Crisi Siriana
Il presidente Erdogan è furioso
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Crisi siriana, febbraio 2016 - Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha manifestato la sua collera nei confronti degli Stati Uniti, accusati di aiutare i “terroristi” curdi nella guerra contro Daesh (nella foto, unità delle YPG curde)
Cf2R (Centre Français de Recherche sur le Renseignement) 12 febbraio 2016 (trad. ossin)
Il presidente Erdogan è furioso
Alain Rodier
Febbraio 2016: il presidente Recep Tayyip Erdogan ha manifestato la sua collera nei confronti degli Stati Uniti, accusati di aiutare i “terroristi” curdi nella guerra contro Daesh. In particolare, ha dichiarato: “Dopo che vi siete rifiutati di riconoscerli (come una organizzazione terrorista, nda), la regione si è trasformata in un mare di sangue (…) Hey, America! Non potete costringerci a riconoscere il PYD (Partito dell’unione democratica) o le YPG (Unità di protezione del popolo, le milizie del PYD). Noi li conosciamo benissimo, come conosciamo bene anche Daesh”.
Unità delle YPG curde
Martedì 9 febbraio, John Bass, l’ambasciatore degli Stati Uniti in Turchia, è stato convocato al Ministero degli affari esteri turco, dopo le dichiarazioni rese il giorno precedente, dal portavoce del Dipartimento di Stato USA, secondo cui il PYD non è un movimento terrorista. Il giorno dopo il presidente Erdogan ha ripreso, ancora una volta, a porsi interrogativi sulla realtà del partenariato tra la Turchia e gli Stati Uniti.
L’appoggio degli Stati Uniti ai Curdi di Siria
Gli Stati Uniti ripongono molte speranze nella coalizione delle Forze democratiche siriane (FDS) che raggruppa: le unità dell’YPG (1) e dell’YPJ (unità femminili) e altre forze arabe e siriache. Le YPG hanno reso pubblica, nel settembre 2015, la seguente dichiarazione: “I rapidi sviluppi in ambito politico e militare (in Siria) richiedono la costituzione di una forza militare nazionale unita per tutti i Siriani, comprendente Curdi, Arabi, Siriaci e tutti gli altri”. Questa coalizione è ufficialmente composta dalle YPG/YPJ, da Jaysh al-Thuwar (Esercito dei ribelli), dalle milizie tribali Al-Sanadid, dalla brigata dei gruppi di Al-Jazira e dello stato maggiore Bourkan al-Firat. Non si tratta di una novità, giacché questi movimenti già coordinavano la loro azione attraverso uno stato maggiore comune per combattere Daesh durante la difesa di Kobane, e poi ancora durante la conquista di Tall Abyad (2), nella primavera del 2015. E’ importante evidenziare che si tratta di forze che non sono mai entrate in conflitto con quelle di Bachar el-Assad, che già nel 2011-2012 ha evacuato le zone curde (3).
Dall’ottobre 2015, gli Statunitensi riforniscono di armi e munizioni questa coalizione nella regione di al-Hasakah, posta al nord-est della Siria. Ankara si è sempre mostrata ostile a questi aiuti USA ai Curdi siriani. E’ d’altronde per questa ragione che Washington non menziona mai come proprio interlocutore il PYD, ma piuttosto la coalizione (FDS). Una importante eccezione vi è stata con la visita effettuata da Brett McGurk, un emissario del presidente Obama, che ha visitato Kobane all’inizio di febbraio 2016.
Elementi delle forze speciali USA sono stati assegnati alla FDS, ufficialmente come consiglieri. L’obiettivo è di realizzare un’offensiva verso la città di Raqqa che, all’inizio del 2016, si trovava solo a una ventina di chilometri dalle avanguardie della FDS. Una vittoria importante è stata la riconquista della diga di Tichrine sull’Eufrate, nei pressi della località Manbij, il 26 dicembre 2015, che ha reso molto più difficili i collegamenti tra Raqqa e Aleppo. Ebbene questo asse è vitale per le forze di Daesh impegnate attualmente nella battaglia di Aleppo. Aerei statunitensi – tra cui degli A-C10C Thunderbolt II – di stanza in Turchia appoggiano direttamente le forze della FDS.
