Crisi Siriana
I sionisti amano l’ISIS (e non lo nascondono)
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Crisi siriana, settembre 2016 - Secondo un think tank che lavora per la NATO e il governo israeliano, l’Occidente non dovrebbe distruggere ISIS/IS (Daesh), il gruppo islamista che sta realizzando un genocidio e una pulizia etnica delle minoranze in Siria e Iraq
AfriqueAsie, 30 agosto 2016 (trad. ossin)
I sionisti amano l’ISIS (e non lo nascondono)
Ben Norton*
Secondo un think tank che lavora per la NATO e il governo israeliano, l’Occidente non dovrebbe distruggere ISIS/IS (Daesh), il gruppo islamista estremista fascista che sta commettendo un genocidio e una pulizia etnica delle minoranze in Siria e Iraq
Perché? Il sedicente Stato Islamico «può essere uno strumento utile per indebolire» Iran, Hezbollah, Siria e Russia, dice il direttore, Efraim Inbar. Preservare l’esistenza di ISIS è funzionale ad un obiettivo strategico», scrive in “The Destruction of Islamic State Is a Strategic Mistake” («La distruzione di IS è un errore strategico»), un articolo pubblicato il 2 agosto.
Collaborando con la Russia nella guerra contro il gruppo estremista genocida, gli Stati Uniti stanno commettendo una «follia strategica» che «rafforzerà la potenza dell’asse Mosca-Teheran-Damasco, argomenta Inba, lasciando intendere che la Russia, l’Iran e la Siria formano una alleanza strategica per dominare il Medio Oriente. «L’Occidente dovrebbe mirare all’indebolimento dello Stato Islamico, ma non alla sua distruzione. Un IS più debole è paradossalmente preferibile alla sua sparizione».
Efraim Inbar, influente professore israeliano, è il direttore del Centro Begin-Sadat di Studi strategici, un think tank che si propone di fare avanzare «un programma realista, conservatore e sionista, per la sicurezza e la pace di Israele». Conosciuto con l’acronimo BESA, questo think tank è affiliato all’Università israeliana di Bar Ilan e finanziato dal governo israeliano, dalla NATO, da Iniziativa Mediterranea, dall’ambasciata USA in Israele e dal Carnegie Council for Ethics in International Affairs. BESA si occupa anche di «ricerche specialiste per conto dei ministeri israeliani degli affari esteri e della difesa, nonché per conto della NATO»
Nel suo articolo, Efraim Inbar suggerisce che sarebbe una buona idea prolungare la guerra in Siria – guerra che ha distrutto il paese, provocato centinaia di migliaia di morti e costretto alla fuga più della metà della popolazione. «La stabilità non è un valore di per sé, essa è auspicabile solo se è conforme ai nostri interessi. L’instabilità e le crisi hanno talvolta in sé i semi di un cambiamento positivo», scrive.
Inbar sottolinea che il «principale nemico» dell’Occidente non è l’autoproclamato Stato Islamico. E’ l’Iran. Egli accusa l’amministrazione Obama di «esagerare la minaccia rappresentata da IS, per legittimare l’Iran come un attore responsabile» che dovrà essere contrastato in Medio Oriente in futuro. Nonostante le affermazioni di Inbar, l’Iran è il nemico mortale di IS, soprattutto perché il governo iraniano è di obbedienza islamica sciita, un ramo che gli estremisti sunniti di IS considerano come una forma di apostasia. IS e i suoi affiliati hanno massacrato e ripulito etnicamente i mussulmani sciiti di Siria, Iraq e di altri luoghi.
Lo studioso sionista rileva che IS minaccia il governo siriano del presidente Bachar al-Assad. Se il governo siriano riuscisse a resistere, molti radicali estremisti tra le forze di opposizione, come al-Nusra e le sue ramificazioni, potrebbero trovare altri terreni di operazione più vicini a Parigi o Berlino. Jabhat al-Nusra è il ramo siriano di Al Qaeda e uno dei gruppi ribelli più forti del paese. Recentemente ha cambiato il suo nome in Jabhat Fatah al-Sham.
Anche Hezbollah, «la milizia libanese che riceve armi e aiuti dall’Iran», è «messa duramente alla prova per la sua lotta contro IS, una situazione utile agli interessi occidentali», scrive Inbar. «Lasciare che dei ‘ragazzacci’ uccidano altri ‘ragazzacci’ sembra una cosa assai cinica, ma è necessario, addirittura morale, farlo se questo può tenerli occupati e ridurre la loro capacità di fare del male ai ‘bravi ragazzi», spiega.
