Crisi Siriana
Undicesima settimana dell’intervento russo in Siria: un passo indietro dall’abisso?
- Dettagli
- Categoria: crisi siriana
- Visite: 3061
Crisi siriana, dicembre 2015 - Questa è stata una settimana stupefacente. Ancora la settimana scorsa concludevo che “l’unico modo per evitare una guerra, alla fine è rinunciare, anche negandolo pubblicamente almeno agli inizi, alla politica dell’”Assad must go”. C’è la possibilità che questo mutamento radicale possa essere avvenuto questa settimana (nella foto, Kerry e Putin)
saker.it, 19 dicembre 2015
Undicesima settimana dell’intervento russo in Siria: un passo indietro dall’abisso?
The saker
Questa è stata una settimana stupefacente. Ancora la settimana scorsa concludevo che “l’unico modo per evitare una guerra, alla fine è rinunciare, anche negandolo pubblicamente almeno agli inizi, alla politica dell’”Assad must go”. Ora, anche se diverse personalità degli Stati Uniti, compreso Kerry, hanno rilasciato dichiarazioni sul fatto che Assad non se ne doveva andare subito, che una “transizione” era importante e che bisognava assolutamente mantenere le “istituzioni dello Stato”, in realtà quello che io e tanti altri intendevamo realmente dire era che gli Stati Uniti dovevano cambiare radicalmente la loro politica nei confronti del conflitto siriano. Inoltre, dal momento che la Turchia ha compiuto un atto di guerra contro la Russia sotto “l’ombrello” protettivo degli Stati Uniti e della NATO, questo fatto ha creato una situazione estremamente pericolosa, in cui uno stato-canaglia come la Turchia può pensare di riuscire a farla franca in virtù della sua appartenenza alla NATO. Ancora una volta, non bastava una dichiarazione di circostanza, occorreva un cambio fondamentale nella politica degli Stati Uniti.
C’è la possibilità che questo mutamento radicale possa essere avvenuto questa settimana. Altri interpretano in modo molto diverso quanto è successo, e io stesso non posso esserne assolutamente certo, solo il tempo lo dirà, ma almeno c’è una probabilità che (un tale mutamento) ci sia stato veramente. Diamo un’occhiata a quello che è accaduto.
Prima di tutto, ci sono state alcune dichiarazioni assolutamente chiare di John Kerry a Mosca. Le più interessanti sono:
“Come ho già avuto modo di ribadire oggi, gli Stati Uniti e i loro partners non sono alla ricerca di un cosiddetto “cambio di regime”, così come lo si intende in Siria”.
“Ora, noi non cerchiamo di isolare la Russia per quanto riguarda la politica, no”.
Ora, so benissimo che Kerry ha “perso” ogni singolo negoziato che ha avuto con i Russi, e l’ho anche scritto molte volte. Mi rendo anche conto che Kerry è famoso per dire ‘A’ davanti ai Russi e ‘non-A’ appena ritorna a casa. Infine, capisco anche che non è Kerry colui che prende veramente le decisioni, ma che questo spetta ai “poteri occulti” degli Stati Uniti. Anche tenendo presente tutti questi fattori è però innegabile che queste due dichiarazioni costituiscano una svolta ufficiale di 180° (anche se non necessariamente concreta) e l’abbandono degli autentici obbiettivi statunitensi nei confronti sia della Russia che della Siria. Inoltre, non abbiamo ascoltato solo parole, ma abbiamo visto azioni vere e proprie da parte degli Americani. In primo luogo, Stati Uniti e Russia si sono accordati per stilare una lista comune dei “terroristi riconosciuti” (anziché dei combattenti “moderati” per la libertà). Mentre si può discutere su chi finirà nella “lista dei buoni”, è certo che tutti quelli che contano veramente in Siria, al-Qaeda e il Daesh, finiranno nella “lista dei cattivi”. Questo , a sua volta, renderà più difficile, ma non impossibile (ricordate i Contras!) agli Stati Uniti continuare ad assisterli e a finanziarli. Ma gli Americani hanno fatto qualcosa di ancora più interessante.
