Crisi Siriana
Tredicesima settimana dell’intervento russo in Siria: smascheriamo le bugie
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Crisi siriana, gennaio 2016 - Fin dalle prime indiscrezioni riguardanti un possibile intervento militare russo in Siria, Internet e i media sono stati inondati da tutta una serie di indiscrezioni campate in aria, diffuse, non solo da parte di chi fa gli interessi degli Stati Uniti, ma anche dai cosiddetti “analisti” filorussi...
sakeritalia, 2 gennaio 2016
Tredicesima settimana dell’intervento russo in Siria: smascheriamo le bugie
The saker
Fin dalle prime indiscrezioni riguardanti un possibile intervento militare russo in Siria, Internet e i media sono stati inondati da tutta una serie di indiscrezioni campate in aria, miti e palesi menzogne su quello che sarebbe potuto accadere. Queste indiscrezioni, miti e palesi menzogne vengono attualmente ancora diffuse, non solo da parte di chi fa gli interessi degli Stati Uniti, ma anche dai cosiddetti “analisti” filorussi. Tutte queste assurdità nascondono completamente la realtà dell’intervento russo in Siria (vuoi vedere che il vero scopo era proprio questo?) e cercano di dipingere come un fallimento l’operazione russa. Dopo tre mesi di bombardamenti e attacchi missilistici russi in Siria, questo è il momento buono per chiederci se i Russi abbiano conseguito dei risultati concreti, o se, come suggerisce qualcuno, questa è stata in pratica solo un’operazione di pubbliche relazioni.
La questione fondamentale qui è il criterio da usare per misurare i “successi”. E questo, a sua volta, porta a chiederci in primo luogo che cosa sperassero di ottenere i Russi con il loro intervento. Si dà il caso che Putin abbia detto chiaramente, e in forma ufficiale, quale fosse lo scopo dell’intervento russo. L’11 ottobre, in un’intervista con Vladimir Soloviev sul canale TV Russia1, ha dichiarato:
Il nostro obiettivo è quello di stabilizzare il governo legittimo e creare le condizioni per un compromesso politico.
Tutto qui. Non ha detto che la Russia, da sola, avrebbe cambiato il corso della guerra, tanto meno che l’avrebbe vinta. E anche se qualcuno aveva considerato l’intervento russo come in grado di cambiare completamente le carte in tavola, segnando la fine del Daesh, io non ci avevo mai creduto. Ecco quello che avevo scritto esattamente il giorno prima che Putin facesse quella dichiarazione:
Cerchiamo di non sbagliarci, il contingente russo in Siria è piccolo, almeno per ora, e non assomiglia neanche lontanamente a quello che si diceva (…) Non c’è assolutamente modo che questo intervento russo, molto limitato, possa realmente cambiare l’andamento della guerra, almeno non da solo. Insisto a dire che l’intervento russo è molto limitato. 12 Su-24M, 12 Su-25SM, 6 Su-34 e 4 Su-30M non sono un grosso contingente, nemmeno con l’aiuto di elicotteri e missili da crociera. Certo, le forze russe sono state molto efficaci nell’allentare la pressione sul fronte nord-occidentale e permettere una contro-offensiva dell’esercito siriano, ma tutto questo, da solo, non farà finire la guerra.
All’epoca sono stato violentemente criticato per aver “minimizzato” le motivazioni e il potenziale dell’operazione russa, ma ho scelto di ignorare i giudizi negativi perchè sapevo che il tempo mi avrebbe dato ragione.
Quello che è successo poi è stato un classico caso di iperbole: molti commentatori, apparentemente filorussi, hanno fatto a turno per scrivere “analisi” euforiche che, giorno dopo giorno, portavano alle stelle le speranze della gente, per poi ricadere subito dopo nel disappunto. Prevedibilmente, più si allargava il divario fra aspettative e situazione sul terreno, più i critici di Putin ed Assad potevano godere della “incapacità di vincere” dei Russi. Questo tipo di pseudo-analisi si basa sull’incongruenza tipica dell’argomentazione “dell’uomo di paglia”: l’idea ridicola che i Russi intendessero, da soli, sconfiggere il Daesh. E’ triste dirlo, ma i commentatori “filorussi” hanno contribuito molto alla fabbricazione di questo “uomo di paglia” con le loro (e non con quelle dell’esercito russo) aspettative e previsioni assolutamente irrealistiche.
