Crisi Siriana
Crisi siriana, e poi?
- Dettagli
- Categoria: crisi siriana
- Visite: 3554
Alt-market, 7 ottobre 2015 (trad. ossin)
Crisi siriana, e poi?
Brandom Smith
La crisi siriana e lo scontro di interessi in corso erano assolutamente prevedibili. Già nel 2010, ho scritto un articolo sul mio vecchio sito, dove descrivevo il potenziale della Siria come catalizzatore ideale per un conflitto mondiale. L’articolo era intitolato “I mondialisti vogliono scatenare un’altra guerra mondiale?”.
In esso, riassumevo l’ambigua storia delle guerre fabbricate nel corso del secolo scorso, ivi comprese le operazioni sotto falsa bandiera e falsi paradigmi, montate dai mondialisti per dividere le nazioni e i popoli e metterli gli uni contro gli altri. Questa strategia della guerra fabbricata – che va di pari passo con il disastro economico, anch’esso fabbricato – è stata usata più e più volte dalle élite per creare artificialmente il caos e su di esso consolidare e centralizzare un nuovo potere, mentre le masse erano accecate dalla confusione.
Anche all’epoca, il vero problema in Siria mi sembrava evidente:
“C’è Israele, che ha l’arma nucleare e una voglia matta di attaccare l’Iran. L’Iran a sua volta ha stretto un patto di amicizia in funzione anti-israeliana con la Siria. C’è poi la Siria con armi e basi della marina russa sul suo suolo e ci sono gli Stati Uniti scatenati in Medio Oriente, che sconfinano in Pakistan e in Yemen e, globalmente, rompono il cazzo a tutti. Quello che abbiamo di fronte è una ricetta mondialista per il disastro, che utilizza gli stessi ingredienti che sono stati usati nelle ultime grandi guerre…”
Soltanto un anno dopo, scrivevo un articolo sugli esordi dell’insurrezione civile in Siria, partendo dal “movimento di protesta Daraa”, aiutato dalle agenzie di informazioni segrete, ivi compresa la CIA.
Nel 2012, ho deciso di riesaminare la mia teoria originaria della Siria come possibile catalizzatore mondiale nel mio articolo “Siria e Iran, le tessere del domino che portano alla guerra mondiale”.
In questo articolo, ho sentito la necessità di fare il punto sulle tendenze presenti nella regione, e di dove esse avrebbero potuto portarci, e di come i mondialisti avrebbero potuto sfruttare qualsiasi scenario per fabbricare un falso conflitto tra Est e Ovest. Avevo ipotizzato che l’insurrezione siriana fosse stata artificialmente costruita da interessi legati alla NATO, a cagione della natura sospetta del Council On Foreign Relations (CFR) e delle loro improvvise dichiarazioni a favore di Al Qaeda in Siria. Il coinvolgimento statunitense nel finanziamento e della formazione dell’organizzazione, che oggi conosciamo come ISIS (o Al Qaeda 2.0) è stato dimostrato.
Ho previsto che truppe terrestri statunitensi sarebbero entrate in Siria. Cosa che accadrà, per quanto il governo USA sostenga che il loro ruolo e la loro quantità saranno limitate.
Ho suggerito che, quando le truppe USA sarebbero state dispiegate a qualsiasi titolo nella regione, l’Iran avrebbe unito le proprie forze a quelle del governo siriano, in virtù del patto già esistente di reciproca difesa. Attualmente le truppe iraniane sono massicciamente presenti in Siria per operazioni di combattimento.
Ho anche previsto che il coinvolgimento statunitense in Siria avrebbe finito per provocare una reazione militare della Russia e una risposta finanziaria della Cina. Per quanto la Cina non abbia ancora utilizzato il conflitto come scusa per accelerare la vendita di buoni del tesoro USA, la Russia è oramai pienamente impegnata in attacchi aerei e prepara una invasione terrestre, che potrebbe impegnare oltre 150.000 soldati.
Alcuni sviluppi che avevo previsto nei miei precedenti articoli non si sono ancora verificati, ma credo che le circostanze siano mature perché ciò avvenga. Per esempio, io credo che Israele sia ancora l’ultimo jolly nella crisi siriana. Un intervento militare israeliano è più che possibile, soprattutto contro l’Iran e come rappresaglia per la sua nuova presenza nella regione. Un maggiore coinvolgimento USA, per esempio con una maggiore impiego di importanti mezzi navali, è probabile. E se gli Stati Uniti o Israele intensificassero le loro azioni, io credo che l’Iran chiuderebbe lo stretto di Hormuz, forse perfino con l’aiuto della Russia.
Il presidente russo Vladimir Putin ha lasciato intendere che l’attività israeliana nello spazio aereo siriano sarebbe vietata e si dice che alcuni incidenti tra combattenti russi e israeliani si siano evitati per un pelo.
Attualmente le relazioni tra Stati Uniti e Russia sono al livello più basso mai visto dopo la guerra fredda. Nel frattempo, i mondialisti hanno creato una tempesta perfetta di diversi interessi, suscettibile di provocare dei conflitti che potrebbero bene portare ad una guerra mondiale pura e semplice. Detto questo, occorre precisare che esistono diverse specie di guerre. Come dicevo già cinque anni fa, le élite non hanno necessariamente bisogno della minaccia di una guerra nucleare per avviare l’operazione di distruzione.
