Siria, ottobre 2011 - In questi ultimi mesi, i media dell’Impero USA e dei paesi subalterni usano sempre più frequentemente l’espressione “Primavera araba”, per indicare le proteste che fanno tremare diversi paesi nel mondo arabo. Prima di tutto intendiamo manifestare il nostro apprezzamento per il successo ottenuto dal popolo tunisino nel rovesciamento del presidente assoluto, Ben Ali, e la vittoria degli egiziani  che hanno detronizzato un faraone, Mubarak, figlio di Ramses II. A questo punto occorre notare che il regno del primo è durato ventiquattro anni, mentre la dinastia del secondo ha governato per oltre quattro decenni, senza che i media dell’Impero e quelli delle province europee abbiano fatto la minima allusione all’atrocità del loro imperium






Le Grand Soir, 9 ottobre 2011


Osservazioni sulla guerra imperialista contro la Siria
Fida Dakroub


In questi otto o dieci ultimi mesi, i media dell’Impero USA e dei paesi subalterni usano sempre più frequentemente l’espressione “Primavera araba”; e ciò per indicare le proteste che fanno tremare diversi paesi nel mondo arabo. Prima di tutto intendiamo manifestare il nostro apprezzamento per il successo ottenuto dal popolo tunisino nel rovesciamento del presidente assoluto, Ben Ali, e la vittoria degli egiziani  che hanno detronizzato un faraone, Mubarak, figlio di Ramses II. A questo punto occorre notare che il regno del primo è durato ventiquattro anni, mentre la dinastia del secondo ha governato per oltre quattro decenni, senza che i media dell’Impero e quelli delle province europee, dunque imperialiste, abbiano fatto la minima allusione all’atrocità del loro imperium


Inoltre, secondo i media dell’impero, questi due avvenimenti segnano l’inizio  di una nuova stagione, quella della Primavera nei paesi arabi, quando il calore raggiunge di solito gradi insopportabili.  Sfortunatamente tuttavia questa Primavera cominciata, ode alla gioia, in Tunisia e in Egitto, sta diventando rapidamente un Autunno funebre in Siria e in Yemen, ed un Inverno mortuario in Libia.

In primo luogo, attiriamo l’attenzione dei lettori sul fatto seguente: per nascondere il suo ruolo mostruoso nei rivolgimenti che colpiscono delle regioni che si trovano al di là delle frontiere geografiche dell’Impero USA e delle province europee, vale a dire regioni in cui abitano i “Barbari”, la macchina mediatica dell’Impero si serve di un “bouquet” di espressioni romantiche, evocanti giardini profumati e oasi paradisiache alla Baudelaire.

Inoltre si impone un’osservazione sull’uso recente dell’espressione Primavera araba. Questa espressione è stata costruita dalla macchina mediatica dell’Impero e dei suoi subordinati arabi, come le emittenti al-jazeera e al-arabiya. Ricordiamo che la prima è proprietà dell’emiro del Qatar e la seconda della famiglia reale saudita. Pater de caelis, Deus, Miserere nobis!

La seconda osservazione è che l’espressione Primavera araba, che costituisce una innovazione nel “parlare politico”, non manca di colori orientalisti. Qui si parla di una Primavera che non assomiglia davvero a quanto accaduto nell’Europa dell’est durante il periodo sovietico; perché questa qui è araba, dunque esotica. Da una parte questa Primavera evoca in noi momenti “Madeleine di Proust”, soprattutto a quelli che hanno avuto la fortuna di leggere I viaggi di Sindbad il marinaio e Aladino e la lampada magica; dall’altra parte il calore soffocante di questa Primavera ci riporta indietro nella memoria, per risalire ai momenti più freddi della storia del XX° secolo, quelli della Guerra fredda. 

E ancora di più, la terza osservazione balza agli occhi quando si faccia un paragone con altri rivolgimenti politici sui quali già sono state rilevate le impronte digitali dell’Impero. Basti vedere che l’agenda dell’Impero è piena di belle espressioni come: Primavera di Praga (1968), Primavera di Pechino (1989), Rivoluzione delle rose (Georgia, 2033), Rivoluzione arancione (Ucraina, 2004), Rivoluzione dei gelsomini (Tunisia, 2010-2011).

Del resto la quarta osservazione ci porta sugli avvenimento storici. Noi non dubitiamo che i grandi avvenimenti e personaggi storici si ripetono, per così dire, due volte: la prima come tragedia, la seconda volta come farsa, come ha spiegato bene Karl Marx nel suo celebre “Brumaio”. Va da sé che nella versione siriana della Primavera araba, la farsa sta nel fatto che questi presunti “soldati della libertà”, creati dall’immaginazione artistica dei media dell’Impero, non credono né alla libertà, né alla democrazia e nemmeno ai diritti dell’uomo.

Per finire con la quinta osservazione, noi siamo persuasi che la Siria sia in piena guerra contro dei gruppi armati, sostenuti dall’estero dalle potenze imperialiste. Prova ne siano gli attentati dei gruppi armati contro le istituzioni dello Stato, gli assassini sistematici che mietono vittime tra i quadri accademici e scientifici del paese, agli atti di violenza contro le minoranze.
Parallelamente a queste osservazioni, si pongono molti interrogativi circa il ruolo giocato dalle potenze imperialiste nella crescita della violenza in Siria e sulla natura dei loro contraddittori discorsi “filantropici”. Noi limitiamo queste questioni a tre rubriche: 1) il dispotismo nei paesi arabi docili agli interessi USA; 2) la questione curda; 3)i diritti del popolo palestinese. Le domande seguenti ne costituiscono l’illustrazione:


a) Come possiamo mandare giù che gli emiri e i sultani arabi, dunque figure absolutum dominium, facciano appello alla fine della dittatura in Siria e alla nascita della democrazia, laddove rifiutano di liberare i loro propri servi ? Tale è il caso dello Yemen, del Bahrein e dell’Arabia Saudita, dei quali  l’Impero e le sue province europee non si occupano; silenzio si uccide.