Dopo la seconda settimana dell’intervento russo in Siria avevo scritto:
Il contingente russo è piccolo e vulnerabile. Naturalmente una possibilità per i Russi sarebbe quella di espandere l’aeroporto nei pressi di Latakia, ma questo richiederebbe tempo e risorse, secondo me vorranno prima consolidare la loro attuale base aerea. In ogni caso, come misura tampone, i Russi potrebbero usare i bombardieri di stanza in Russia. Se l’Iran permettesse alla Russia di effettuare i rifornimenti in volo nel proprio spazio aereo, o le consentisse di usare aeroporti iraniani, allora potrebbero essere dispiegati in Siria molti più Su-34/Su-35SM o Su-34/Su-30SM (quelli che l’aviazione chiama “i pacchetti”). In teoria la Russia potrebbe usare anche i Tu-22M3 per sganciare bombe a caduta o i Tu-95MS per i missili da crociera e i Tu-160 per l’uno e/o l’altro. Non penso che ora ci sia una necessità militare per usare questi bombardieri strategici, ma il farlo potrebbe essere una buona idea dal punto di vista politico, solo per flettere un pochino i muscoli bellici e far vedere ai Neoconservatori che contro la Russia è meglio non mettercisi. Anche i missili da crociera dei sommergibili potrebbero servire, specialmente se lanciati da un battello russo nel Mediterraneo non rilevato dalla Marina Americana.
E questo è esattamente ciò che è successo in seguito: la Russia ha iniziato ad utilizzare la sua aviazione strategica per aumentare la quantità delle azioni e per far capire all’Occidente che non si stava scherzando. Avevo poi concluso dicendo:
Fino ad ora il Cremlino ha fatto un superbo lavoro di pubbliche relazioni, spiegando che il Daesh è una minaccia diretta contro la Russia e che per quest’ultima è meglio “combatterlo laggiù piuttosto che qui”. Questa logica si basa comunque sulla convinzione che anche un intervento russo molto limitato possa far spostare l’ago della bilancia. C’è una linea concettuale molto sottile fra spostare l’ago della bilancia e combattere la guerra di qualcun altro e di questo il Cremlino se ne rende bene conto. Si spera che questa linea non venga mai superata.
Per essere giusti con il Cremlino, dire che è meglio “combatterli laggiù piuttosto che qui” non è affatto una promessa di spostare l’ago della bilancia. Ci sono però stati molti commentatori russi che hanno asserito come l’intervento russo avrebbe indubbiamente modificato gli equilibri, senza essere poi smentiti direttamente dal Cremlino. Mi sembra pertanto che gli obiettivi del Cremlino siano i seguenti:
Obiettivo primario: stabilizzare il legittimo governo e creare le condizioni per un compromesso politico.
Obiettivo secondario: modificare l’andamento della guerra a favore delle forze armate siriane.
Dopo aver scartato le sciocche argomentazioni-fantoccio e avendo determinato i veri obiettivi russi, possiamo ora valutare i risultati conseguiti (o no) dalla Russia.
Dopo solo tre settimane di bombardamenti e raid missilistici russi, Assad è andato a Mosca e a Vienna si sono svolti i primi negoziati multilaterali, a cui hanno preso parte i Ministri degli Esteri di Russia, Stati Uniti, Turchia e Arabia Saudita. Tutte quelle nazioni che si erano scatenate nell’aggressione alla Siria al grido di “Assad se ne deve andare”, hanno dovuto poi accettare il fatto che Assad non sarebbe andato in nessun posto. Questo è stato un trionfo diplomatico completo per la Russia. A questo primo successo se ne è aggiunta tutta una serie al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Frattanto, in Siria, sul campo di battaglia, l’esercito siriano, per la prima volta dopo mesi, ha iniziato una serie di contro-offensive che, lentamente ma sistematicamente, hanno iniziato a respingere il Daesh nella maggior parte dei settori del fronte. Così, se l’obiettivo era “stabilizzare il legittimo governo e creare le condizioni per un compromesso politico”, allora si può solo dire che l’operazione russa è stata una vittoria completa, un vero trionfo diplomatico, raggiunto in un tempo brevissimo. In meno di un mese i Russi sono riusciti a fare della presenza di Assad al vertice del legittimo governo di Damasco una realtà indiscutibile, che tutti i suoi nemici hanno dovuto accettare, creando allo stesso tempo le condizioni per un compromesso politico, almeno in termini diplomatici.