Qualche giorno dopo la pubblicazione dell’articolo di Inbar, David M. Weinberg, il direttore degli affari pubblici del centro BESA, scriveva un editoriale sullo stesso argomento, intitolato «Bisogna eliminare IS?» sul Israël Hayom, un giornale israeliano di destra indipendente e molto diffuso, fondato dal miliardario conservatore Sheldon Adelson, un grande sostenitore del programma del Primo Ministro di destra Benjamin Netanyahu.
Nell’editoriale, Weinberg difende le argomentazioni del suo collega e definisce IS un «utile idiota». Secondo lui, l’accordo sul nucleare tra Stati Uniti e Iran fa «schifo» e l’Iran e la Russia rappresentano «una minaccia ben più grande del pericolo terrorista dello Stato Islamico»
Weinberg descrive anche BESA come «un luogo di fermenti intellettuali e di creatività politica», senza dire che ne è lui il direttore per gli affari pubblici. Dopo avere citato le repliche di altri due esponenti del suo think tank che sono in disaccordo con i convincimenti dei loro colleghi, Weinberg conclude: «L’unica cosa certa è che l’Ayatollah Khamenei si starà certamente divertendo osservando questo dibattito aperto, tipicamente occidentale.»
Sul suo sito, Weinberg include BESA in una lista di risorse per la «Hasbara», la propaganda filo-israeliana. Nella lista figurano anche l’organizzazione sedicente di difesa dei diritti civili, la Anti-Defamation League, e altri tink tanks filo-Israele, come il Middle East Media Research Institute (MEMRI) e il Washington Institute for Near East Policy (WINEP).
Weinberg ha molto lavorato col governo israeliano ed è stato anche portavoce dell’Università di Bar Ilan. Si presenta anche sul suo sito come «un cronista e un lobbysta, critico affilato dei detrattori di Israele e delle correnti post-sioniste in Israele».
Pure Efraim Inbar si gratifica di simili lodi fanfaronesche. E’ stato membro del Comitato strategico politico per il National Planning Council israeliano, membro del Comitato accademico del dipartimento di storia dell’esercito israeliano e presidente del Comitato per il programma nazionale di sicurezza del ministero dell’Educazione. Sciorina poi una prestigiosa carriera universitaria: ha insegnato all’Università Johns Hopkins ed a Georgetown, ed è stato assistente ad Harvard, al MIT, a Columbia, Oxford e Yale. Efraim Inbar, Israeliano di origine rumena, è stato borsista del Centro Internazionale Woodrow Wilson e premiato al concorso Manfred Wörner della NATO (1998), che seleziona dissertazioni su soggetti molto «Guerra fredda».
La strategia che Inbar e Weinberg propongono – consentire indirettamente ad un gruppo islamista fascista di continuare a combattere contro nemici occidentali – non è completamente nuova nei circoli statunitensi e israeliani di politica estera. Ricorda molto la politica USA della Guerra Fredda, che consisteva nell’appoggiare gli estremisti islamisti di estrema destra per combattere i comunisti e i nazionalisti di sinistra.
Durante la guerra dell’Afghanistan, negli anni 1980, la CIA e gli alleati pachistani e sauditi degli USA hanno armato addestrato e finanziato i fondamentalisti islamisti per combattere contro l’Unione Sovietica e il governo socialista sostenuto dai Sovietici. I ribelli aiutati dagli Stati Uniti, conosciuti come «Mujaheddin», erano i predecessori di Al Qaeda e dei Talebani.
Negli anni 1980, Israele ha adottato una politica simile. Ha appoggiato dei gruppi islamisti di destra come Hamas per indebolire l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, l’OLP, una coalizione di partiti nazionalisti e comunisti di sinistra. «Mi spiace molto dirlo, ma Hamas è una creazione di Israele», ha dichiarato al Wall Street Journal, Avner Cohen, un funzionario israeliano che ha lavorato a Gaza per vent’anni.
Già nel 1957, il presidente Dwight Eisenhower diceva con insistenza che, per combattere i movimenti di sinistra in Medio Oriente, occorreva «fare tutto il possibile per rafforzare l’aspetto ‘guerra santa’».
* Ben Norton è un giornalista politico di Salon (www.salon.com), un magazine on line californiano molto alternativo e progressista, fondato nel 1995 da David Talbot.