Crisi Siriana
La minoranza curda nella crisi siriana
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Analisi, gennaio 2014 - Per approfondire la realtà della situazione in Siria, può essere utile comprendere le posizioni delle minoranze del paese, il loro ruolo e le loro scelte all’interno del drammatico contesto di violenza dispiegata nel paese, ma anche nel quadro storico della società siriana
La minoranza curda nella crisi siriana
Enrico Vigna
I curdi sono circa il 9% della popolazione in Siria, stimati in circa 2 milioni di persone; sono la più grande minoranza etnica del paese. Sono concentrati prevalentemente nel nord e nel nord-est, ma anche ad Aleppo e Damasco sono presenti significative comunità curde.
La storia della minoranza curda in Siria e’ passata attraverso diverse fasi, alcune positive e di accordo armonioso con la dirigenza del Partito Baath, altre di forti e anche dure contraddizioni, in alcuni momenti perfino tragiche. E' passata da momenti di dure repressioni e limitazioni anche di diritti, ad altri caratterizzati da sostegni concreti alla lotta di liberazione dei curdi turchi del PKK; per esempio Abdullah Öcalan, leader storico del popolo curdo, ha vissuto, protetto dal governo Baath, per più di venti anni in Siria (dal 1979 al 1998), e ciò gli ha permesso di sviluppare e rafforzare il movimento di liberazione curdo nelle sue strategie e nella loro organizzazione. Durante gli anni 1980 e 1990, il PKK operava liberamente in Siria, che fu una specie di territorio libero per i militanti del PKK. Si stima che circa il 20% dei combattenti del PKK hanno la cittadinanza siriana. Dalla fine degli anni '70 fino al 1998, il regime baathista di Hafez Al Assad ha tenuto di fatto una alleanza strategica con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan ( PKK); fu con il sostegno di Damasco che il PKK fondò la sua Accademia Mahsum Korkmaz nella Valle della Bekaa libanese nel 1986, poi spostata alla periferia di Damasco nel 1993.
Poi, sotto le pressioni e i ricatti internazionali, per evitare un confronto armato con la Turchia che sarebbe risultato devastante per la Siria, il governo di Assad dovette firmare un trattato di sicurezza con la Turchia, noto come Accordo di Adana, in base al quale la Siria dovette dichiarare il PKK come un’organizzazione terroristica, vietando le sue attività e quelle dei suoi militanti, bloccando la fornitura di armi, materiali logistici e denaro per il PKK sul territorio siriano. Questo costrinse Ocalan e le forze del PKK ha lasciare il paese, spostando le basi.
Con la nuova dirigenza di Bashar al Assad, nell’estate del 2000, si aprì una fase di aperture, tolleranza e disgelo tra governo e curdi, venne rimosso gran parte dell'apparato di sicurezza dello Stato dalle regioni curde e ordinato ai funzionari del Baath di incontrarsi e confrontarsi con i leader dei partiti curdi, i quali avanzarono nuove richieste in termini di incremento dei diritti culturali e politici. Ma, nel marzo 2004, la situazione precipitò nuovamente a causa una dura repressione senza precedenti, seguita a manifestazioni di piazza sfociate in scontri; il comandante della citta’ diede una risposta spropositata che provocò trentadue morti, centinaia di feriti e 2.000 arresti. Fu aperta un inchiesta, decisa dal governo centrale di Damasco, che portò all'apertura di un processo, e alla condanna, del responsabile delle forze di sicurezza locali. Entro la fine del 2004, la maggior parte dei 2.000 detenuti fu rilasciato ed i 312 restanti furono amnistiati e liberati nel marzo 2005.
