Crisi Siriana
C… come Cameron, come Chirac
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Mondialisation.ca, 11 settembre 2013 (trad.ossin)
La decisione inglese di non intervenire in Siria e l’accordo Sykes-Picot
C… come Cameron, come Chirac
Fida Dakroub
Cenni di carattere generale
Aizzare i gruppi etnici e religiosi gli uni contro gli altri, gli Arabi contro i Persiani, i Curdi contro gli Arabi, i mussulmani contro i cristiani, i sunniti contro gli sciti, usare gli uni per opprimere gli altri, e in questo modo assicurare i loro interessi strategici in Oriente e la razzia delle risorse naturali e petrolifere della regione; questi sono stati l’arte e le opere delle Potenze occidentali e dei loro consoli e diplomatici nel Vicino Oriente, dal XIX secolo ai nostri giorni.
David Cameron alla Camera dei Comuni
Esamineremo in primo luogo il parallelismo tra la decisione inglese di non intervenire in Siria e l’opposizione francese all’invasione dell’Iraq nel 2003. Un secondo articolo riguarderà le conseguenze della scoperta di nuovi giacimenti di gas e petrolio nel Mediterraneo, tra Cipro, Siria, Turchia, Grecia, Libano e Israele. In un terzo articolo, analizzeremo i rapporti di forza consolidatisi nella regione dopo la sconfitta di Israele nella seconda guerra del Libano del 2006.
La non partecipazione della Gran Bretagna all’intervento militare in Siria
A una valutazione frettolosa, sembra che la Gran Bretagna si sia, in questo, distinta. Ma solo se si prendano in considerazione le due ultime settimane, durante le quali il Parlamento inglese ha respinto una mozione presentata dal primo ministro David Cameron che riguardava un intervento militare in Siria, col pretesto dell’uso di armi chimiche da parte dell’esercito siriano: “E’ chiaro che il Parlamento inglese non vuole saperne di un intervento militare. Ne prendo nota e il governo agirà di conseguenza”, ha dichiarato David Cameron dopo il voto, aggiungendo che “avrebbe rispettato la volontà della Camera dei Comuni” (1)
Infatti il primo ministro inglese, che si mostra pieno di coraggio in ogni occasione, non intende contrastare la volontà del popolo né quella della nazione – così come sono espresse dalle decisioni della Camera dei Comuni – non per impotenza, ma per amore e generosità, in quanto intende convincerci che “è meglio essere giusti piuttosto che ingiusti” (2) e che “il bene è quello che si ama per quello che è”, come dice Glaucone. (3)
Tuttavia le vere ragioni del voto della Camera dei Comuni che ha respinto l’intervento militare in Siria, e anche della decisione del primo ministro inglese, David Cameron, di “rispettare la volontà” della prima non si spiegano nel contesto della prima constatazione di Glaucone, cioè che “il bene è quello che si ama per come è”, quanto piuttosto nel contesto della sua terza constatazione, quando afferma che “il bene è ciò che si ama solo per le sue conseguenze”; in parole povere nel contesto dei rapporti di forza, degli accordi di spartizione coloniale e degli interessi strategici dei paesi coinvolti nella guerra contro la Siria; l’astensione di David Cameron di non intervenire non è espressione di rispetto per la democrazia, ma presa atto del bilancio di guadagni e perdite di un’avventura le cui conseguenze negative sarebbero state maggiori di quelle positive e il tasso di perdite più elevato dei guadagni.
Quattro interrogativi
Per capire la non partecipazione di David Cameron, bisogna ricordare la non partecipazione di Jacques Chirac all’intervento militare in Iraq del 2003. Occorre qui porre alcune questioni-chiave che potranno aiutarci a precisare il contesto delle due vicende:
1) Per quale ragione la Francia non ha partecipato all’intervento militare in Iraq, ma si precipita a organizzare una crociata contro la Siria nel 2013?
2) Quali erano i motivi per i quali Jacques Chirac – che la pace sia con lui – non volle galoppare con gli Statunitensi in Iraq? Ricordiamo che il signor Jacques Chirac ripeteva a tutti i suoi interlocutori – giornalisti o ospiti stranieri – “nulla giustifica oggi una guerra contro l’Iraq”; paragonava anche i 100 miliardi di dollari che sarebbe costata la guerra ai 100 milioni di dollari necessari per lottare contro l’AIDS in Africa; (4)
3) In quale contesto il signor Tony Blair – che il buon dio lo protegga dai talismani dei marabutti – si precipitò a “liberare” il popolo iracheno nel 2003, e a costruire “la pace, la prosperità e la democrazia” in Iraq – suggerirei a questo punto di consultare un buon dizionario degli antonimi – ma nel 2013 il suo successore, David Cameron, sembra più rispettoso della “volontà della Camera dei Comuni”?