Adesso diamo un’occhiata più da vicino a quello che è successo sul campo di battaglia. Ma prima di farlo, lasciatemi ripetere ancora una volta che spostare l’ago della bilancia non è mai stato un obiettivo primario russo, solo secondario, che potrebbe essere raggiunto, o almeno così i Russi sperano, contemporaneamente al raggiungimento del primo, quello principale. Per provare la mia affermazione, devo ancora ripetere qualcosa che ha già detto fino alla nausea negli ultimi tre mesi: il “Gruppo Operativo Tattico delle Forze Aerospaziali Russe (RASF) in Siria” (questo è il nome ufficiale) equivale grosso modo ad appena un reggimento dell’aviazione. Senza scendere nei particolari, dovete sapere che le teorie militari russe hanno una serie di normative molto precise, che definiscono nei minimi dettagli il tipo di forze che occorrono per portare a termine con successo un particolare incarico. Quello che è assolutamente chiaro a tutti, anche a quelli con con una minima conoscenza di metodologia militare, e in particolare di operazioni aeree, è che un singolo reggimento dell’aviazione non può essere usato per sconfiggere una forza di oltre 100.000 uomini, sparpagliati su un territorio di circa 150.000 km quadrati (solo per quanto riguarda la Siria), sostenuti da un’infrastruttura di campi di addestramento in Turchia ed altre nazioni della regione e che dispone di un rifornimento quasi infinito di armi, combattenti e soldi da innumerevoli e ricchi stati-sponsor. Chiedete a tutti quelli che hanno una conoscenza anche superficiale delle teorie militari russe e vi diranno che questo non è il tipo di incarico che si dà ad un reggimento dell’aviazione. Quelli che dicono il contrario non sanno semplicemente quello che vanno dicendo.
Quello che qui trovo assolutamente rimarchevole è che la quantità di missioni portate a termine dall’equivalente di un reggimento dell’aviazione è quella che normalmente sarebbe stata assegnata ad una divisione dell’aviazione (una forza da 3 a 5 volte maggiore). Lasciatemelo ripetere: questo contingente, delle dimensioni di un reggimento, ha eseguito con successo, per tre mesi ininterrottamente, una quantità di sortite che normalmente sarebbero state affidate ad una forza da 3 a 5 volte più grande. Ora, non so che cosa ne pensiate voi, ma in questo io vedo il segno di un’operazione di grandissimo successo. Chiedete a qualunque comandante militare come si sentirebbe se le truppe sotto il suo comando avessero eseguito non solo tutti i compiti a loro normalmente assegnati, ma il triplo o il quintuplo di essi, e questo in condizioni reali di combattimento. Vi assicuro che questo comandante sarebbe euforico. Il fatto che qualcuno parli ancora di un fallimento militare russo è un segno di disonestà o di ignoranza (o di tutte e due).
Qualche pseudo-analista ha cercato di giustificare la sua valutazione negativa dell’operazione russa prendendo in considerazione la variazione in percentuale del territorio controllato dalle forze governative, paragonadola a quello del Daesh e dei suoi alleati. Ancora una volta, questo è un caso di disonestà o di incompetenza professionale. Il fatto che il Daesh controlli più o meno l’80% del territorio siriano è assolutamente irrilevante. Non solo perchè questo 80% di territorio comprende solo il 20% della popolazione della Siria, ma anche perchè lo stesso concetto di “controllo” non significa nulla nel contesto di questa guerra.