Le relazioni sono riprese in occasione della guerra della NATO contro la Siria dal 2011. Il ramo siriano del PKK , il PYD, costitusce la prevalente forza di difesa nelle regioni curde del nord della Siria . Ci sono stati scontri occasionali tra milizie e l' esercito siriano PYD ma prevale l'unità contro le bande mercenarie salafiti sostenuti dalla Turchia, nemico comune di Siria e della causa curda . Il governo siriano consente l'azione politica da parte del PKK nelle regioni curde e autorizza la presentazione di candidati alle elezioni locali. Nella città la popolazione Daerik elegge un sindaco vicino PYD - PKK .
Nell’attuale fase di crisi, i curdi, inizialmente divisi tra una minoranza “interventista” (che ha nel gruppo “ Movimento del Futuro”, nato nel 2005, la fazione piu’consistente, seppur poco influente) e la stragrande maggioranza “attendista”, e refrattaria a entrare attivamente nella sovversione contro il governo di Assad (sono stati 11 i partiti curdi che non hanno aderito al CNS), si sono trovati ad ottenere per la prima volta una sorta di autonomia di governo nelle loro zone, fin dall’inizio degli scontri di due anni e mezzo fa. Infatti il Presidente siriano e la dirigenza baathista, per evitare il coinvolgimento curdo nello scontro sui confini nord-orientali, avevano proposto ai curdi di lasciar loro il controllo sia amministrativo, con loro esponenti inseriti nei governi locali del territorio, che militare, fornendo loro anche armamenti per le loro milizie oltre ad una integrazione di intelligence e logistica contro i terroristi.
Il Partito dell’Unità Democratica (PYD) che e’ il partito piu’ forte e influente della comunità siriana curda, ha preso al volo quest’occasione storica per migliorare e accrescere le prospettive di sviluppo della minoranza locale; un balzo in avanti storico per questa popolazione che da decenni chiede e si batte per maggiori diritti e autonomia.
La zona orientale del Paese è stata a lungo un’area saldamente controllata dall’esercito governativo con il tacito consenso della popolazione locale, poi dopo continue infiltrazioni di bande terroriste e jahdiste, con attacchi e attentati contro gli abitanti e i civili, soprattutto curdi, il 12 luglio 2012 è stato stipulato un accordo tra le varie formazioni curde, in particolare tra il Consiglio Nazionale Siriano Curdo (CNSC) e il Partito PYD, ramo siriano del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), col quale si è delineata una linea comune che prevede la collaborazione tra i diversi gruppi per la difesa della popolazione locale. L’opposizione armata del Consiglio Nazionale Siriano (CNS) e del cosiddetto Esercito Libero Siriano (ELS) accusano i curdi di essere alleati e collaborazionisti del governo siriano, anche perché l’esercito arabo siriano consegna di fatto le sue basi alle milizie curde, le Unità di Difesa del Popolo (YPG), lasciando alcuni ufficiali come assistenti militari; l’8 aprile 2011, dopo qualche settimana dall’inizio delle rivolte, il Presidente siriano aveva già concesso la cittadinanza ai curdi della regione nord orientale dell’Hasake, fino a quel momento registrati come stranieri.
Da questo momento sono cominciati anche in questa regione gli assalti dispiegati da gruppi di jihadisti.