Una guerra economica avrebbe effetti egualmente devastanti in molte parti del globo e soprattutto negli Stati Uniti, e provocherebbe una massiccia riduzione della popolazione per fame nel giro di qualche mese, pur lasciando la maggior parte delle infrastrutture intatte. La guerra economica è anche un perfetto diversivo per allontanare l’attenzione pubblica dai crimini perpetrati dai finanzieri internazionali. La nostra struttura finanziaria è già investita in pieno dall’implosione provocata dalla politica delle banche centrali deliberatamente distruttiva. Ma, nel pieno della guerra economica, si può tentare di addossarne tutte le colpe alla “furberia dell’Est”. La vicenda siriana rende lo scenario di una guerra economica tra Est e Ovest “credibile” agli occhi di molte persone nel mondo.
Comunque sia, un più esteso conflitto regionale, di natura guerriera, è certamente garantito nel prossimo futuro.
L’Arabia Saudita ha denunciato l’impegno della Russia e dell’Iran in Siria e accresciuto il suo appoggio ai “ribelli moderati”. Ovviamente, come abbiamo più volte constatato negli ultimi due anni, non c’è nessun moderato in Siria, dove accade che gruppi di ribelli continuino a ottenere danaro e armi dall’Ovest, per poi entrare nei ranghi di ISIS.
I Sauditi hanno chiaramente fatto sapere che essi non potranno mai accettare una situazione nella quale Assad continui a governare in Siria. E hanno minacciato di intervenire militarmente nel caso in cui Assad prevalesse sull’insurrezione. Ricordate che i Sauditi sono già intervenuti in Yemen.
Le tensioni crescono anche tra Arabia Saudita e Iran sull’impegno siriano, nonostante la recente approvazione da parte dell’Arabia Saudita dell’accordo nucleare USA/Iran. Il Consiglio Europeo per gli affari esteri ha fatto sapere di non avere al momento più alcun “mediatore per una riduzione delle tensioni” nella regione. E’ naturalmente la situazione che i mondialisti preferiscono.
Anche la Turchia è un fattore di tensione adesso che i Turchi lamentano violazione del loro spazio aereo da parte della Russia, e che le forze turche operano, seppure in misura limitata, in Siria e Iraq. La Siria è una bomba a scoppio ritardato e vi sono troppe potenziali scintille per poterle enumerare tutte. I mondialisti hanno determinato una situazione nella quale un effetto domino disastroso è quasi garantito.
Altra conseguenza piuttosto inattesa della crisi siriana è l’impegno oramai attivo delle élite per sviluppare una strategia Cloward-Piven (1), che utilizzi i sedicenti rifugiati siriani per destabilizzare l’UE e forse anche gli Stati Uniti. Già il numero stimato di questi rifugiati, molti dei quali non sono nemmeno siriani, è cresciuto dai 10.000 in partenza per gli Stati Uniti, fino a 100.000. Io penso che, con l’aggravarsi delle tensioni, questo numero toccherà il milione e oltre, di rifugiati per lo più diretti verso gli Stati Uniti. Aspettiamoci che molti estremisti passeranno le frontiere mischiati ad essi.
E’ importantissimo ricordare che, qualsiasi cosa succeda, quasi tutti gli elementi di questa crisi sono stati fabbricati. La guerra e la disperazione economica sono gli strumenti supremi per il cambiamento del mondo. Esse puliscono per bene la lavagna, per così dire, e sfumano la percezione del pubblico per la paura. Quello che sembra oggi impossibile diventerà domani piuttosto ragionevole quando la crisi si svilupperà; e ciò include la destrutturazione ultima dei valori costituzionali, la militarizzazione delle nostre società, la perdita della prosperità finanziaria, l’estremo peggioramento dei livelli di vita e la centralizzazione assoluta di ogni cosa.
E’ ugualmente importante capire che non ci sono “parti” in questo conflitto. Il paradigma EST/OVEST è una impostura di proporzioni epiche, e lo è sempre stata. Le false contrapposizioni servono a sviare e disorientare il pubblico. Sono concepite per creare degli oggetti contraffatti da biasimare. Sono un anatema alla verità.
Per analisi più ampie e più approfondite sugli sviluppi possibili su scala mondiale, leggete per favore i miei articoli: “La fine del gioco economico” e “Gli Stati Uniti sono stati concepiti come l’ultimo villano della Storia?”
La questione oggi è solo di calendario. Quanto tempo ancora prima che un evento qualsiasi faccia premere il grilletto? Quanto tempo ancora prima che gli aerei israeliani entrino in contatto con dei combattenti russi o iraniani? Quanto tempo ancora prima che le truppe USA entrino in contatto con quelle russe? Quanto tempo ancora prima che Israele o l’Arabia Saudita attacchino l’Iran? E se gli Stati Uniti continuino a sostenerla, quanto tempo ancora prima che la dinamica del Medio oriente si rovesci e gli USA perdano il controllo sul petrodollaro? Con la rapidità degli eventi che provocano cicloni politici, io non credo occorra aspettare tanto per saperlo.
(1)La strategia di Cloward-Piven è stata descritta nel 1966 da due sociologi marxisti della Columbia University di New York (dove ha studiato Barack Obama), Richard Cloward e Francis Piven. In estrema sintesi, si tratta di un piano che prevede di indebolire il governo, sovraccaricandolo del peso di persone indigenti che richiedono un overdose di welfare state.