ProfileCrisi siriana, 30 gennaio 2018 - L'intervento turco contro i Curdi di Afrin, in Siria, può portare all'uscita della Turchia dalla NATO. Tutto dipende dall'esito dell'attuale scontro tra gli esponenti filo-Israele/filo-Curdi dell'amministrazione USA e quelli filo-Turchia (nella foto, l'operazione militare turca)

 

Moon of Alabama, 25 gennaio 2018 (trad.ossin)
 
Chi ha perso la Turchia ?
Moon of Alabama
 
Il progetto statunitense-curdo in Siria minaccia la NATO
 
 
Negli anni 1950, gli ambienti politici statunitensi sono stati intossicati da una campagna di accuse infondate contro alcuni esperti del Dipartimento di Stato, accusati di aver perso la Cina. Se l’amministrazione Trump proseguirà su questa strada, sarà forse presto accusata di qualcosa di simile. Quelli che saranno accusati di avere « perso la Turchia » saranno ancora una volta coloro che hanno avvertito del pericolo e non i veri colpevoli.
 
L’attacco turco contro il distretto siriano di Afrin tenuto dai Curdi non progredisce tanto rapidamente come i Turchi avevano sperato. La fanteria è costituita da forze turche per procura in Siria. Questi Ceceni, Uiguri, Turcomanni e altri takfir sono carne da cannone e non una componente bene integrata nell’esercito.
 
 
I Curdi conoscono il loro territorio montagnoso, sono bene armati e pronti a battersi. Possono resistere parecchio. Politicamente, saranno ancora loro a perdere di più nel conflitto. L’articolo del quale ho dato il link più sopra (in italiano), dice che i dirigenti curdi delle YPG  /PKK hanno respinto l’offerta dei governi siriano e russo che avrebbe potuto convincere i Turchi a non attaccarli. L’offerta è ancora valida, ma più i Curdi aspettano, meno le condizioni saranno favorevoli.
 
Elijah Magnier ha appena pubblicato maggiori dettagli su questa offerta; ecco la sua analisi della situazione strategica:
 
 
« Gli Stati Uniti osservano interessati l’esercito turco e sarebbero felici se Erdogan si rompesse il muso contro la roccia curda di Afrin, perdendo la faccia. Di fatto, gli Stati Uniti hanno fornito armi anticarro, che già sono utilizzate dai Curdi contro l’esercito turco (molti carri hanno riportato danni durante l’attacco contro Afrin).
 
(…)
 
Gli Stati Uniti non capiscono che Ankara non vuole uno ‘Stato’ curdo ricco e bene armato alle sue frontiere, né capiscono perché non abbia colto l’offerta allettante e generosa degli Stati Uniti [di una « zona di sicurezza » (vedi qui sotto)]. Infatti gli Stati Uniti offrono un territorio che, non solo non appartiene loro, ma che è di fatto occupato dagli Statunitensi nel nord est della Siria.
 
Gli Stati Uniti saranno una delle parti perdenti di questa battaglia, qualunque ne sia il risultato, perché la Turchia proseguirà le sue operazioni fino alla disfatta dei Curdi, sia che questo avvenga attraverso la guerra o attraverso il ritorno di Afrin sotto il controllo del governo centrale [siriano]. »
 
 
Io non sono certo che la predizione di Elijah Magnier si avveri. E’ ancora possibile che la Turchia cambi di campo e si unisca (una volta di più) all’operazione statunitense di « regime change » in Siria.
 
Questo dipenderà da chi uscirà vincitore dal conflitto che, nell’esercito USA, oppone le forze favorevoli ai Turchi a quelle favorevoli ai Curdi. Se vincesse il campo filo turco, Erdogan si potrebbe veder proporre un nuovo accordo ed essere tentato dal cambiare nuovamente di campo e passare dalla sua attuale posizione filo-russa (filo-Damasco?) ad una filo-NATO/Stati Uniti. (C’è anche una piccola possibilità che la Turchia abbia già un accordo segreto con l’amministrazione USA, ma non ne vedo alcun indizio).
 