La Turchia si è violentemnte irritata per questa mossa di Damasco, perché il problema curdo é una sua spina nel fianco e ha dichiarato la volontà e l’obiettivo di schiacciare anche i curdi siriani, temendo che, nella confusa situazione siriana, potrebbe nascere uno stato dei curdi siriani che potrebbe poi unirsi ai curdi della Turchia. E' cominciato un intenso lavoro di provocazioni da parte di agenti turchi, statunitensi e israeliani, e una violenta campagna diffamatoria contro il PYD per sottrargli il consenso della comunità siriana curda, che però è fallito. Così si sono intensificate le i infiltrazioni e gli attacchi delle bande criminali qaediste che, sotto la direzione dei Servizi turchi, hanno attaccato le città del Kurdistan occidentale. I quartieri curdi di Aleppo sono stati bersaglio di queste bande nell’ottobre del 2012 e trenta curdi sono rimasti uccisi negli attacchi. Le bande di terroristi, supportate dalla Turchia, hanno lanciato attacchi senza sosta anche contro la città di Efrin e i suoi dintorni. Successivamente è risultato che anche due partiti curdi, il Partito democratico curdo (PDK-S/Al-Parti) e il Partito dell’Unione Libertà (Azadi), aderenti al CNS, avevano partecipato ad attacchi contro curdi nelle città di Aleppo e Efrin. A novembre, gruppi armati aventi base in Turchia, hanno cominciato ad attraversare il confine a Serêkaniyê, dichiarando di essere gruppi dell’opposizione siriana venuti a combattere le truppe governative, ma in realtà lo scontro era con i curdi, in quanto non vi erano più truppe governative nell’area. Il 13 febbraio 2013 i gruppi armati legati all’ESL hanno attaccato la città di Tiltemir, dove vivono insieme e in pace curdi, arabi e assiri, provocando morti e feriti ma subendo anche una dura reazione da parte delle forze dell’ YPG, le milize del PYD.
Muslim, uno dei leader curdi del PYD, in alcune interviste ha rilasciato dichiarazioni subito bollate dai media turchi e dei paesi aggressori della Siria (Qatar, Arabia Saudita e USA in primis) come prova dell’alleanza segreta con Damasco; in una intervista ad Al Monitor egli ha affermato: “I curdi siriani non vogliono l’indipendenza e nemmeno una struttura federale simile a quella del Kurdistan iracheno. Vogliamo solo il piu’ ampio riconoscimento dei nostri diritti politici e culturali e vogliamo governare la nostra regione. Siamo parte della Siria e vogliamo vivere in buone relazioni con gli Arabi…”. Nell’intervista egli aggiungeva che i curdi non hanno alcun interesse a scontrarsi con Assad, concludendo:“Che cosa è questa che chiamano Opposizione? Sono a pezzi, si saltano alla gola a vicenda. Se quelli che combattono in Siria non riconoscono quelli in giacca e cravatta che siedono a Istanbul come i loro legittimi rappresentanti, perché dovremmo farlo noi?”
I terroristi ribelli dichiarano guerra ai curdi della Siria
Gli scontri continui tra ribelli e combattenti curdi sono culminati in una dichiarazione di guerra nella regione di Efreen, vicino ad Aleppo, nel nord della Siria. L'intensificarsi degli scontri nel nord della Siria è avvenuto in un contesto di grande confusione tra i gruppi armati ribelli della Siria; è stata annunciata la diserzione di un intero Battaglione del cosiddetto ELS ( Esercito Siriano Libero) che si è rifiutato di attaccare i curdi. Con i gruppi di insorti, ad Aleppo e in altre parti del paese, sempre più sotto la pressione dall’esercito arabo siriano che sta avanzando, l'assenza totale di una piattaforma politica e di una reale progettualità, la dichiarazione contro i curdi non può essere una sorpresa.
Il 4 maggio, sono stati segnalati scontri violenti tra i curdi delle Unità Kurde di Difesa ( YPG ) (curdo : Yekîneyên Parastina Gel) e combattenti ribelli (tra cui Jabhat al- Nusra ) nella provincia di Al-Hasakah. Molte riprese video sono state successivamente mostrate per fare vedere che una serie di gruppi armati curdi (ad esempio Libertà del Kurdistan, Falcons) si erano uniti sotto la bandiera della YPG, in un contrattacco coordinato contro i terroristi che attaccano le aree curde per occuparle, durante la crisi che sta attanagliando il Paese .
I rapporti segnalano che all'inizio del mese, gruppi arabi in Til Temir venivano armati e spinti da vari esponenti del cosiddetto ESL ( FSA), a confrontarsi con i gruppi curdi. Til Temir è una piccola città di curdi, ma abitata anche da arabi e assiri, situata sulla strada tra Sere Kaniyê e Al-Hasakeh. Gli attacchi mordi e fuggi dei terroristi hanno provocato la morte di molti membri di YPG e di civili che vivono in Til Temir. Nonostante i ripetuti scontri, le forze di YPG sono riuscite a respingere i gruppi armati attaccanti.
