Crisi Siriana
Escalation in Siria contro la Russia
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Crisi siriana, 24 febbraio 2018 - La situazione in Siria ha di recente preso una brutta piega, e vi è una crescente quantità di prove che la forza di intervento russa sia attualmente bersaglio di una campagna sistematica di « attacchi persecutori »...
The Unz Review, 16 febbraio 2018 (trad. ossin)
Escalation in Siria contro la Russia
The saker
La situazione in Siria ha di recente preso una brutta piega, e vi è una crescente quantità di prove che la forza di intervento russa sia attualmente bersaglio di una campagna sistematica di « attacchi persecutori »
Per primo, c’è stato l’attacco con droni e mortai (piuttosto ben riuscito) contro la base aereospaziale russa di Khmeimin. Poi c’è stato l’abbattimento di un SU-25 russo sulla città di Maasran, nella provincia di Idleb. Ora sentiamo parlare di vittime russe nel raid statunitense contro una colonna siriana (con affermazioni esagerate su « centinaia » di Russi rimasti uccisi). Nel primo caso, i responsabili russi hanno apertamente espresso il forte sospetto che l’attacco, se non direttamente pianificato e messo in esecuzione dagli Stati Uniti, fosse stato almeno coordinato con le loro forze di prossimità. Nel caso del SU-25 abbattuto, non è stata formulata alcuna accusa esplicita, ma molti esperti hanno dichiarato che l’altezza alla quale il SU-25 è stato colpito suggerisce un MANPAD abbastanza moderno, del genere mai visto in Siria (una non troppo sottile allusione al fatto che potrebbero essere stati degli Stingers USA forniti ai Curdi dagli Stati Uniti). Quanto all’ultimo attacco contro la colonna siriana, oggetto di discussione non è tanto chi ne sia l’autore, quanto piuttosto il tipo di personale russo che è rimasto coinvolto, esercito russo o milizie private (quest’ultima spiegazione apparendo più probabile, in quanto la colonna siriana non disponeva di copertura aerea). Presi separatamente, nessuno di questi incidenti è particolarmente significativo. Ma considerati nell’insieme, potrebbero essere indizio di una nuova strategia statunitense in Siria: punire i Russi il più possibile, senza ricorrere ad un attacco manifesto. Questa ipotesi mi sembra plausibile per le seguenti ragioni:
Innanzitutto, Stati Uniti e Israele fremono ancora di umiliazione e di rabbia impotente a causa della loro sconfitta in Siria: Assad è ancora al potere, Daesh è più o meno sconfitto, i Russi hanno avuto successo, non solo nelle operazioni militari contro Daesh, ma anche nella loro campagna per portare quanti più « bravi terroristi » possibile al tavolo dei negoziati. Con la conclusione di una conferenza riuscita sulla Siria in Russia, e l’accordo generale di tutte le parti per cominciare a lavorare ad una nuova Costituzione, c’era il serio pericolo che scoppiasse la pace, una cosa contro cui gli Anglosionisti sono assolutamente determinati ad opporsi (date un’occhiata a questo documento apparentemente hackerato. Se autentico, dice chiaramente che la politica USA non permetterà ai Russi di fare nulla di nulla).
In secondo luogo, sia Trump che Netanyahu hanno promesso di cogliere molte « vittorie » per dimostrare come sono virili e forti (a paragone con le femminucce che li hanno preceduti). Cominciare una Guerra aperta contro i Russi sarebbe certamente una « prova di virilità », ma anche molto pericoloso. Uccidere dei Russi « ai margini » per così dire, con una plausibile possibilità di smentita o, in alternativa, uccidere i mercenari russi, è un’opzione molto più sicura e quindi molto più allettante.
In terzo luogo, si avvicinano le elezioni presidenziali in Russia e gli Statunitensi continuano ad aggrapparsi alla loro stupida idea che, creando dei fastidi a Putin (sanzioni o soldati morti in Siria) potrebbero influenzare negativamente la sua popolarità. (In realtà ottengono l’effetto contrario, ma sono troppo ottusi e ignoranti per capirlo).
Ultimo, ma non meno importante, gli Anglosionisti hanno da tempo perduto la capacità di realizzare effettivamente qualche cosa, e la loro posizione logica di ripiego è di non permettere a nessun’altro di avere successo. E’ questo lo scopo principale di tutto il dispiegamento USA nel Nord della Siria: creare difficoltà alla Turchia, all’Iran, alla Siria e, ovviamente, alla Russia.