Fin dall’inizio del conflitto in Siria, la Turchia ha lavorato con gli Stati Uniti, la NATO, i Sauditi e i Qatariani contro il governo siriano. Ha sostenuto la posizione saudita e statunitense di « regime change », ha lasciato passare decine di migliaia di terroristi attraverso le sue frontiere e fornito decine di migliaia di tonnellate di armi e altre forniture alle forze che combattevano contro il governo siriano. Alla fine è entrata in scena la Russia, ha sconfitto i Takfir, ha esercitato una forte pressione sulla Turchia e le ha offerto nuovi accordi economici. Nello stesso momento, gli Stati Uniti hanno tentato un « regime change » ad Ankara e si sono alleati col YPG / PKK curdo in Siria e in Iraq.
 
Erdogan, controvoglia, ha cambiato campo e lavora adesso con la Russia (e la Siria) per porre fine alla guerra. Il « regime change » a Damasco è diventato uno scenario improbabile e lui non lo sostiene più. Nello stesso tempo, è sempre pronto a investire denaro e forze per tentare di non sprecare completamente gli investimenti già fatti nella guerra di Siria. Prendere Afrin e annetterla ad una Turchia in espansione sarebbe un modo di farlo. E’ chiaro che si propone sempre come obiettivo l’espansione territoriale. Gli Stati Uniti gliene offrono adesso l’occasione sotto forma di una zona di sicurezza in Siria :
 
 
Traduzione:
 
Ilhan tanir @WashingtonPoint – 19h50 – 24 jan 2018
 
« Questa carta viene presentata per tutto il giorno dalle televisioni turche come la futura zona di sicurezza della Turchia alla frontiera siriana.
 
Sembra sia stata approvata dal Segretario di Stato Tillerson per quanto nessuno da parte USA lo abbia confermato ».
 
 
Se gli Stati Uniti hanno effettivamente offerto questa « zona di sicurezza » (Tillerson oggi non ha smentito di averla fatta), hanno ricevuto una risposta abbastanza fredda:
 
 
« La proposta di Washington per la creazione di una ‘zona di sicurezza’ lungo la frontiera turca di 911 chilometri con la Siria ha ricevuto una risposta piuttosto fredda da parte di Ankara ; il ministro degli Affari Esteri Mevlüt Çavuşoğlu ha suggerito agli Stati Uniti di fare i primi passi per ‘ristabilire un clima di fiducia‘ tra i due alleati prima di discutere di questioni militari.
 
(…)
 
‘Gli Stati Uniti devono cessare di fornire armi alle YPG. Devono ottenere che le YPG si ritirino da Manbij se vogliono ristabilire un clima di fiducia con la Turchia… Vedremo se queste richieste saranno accolte‘ ha dichiarato Mevlüt Çavuşoğlu ».
 
 
E’ la creazione, appoggiata dagli Stati Uniti, di uno Stato curdo nel nord est della Siria, che costituisce la principale preoccupazione di Ankara sul piano della sicurezza. Nessuna « zona di sicurezza » cambierà nulla se l’esercito USA continuerà a costruire e alimentare una « forza di frontiera » curda capace di penetrare nel ventre sud-est della Turchia, oggi, domani, o tra dieci anni. Se gli Stati Uniti non rinunceranno al loro progetto e non si ritireranno dalla regione, la Turchia continuerà a battersi contro questo progetto, con la forza, se necessario.
 
Il popolo turco approva la lotta contro i Curdi aiutati dagli Stati Uniti ed è pronto a pagarne il prezzo. I dirigenti curdi delle YPG hanno rivendicazioni deliranti, in quanto sopravvalutano la loro posizione politica. Gli Stati Uniti non possono avere tutto: la Turchia come alleato e un mini Stato per procura curdo. Devono scegliere.
 
Ieri, il presidente Trump e Erdogan hanno discusso al telefono della situazione. Non ha prodotto grandi risultati. Il linguaggio usato nel resoconto ufficiale della Casa Bianca del colloquio telefonico è duro:
 
 
« Il presidente Donald J. Trump ha conversato oggi per telefono col presidente turco  Recep Tayyip Erdogan. Il presidente Trump ha reso noto le sue preoccupazioni per l’escalation di violenze a Afrin, in Siria, che rischia di compromettere i nostri comuni obiettivi in Siria. Ha insistito perché la Turchia freni e limiti le sue azioni militari per evitare perdite civili e l’aumento del numero di persone sfollate e di rifugiati.
 
(…)
 
Il Presidente Trump si è anche dichiarato preoccupato dalla retorica distruttiva e bugiarda della Turchia, oltre che per i cittadini statunitensi e i lavoratori locali, detenuti nel quadro di uno stato di emergenza prolungato in Turchia.
 