Ma realizzare questa offensiva (verso Raqqa, ndt) incontra molti ostacoli. La maggior parte dei combattenti non curdi, inquadrati nelle YPG al comando di Sipan Hemo, fanno parte di gruppuscoli costituiti da abitanti di villaggi arabi o siriaci che non appartengono ad alcuna struttura, ma che sono spinti dallo spirito di resistenza contro lo Stato Islamico (IS). La loro importanza tattica è minima, perché limitata alla difesa delle parti di territorio di cui sono originari.
Se, agli esordi dell’offensiva nell’ottobre 2015, l’avanzata delle forze della FDS è stata relativamente rapida, ciò è dovuto al fatto che Daesh non ha opposto una resistenza accanita a causa della natura del terreno, inadatto al combattimento difensivo. La cosa diventerà al contrario complicata, quando saranno raggiunti i sobborghi di Raqqa, non essendovi dubbio che Daesh vorrà difendere con le unghie e con i denti la sua “capitale”, questione di prestigio. D’altronde da diverse settimane, le forze della FDS sembrano ferme.
L’obiettivo dei Curdi siriani che irrita Ankara
L’obiettivo dei Curdi siriani non è di conquistare Raqqa – città a maggioranza sunnita – della quale non sanno cosa farsene, ma di tentare di unificare tutte le zone che già controllano lungo la frontiera turca, da Al-Malikiyah nell’estremo est, fino ad Afrin, a ovest (zone in giallo sulla carta). Così potrebbero fondare il loro Stato che chiamano Rojava. Ma per fare ciò, è necessario conquistare la regione di Jarabulus – a ovest dell’Eufrate – sotto il controllo di Daesh – ed è a questa idea che Ankara si oppone ostinatamente. E’ per questa ragione che l’esercito turco è pronto a bombardare, come ha già fatto a fine ottobre, le unità delle YPG che accennassero ad attraversare l’Eufrate in direzione ovest.
Non potendo avanzare da est, le YPG beneficiano però di una novità favorevole intervenuta ad inizio 2016: l’offensiva lanciata dall’esercito regolare siriano per accerchiare la città di Aleppo e tagliare la strada dei rifornimenti provenienti dalla Turchia, all’altezza dei villaggi di Nubi e Zaahra. Ciò permette ai Curdi di rosicchiare del territorio a est, attaccando direttamente i ribelli siriani chiusi in quel che viene chiamato il “corridoio di Azaz” (la zona verde in alto a destra sulla carta), che collega Aleppo alla Turchia, all’altezza del posto di frontiera di Bab al-Salam.
Certamente, avanzano lentamente, a partire dalla regione di Afrin. In questa zona il PYD è presente in forza perché la popolazione è in maggioranza curda. Ma gli abitanti che vivono lungo la frontiera a nord di Avaz sono turkmeni e Ankara si è impegnata a difenderli. Altro fatto preoccupante, anche le forze di Daesh tentano di impadronirsi del corridoio di Azaz, a partire dalle loro posizioni nell’est (in grigio sulla carta).
