rari invitati alla tavola del monarca francese, nell’Ambasciata di Francia in occasione della visita del 2017?
Rileviamo en passant una evidente similitudine tra la caricatura di Dilem e le parole di Kamel Daoud : l’Algerino viene rappresentato carico di « rabbia » e « collera ». E’ lui il « barbaro » che, brandendo un’ascia, attacca i « civilizzati » dell’Esagono.
Bastava così? Per niente! Ci voleva qualche stilettata supplementare per farsi ammirare un po’ di più da quella monarchia francese cui si sente tanto vicino:
« Odio per la Francia ne proviamo, ed è una verità. Ma esso non si deve solo alle stragi del passato. Si deve anche al vuoto, al presente, alla pigrizia, è condiviso sia da chi si è adagiato nel ruolo di vittima che dai predicatori di nuove crociate, dagli islamisti e dai disoccupati de-coloniali, esso ci unisce e ci intrappola, ci impedisce di dormire e di svegliarci, di lavorare e di avere un sogno diverso da quello di distruggere la Francia o di andarci a vivere. E’ una realtà ».
Dove sei, Grande Emiro Abdelkader, per insegnarci di nuovo ad apprezzare incondizionatamente il nostro paese ed amare i nostri concittadini? Dove sei, per ricordarci che la terra che abbiamo sotto i piedi dobbiamo difenderla contro i neo-colonizzatori con le mani, lo spirito e il cuore?
Lahouari Addi
Per il sociologo ufficiale della NED (National Endowment for Democracy) è stato invece srotolato un tappeto rosso nel giornale Le Monde. Non è da chiunque entrare nel « tempio » del giornalismo francese. Non si scherza coi titoli, vero?
In un articolo che ha titolato « Sull’Algeria, Emmanuel Macron ha detto pubblicamente quello che i suoi predecessori dicevano in privato », Lahouari Addi ha approfittato dell’ospitalità di questo giornale noto per il suo « amore incondizionato » verso l’Algeria, per aprire le ostilità contro tutte le istituzioni dello Stato algerino. Per contro, ha definito le parole di Emmanuel 1° come « coraggiose, non condizionate dalla Ragion di Stato, né dalle lobby economiche settoriali ». Il Re di Francia e di Navarra ritratto nel suo abito di valoroso cavaliere senza macchia e senza paura!
Ah, l’immaginazione e il romanticismo galoppante dei sociologi della Corte di Francia! Il gran signore nel nord del Mediterraneo e i perfidi pezzenti del sud! La neocolonizzazione « daoudiana » che fa proseliti!
Analizzando le dichiarazioni macroniane, Lahouari Addi non si è privato di trovarvi un collegamento col l’Hirak. Ovviamente non poteva perdere l’occasione, lui che è uno degli autoproclamati tenori dell’Hirak! Per riuscirci occorrevano ovviamente le competenze di un « professore emerito », per trovare tra le righe quello che nemmeno l’autore stesso aveva pensato.
« Col discorso tenuto il 30 settembre, Emmanuel Macron ha esplicitamente riconosciuto la legittimità politica delle rivendicazioni dell’Hirak, e questo è inaccettabile per il regime algerino che, fino ad oggi, ha sempre beneficiato del sostegno diplomatico della Francia ».
Naturalmente non ha perso l’occasione di richiamare lo slogan « Dawla madania machi askaria » (Stato civile e non militare), caro agli islamisti offshore ed agli adepti dell’« Hirak farlocco », in totale opposizione con lo spirito dell’Hirak original « Djeich, chaâb, khawa khawa » (Esercito, popolo, fratelli, fratelli) ».
Radio M
Non possiamo chiudere questa « raccolta » senza citare Radio M, quella che si fa chiamare « la Piccola Radio del Gran Maghreb » ma che non è altro se non la « Radio Spia del Quai d’Orsay ». E tale attributo trova conferma in quanto segue.
Per prima cosa, essa ha fatto da megafono alla dichiarazione di Lahouari Addi a proposito dell’Hirak nel suo articolo su Le Monde, e ne ha fatto niente di meno che il titolo di un editoriale.
D’altra parte, rispondendo alla polemica provocata in Algeria dalle dichiarazioni ostili di Emmanuel 1°, Le Monde ha pubblicato un articolo nel quale riferisce che « le parole del presidente francese che si interrogavano sull’esistenza della « nazione algerina » hanno colpito anche i più intransigenti oppositori del regime algerino ».
Dopo avere elencato le numerose critiche, il giornalista ha precisato che « una delle rare, per non dire l’unica, presa di posizione favorevole al presidente francese è venuta dal politologo Mohammed Hennad […] in un’intervista a Radio M […] ».
Radio M favorevole al monarca francese? E’ solo un pio eufemismo, se solo si dia uno sguardo al titolo dato all’intervento del politologo Mohammed Hennad :
E, a proposito della riduzione del numero dei visti di ingresso per gli Algerini, Radio M si è comportata come il portavoce di Gérald Darmanin, ministro francese dell’interno :
Emmanuel 1° può sentirsi fiero della sua legione di giullari. Con tanti docili informatori indigeni e fedeli difensori autoctoni, dispone di un’efficace macchina di disinformazione.
Ma il Re di Francia e di Navarra non ha certamente alcuna idea dell’esercito di patrioti algerini, gelosi della sovranità del proprio paese.
E questi, al contrario dei suoi giullari, nutrono una profonda avversione per ogni forma di ingerenza straniera negli affari del loro paese. E soprattutto quando si tratta dell’ingerenza di un paese che li ha maltrattati per 132 anni.
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