Una dichiarazione firmata da circa ventuno gruppi armati, tra cui Liwa al- Tawhid , Stato islamico nel Levante e le Brigate Al- Furqan, facenti parte dell’ELS, hanno qualificato le "Unità Kurde di Difesa , YPG , come traditrici perché sono contro la nostra Jihad… ". L'obiettivo, secondo il comunicato, è " …quello del compimento del processo di purificazione globale della Siria…", e della liberazione dal " PKK e dagli Shabiha ". La dichiarazione è stata pubblicata dal " Fronte di Liberazione Islamico Siriano ", una coalizione di gruppi islamisti radicali, parte dell' ombrello del "Esercito Libero Siriano "(negli ultimi mesi molti di questi gruppi hanno formato questo fronte, su basi programmatiche qaediste e jahdiste), pur essendo in disaccordo con la sua leadership, che accusano essere assente perché basata per lo più al di fuori del paese.
Comunicato del “Fronte di liberazione Islamico Siriano”, 27 maggio 2013
Ifreen (in Kurdo: Efrîn o Afrîn, in Arabo: عفرين) è una regione nella provincia di Aleppo con una popolazione di circa 500.000 abitanti, con una città così chiamata, di circa 80.000 abitanti).
Il 6 giugno i curdi siriani hanno chiamato in loro appoggio l'Esercito Arabo Siriano per interrompere l'assedio imposto da bande armate intorno ai loro villaggi nelle campagne a nord di Aleppo, in particolare nella zona di Efreen, secondo il quotidiano siriano al-Watan le formazioni curde armate sono pronte a collaborare con l’Esercito Arabo Siriano per ripulire l'area dai ribelli e mercenari stranieri.
Il 4 novembre le milizie curde hanno definitivamente sconfitto e cacciato le bande wahabite facenti parte dell’ELS da 19 città e villaggi nel nord-est della Siria, nonostante i disperati sforzi dello Stato Islamico in Iraq e del Levante e del Fronte Al- Nusra, i gruppi integralisti legati ad Al Qaeda, di riconquistarli, i Comitati di Protezione del Popolo Curdo hanno preso il controllo di tutta l’area dell’Hasake e dello strategico, militarmente, punto di Yaarubiyeh al confine con l'Iraq, che è un punto di transito fondamentale per le armi e dei combattenti wahabiti che effettuano attacchi in entrambi i paesi.
Il 10 novembre 2013, favoriti dalla riuscita sconfitta e cacciata delle forze jihadiste nelle ultime settimane, i curdi nel nord-est della Siria hanno annunciato la formazione di una autorità autonoma provvisoria, che avrà una amministrazione autonoma regionale .
"Oggi è un giorno importante nella storia del popolo curdo ", ha detto Shirzad Izidi , un portavoce del Consiglio Popolare Kurdo Siriano del Kurdistan occidentale. La nuova autorità di transizione è stata costituita dal Partito Democratico Unione ( PYD ) e altri gruppi minori, ma non sottoscritta dal Consiglio nazionale curdo ( KNC ) e dagli altri Partiti curdi legati all’opposizione armata del CNS.
Donne curde della Siria formano il primo Battaglione Femminile
Per la prima volta in Siria, nel febbraio 2013, 150 donne curde hanno istituito il primo battaglione esclusivamente femminile, nella provincia settentrionale di Aleppo, che è stata interessata da combattimenti tra i più intensi fin dall'inizio dei tumulti siriani nei primi mesi del 2011.
La notizia arriva da un comunicato mentre è noto che donne siano gia’ state impegnate in combattimento nella milizia curda, è la prima volta che hanno formato una propria unità di combattimento. Molte fotografie stanno circolando su internet e mostrano donne in divisa durante l'addestramento o in posizione di difesa di villaggi o zone liberate dai mercenari jahdisti.