La linea di fondo è questa: siccome gli USA hanno dichiarato di voler restare (illegalmente) in Siria fino quando la situazione non si « stabilizzerà », devono fare tutto il possibile per destabilizzare il paese. Sì, c’è una sorta di logica perversa in tutto questo …
Per la Russia, tutte queste cattive notizie possono riassumersi nel modo seguente: mentre la Russia è riuscita a sconfiggere Daesh in Siria, è ancora lontana dall’aver battuto gli Anglosionisti in Medio oriente. La buona notizia, però, è che possiede i mezzi per fronteggiare questa situazione.
Fase uno: incoraggiare i Turchi
La Russia ha un modo, apparentemente illogico ma per molti versi ideale, per fronteggiare l’invasione USA della Siria: coinvolgere i Turchi. Come? Non attaccando direttamente le forze statunitensi, ma attaccando le milizie curde dietro le quali attualmente si « nascondono » (almeno politicamente) gli Statunitensi. Pensateci: mentre gli Stati Uniti (o Israele) non si farebbero alcuno scrupolo di attaccare le forze siriane o iraniane, attaccare le forze turche comporterebbe un immenso rischio politico: dopo il tentativo di colpo di Stato appoggiato dagli Stati Uniti contro Erdogan e, per aggiungere il danno alla beffa, il sostegno statunitense alla creazione di un « mini-Kurdistan » in Iraq e in Siria, le relazioni turco-USA sono ai minimi storici e non ci vorrebbe molto a spingere i Turchi oltre il limite, con conseguenze potenzialmente catastrofiche per gli Stati Uniti, l’Unione Europea, la NATO, il CENTCOM, Israele e tutti gli interessi anglosionisti nella regione. Davvero non è da sottovalutare l’importanza strategica della Turchia per l’Europa, il Mediterraneo e il Medio Oriente, e gli Stati Uniti lo sanno. Da qui scaturisce una conseguenza molto concreta, anche se poco compresa: le forze armate turche in Siria godono fondamentalmente di ciò che definirei una « immunità politica » contro qualsiasi attacco USA, vale a dire che poco importa (o quasi) quel che fanno i Turchi, gli Stati Uniti non prenderanno (quasi) mai in considerazione l’idea di ricorrere apertamente alla forza contro di loro, molto semplicemente perché le conseguenze, diciamo, di un attacco aereo USA contro una colonna dell’esercito turco sarebbero troppo gravi.
Le relazioni, infatti, tra Stati Uniti e Turchia sono tanto cattive e unilaterali, che io vedo un attacco contro una colonna o una posizione curda (o di « terroristi buoni »), comprendente anche forze speciali USA, molto più probabile di un attacco USA contro una colonna dell’esercito turco. Tutto questo può sembrare illogico, ma ipotizziamo che i Turchi abbiano attaccato una colonna o una posizione curda (o di « terroristi buoni » comprensive anche di soldati USA) e che alcuni di questi soldati USA siano morti. Cosa farebbero/potrebbero fare gli Stati Uniti? Delle rappresaglie? Fuori questione! Non solo l’idea che gli Stati Uniti attacchino un paese membro della NATO è del tutto impensabile, ma nell’eventualità vi sarebbe molto probabilmente la pretesa dei Turchi che gli Stati Uniti/NATO si ritirino completamente dal territorio e dallo spazio aere turco. In teoria gli Stati Uniti potrebbero chiedere agli Israeliani di fare il lavoro sporco al posto loro, ma gli Israeliani non sono stupidi (anche se sono pazzi) e non avrebbero alcun interesse ad avviare una guerra con la Turchia a causa di un problema creato dagli Stati Uniti in un « mini-Kurdistan », per paura che del sacro « sangue ebraico » possa essere versato per qualche goyim (non ebreo, ndt), fondamentale privo di alcun valore.
No, se i Turchi uccidessero effettivamente dei soldati USA, ci sarebbero proteste e un’ondata di « consultazioni » e altre azioni simboliche ma, alla fine, gli Stati Uniti incasserebbero le perdite e non farebbero niente. Quanto a Erdogan, la sua popolarità nel paese diventerebbe solo più forte. Quello che tutto questo concretamente significa è che, se c’è un attore in grado di intralciare seriamente le operazioni degli Stati Uniti nel nord della Siria, o addirittura costringerli a ritirarsi, è la Turchia. Questa posizione particolare attribuisce anche ala Turchia un notevole potere contrattuale nei confronti della Russia e dell’Iran, del quale sono certo che Erdogan userà a suo profitto. Fino ad ora Erdogan ha solo minacciato di dare uno « schiaffo ottomano » agli Stati Uniti, e il segretario di Stato Tillerson è in viaggio verso Ankara per tentare di evitare un disastro, ma la richiesta turca che gli Stati Uniti facciano una scelta tra i Turchi e i Curdi nel conflitto limita seriamente ogni possibilità di una vera svolta (la lobby israeliana essendo schierata al 100% coi Curdi). Non bisogna mai dire mai, ma io sostengo che ci vorrebbe qualcosa come un miracolo, a questo punto, per salvare le relazioni turco-USA. La Russia può tentare di capitalizzare su questa dinamica.