Gli Stati Uniti hanno annunciato il ritiro di 12 dei loro F-15, (6 F-15C e 6 F-15E) dalla Turchia. Questo potrà non sembrare molto, ma questi sono aerei altamente simbolici perché sono quelli sospettati di aver “coperto” l’F-16 turco che ha abbattuto il Su-24 russo. Gli F-15C, in particolare, sono caccia da interdizione pura, che potevano essere diretti solo contro gli aerei russi in Siria. Naturalmente gli stati Uniti hanno dichiarato che si tratta di una normale rotazione e che è stata un’esercitazione, ma la realtà dei fatti è questa: mentre il Segretario Generale della NATO Stoltenberg aveva promesso di rinforzare la presenza dell’alleanza in Turchia, gli Stati Uniti hanno appena ritirato 12 dei loro aerei di punta. E poi guardate i Russi, che continuano ad aumentare il loro potenziale offensivo in Siria, specialmente la loro artiglieria. Inoltre, c’è un nuovo sviluppo molto interessante: “La macchina della propaganda di Erdogan accusa ora il Capo dell’Aviazione Turca dell’abbattimento del Su-24”. Dalla lettura dell’articolo, sembra che nei social media turchi sia in atto un tentativo per incolpare dell’abbattimento del Su-24 il Comandante in Capo dell’Aviazione Turca (anche se Erdogan aveva pubblicamente dichiarato di aver dato personalmente l’ordine). Infine la Russia è riuscita ad ottenere una decisione unanime del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per prendere di mira le risorse finanziarie del Daesh. Non c’è bisogno di dire che, anche se ufficialmente la risoluzione è rivolta a colpire gli introiti del Daesh, in realtà essa pone in una situazione molto difficile il Qatar, l’Arabia Saudita e specialmente la Turchia. Non solo la risoluzione prevede sanzioni contro ogni nazione o individuo che tratti con il Daesh, ma le indagini su tutti i possibili collegamenti finanziari saranno condotte dalle Nazioni Unite. Secondo Russia Today:
La risoluzione chiede inoltre che le varie nazioni riferiscano, nei prossimi 120 giorni, sui risultati ottenuti nello smantellamento dei finanziamenti allo Stato Islamico. Incarica anche il Segretario Generale dell’ ONU, Ban Ki-Moon, di stilare, entro 45 giorni, un “rapporto a livello strategico” che analizzi le fonti di finanziamento dello SI. “Ci contiamo per avere un resoconto onesto e completo”, ha detto Churkin a RT. Churkin ha parlato anche del coinvolgimento turco nel commercio illegale di petrolio con lo SI, sottolineando che, nei termini della risoluzione, potrebbero essere sanzionati sia singoli individui come anche società turche. Ha aggiunto che potrebbero essere sanzionate anche delle nazioni “se si scoprisse che (qualcuna di loro) non ha preso misure sufficienti per combattere il terrorismo finanziario”. Secondo l’inviato alle Nazioni Unite, la Russia è stata l’unico membro che ha fornito prove concrete sulle modalità usate da alcuni Stati nell’acquistare illegalmente il petrolio dello Stato Islamico, o di come l’ISIS usi il ricavato di queste transazioni per procurarsi armi da altre nazioni, in modo particolare nell’Europa dell’Est. Il documento, che si basa sull’articolo 7 della carta delle NU e ha decorrenza immediata, esorta i membri a “muoversi con forza e decisione per “troncare i trasferimenti finanziari” all’ISIS. Dice anche che i governi devono impedire ai propri cittadini di finanziare o fornire servizi a “organizzazioni terroristiche o a singoli terroristi, in qualsiasi modalità, compreso e non ultimo il reclutamento, l’addestramento e il trasporto, anche in assenza di un collegamento con uno specifico atto terroristico”.
Così i Russi ora non solo hanno il modo per far arrivare direttamente al Consiglio di Sicurezza dell’ONU tutte le informazioni della loro intelligence sulla collaborazione fra Daesh e Turchia, ma il Segretario Generale dovrà anche stilare un rapporto basato, in parte, su questi dati. Sono notizie molto, molto brutte per Ankara.
E allora, che cosa sta succedendo?
Ecco che cosa penso sia successo.