4) Quale era l’interesse della Francia, a motivo del quale si impegnò prima nella FINUL dopo la prima invasione israeliana del Libano del 1978, poi nella Forza multinazionale di sicurezza a Beirut dopo la seconda invasione israeliana del Libano nel 1982, infine nell’aumento delle sue truppe in seno alla FINUL dopo la guerra del 2006 tra Israele e il Libano, mentre la Gran Bretagna restava fuori da tutte queste missioni di “pace”?
Certamente la risposta a tutte queste domande non è nella bonomia del signor Chirac, né nella cortesia del signor Cameron, ma in primo luogo negli effetti dell’accordo Sykes-Picot (5) del 1916, che smembrò le province arabofone orientali dell’Impero ottomano tra zone francesi e zone inglesi; in secondo luogo nelle recenti scoperte di gas nel Mediterraneo orientale; in terzo luogo nei rapporti di forza consolidatesi nella regione dopo la sconfitta di Israele nella seconda guerra del Libano del 2006.
Lo smembramento delle province arabofone orientali dell’Impero ottomano
Quello che vogliamo qui precisare è l’importanza di un avvenimento storico assai significativo nella storia del Vicino Oriente e le sue conseguenze sugli attuali avvenimenti in Siria. Come testimoniato dalla carta geopolitica del Vicino Oriente, le frontiere degli Stati attuali furono tracciate nel pieno della Grande Guerra (1914-1918), secondo una spartizione coloniale, frutto di diversi accordi e trattati imposti dalla Francia e dalla Gran Bretagna, le due grandi potenze colonialiste dell’epoca; in particolare l’accordo Sykes-Picot (1916), la Dichiarazione Balfour (1917), La Conferenza della Pace (1919), il trattato di Sevres (1920) e il trattato di Losanna (1923). Le due grandi potenze imperialiste dell’epoca ridisegnarono le frontiere interne ed esterne delle province arabofone orientali dell’Impero ottomano secondo il loro propri interessi coloniali, e non secondo gli interessi dei popoli conquistati (evidentemente). Queste province furono spartite in zone francesi e zone inglesi.
1. Zona francese di amministrazione diretta formata dall’attuale Libano e dalla Cilicia (parte meridionale della penisola anatolica)
2. Zona araba A, di influenza francese, comprendente il nord dell’attuale Siria e la provincia di Mosul (nell’Iraq attuale);
3. Zona inglese di amministrazione diretta, formata dall’attuale Kuwait e dalla Mesopotamia;
4. Zona araba B, di influenza inglese, comprendente il sud della Siria attuale, la attuale Giordania e la futura
Palestina mandataria;
5. Zona di amministrazione internazionale, comprendente San Giovanni D’Acri, Haifa e Gerusalemme. L’Inghilterra ottenne il controllo dei porti di Haifa e Acri (6).
Oggi, a un secolo dall’accordo di Sykes-Picot, il Vicino Oriente continua a subire gli effetti e le conseguenze della spartizione coloniale, a onta dei discorsi filantropici dei capi di Stato occidentali e in spregio degli intenti di “liberazione” dalle dittature del mondo arabo. A cento anni dall’accordo di Sykes-Picot, la Francia si mostra ancora più colonialista che mai, e il suo discorso più umanista che mai.
Il ministro degli esteri francese, Dominique de Villepin
all'ONU nel 2003
C… come Cameron, come Chirac
Tenendo conto dunque del dato storico dell’accordo di Sykes-Picot, cerchiamo di comprendere la non partecipazione del signor Chirac all’invasione dell’Iraq del 2003 e quella del signor Cameron all’attacco contro la Siria del 2013. Ci sembra più ragionevole pensare che il signor Chirac abbia preso la sua posizione sull’Iraq, non per amore del bene per quello che è – “come i lupi amano gli agnelli” (Platone, Fedro) – ma per una scelta prudente di non intervenire in una zona della spartizione coloniale dove si trovano più cani che ossi; ciò vuol dire che l’Iraq non fa parte della fetta del saccheggio coloniale assegnata alla Francia dall’accordo di Sycot-Picot, ma della fetta di saccheggio coloniale assegnata alla Gran Bretagna. Inoltre, dal punto di vista linguistico, l’Iraq non appartiene alla zona di controllo e di influenza francofona nel Vicino Oriente, che comprendeva il Libano e la Siria (7); ciò che vuol dire che i Francesi non avevano grandi interessi né privilegi nel saccheggio coloniale di questo paese, tanto da spingerli a galoppare alla “liberazione” di esso dal suo tiranno Nabucodonosor Saddam Hussein. Per contro, gli Inglesi si considerano eredi legittimi del furto e del saccheggio dell’Iraq; legittimità accordata loro dall’accordo di Sykes-Picot.