La città dove il battaglione ha avuto origine è Afrin, che alla fine del 2012 è stato scenario di combattimento tra le unità curde e le milizie islamiste che combattono il governo del Presidente Bashar al Assad e dove anche molte donne rimasero uccise dalle forze qadiste dei ribelli.
Onore ai miliziani curdi caduti combattendo contro i terroristi di Al Qaeda-CIA
LA “TERZA VIA” DEI KURDI DELLA SIRIA E LA CONFERENZA DI GINEVRA
Il 9 ottobre scorso Hassan Muhammad Alì, responsabile degli Esteri del principale partito Kurdo della Siria, il PYD (Partito di Unità Democratica), ha esposto in una pubblica conferenza a Roma la situazione delle zone kurde del paese e le aspirazioni politiche di questa minoranza etnica che rappresenta circa il 10% della popolazione della Siria. Altre interessanti informazioni erano contenute nell’opuscolo edito a Bruxelles del KNK (Congresso Nazionale del Kurdistan), tradotto in italiano a cura dell’UIKI che è l’ufficio di informazione dei Kurdi in Italia.
I Kurdi della Siria sono concentrati nel Nord del paese in una striscia che si estende lungo i 700 Km della frontiera con la Turchia. Questa zona è chiamata dai Kurdi Kurdistana Rojava, ovvero Kurdistan Occidentale, mentre l’adiacente zona kurda della Turchia, dov’è concentrata la maggior parte di questo popolo è chiamata Kurdistan Settentrionale e la zona kurda verso Sud-Est, posta all’interno dell’Iraq è chiamata Kurdistan Meridionale. Quartieri kurdi isolati sono presenti anche all’interno delle città di Aleppo e Damasco.
Fin dal luglio del 2011, approfittando dello scoppio della guerra civile in Siria, e del ritiro dell’esercito nazionale siriano dal Nord, gli autonomisti kurdi hanno esteso il loro controllo su gran parte delle tre principali zone kurde: la zona di Cizre ad Est, ricca di petrolio e di grande importanza strategica in quanto posta all’incrocio delle frontiere di Turchia, Iraq e Siria; la zona di Kobanè, posta al centro presso il fiume Eufrate, e la zona di Efrin posta ad Ovest. Vi erano stati in passato alcuni scontri tra autonomisti Kurdi ed esercito siriano già negli anni precedenti la crisi attuale (nel 2004) e all’inizio della crisi del 2011, ma poi l’esercito si è ritirato in pratica senza combattere lasciando ai Kurdi la possibilità di creare l’autogestione del territorio definita “autonomia democratica”, cui partecipano anche minoranze Arabe, Assire, Armene.
E’ stata creata una forza di difesa (YPG) e formata un’Assemblea Nazionale Kurda per la Siria (ENKS), cui partecipano oltre al PYD altri 15 partiti minori. Sul piano internazionale è stato creato un Alto Consiglio Kurdo cui partecipano anche Kurdi dell’Iraq e della Turchia.
Il PYD è un partito nazionalista ma di tendenze marxiste-leniniste, come l’omologo partito della Turchia PKK (Partito dei Lavoratori Kurdi), e riconosce l’autorità di Abdullah Ocalan, la cui effige era ben presente durante la conferenza. Il rappresentante del PYD ha tenuto a precisare che al primo posto nei programmi del partito sono l’istruzione (anche in lingua kurda), l’emancipazione e la partecipazione attiva delle donne, e la difesa della laicità dello stato. Quindi il PYD, pur impegnato in quella che è stata definita una “terza via” tra il nazionalismo arabo rappresentato dal partito Baath e i gruppi di opposizione islamica, oggi considera come suo nemico principale i gruppi Jahadisti e legati ad Al Queda cui nega il passaggio attraverso il suo territorio.