b) Come spiegare il fatto che il vento khamsin soffia dal Sahara verso Damasco, senza passare dappertutto. In altri termini, come spiegare che gli emirati e i sultanati arabi docili agli interessi USA sopravvivono casualmente al calore soffocante di questa Primavera ? Così come testimoniano i casi del Bahrein, dove il Re Sole Hamad II ha fatto appello all’esercito saudita per spezzare le manifestazioni pacifiche che riempivano le piazze del regno. E come testimoniano anche l’arresto di migliaia di manifestanti pacifici, la morte di centinaia, l’esecuzione di decine, e la persecuzione che continua. Quanto agli avvenimenti in Yemen, vediamo il Montesqieu di Sanaa e difensore dello spirito delle leggi, Ali Abdullah Saleh, trastullarsi nel Palazzo presidenziale, malgrado la guerra civile, i bagni di sangue e le stragi tribali che scuotono la sua Repubblica, dopo la fioritura dei primi fiori di acacia e di gardenia ai primi sprazzi della Primavera araba.

c) Come spiegare che il sultano ottomano, Erdogan Pacha, cavalchi in soccorso dell’umanità in Siria, mentre i suoi giannizzeri respingono a piè fermo la questione curda.

d) Come spiegare che l’Impero USA e le sue province europee esigano il diritto del popolo siriano alla “libertà”, alla “dignità” e alla “democrazia”, mentre lo negano al popolo palestinese? Un diritto che l’Impero prende in considerazione aliis si licet, tibi non licet. 

e) Come spiegare che l’Impero USA si precipita al Consiglio di Sicurezza per ottenere una risoluzione che condanni il regime siriano per “crimini contro l’umanità”, quando impone il veto ad ogni allusione ai crimini, all’ingiustizia e all’oppressione che subisce il popolo palestinese da decenni?

f) A fortiori la macchina mediatica dell’Impero non parla mai della tirannia e del dispotismo nei regni arabi del Golfo, come se questi emirati e sultanati costituissero uno stadio supremo delle utopie sansimoniane, e come se da secoli vi regnassero l’uguaglianza perfetta  e l’unione tra gli uomini.

g) Qui vengono alla luce le convergenze tra quanto detto sopra e il rapporto di Amnesty International sulle violazioni dei diritti dell’uomo in Arabia Saudita: “L’ampiezza e la gravità delle violazioni dei diritti umani in Arabia Saudita sono inaccettabili tanto sul piano morale che legale. Il governo non è tuttavia il solo responsabile di una simile situazione. Una parte di responsabilità incombe anche sulla comunità internazionale, che si astiene dal chiederne contro all’Arabia Saudita” (1)


Inoltre il rapporto pone 9 raccomandazioni, cinque delle quali sono indirizzate al governo saudita e quattro alla comunità internazionale. Le prime cinque sono: 1) Abrogare le leggi e le pratiche discriminatorie; 2) Cessare gli arresti e le detenzioni arbitrarie; 3) Cessare gli atti di tortura; 4) Cessare le esecuzioni capitali; 5) Ratificare i trattati internazionali relativi ai diritti umani; mentre quelle rivolte alla comunità internazionale sono: 6) Condannare le violazioni dei diritti umani perpetrate in Arabia Saudita; 7) Premere sul governo saudita perché attui le raccomandazioni contenute nel presente rapporto; 8) Invitare le autorità saudite ad autorizzare le ONG internazionali di difesa dei diritti umani a recarsi nel paese; 9) Chiedere alle autorità saudite di cooperare con le strutture tematiche della Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, soprattutto lo speciale relatore sulla indipendenza dei giudici e degli avvocati, e di invitarli a visitare il regno. (2) 


Per contro, la macchina mediatica dell’Impero esalta la concessione alle donne del diritto di voto, annunciato dal re Abdallah d’Arabia Saudita qualche settimana fa.

Ironicamente, grazie alla concessione di Sua Maestà, i Sauditi che vivono, per così dire, nobilmente nel Royaume-Soleil , possono ormai presentarsi ai consigli municipali e votare nell’ambito dei principi dell’islam. Gaudeamus igitur!

Tristemente, ciò che questa macchina mediatica non pone in evidenza è che le autorità di questo regno subalterno agli interessi dell’Impero USA hanno le mani grondanti di sangue e il cuore prosciugato per gli atti di violenza perpetrati sul loro territorio nei confronti delle donne, che sono oggetto di una discriminazione istituzionalizzata e tradizionale. 


Per concludere, è evidente che la congiura contro la Siria comporta l’urgente necessità di smascherare questi lupi travestiti da agnelli; di dimostrare che il loro belare non fa che ripetere, in un linguaggio di “democrazia” e di “diritti dell’uomo”, il discorso ideologico delle Potenze imperialiste; e di mostrare che le fanfaronate degli spacconi dell’Intelligentsia araba, ridotti ad una banda di “funzionari” nelle anticamere delle ambasciate e dei praesides provinciae, non fanno altro che riflettere gli atti ridicoli e i continui fallimenti della guerra imperialista contro la Siria.

 

(1) http://amnesty-alpes.pagesperso-orange.fr/campagne/arabie/ar...
(2) 
http://amnesty-alpes.pagesperso-orange.fr/campagne/arabie/ar...

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