 
La parte turca nega che sia stato questo il linguaggio usato, e perfino di avere discusso di simili questioni:
 
 
Il resoconto della Casa Bianca è diverso da quanto è stato davvero oggetto di discussione tra i Presidenti turco e statunitense durante la telefonata di mercoledì, secondo fonti dell’Agenzia Anadolu.
 
Parlando con garanzia di anonimato a causa delle restrizioni al diritto di comunicare coi media, queste fonti hanno dichiarato che il presidente Donald Trump non ha mai fatto cenno alla sua preoccupazione per ‘l’escalation di violenza ad Afrin’ durante la telefonata col presidente Recep Tayyip Erdogan.
 
(…)
 
Le fonti hanno anche sottolineato che il presidente Trump non ha usato le parole ‘retorica distruttiva e bugiarda proveniente dalla Turchia’.
 
(…)
 
Hanno ancora dichiarato che non vi è stata alcuna discussione sull’attuale stato di emergenza in Turchia ».
 
 
Capita molto raramente che venga contestato il contenuto di questi resoconti. E’ la Turchia che gioca sporco o c’è qualcuno alla Casa Bianca che ha infilato nel resoconto delle parole più dure di quelle realmente usate durante la telefonata?
 
Trump aveva in generale buone relazioni con Erdogan e il linguaggio del resoconto non gli assomiglia. La parte turca ha anche aggiunto:
 
 
« Rispondendo alla pressante richiesta del Presidente Erdogan a Washington di cessare le forniture di armi ai terroristi PYD / YPG in Siria, in nome della comune lotta contro il terrorismo, il Presidente Trump ha dichiarato che gli Stati Uniti non forniscono più armi alle PYD / YPG » hanno aggiunto le fonti.
 
 
Già a novembre, i Turchi avevano detto che Trump aveva promesso di bloccare le forniture d’armi alle forze delle YPG nell’est della Siria. Ma la Casa Bianca è stata evasiva sulla questione e il Comando centrale militare USA  non ha rispettato la promessa. Se è corretto quanto dice Magnier nel suo articolo, CentCom ha anche fornito missili anticarro ai Curdi di Afrin.
 
Già da un po’ di tempo, affermo che ci sono opinioni differenti alla Casa Bianca, e soprattutto al Pentagono, sulla Turchia e i Curdi. I falchi realisti e i filo NATO stanno dalla parte della Turchia, mentre i neocon « liberali » stanno dalla parte dei Curdi. Ieri ne ha parlato il New York Times:
 
 
« Martedì la Casa Bianca ha mandato un messaggio per calmare il presidente turco, che faceva intendere che gli Stati Uniti stavano allentando il loro appoggio ai Curdi siriani.
 
Questo messaggio è stato immediatamente contraddetto dal Pentagono, che ha dichiarato che avrebbe continuato a sostenere i Curdi, anche se la Turchia invadesse il territorio che essi controllano nel nord ovest della Siria ».
 
 
L’ex direttore del Council of Foreign Relations, Richard Haass, è filo curdo. Dice a proposito dell’articolo del NYT più su menzionato:
 
 
Traduzione:
 
Richard N. Haass @RichardHaass – 12 h 00 – 24 jan 2018
 
« Il Pentagono ha ragione; gli Stati Uniti dovrebbero lavorare coi Curdi in Siria per delle ragioni morali e strategiche. Una rottura con la Turchia di Erdogan è inevitabile, se non su questa questione, allora su altre. E’ tempo che il Ministero della Difesa si prepari a rimpiazzare la base di Incirlik. »
 
 
Non è solo la base aerea di Incirlik ad essere insostituibile per il comando sud della NATO. La Turchia controlla anche l’accesso al mar Nero e ha dunque voce in capitolo sulle potenziali operazioni della NATO contro il sud della Russia e la Crimea.
 
In un articolo di opinione su Bloomberg, l’ex-comandante supremo degli Stati Uniti d’America della NATO Stavridis assume una posizione filo turca:
 
 
« Attualmente Washington tenta di mantenere una posizione precaria di equilibrio, da un lato sostenendo i suoi ex compagni di combattimento curdi e tentando, dall’altro, di non distruggere le sue relazioni con la Turchia. Ma il margine di manovra si fa sempre più stretto e bisognerà scegliere. Che cosa devono fare gli Stati Uniti?
 
(…)
 
Semplicemente, noi non possiamo permetterci di « perdere » la Turchia.
 