Per quanto riguarda la non partecipazione della Gran Bretagna all’intervento militare contro la Siria e la precipitazione della Francia a organizzare una nuova crociata, è inversamente proporzionale alla non partecipazione francese e alla precipitazione inglese alla vigilia dell’invasione dell’Iraq nel 2003. La Francia considera il Libano e la Siria come propria zona di influenza, perfino di saccheggio coloniale; di conseguenza la Gran Bretagna non vede i suoi interessi minacciati direttamente in questa regione che costituisce storicamente una zona di influenza francese, dunque un intervento militare non appare così urgente in un simile contesto. E’ utile, in questo senso, considerare l’accordo di Sikes-Picot (1916) e il trattato di Sevres (1920) per farsi un’idea più chiara della spartizione e del saccheggio coloniale del Vicino Oriente.
Ebbene, l’influenza francese nella regione ha subito tre perdite nella seconda metà del XX° secolo: una prima perdita nel 1963, con l’arrivo al potere del partito Baas in Siria, che ha portato alla uscita di questo paese dalla zona di influenza francese; una seconda perdita, con gli attentati del 23 ottobre 1983 che colpirono il contingente francese e statunitense a Beirut; una terza perdita, con l’invasione delle regioni cristiane del Libano da parte dell’esercito siriano il 13 ottobre 1990 e la messa del paese sotto la cappa del presidente siriano Hafez el Assad in piena guerra del Kuwait. In altri termini la Francia coloniale, non riuscendo a digerire l’infamia causata dalla perdita delle sue zone di influenza nel Vicino Oriente, cerca non tanto di punire il presidente Bachar el Assad, ma di punire la Siria e il popolo siriano, tentando di collocarlo nuovamente sotto il suo mantello coloniale tricolore. E’ in questo contesto che si spiega la non partecipazione di Cameron all’intervento militare in Siria, in parallelo con la non partecipazione di Chirac all’intervento militare in Iraq nel 2003. E’ un C…. come Cameron, come Chirac
(segue)
Note :
[1] En direct : le Parlement britannique ne veut pas d’une intervention en Syrie. (29 agosto 2013) Libération.
[2] All’inizio del dialogo tra Trasimaco e Socrate, il primo dice : « Ti accontenti, Socrate, del fatto che sembri solo che tu ci abbia convinto, o vuoi persuaderci veramente che, in ogni caso, è meglio essere giusti che ingiusti ». Platone. La Repubblica
[3] Glaucone di Atene (~409 – ~389 A.C.) è un filosofo e musicista, allievo di Socrate e fratello più giovane di Platone. E’ uno dei principali interlocutori di Socrate nella Repubblica di Platone, soprattutto nel Libro II. Egli distingue tre tipi di bene : quello che si ama per come è, quello che si ama per come è e per i suoi effetti, e infine quello che si ama per i suoi soli effetti
[4] Pégard, C. (14. 2. 2003). Chirac-Bush : la crise . Le Point.
[5] Dopo un lavoro preparatorio epistolare di diversi mesi tra Paul Cambon, ambasciatore francese a Londra, e Sir Edward Grey, segretario di Stato al Foreign Office, l’accordo Sykes-Picot venne concluso tra Francia e Regno Unito, tra Sir Mark Sykes e François Georges-Picot, il 16 maggio 1916. Esso prevedeva una imminente spartizione del Levante e della Mesopotamia ; più precisamente la regione compresa tra il mar Nero, il mar Mediterraneo, il mar Rosso, l’oceano indiano e il mar Caspio, all’epoca parte integrante dell’Impero ottomano. Fonte : Dakroub, Fida. (22 maggio 2012). Les facteurs géopolitiques de la guerre impérialiste contre la Syrie : l’’ancien ordre du Moyen-Orient. Su Mondialisation.ca.
[6] Laurens, Henry. (2003, aprile). Comment l’Empire ottoman fut dépecé. Le Monde diplomatique , pp. 16 – 17.
[7] Il Libano è un paese membro dell’Organizzazione internazionale della Francofonia. La presenza francofona vi era onnipresente prima della guerra civile (1975 – 1990). Il francese è la seconda lingua ufficiale del Libano dopo l’arabo. In Siria, il francese era assai diffuso prima dell’avvento al potere del partito Baas nel 1963 e l’avvio di una politica di arabizzazione dell’educazione e dell’insegnamento.