Ciò che sta realmente accadendo è questo: la maggior parte delle azioni di combattimento si concentrano nei pressi delle zone urbane principali (città) e di specifiche vie di comunicazione (strade). Per quanto riguarda le piccole cittadine e il resto del territorio, questi non sono in realtà “controllati” da nessuno. Tipicamente, quando le forze governative conquistano il villaggio “A”, allora il Daesh è costretto a ritirarsi su “B” e quando il governo cattura “B” il Daesh ritorna ad “A”. Le forze governative sono già impegnate oltre il limite e difficilmente riescono ad attuare un’offensiva senza dover ri-allocare truppe destinate alla difesa delle città importanti. Questo è anche il motivo per cui la contro-offensiva siriana è stata così lenta: per una vera e propria carenza di uomini.
Inoltre, dal momento che i veri combattimenti avvengono nelle aree urbane e lungo gli assi di comunicazione, contare le percentuali di territorio (controllato) non ha senso nella valutazione del successo o del fallimento di queste operazioni. Prendete ad esempio Aleppo: se e quando i Siriani libereranno completamente la città dal Daesh, questo sarà indubbiamente un enorme successo, con un insignificante spostamento della percentuale del territorio controllato. Ma sarà comunque una vittoria importantissima per le forze governative.
Niente di tutto questo risponde comunque alla vera domanda: se cioè l’intervento militare russo in Siria abbia veramente spostato l’ago della bilancia a favore del governo siriano, oppure no. Alcuni dicono di si, altri lo negano. La mia opinione personale è che no, non lo abbia fatto, o dovrei dire non ancora. Ci sono però alcuni indizi che fanno capire come ciò potrebbe accadere nel prossimo futuro. Ma quali sono questi segnali?
Primo, le pressioni sulla Turchia perchè la smetta di comportarsi come uno stato-canaglia, governato da un megalomane irresponsabile, sono andate aumentando, fin dall’abbattimento del Su-24 russo e le successive rivelazioni sul regime turco e, in particolar modo, sul coinvolgimento della famiglia Erdogan nel contrabbando del petrolio del Daesh. Per ora il regime tiene duro ma chiaramente perde terreno dal punto di vista politico e le tensioni stanno esplodendo dentro e tutt’attorno alla Turchia. Anche se non mi aspetto che Erdogan possa cedere di fronte alle pressioni esterne, penso che le tensioni in Turchia finiranno per danneggiare il Daesh, probabilmente in modo limitato, a meno che non si scateni un vero e proprio conflitto con i Curdi, nel qual caso il Daesh ne risentirebbe maggiormente.
Secondo, ci sono indizi su come il Daesh stia incappando in una serie di difficoltà, militari in Iraq e politiche nel resto del mondo arabo. Il fatto che i Sauditi ora abbiano sentito la necessità di creare quello che praticamente è un’alleanza sunnita contro il terrorismo sciita (ufficialmente una “forza antiterroristica islamica”) è un chiaro segno che il Daesh non sta tenendo fede alle loro aspettative.
Terzo, i Russi stanno ora fornendo sistemi di artiglieria pesante, con relativo addestramento, ai Siriani, che lentamente ma costantemente stanno acquisendo quel tipo di potenza di fuoco che i Russi hanno usato con devastante efficacia contro i Wahabiti in Cecenia.
Quarto, anche se i raid aerei russi non possono, per definizione, distruggere completamente dei guerriglieri dispersi e ben trincerati, possono comunque causare seri danni alle loro linee di rifornimento logistico e limitare severamente la mobilità del Daesh, sopratutto di notte.
Quinto, con il sostegno diretto delle Forze Aerospaziali Russe, i Siriani, appoggiati da Hezbollah, hanno iniziato a riprendere il controllo di alcuni settori del confine siriano con il Libano e la Turchia. Questo è, per inciso, uno dei più difficili, anche se essenziale, obiettivi dell’esercito governativo: mettere sotto controllo quanto più confine con la Turchia è possibile (gli Iraniani faranno lo stesso con il confine iracheno). Fino ad ora questo non si è verificato, e non succederà nel prossimo futuro, ma gli eventi si stanno muovendo nella giusta direzione.