Di conseguenza si sono intensificati gli scontri con i gruppi armati che intendono creare un califfato islamico in Siria. Dietro questi gruppi agisce la Turchia, dai cui confini affluiscono le bande armate che tentano di destabilizzare la Siria.
Per isolare e piegare la resistenza degli autonomisti Kurdi della Siria, considerati come un’emanazione del PKK di Ocalan che conduce da 20 anni una guerriglia autonomista in Turchia, la Turchia stessa ha svolto sia un’azione diplomatica che economica e militare. Sul piano diplomatico la Turchia ha fatto pressioni sui partiti kurdi dell’Iraq, in particolare sul PDK (Partito Democratico Kurdo) che fa capo al clan Barzani, e sul partito Azadi (Unione per la Libertà), partiti in cui sono forti le influenze turche, statunitensi ed israeliane avendo queste formazioni partecipato alla guerra contro Saddam Hussein. Il ministro degli Esteri turco Davutoglu, recatosi ad Erbil, capoluogo del Kurdistan iracheno, ha ottenuto che il PDK fosse invitato a Doha nel Qatar nell’ambito degli incontri dell’opposizione siriana, mentre il PYD veniva escluso, così come il gruppo dell’ex comunista Mennaa. Addirittura, nonostante il fatto che PYD e PDK facciano parte entrambi dell’Alto Consiglio Kurdo, i Kurdi iracheni di Barzani dal maggio del 2013 partecipano all’embargo economico imposto dalla Turchia contro le zone kurde della Siria, embargo attuato persino mediante l’elevazione di un muro che separa la città kurdo-siriana di Qamishlo da quella turco-kurda di Nusaybin, che formano un’unica conurbazione. Vi sono stati persino scontri armati tra militanti del PYD e quelli del PDK e di Azadi, alleati di fatto con i gruppi Jahadisti ed i Turchi. Nonostante questi scontri, I Kurdi siriani continuano ad invocare l’unità di tutta la nazione kurda, contando anche sulla vicinanza ideologica e politica con il PKK della Turchia.
Sul piano militare, bande jhadiste sostenute dai Turchi hanno attaccato in forze nell’ottobre del 2012 la zona di Efrin ed i quartieri kurdi autogestiti di Aleppo. In novembre è stata attaccata la zona di Cizre. Gli attaccanti sono stati sempre respinti e sono stati costretti ad accettare una tregua, ma poi sono tornati all’attacco nel 2013 con l’aiuto di soldati turchi e jahadisti stranieri. Tre militanti di Al Queda tunisini catturati hanno confessato di essere passati attraverso la Turchia con il pieno appoggio delle autorità turche. Gli attaccanti, definiti da Hassan “gruppi barbarici” che distruggerebbero l’intera Siria in caso di vittoria, e non solo la zona kurda, e comprometterebbero per sempre l’equilibrio pacifico tra le 17 confessioni ed etnie che finora ha caratterizzato il paese, hanno ucciso o rapito centinaia di civili kurdi o di altre etnie, ma infine sono stati nuovamente respinti.
Alla fine il rappresentante del PYD ha sottolineato che i Kurdi aspirano all’autonomia ed al riconoscimento dei loro diritti all’interno di uno stato siriano rinnovato, pluralista, laico e democratico. Per questo sono pronti a sedersi ad un tavolo di trattative con i rappresentanti del governo ed a partecipare all’annunciata Conferenza di Ginevra cui sono stati ufficialmente invitati dalla Russia, di cui approvano la politica di pace. Gli USA propongono invece di invitare come rappresentante dei Kurdi l’ex presidente del Consiglio Nazionale Siriano ed ex comunista Seyda, personaggio di cui la comunità Kurda non si fida minimamente per la sua compromissione con l’opposizione jahadista, mentre non ha una cattiva opinione dell’altro ex comunista Mennaa, che risulta anche lui ora completamente emarginato nell’ambito della cosiddetta opposizione. -
A cura di Enrico Vigna per Siria Notizie - Dicembre 2013