Siria, maggio 2013 - “Facciamo appello a tutte le forze democratiche (…) perché contrastino la sporca collaborazione tra AKP, partito al potere, e Al Qaida” (Appello del PKK, novembre 2012) (nella foto, miliziane curde dell'YPG)








Combattimenti tra jihadisti e curdi nel nord della Siria
11 morti nei combattimenti tra “ribelli” siriani e miliziani curdi ad Aleppo
Luc Michel (27.5.2013)


“Facciamo appello a tutte le forze democratiche (…) perché contrastino la sporca collaborazione tra AKP, partito al potere, e Al Qaida” (Appello del PKK, novembre 2012)


Sono ripresi i combattimenti tra gli jihadisti sostenuti da Ankara e le milizie curde del PKK. 11 ribelli siriani sono stati uccisi sabato sera nel nord della Siria nel corso di combattimenti con i ribelli curdi del Partito dell’unione Democratica  (PYD) (*), ramo siriano del Partito dei lavoratori del Kurdistan (il PKK, che è impegnato nella lotta armata nella stessa Turchia), ha riferito domenica una ONG.


“Combattimenti si sono svolti ieri sera a Aqaiba, nella regione di Ifrine, contro  elementi dei Comitati di protezione del popolo curdo (YPG), braccio armato del PYD, provocando 11 morti e 20 feriti” tra i “ribelli” siriani, ha precisato la medesima fonte.


Un elemento degli YPG di Aqaiba ha dichiarato all’AFP che “i combattimenti sono cominciati quando un gruppo armato della katiba jihadista Liwa al-Tawhid (vicina ai Fratelli mussulmani) ha invaso il nostro villaggio, pretendendo di assumere il controllo di un posto di blocco dell’YPG”. “Accusavano i combattenti dell’YPG di facilitare il passaggio degli abitanti di Nubel”, un villaggio a maggioranza sciita distante qualche chilometro e assediato dai “ribelli”.


Dopo il rifiuto dei combattenti curdi di ottemperare all’ordine, sono cominciati dei combattimenti nel corso dei quali un comandante jihadista e sei dei suoi uomini sono rimasti uccisi, secondo lui. Gli elementi di Liwa al-Tawhid hanno “bombardato da Ziyara per tutta la notte, poi la situazione si è calmata. Noi abbiamo avuto dei feriti”, ha detto.


Il conflitto tra jihadisti e curdi
Il 19 novembre 2012, alcuni jihadisti appartenenti ai gruppi islamisti Ghouraba al-Cham e al Fronte Al-Nosra (Al Qaida in Siria) avevano ucciso un eletto curdo locale, presidente del consiglio del popolo di Serekaniye, e questo aveva provocato una risposta forte da parte dello YPG.

Violenti combattimenti si erano svolti anche a fine novembre 2012 a Serekaniyé (Ras al-Ain) tra le forze curde del PKK e centinaia di combattenti delle katiba jihadiste giunti a bordo di tanks – precisa Azas News – dalla Turchia. Almeno 9 “ribelli islamisti” erano rimasti uccisi e 3 veicoli militari distrutti dalle forze curde che avevano considerato questo attacco come “un tentativo di occupazione del Kurdistan siriano da parte del regime turco”.


Ammassandosi alla frontiera, più di 300 combattenti dei gruppi paramilitari, come il Fronte al-Nosra e la brigata Ghouraba al-Cham, appoggiati dal governo islamista AKP turco, avevano lanciato questo attacco contro i Curdi a Ras al-Ain. Questo gruppi non erano riusciti a vincere la resistenza curda, nonostante il sostegno della Turchia. Di fronte alla violenta risposta delle forze curde, il combattenti delle katiba erano stati costretti a ritirarsi verso la frontiera turca.


“Ripuliremo la città curda (Ras al-Ain) da queste bande armate” aveva allora affermato all’agenzia di stampa curda Firat il comandante della brigata di Serekaniyé delle Unità di difesa del popolo (YPG), milizia curdo-siriana creata nel 2012.

Le forze curde avevano precisato di essere in possesso di immagini video che dimostravano la collaborazione dei gruppi armati con la Turchia.


I Curdi chiamano in causa direttamente il governo islamista turco
In un comunicato pubblicato il 20 novembre 2012, il partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), che lotta da 30 anni contro Ankara,  aveva fatto appello al popolo curdo affinché “scendesse nelle strade per impedire il passaggio dalla Turchia dei gruppi militari verso la città di Ras al-Ain”. Secondo il PKK, “il regime turco ha aperto un corridoio tra città come Antep, Mardin e Urfa fino ad Aleppo, per il passaggio degli assassini”.


