Crisi siriana, agosto 2013 - In una intervista esclusiva accordata a La Voix de la Russie, Thierry Meyssan, fondatore del Reseau Voltaire, spiega perché le dichiarazioni degli alleati occidentali sul conflitto siriano non saranno seguite da una vera operazione militare (nella foto, Thierry Meyssan)









La Voix de la Russie, 27 agosto 2013 (trad.ossin)



Intervista a Thierry Meyssan

Le minacce di intervento in Siria: un mezzo per mettere alla prova
 
Russia e Iran



In una intervista esclusiva accordata a La Voix de la Russie, Thierry Meyssan, fondatore del Reseau Voltaire, spiega perché le dichiarazioni degli alleati occidentali sul conflitto siriano non saranno seguite da una vera operazione militare



La Voix de la Russie:
Se gli Stati Uniti decideranno un intervento armato in Siria, la Francia potrebbe sostenerli? Perché?


Thierry Meyssan:
La Francia ha un atteggiamento assai codino nei confronti degli Stati Uniti. Se questi ultimi entreranno in guerra, la Francia, il Regno Unito e tutti gli altri alleati saranno certamente pronti a parteciparvi.


D’altronde la Francia ha già partecipato attivamente al conflitto fin dagli esordi, con l’invio di uomini armati e di consiglieri militari a sostegno dell’opposizione. Ma in seguito si è ritirata, rendendosi conto di non avere alcuna presa sul campo ed ha avviato l’intervento in Mali.


Tuttavia la Francia, come anche la Gran Bretagna, non ha alcun interesse proprio a partecipare a questo conflitto.


LVR:
La situazione, per come lei la vede in Siria, lascia presagire un imminente intervento armato?


T.M:
Tutti i media negli Stati Uniti sono concordi nel dire che un attacco ci sarà. The Times in Gran Bretagna dice che esso è già deciso: un attacco ci sarà dunque. Per il momento è molto più un effetto retorico e io non credo che l’obiettivo sia veramente di fare la guerra in Siria. Possiamo immaginare che vi saranno dei lanci di missili contro caserme vuote, delle cose puramente simboliche per mostrare la capacità di colpire la Siria, ma non un vero intervento.


LVR: Quale è il vero obiettivo di queste dichiarazioni da parte dei paesi occidentali?


T.M:
Io penso che il vero obiettivo sia di testare le reazioni di Russia e Iran. Per ciò che concerne la Russia, è chiarissimo. Non si lancerà certamente in una nuova guerra, ma sosterrà il regime siriano militarmente e per il tramite dei servizi di informazione.


Quanto all’Iran, cercherà di mobilitare i suoi alleati nella regione in modo da estendere il conflitto. Abbiamo già sentito Hezbollah o il Fronte Popolare di Liberazione della Palestina (FPLP) pronunciarsi sulla questione. Hanno detto che, se vi sarà un vero attacco occidentale contro la Siria, scoppierà una guerra regionale. E questa guerra potrà coinvolgere soprattutto Israele.


LVR: Questa situazione non sarebbe quindi troppo favorevole agli Stati Uniti?


T.M:
Sì, sarebbe un errore strategico gravissimo per il governo USA estendere il conflitto ad una zona troppo più ampia di quella che è in grado di controllare.


LVR: A breve termine,  secondo lei, come evolverà la situazione in Siria?

T.M: Io penso che gli Stati Uniti si prenderanno qualche giorno prima di chiarire la loro posizione. Il tempo che gli osservatori dell’ONU consegnino il loro rapporto. Questi osservatori mi sembrano onesti, non penso che inventeranno che l’esercito siriano ha bombardato con armi chimiche.


Bisogna che prima di tutto verifichino se vi sia stata effettivamente una utilizzazione di armi chimiche. Perché le immagini diffuse dall’opposizione non lo provano affatto. Ma anche se scopriranno che l’uso vi è stato, gli osservatori potrebbero concludere che esse non sono state utilizzate né dall’esercito governativo, né dall’esercito siriano libero. Il gas potrebbe essere stato utilizzato da una terza parte: i terroristi che tutti denunciano. Una simile conclusione potrebbe far calare la tensione intorno al problema siriano.


LVR: Quale sarebbe secondo lei il miglior mezzo per risolvere la crisi?


T.M:
La crisi siriana cesserà nel momento in cui i combattenti stranieri cesseranno di arrivare nel paese. C’è un flusso permanente di combattenti jihadisti che arrivano in Siria. E’ un traffico immenso molto bene organizzato, principalmente proveniente dai paesi mussulmani, ma non solo. Solo nei pressi di Damasco, essi sono quasi 25.000.


Io penso che i paesi europei potrebbero essere indotti a cambiare il loro punto di vista modificando l’obiettivo. Avvenimenti assai più gravi si verificano attualmente in Egitto. 

 

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