Se nessun accordo ufficiale è stato mai concluso tra il PYD e Damasco, sembra però che, almeno sul terreno, operi un patto di non aggressione reciproca, se non addirittura un vero coordinamento, come è accaduto nel quartiere di Cheikh Maqsoud, nel distretto nord di Aleppo, pure a maggioranza di popolazione curda. E così, dopo avere preso il controllo di una decina di villaggi a nord-ovest di Aleppo, le YPG e i loro alleati “arabi” (conviene salvare le apparenze) hanno occupato la base aerea di Menagh, a sei chilometri a sud di Azaz. Questa era caduta nelle mani del Fronte al-Nusra e di Ahrar al-Sham nell’agosto 2013. Se i Curdi riusciranno a respingere i violenti contrattacchi attualmente lanciati dai ribelli, questa base potrebbe costituire una eccellente piattaforma, a partire dalla quale poter proseguire l’offensiva verso est, questa volta contro Daesh. Obiettivo non facile dal momento che la città di Dabiq, il simbolo stesso dell’ideologia salafita-jihadista, è a una decina di chilometri. E’ naturale pensare che Daesh farà di tutto per difenderla.
I Russi si mostrano interessatissimi all’obiettivo curdo, che è quello di chiudere la frontiera turca, attraverso cui armi e combattenti raggiungono la città di Idlib, nelle mani dell’Esercito della conquista, una coalizione di movimenti dipendenti più o meno da Al Qaeda “canale storico”. Poi si tratterà di conquistare l’ultima porzione di frontiera, controllata da Daesh fino all’Eufrate. In questa prospettiva, approvvigionamenti potranno essere forniti ai Curdi per via aerea fino a Menagh. Da notare che i Russi hanno sostenuto la conquista di questa base con attacchi aerei, e nessuno potrà biasimarli per questo dal momento che il Fronte al-Nusra è riconosciuto come “movimento terrorista” dagli USA per la sua appartenenza ad Al Qaeda “canale storico”.
Infine, per irritare un po’ di più Ankara, la Russia ha autorizzato l’apertura di un ufficio di rappresentanza del PYD a Mosca.
Conclusioni
I combattimenti che durano da settimane avrebbero spinto più di 50.000 rifugiati sulle strade; 35.000 sarebbero stati accolti in nove campi realizzati in territorio siriano, nei pressi del posto di frontiera di Bab al-Salam, dalla Mezzaluna Rossa turca e dalla Agenzia per le situazioni di emergenza e le catastrofi (AFAD).
I combattimenti proseguono nella stessa Aleppo, tra le forze siriane e i movimenti Nur al-Din al-Zanki, Liwa Suqour al Jabal e la Brigata del Nord (tutti e tre sedicenti membri dell’Esercito Libero Siriano), oltre al Fronte al-Nusra. Vi è una stretta cooperazione tra tutti questi movimenti (compreso al-Nusra, che in effetti è Al Qaeda, ndt), tanto che tutti sono in possesso di missili TOW forniti dagli USA (4).
Oramai regna la massima incertezza sul comportamento che adotterà il presidente Erdogan (nella foto a sinistra) nelle prossime settimane. L’uomo è capace di tutto, perfino di scatenare un’operazione militare in territorio siriano per stabilire la “zona tampone” (5) che invoca con tutte le forze da anni, nel tentativo di impedire la fondazione di Rojava che è la sua ossessione. Il pretesto è già trovato; la difesa dei “fratelli” turkmeni. Nessun dubbio che i Russi abbiano, nelle loro cartelline, dei piani per rispondere a questa eventualità!
Note:
(1) Il braccio armato del PYD, le cui posizioni sono effettivamente vicine a quelle del PKK, il movimento curdo separatista in Turchia;
(2) Si tratta di un posto di frontiera con la Turchia, che controlla una strada importante che porta a Raqqa, la capitale dello Stato Islamico" (IS);
(3) Vi è anche una unità curda, comandata da Abou Abdallah il Curdo, nei ranghi di Ahrar Ash-Sham, una formazione facente parte del Fronte Islamico (FI), coalizione sponsorizzata ufficialmente da Riyadh. Si chiama Fronte Islamico Curdo;
(4) Ne possiede anche Daesh, che li ha probabilmente "comprati" al mercato nero, assai fiorente sul fronte siro-iracheno;
(5) Che dovrebbe estendersi dal corridoio di Azaz incluso, fino all'Eufrate, con una profondità di una trentina di chilometri.