Crisi Siriana
L'AFP e la "disintegrazione dell'esercito siriano", obiettivo degli oppositori filo-USA
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Le blog de Gilles Munier, 30 maggio 2011
L’AFP e la “disintegrazione dell’esercito siriano”, obiettivo degli oppositori filo-USA
Mentre in Siria le manifestazioni segnano il passo – e a causa di ciò – alcuni oppositori cambiano tattica e scambiano i loro desideri per realtà. Tentano adesso di organizzare sedizioni all’interno dell’esercito
In un dispaccio trasmesso dalla sede di Washington dell’AFP (Agence France Presse) (1), ripresa da diversi media, Andrew Terrill, insegnante all’US Army War College, ritiene che alcuni elementi dell’esercito siriano “potrebbero” unirsi ai manifestanti. Tuttavia, dice, un “gruppo disordinato” di ammutinati potrebbe sollevarsi nella Quarta Divisione e nella Guardia Repubblicana, rischiando di provocare una guerra civile sanguinosa. Pensa però che “non si tratta di qualcosa che potrebbe succedere domani”.
Per arrivare a ciò, dichiara Ammar Abdulhamid, direttore della Fondazione “pro-democrazia” Tharwa (Fortuna), con sede a Washington, occorrerebbe che “gli Stati Uniti e altre potenze prendessero direttamente posizione a favore dei manifestanti”. Nel qual caso, crede, “i generali potrebbero cominciare a rivedere i loro conti e i loro rapporti col regime di Assad”.
Caso patologico
Ammar Abdulhamid, fonte spesso citata dalle agenzie di stampa occidentale, è un caso patologico. Proveniente da una famiglia borghese, si è dapprima rivolto all’islam salafita durante un soggiorno di studi a Mosca. Inorridita, sua madre – celebre attrice siriana – lo manda negli Stati Uniti, all’Università di Wisconsin. Nel 1988 viene reclutato da un parente, Abdullah Azzam, mentore di Osama Bin Laden, che lo convince ad andare in Afghanistan. Egli accetta, ma durante il cammino, a Los Angeles, cambia parere, dopo avere ascoltato i racconti dei mujaheddin di ritorno dal fronte. L’anno successivo, impiegato in una moschea della città, resta scioccato dalla fatwa emessa dall’ayatollah Khomeini che condannava a morte Salman Rushdie, autore dei “Versetti satanici”, al punto da mettere in discussione le sue convinzioni religiose. Oggi dice che l’islam era la sua “droga, il suo crack”, che è diventato ateo, poi agnostico (2).
Sul piano politico, Ammar Abdulhamid si presenta come un blogger siriano, portavoce ufficiale dell’opposizione. Espulso dalla Siria per avere insultato il presidente Bachar al-Assad nel corso di diverse interviste e per averlo accusato dell’omicidio di Rafic Hariri, è rientrato negli Stati Uniti. Assunto come ricercatore al Saban Center for Middle East Policy del Brooking Institute, think tank filo-israeliano (3), Ammar Abdulhamid è autore di “Mestruazioni”, un romanzo che descrive l’islam in Siria come culturalmente e sessualmente repressivo. Aderisce al Fronte di Salvezza Nazionale (FSN), fondato nel 2006 dall’ex vice-presidente siriano Abdul Halim Khaddam, condannato in contumacia, nel 2008, per aver organizzato “un complotto diretto al rovesciamento del governo”. Forte delle sue relazioni coi neo-conservatori, Ammar Abdulhamid viene autorizzato ad aprire un ufficio del FSN a Washington, nonostante la presenza, considerata sulfurea, dei Fratelli Mussulmani nell’organizzazione. Nel giugno 2007, dà le dimissioni dal FSN, del quale si dichiara deluso, per fondare Tharwa, think tank impegnato per la promozione della democrazia “nel Grande Medio oriente e in Africa del Nord”.
Dissidenti cibernetici
Altra fonte dell’AFP: Ahed al-Hendi, coordinatore siriano dei programmi in lingua araba di CyberDissidents.org – sito creato nel 2009 – per diventare, secondo Kristen Silverberg, ex ambasciatore degli USA presso l’Unione Europea, “la più importante organizzazione nel mondo dei dissidenti democratici in linea”. L’organizzazione è diretta da Nathan Sharansky, ex refuznik sovietico, membro del Likud dopo aver creato Yisrael Ba’aliyah – Israel pour l’aliya – un partito di ebrei russi estremisti.
Nella rivista Foreign Affairs del maggio 2011, Ahed al-Hendi prevede degli ammutinamenti dei soldati per obbligare gli ufficiali a rovesciare il regime. “Per convincere l’esercito a cambiare campo”, scrive, “i dissidenti hanno bisogno dell’aiuto della comunità internazionale”. Bisognerebbe, aggiunge, votare “delle sanzioni mirate per provocare defezioni”.
Arrestato in un cyber caffè a Damasco nel 2006, imprigionato per qualche tempo, Ahed al-Hendi fuggì da Damasco e si rifugiò negli Stati Uniti, dove si è fatto notare, nel 2010, durante una colazione organizzata a Dallas dall’Institut Bush – a margine di una conferenza sulla cyber dissidenza – dichiarando all’ex presidente W. Bush: “Lei ci manca!” (4)
Dando quasi sistematicamente la parola, in Siria e in Libia, a degli oppositori arabi legati agli Stati Uniti o a Israele, l’AFP partecipa – speriamo suo malgrado- ad un’operazione di manipolazione dell’opinione pubblica internazionale. Non dovrà quindi meravigliarsi il giorno in cui degli estremisti dovessero considerare i loro corrispondenti come spie.
(1) Syrie : Assad n'est pas à l'abri d'un revirement de l'armée syrienne, par Lachlan Carmichael (Courrier international –28/5/11)
http://www.courrierinternational.com/depeche/newsmlmmd.0ec26e5c4342c5892ecaefe553b7ed6e.411.xml
(2) A Modernizer Challenges Syria's Old Order , par Nora Boustany (Washington Post - 30/8/04)
http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/articles/A26011-2004Jul29.html
(3) Il Saban Center for Middle East Policy é stato fondato, nel 2002, dal miliardario israeliano Haim Saban, nato ad Alessandria, co-proprietario di Fox TV. E’ diretto da Martin Indyk, ex ambasciatore degli Stati Uniti a Tel-Aviv, co-fondatore di WINEP, think tank del Likud. Nel 2010, Haim Saban, che si dice « laburista » in Israele, aveva intenzione di acquistare Al-Jazeera.
(4) Miss Me Yet? The Freedom Agenda After George W. Bush, par Bari Weiss (The Wall Street Journal – 24/4/2010)
http://online.wsj.com/article/SB1000142405274870370980457520207205512