“Lo Stato turco fa di tutto perché il conflitto siriano si trasformi in una guerra arabo-curda” aveva ancora dichiarato il PKK. “Noi rivolgiamo un appello a tutte le forze democratiche (…) perché contrastino la sporca collaborazione tra AKP, partito al potere, e Al Qaida”, aveva aggiunto l’organizzazione. Il movimento curdo aveva anche rivolto un appello al cosiddetto “Esercito Libero Siriano” (ELS) perché chiarisse la sua posizione nei confronti dei gruppi salafiti. “La Turchia si serve di questi gruppi. Noi consideriamo questo attacco come un tentativo di occupazione del Kurdistan occidentale (Kurdistan siriano) da parte della Turchia”, aveva ancora affermato il comandante dello YPG, Sipan Hamo, al canale curdo Ronahi TV.


Autodifesa curda e flessibilità strategica di Damasco
Lo Stato siriano si è ritirato dalle zone incontrollabili (al momento) e si concentra nella pulizia (dai ribelli) delle grandi città. La zona di frontiera con la Turchia, dove l’ESL e gli jihadisti beneficiano del sostegno diretto di Ankara, dell’AKP e della NATO, è diventata una zona grigia.


A questo punto, dal luglio 2012, le milizie curde hanno assunto il controllo totale di 6 città, con il tacito accordo di Damasco. Si tratta di Kobani (Ain al-Arab), Afrin, Amuda, Dirbassiyé, Til Temur e Derik. Solo due grandi e due piccole città restano sotto il controllo diretto di Damasco: rispettivamente Qamishli, Hassaka, Girké Legué e Tirbaspi. A parte la presenza dell’esercito siriano nelle caserme, anche queste quattro città sono amministrate da Curdi. Nel settembre 2012 venne costituita la prima brigata dell’YPG.


I partiti curdi rivali del PYD denunciano questa autonomia come un inganno, in quanto il Ba’ath avrebbe deciso, una volta di più, di lasciare spazio libero al PYD senza lottare. Accusano anche Damasco “ di essersi accordato con il PYD” perché “protegga le sue zone petrolifere, senza necessità di impiegare l’esercito siriano”. In modo che il governo di Damasco possa “rafforzare altri fronti”.

“Contro la Turchia, che fornisce un aiuto logistico ai ribelli dell’Esercito Siriano Libero, il regime di Bachar al-Assad ha riattivato la sua vecchia alleanza con i separatisti curdi del PKK”, commentava già Intelligence Online nell’aprile 2012.


“Il PYD viene considerato dall’opposizione siriana come un sostenitore del regime. Legami storici forti tra lo Stato siriano e il PKK, intessuti da Hafez el-Assad sarebbero stati infatti riesumati in occasione dell’attuale conflitto. Per poter concentrare le sue forze su Aleppo, Damasco e il resto de paese, Bachar el-Assad, le cui relazioni con la Turchia si sono recentemente deteriorate, avrebbe abbandonato alle forze del PYD, nell’estate 2012, la maggior parte delle zone curde situate a nord”, spiega un analista.


A metà aprile 2012, l’ESL lanciò un attacco contro la città curdo-cristiana di Qumishlo, controllata al 40% dalle forse governative, secondo il PYD, il resto dalle milizie curde, e in particolare contro il suo aeroporto.

Tutto ciò si svolge in una atmosfera di incertezza dei Curdi a proposito dei negoziati avviati tra l’AKP turca e la direzione curda del PKK. Un cesto di granchi reso ancora più complicato dalle rivalità tra partiti e milizie curde che si oppongono al PKK. Se Damasco dovesse ritirarsi completamente dal Kurdistan siriano (**), le milizie del PYD “cercheranno probabilmente di rendere il più possibile sicure le città e i villaggi curdi, vietandone l’accesso all’ESL. L’aborrimento unanime dei Curdi e dei Cristiani nei confronti delle milizie jihadiste creerà il necessario consenso”, analizza un esperto.


“L’obiettivo del PYD è dunque quello di conservare la sua influenza sul territorio, vietandone l’accesso all’ESL, mentre la Turchia avrebbe deciso di utilizzare alcuni gruppi armati affiliati all’opposizione siriana per minacciare la posizione del PYD, che si concentra subito dietro la sua frontiera meridionale”, riassumeva pertinentemente un analista a fine 2012. 



(*) Il Partito dell’Unione Democratica, il PYD (“Patiya Yekitiya Democrat, in Curdo), “ramo” siriano del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, il PKK (Partiya Karkeren Kurdistan). Il PYD si proclama oggi indipendente dal PKK


(**) Il Kurdistan siriano è costituito da tre enclave che non comunicano tra di loro e che Damasco ha abbandonato al PKK-PYD dal luglio 2012. Prima di tutto tutta la regione di Afrin a nord ovest di Aleppo, poi alcuni piccoli territori che sporgono dal Kurdistan turco (sotto la città turca di Urfa, la regione di Ras al-Ain, Amude, Hassaké); infine il “becco di anatra” della Djezireh, con la città di Kameshli, una città strategica – potendo essere collegata al Kurdistan iracheno – che Damasco continua a controllare direttamente

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