Le mie ipotesi
In primo luogo, l’abbattimento del Su-24 russo è diventato assolutamente controproducente. I Russi hanno immediatamente parlato di una vile imboscata, accuratamente pianificata, ed ora su questo concordano anche i maggiori esperti occidentali. Ciò è molto imbarazzante, e la cosa potrebbe diventare ancora peggiore dopo l’analisi dei dati del registratore di volo del Su-24 (che i Russi hanno recuperato e portato a Mosca). Il quadro che emerge è il seguente: non solo si è trattato di una deliberata provocazione, di un’imboscata vera e propria, ma ci sono anche prove schiaccianti su come i Turchi abbiano usato le informazioni fornite dai Russi agli USA riguardo alle loro missioni pianificate. Il fatto che gli Americani abbiano trasmesso queste informazioni ai Turchi è già abbastanza grave, ma il fatto che i Turchi le abbiano usate per abbattere un aereo russo, rende gli Stati Uniti direttamente responsabili. Gli USA sono colpevoli anche per il semplice fatto che non c’è assolutamente modo in cui i Turchi potrebbero aver architettato un’imboscata così complessa senza che gli Americani ne fossero al corrente. Ora, è possibile anche che qualcuno all’interno della macchina militare americana ne fosse a conoscenza e qualcun altro no. L’intera operazione a me sembra proprio appartenere a quel tipo di progetti cretini per cui la CIA è famosa. Magari Kerry al Dipartimento di Stato o Obama non ne “sapevano” veramente nulla, o lo sapevano e ora fanno finta di non averlo saputo. In ogni caso, adesso gli Stati Uniti stanno evidentemente cercando di “scaricare” quest’ultima corbelleria su Erdogan che, a sua volta cerca di rifilarla al capo dell’aviazione. Quello che è certo è che il piano è fallito, i Russi non sono caduti nella trappola e non hanno risposto militarmente, ed ora si incominciano a vedere le conseguenze politiche. Per quanto riguarda Erdogan, voleva uscirne fuori come il Gran Pascià, l’uomo forte della regione, ma ora sembra solo un codardo irresponsabile (Putin ha ridicolizzato il fatto che i Turchi abbiano chiamato in causa la NATO dopo l’abbattimento del Su-24 russo, quando ha detto: “subito dopo sono andati di corsa a Bruxelles gridando: “Aiutateci, ci hanno fatto male!.” Chi vi ha fatto del male? Abbiamo forse toccato qualcuno qui? No. Hanno incominciato con il farsi proteggere dalla NATO”). Anche gli Stati Uniti e l’Europa, secondo alcune testimonianze, sono abbastanza irritati e ne hanno abbastanza di lui. Per quanto riguarda i Russi, ne parlano come di un “Saakashvili n°2”, un tizio con cui non c’è nulla di cui discutere e che il Cremlino considera politicamente morto.
In secondo luogo, guardate alla Siria. Anche sotto grandissima pressione i Russi non hanno mai vacillato o mostrato segni di esitazione, anzi hanno fatto esattamente l’opposto: hanno più che raddoppiato la loro presenza, hanno fatto arrivare batterie di artiglieria pesante e hanno parlato di aprire un secondo grosso aereoporto (la cosa è stata in seguito negata dalle fonti ufficiali russe). Per quanto riguarda gli Americani, questo significa qualcosa di molto semplice: anche se i Russi in Siria sono molto più deboli degli USA, continuano imperterriti per la loro strada, non solo non arretrano, ma si trincerano. In altre parole, sono pronti a combattere.
Voglio credere che i vari messaggi d’allarme trasmessi da molti, compreso il sottoscritto, possano aver contribuito a convincere gli analisti americani che i Russi sono veramente pronti a combattere. Per primo c’è Peter Lavelle, che nel suo programma Cross Talk trasmesso da RT, mette in guardia da mesi su quanto sia pericoloso questo sentiero di guerra. Poi ce ne sono stati molti altri, compresi Pepe Escobar, Paul Craig Roberts, Alaistair Crooke, Stephen Landeman, Stephen Cohen, che davano l’allarme e avvertivano l’Impero che la Russia non avrebbe “lasciato correre” o “fatto un passo indietro” e che la guerra era un pericolo molto, molto reale e probabilmente inevitabile. So come funziona tutto il processo dell’intelligence e credo che un coro di avvisaglie così rumoroso possa aver avuto la sua importanza nella decisione americana di cambiare rotta, anche se solo per l’immediato futuro.