Il punto più debole di tutto questo ragionamento è ovviamente che gli Stati Uniti sono ancora sufficientemente potenti , anche in Turchia, e che sarebbe molto pericoloso per Erdogan tentare di confrontarsi apertamente con lo zio Sam e sfidarlo. Finora Erdogan ha agito con audacia e in aperta sfida agli Stati Uniti ma comprende anche i rischi di spingersi troppo oltre e, dal suo punto di vista, prendere anche solo in considerazione questi rischi deve comportare prospettive di grandi vantaggi per lui. Qui i Russi hanno due opzioni di base: o promettere ai Turchi qualcosa di molto attraente, o lavorare perché peggiorino ulteriormente le attuali relazioni tra Stati Uniti e Turchia. La buona notizia è che gli sforzi russi di seminare zizzania tra i due trovano grandi aiuti nell’appoggio fornito dagli USA a Israele, ai Curdi e ai gulenisti.
L’altro rischio evidente è che ogni operazione anti-curda possa trasformarsi in una nuova divisione della Siria, stavolta ad opera dei Turchi. La realtà però è che i Turchi non possono restare troppo in Siria, soprattutto se Russia e Iran si oppongono. C’è anche il problema del diritto internazionale, che gli USA possono ignorare molto più agevolmente dei Turchi.
Per tutti questi motivi, utilizzare i Turchi per fare pressioni sugli Stati Uniti ha i suoi limiti. Tuttavia, se i Turchi continuano ad insistere perché gli Stati Uniti cessino di sostenere i Curdi, o se continueranno a fare pressione sulle milizie curde, tutto il concetto statunitense di un « mini-Kurdistan » appoggiato dagli Stati Uniti va in fumo e, con lui, tutto il loro piano di spartizione della Siria.
Fin qui gli Iracheni hanno velocemente trattato la questione del « mini-Kurdistan » appoggiato dagli Stati Uniti in Iraq, e i Turchi prendono attualmente le misure necessarie per occuparsene in Siria, fino a che il problema non sarà risolto. I Turchi non hanno alcun interesse ad aiutare Assad né, d’altronde, Putin e non si curano di quel che accade in Siria finché il loro problema curdo è sotto controllo. Ciò significa che i Siriani, i Russi e gli Iraniani non dovranno riporre troppe speranze nel fatto che i Turchi potrebbero rivoltarsi contro gli Stati Uniti, a meno che ovviamente non si producano circostanze adeguate. Solo il futuro ci dirà se i Russi e l’Iran saranno capaci di contribuire a crearle.
Fase due: dotare la Siria di difese aeree mobile a corto e medio raggio
Attualmente nessuno sa che tipo di sistema di difesa aerea i Russi abbiano fornito ai Siriani negli ultimi anni, ma è questa la strada che devono percorrere i Russi: fornire molti sistemi di difesa aerea moderni e mobili ai Siriani. Anche se costosa, la soluzione migliore sarebbe di fornire il maggior numero possibile di sistemi mobili Pantsir-S1 Gun/SAM e di MANPAD 9K333 Verba ai Siriani e agli Iraniani. La combinazione di questi due sistemi complicherebbe enormemente qualsiasi tipo di operazione aerea per gli Statunitensi e gli Iraniani, soprattutto perché non ci sarebbe alcun modo di prevedere con certezza il luogo da cui potrebbero operare. E giacché gli Stati Uniti e Israele intervengono nello spazio aereo siriano in totale violazione del diritto internazionale mentre le forze armate siriane proteggerebbero solo il loro spazio sovrano, una simile fornitura di sistemi di difesa da parte della Russia alla Siria sarebbe impeccabilmente legale. Ancor meglio, sarebbe assolutamente impossibile per gli Anglosionisti sapere chi ha effettivamente tirato su di loro, perché questi sistemi sono mobili e facili da nascondere. Come in Corea, in Vietnam e in Libano, potrebbero perfino essere impiegati degli equipaggi russi nella manovra di questi sistemi di difesa aerea, e nessuno sarebbe in grado di dimostrare che « i Russi lo hanno fatto », quando gli aerei statunitensi e israeliani cominceranno a cadere dal cielo. I Russi approfitterebbero di quel che la CIA chiama una « smentita plausibile ». Gli Statunitensi e gli Israeliani, naturalmente, se la prenderebbero con la parte più debole, i Siriani. Ma questo, a parte farli sentire meglio, non farebbe davvero la differenza sul terreno, perché il cielo siriano resterebbe insicuro per le forze armate USA e israeliane.