Quello che però sarà realmente decisivo per gli sviluppi di questa guerra non è la potenza di fuoco ma la logistica. Attualmente i Siriani sono in grosso svantaggio: non solo sono a corto di munizioni e sopratutto di pezzi di ricambio, ma tutto il loro armamento è estremamente datato, ben oltre la vita teorica di servizio. Le forze del governo siriano hanno anche subito enormi perdite di vite umane, ma non possono permettersi una mobilitazione completa perchè una cosa del genere danneggerebbe moltissimo un’economia già in sofferenza. Tenete a mente che i Siriani stanno combattendo questa guerra da più tempo (4 anni e 9 mesi) di quanto abbia fatto l’Unione Sovietica nella Seconda Guerra Mondiale (3 anni e 10 mesi). Il fatto che ci siano stati cedimenti un po’ dappertutto è normale. L’unica cosa che i Siriani sembrano infatti avere in gran quantità è il coraggio.
Il Daesh (e quando parlo di Daesh intendo tutti quanti, i “terroristi buoni” e “quelli cattivi”) fino ad ora, ha potuto usufruire di un rifornimento quasi illimitato di combattenti, equipaggiamento, munizioni e, sopratutto, soldi. Visto il pieno appoggio di Stati Uniti, Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Israele e di molti stati europei, questo non sorprende affatto. Il Daesh gode inoltre di un grosso vantaggio geografico, dal momento che può usare Turchia, Giordania ed Iraq come basi di retrovia e zone rifugio.
Parliamoci chiaro, i Siriani qui sono nettamente svantaggiati e non c’è nulla che la Russia sia in grado di fare che possa cambiare lo stato delle cose, almeno non da sola. Quello che veramente importa qui è cosa l’Iran potrà e vorrà fare in questa situazione. L’Iran ha già fatto molto e credo farà ancora molto di più, semplicemente perchè non esiste alternativa. Non che agli Iraniani manchino coraggio o mezzi, ma il fatto è che, con il loro forte coinvolgimento in questa guerra, stanno già rischiando molto. Personalmente sono sorpreso che gli Stati Uniti, o Israele in modo particolare, non abbiano già incominciato a parlare di “invasione iraniana della Siria”, dal momento che gli Americani non hanno avuto scrupoli nel denunciare una “invasione russa nel Donbass” completamente immaginaria. Ma se gli scarponi iraniani sul terreno dovessero aumentare di numero, si farà sicuramente ricorso a questo tipo di propaganda, nonostante che l’intervento iraniano sia avvenuto su richiesta del governo siriano, e quindi sia perfettamente legale.
E’ triste, ma gli Anglo-Sionisti, con i loro interventi nel Magreb e nel Medio Oriente sono riusciti a creare un caos enorme e veramente pericoloso. Proprio come in Ucraina, qui non esiste una soluzione semplice per fermare il conflitto e far ritornare la pace. In Ucraina l’Impero ha scatenato un nauseabondo miscuglio di Nazisti ed Ebrei, mentre ora il Medio Oriente è minacciato da una massiccia infestazione tafkira. Nè la Russia, nè l’Iran saranno in grado di risolvere questo conflitto “vincendolo”. Ormai ci si è spinti troppo oltre e, come in Ucraina la pace ritornerà solo dopo una de-nazificazione completa, così nel Medio Oriente la pace arriverà solo in seguito alla totale de-tafkirizzazione della regione, che comprende anche Arabia Saudita e Qatar. A quelli che mi accusano di essere naif per quanto riguarda la prospettiva di liberare l’Ucraina dai Nazisti e il Medio Oriente dai Wahabiti, risponderò unicamente con una semplice e basilare domanda: pensate davvero che si possa fare la pace con i Nazisti e i Tafkiri? Pensate che questi possano semplicemente “mettere da parte” la loro pazzia allucinatoria e diventare una forza politica “normale”? O credete veramente che liberare il Donbass e la Siria da questi demoni, per poi lasciarli al potere nel resto dell’Ucraina o del Medio Oriente, porterà veramente la pace al Donbass o alla Siria?
La verità è che la guerra in Ucraina terminerà solo quando tutta l’Ucraina sarà liberata, proprio come terminerà in Medio Oriente solo dopo la sua completa liberazione. Questo potrà piacervi o no, a me sicuramente non piace, ma la realtà non è mai dipesa dai nostri gusti. Questa sarà una guerra lunga.