(…)
 
I Turchi hanno una economia forte e diversificata, una popolazione giovane e in crescita, e sono rimasti fedeli agli Stati Uniti per la maggior parte del dopo guerra. La loro importanza su scala regionale e mondiale continuerà a crescere nel XXI secolo. Sì, i responsabili USA possono e devono criticare le azioni turche quando violino il diritto internazionale o i diritti dell’uomo – ma devono farlo in privato, almeno in questa fase.
 
(…)
 
L’interesse strategico globale degli Stati Uniti è che la Turchia resti allineata sulla NATO e la comunità transatlantica. Sarebbe un errore geopolitico di proporzioni quasi epiche vedere la Turchia uscire da questa orbita e finire con l’allinearsi alla Russia e all’Iran nel Levante ».
 
 
Non si capisce bene dove si collochi l’amministrazione Trump in questa competizione tra posizioni filo curde e filo turche. Per esempio, da che parte sta il segretario alla Difesa Mattis, e da che parte sta il consigliere per la Sicurezza nazionale McMaster ? Questo estratto dell’articolo del NYT qui sotto lascia pensare che tirino in direzioni opposte:
 
 
« Da parte sua, la Casa Bianca ha sconfessato un piano dell’esercito USA per creare una forza guidata dai Curdi nel nord est della Siria, al quale la Turchia si è vivamente opposta.
 
(…)
 
Questo piano, ha dichiarato martedì un alto funzionario dell’amministrazione, è stato elaborato da pianificatori militari di livello intermedio e mai seriamente discusso, neppure ufficialmente presentato, ai livelli alti della Casa Bianca o del Consiglio per la Sicurezza nazionale.
 
(…)
 
Ma il Pentagono ha pubblicato la sua dichiarazione proprio martedì, confermando la decisione di creare una forza a guida curda ».
 
 
Discutendo delle relazioni della NATO con la Turchia, diversi « esperti » occidentali pensano che l’attuale situazioni nuoccia alla NATO, ma nessuno di loro crede che la Turchia lascerà davvero l’Alleanza:
 
 
« La NATO ha bisogno della Turchia e non può permettersi di spingerla ancora di più nelle braccia della Russia. Anche Erdogan ha bisogno della NATO. E’ andato troppo oltre in Siria e nella lotta contro i Curdi, ed è isolato nella UE. Le sue relazioni con Mosca sono problematiche e non vuole dovere affrontare Putin senza la NATO. E’ una alleanza che resta basata su reali interessi strategici e che proseguirà ancora per molto tempo dopo Erdogan ».
 
 
Forse, ma io non ne sono tanto certo.
 
L’ultima cosa che l’UE vuole attualmente e/o di cui ha bisogno, è della Turchia tra i suoi membri. Gli Stati Uniti hanno perpetrato un colpo di Stato contro Erdogan, e il loro progetto curdo minaccia gli interessi strategici della Turchia. La continua pressione di Trump perché Gerusalemme venga « ritirata dal tavolo » dei negoziati israeliano-palestinesi costituisce un insulto per tutti i mussulmani. Una Turchia sempre più islamica non l’accetterà mai. L’approvvigionamento in gas naturale della Turchia dipende dalla Russia e dall’Iran. La Russia costruisce delle centrali nucleari in Turchia e sta fornendole sistemi di difesa aerei capaci di resistere agli attacchi statunitensi. La Russia, l’Iran, l’Asia centrale e la Cina sono mercati per i prodotti turchi.
 
Se fossi al posto di Erdogan, sarei molto tentato dal lasciare la NATO e stringere alleanza con la Russia, la Cina e l’Iran. A meno che gli Stati Uniti non cambino rotta e cessino di sostenere i Curdi, la Turchia continuerà ad allentare i legami con l’ex alleanza. L’esercito turco ha fino ad ora bloccato ogni rottura con la NATO, ma oramai ci sono perfino ufficiali anti Erdogan che sono d’accordo con lui.
 
Se gli Stati Uniti facessero una vera offerta alla Turchia e adottassero una nuova posizione, potrebbero riuscire a riportare la Turchia nel girone della NATO. Ma la Casa Bianca di Trump è capace di sfidare gli orientamenti filo-Israele/filo-Curdi e tornare ad un approccio più realista?
 
Se non ne è capace, la risposta alla domanda « Chi ha perso la Turchia ? » non sarà difficile da trovare.
 
 
 
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