L’altra possibilità per i Russi sarebbe di offrire aggiornamenti (software e missili) ai sistemi di difesa aerea siriani già esistenti, in particolare per i sistemi mobili su ruota 2K12 Kub e 9K37 Buk. Questi aggiornamenti, specie se combinati col dispiegamento di un numero sufficiente di Pantsir e di Verba, sarebbero un incubo sia per gli Statunitensi che per gli Israeliani. I Turchi non se ne preoccuperebbero troppo perché già volano generalmente con la totale approvazione russa, e nemmeno gli Iraniani che, per quanto ne so, non fanno operazioni aeree in Siria.
Un’obiezione a questo piano sarebbe che a questo gioco si può giocare in due, e che nulla impedisce agli Stati Uniti di fornire MANPAD ancora più avanzati ai loro alleati « terroristi buoni ». Ma questo argomento trascura totalmente un punto: se entrambi i giocatori fanno la stessa cosa, quello più dipendente dalle operazioni aeree (gli Stati Uniti) rischia di perdere molto più di quello che è in vantaggio sul campo (i Russi). Inoltre, inviando MANPAD in Siria, gli Stati Uniti si alienerebbero un alleato putativo, mentre se la Russia fornisce MANPAD e altre SAM alla Siria, gli unici a doversene lamentare sarebbero gli Israeliani. Quando accadrà, i Russi avranno una risposta semplice e veritiera: non abbiamo cominciato noi questo gioco, sono stati i vostri alleati statunitensi a farlo, potete ringraziare loro di tutto questo casino.
Il principale problema in Siria è che Usa e Israele operano nei cieli in tutta impunità. Se ciò cambierà, sarà un processo lento e graduale. In un primo momento vi sarebbe qualche perdita isolata (come recentemente lo F-16 israeliano), quindi assisteremmo ad un progressivo allontanamento degli obiettivi degli attacchi israeliani e statunitensi dai centri urbani e dai posti di comando centrali, verso bersagli più piccoli e isolati (per esempio colonne di veicoli). Questo dimostrerebbe una presa di coscienza del fatto che i bersagli più attraenti sono già troppo ben difesi. Alla fine, gli attacchi aerei verrebbero progressivamente sostituiti da attacchi con missili di crociera e balistici. Alla base vi sarebbe il passaggio da operazioni aeree offensive a quelle di protezione di truppe, il che, a sua volta, fornirebbe ai Siriani, agli Iraniani e a Hezbollah un ambiente molto più facile da gestire. Ma la prima fase necessaria è di accrescere considerevolmente le capacità di difesa aerea siriane.
Per decenni Hezbollah ha operato con grande successo nonostante una supremazia aerea israeliana totale, la sua esperienza in questo tipo di operazioni sarebbe inestimabile per i Siriani fin quando non avranno sviluppato sufficientemente le loro capacità di difesa aerea.
Conclusione : la contro-escalation è davvero l’unica opzione?
Francamente comincio a credere che l’Impero abbia deciso di tentare una « riconquista » della Siria. Perfino Macron emette qualche suono chiedendo di colpire i Siriani per « punirli » di avere utilizzato armi chimiche (inesistenti). Al minimo, gli Stati Uniti vogliono far pagare ai Russi un prezzo più alto possibile per il loro ruolo in Siria. Gli altri obiettivi USA in Siria sono:
• Imporre una spartizione de facto della Siria, assumendo il controllo del suo territorio a est dell’Eufrate (potremmo chiamare questo il « piano C versione 3.0 ») ;
• Impossessarsi dei campi di gas posti a nord est della Siria;
• Creare una zona di transito controllato dagli USA, dal quale le operazioni di Curdi, buoni e cattivi terroristi potrebbero essere pianificati e posti in esecuzione;
• Sabotare ogni negoziato di pace patrocinato dai Russi;
• Appoggiare le operazioni israeliane contro le forze iraniane e di Hezbollah in Libano e Siria;
• Realizzare attacchi regolari contro le forze siriane che tentano di liberare il loro paesi dagli invasori stranieri:
• Presentare l’invasione e l’occupazione della Siria come una delle « vittorie » promesse da Trump al Complesso militar-industriale e alla lobby israeliana.
Fino a questo momento la risposta russa a questa strategia in via di sviluppo è stata piuttosto passiva, e l’attuale escalation suggerisce fortemente che un nuovo approccio potrebbe essere necessario. Abbattere lo F-16 israeliano è un primo passo nella buona direzione, ma bisogna fare molto di più per accrescere significativamente i costi che l’Impero dovrà pagare per la sua politica verso la Siria. La crescita del numero di commentatori e di analisti russi che chiede una reazione più forte alle attuali provocazioni è forse un segno che qualcosa è in gestazione.