Come ho già ripetuto molte altre volte, il “contingente tattico-operativo delle Forze Aerospaziali Russe in Siria” (questo è il suo nome ufficiale) è piccolo, isolato e vulnerabile. La Siria è incastrata fra la NATO e il CENTCOM e gli Stati Uniti possono, se necessario, far affluire in Siria una enorme potenza di fuoco e non c’è niente che i Russi possano fare per impedirlo. Ma c’è una cosa che può fare anche una piccola forza militare: diventare un detonatore.
Indipendentemente dalle sue limitate capacità belliche, l’unità operativa russa in Siria è grande abbastanza per essere considerata una “forza di innesco”, ed ogni attacco nei suoi confronti porterebbe sicuramente ad una guerra su scala globale con la Russia. Se gli Americani avevano qualche dubbio riguardo a ciò, questi sono stati immediatamente fugati quando hanno udito Putin dichiarare ufficialmente “vi ordino di agire con estrema risolutezza. Ogni bersaglio che minacci il contingente russo o le infrastrutture di terra deve essere immediatamente distrutto.”
La combinazione di tutti questi fattori pare sia stata sufficiente a convincere gli Stati Uniti a pigiare sul freno prima che le cose sfuggissero veramente di mano.
Di nuovo, non sto dicendo che sia questo ciò che è veramente successo, ma voglio pensare di non essermi sbagliato e che qualcuno negli Stati Uniti abbia finalmente capito che la guerra con la Russia era inevitabile, se l’America avesse continuato lungo la stessa strada, e abbia preso la decisione di fermarsi prima che fosse troppo tardi. Se le cose sono andate veramente così, queste sono davvero notizie molto buone e molto incoraggianti. Anche se la stupidità e la pazzia, per non parlare della pura cattiveria, sono sicuramente presenti negli alti comandi dell’Impero Anglo-Sionista, c’è sempre la possibilità che qualcuno di normale e sano di mente faccia la cosa giusta e cerchi di fermare i pazzi (come aveva fatto l’Ammiraglio Mike Mullen quando i Neocons volevano far scoppiare la guerra con l’Iran).
L’altro grande evento della settimana è stato naturalmente l’annuale conferenza stampa di Vladimir Putin. Ho postato il testo integrale nel mio blog, per cui qui ne riporterò solo una parte, assai interessante: a Putin era stato chiesto se la Russia volesse mantenere una base in Siria a tempo indefinito. Ecco come ha risposto.
Qualcuno in Europa e negli Stati Uniti ha più volte ribadito che i nostri interessi sarebbero stati rispettati e che la nostra base può rimanere lì, se noi lo desideriamo. Ma io non so se abbiamo bisogno di una base laggiù. Una base militare implica considerevoli investimenti e infrastrutture. Dopo tutto, quello che oggi abbiamo laggiù sono i nostri aerei e dei moduli (abitativi) temporanei, che servono da mensa e dormitorio. Possiamo impacchettare tutto in due giorni, caricare tutto sugli Antei da trasporto e tornare a casa. Mantenere una base è differente. Alcuni, anche in Russia, credono che noi si debba avere una base laggiù. Io non ne sono così sicuro. Perché? I miei colleghi europei dicono che probabilmente nutro idee del genere. Se chiedo loro perchè, mi rispondono: così puoi controllare le cose laggiù. Perchè dovremmo controllare le cose laggiù? Questa è la domanda da farsi. Abbiamo dimostrato di non avere più nessun missile a medio raggio. Li abbiamo distrutti tutti, perchè tutti quelli che avevamo erano missili a medio raggio con basi a terra. Anche gli Americani hanno distrutto i loro missili a medio raggio terrestri Pershing. In ogni caso però hanno mantenuto i loro Tomahawks navali e aviotrasportati. Noi non avevamo missili del genere, ma ora li abbiamo, il missile Kalibr navale da 1.500 km di portata e il Kh-101 aviotrasportato, con un raggio d’azione di 4.500 km. E allora perchè mai dovremmo avere bisogno di una base laggiù? Se dovessimo raggiungere qualcuno, potremmo farlo senza una base. Potrebbe avere senso, non ne sono sicuro. Dobbiamo pensarci ancora un po’. Forse potremmo aver bisogno di una sorta di base temporanea, ma mettere radici e farsi coinvolgere pesantemente non ha senso, io credo. Ci penseremo sù.
Trovo questa risposta abbastanza stupefacente. Ve lo immaginate un Presidente degli Stati Uniti pensare veramente una cosa del genere e dirla apertamente? E’ abbastanza evidente che Putin prende in giro i cosiddetti “esperti”, che per anni ci hanno detto quanto i Russi ci tenessero ad avere una base a Tartus e che ora ci dicono che la base aerea di Khmeimim è la prossima “base permanente” della Russia, non tanto per proteggere la Siria, quanto per una proiezione di forza russa (nell’area). Viene poi fuori che la Russia non ha né l’interesse né il desiderio per una proiezione di forza così costosa: “Se dovessimo raggiungere qualcuno, potremmo farlo senza una base”.
Tra l’altro, la traduzione non è corretta. Quello che realmente dice Putin è “Если кого-то надо достать, мы и так достанем” . La parola “dostat” viene tradotta qui con “raggiungere”, ma io la tradurrei con “beccare”, intendendo “se dovessimo toccare qualcuno (nel senso di “colpire qualcuno”) potremmo già farlo (anche senza una base)”. Questa è stata assolutamente una minaccia velata, anche se la traduzione ufficiale non ne ha mantenuto l’efficacia (certo, un missile da crociera supersonico e invisibile ai radar, con una porta di 4.500 km permette alla Russia di “beccare” chiunque e dovunque sul pianeta, specialmente se lanciato da un bombardiere con 12.000 km di autonomia operativa.
Quando i leader e gli esperti occidentali pensano che la Russia stia per costruire basi all’estero, in realtà stanno solo proiettando il loro modo di pensare imperialistico. L’ho già detto e ripetuto, la Russia non ha nessuna intenzione di diventare nuovamente un impero, semplicemente perché essere un impero non è un bene per la Russia. Tutto ciò che la Russia vuole è essere un vero stato nazionale, non una colonia degli Anglo-Sionisti, ma in nessun caso ha l’intenzione di diventare “l’anti-USA” o “l’Unione Sovietica 2.0”. Hillary può terrorizzarsi fin che vuole con l’incubo di Putin che ricostruisce l’URSS, ma in Russia non c’è nessun partito che persegua un tale piano. La Russia vuole essere libera e forte, certo, ma un impero, no.
E’ abbastanza stupefacente vedere come i leader e gli esperti occidentali proiettino sugli altri il loro modo di pensare e poi finiscano con il terrorizzarsi da soli. In realtà è proprio patetico.
In conclusione, vorrei aggiungere che è abbastanza probabile che ora l’attenzione si sposti nuovamente sull’Ucraina. Non soltanto l’Ucraina potrebbe essere a poche ore dal fallimento ufficiale, ma gli Ukronazi stanno apertamente minacciando la Crimea, e non scherzo, di un “blocco navale”! Considerando la mancanza di entusiasmo degli Stati Uniti e della NATO per l’abbattimento del Su-24 russo da parte di Erdogan, dubito molto che qualcuno in Occidente sarà felice di questa idea balzana. Così, fra collasso economico, caos politico, l’inverno che arriva e quei fenomeni da baraccone dei Nazisti con i loro folli piani di guerra alla Russia, ci sono buone possibilità che il prossimo centro di crisi sia nuovamente nell’Ucraina occupata dai Nazisti. Dubito molto che gli Stati Uniti abbiano la “capacità mentale” di gestire le due crisi allo stesso tempo, almeno non in modo sostenuto e deciso. E anche questa è una buona notizia. L’Impero è superimpegnato e sovraccarico e questa è l’unica occasione in cui è disposto al compromesso. Sapremo presto se il mio molto cauto ottimismo è giustificato oppure no.