Crisi Siriana
Situazione in Siria - Trump si ritira o no?
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Crisi siriana, 4 febbraio 2019 - Saranno siriani, russi e forse alcune forze supportate dall'Iran che dovranno ripulire il caos creato dagli Stati Uniti armando al-Qaeda. Ma potranno farlo solo quando le loro spalle non saranno minacciate da qualche nuovo nefasto piano statunitense...
Moon of Alabama, 4 febbraio 2019 (trad. ossin)
Situazione in Siria - Trump si ritira o no?
Moon of Alabama
La ritirata degli Stati Uniti dal nord-est della Siria non c’è ancora stata. Nella sua intervista di ieri col presidente della CBS, Trump ha detto che le truppe sarebbero partite, ma il Pentagono sta facendo l'opposto
Le forze dello Stato islamico a nord dell'Eufrate controllano indisturbate circa 4 chilometri quadrati di territorio vicino al confine con l'Iraq. Le poche centinaia di combattenti dell'ISIS ancora vivi potrebbero essere uccisi in un giorno o due, dopo di che sarebbe per gli Stati Uniti il momento giusto per ritirarsi, come annunciato dal presidente Trump due mesi fa.
Ma l'esercito statunitense continua ad aumentare i suoi contingenti e le sue scorte nell'area. Negli ultimi due mesi il numero di soldati statunitensi nel nord-est della Siria è aumentato di quasi il 50%. Invece di 2.000 ufficialmente riconosciuti ci sono oggi almeno 3.000 soldati statunitensi. Nuove armi e equipaggiamenti arrivano ogni giorno. Inoltre, riferisce l'Osservatorio siriano, gli Stati Uniti stanno dispiegando un numero significativo di missili anti-carro e mitragliatrici pesanti TOW, anche senza un apparente motivo:
[Le] Forze della Coalizione Internazionale hanno di recente trasferito una quantità di missili termici anti-blindati alle loro basi ad est dell'area dell'Eufrate, e anche una quantità di mitragliatrici conosciute come "DShK". Fonti affidabili hanno confermato all'Osservatorio Siriano che la portata di questi missili raggiunge circa 6 km, ma non si sa perché le forze statunitensi siano state dotate di queste armi, tanto più quando l'Organizzazione dello "Stato Islamico", e la sua ultima sacca sulla riva est dell'Eufrate, è quasi scomparsa,
...
L'Osservatorio siriano ha documentato, dopo la decisione del presidente degli Stati Uniti di ritirarsi, fino al 3 febbraio 2019, l'ingresso di almeno 1130 camion, che trasportavano equipaggiamenti, munizioni, armi, attrezzature militari e logistiche verso le basi della Coalizione Internazionale poste a est del fiume Eufrate, ..
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E’ stato documentato l’arrivo anche di centinaia di soldati delle Forze Speciali statunitensi nel territorio siriano, nel quadro di un’operazione specifica e speciale, il cui obiettivo è arrestare i leader e i membri rimanenti dell’Organizzazione "Stato Islamico", oramai intrappolati nei restanti 4 chilometri ad est dell'Eufrate...
Oggi il New York Times conferma finalmente l'aumento delle truppe che l'Osservatorio aveva segnalato settimane fa:
L’esercito USA ha cominciato a ritirare alcune attrezzature, ma non ancora truppe, hanno detto dei funzionari domenica. Il numero di truppe statunitensi in Siria è aumentato nelle ultime settimane fino a oltre 3.000. Una pratica standard è quella di portare temporaneamente altre truppe di sicurezza e logistica per aiutare a proteggere e completare il processo di ritiro - hanno detto tre funzionari del Dipartimento della Difesa.
La spiegazione ha poco senso. Non c’è bisogno di 1.000 uomini aggiuntivi per mettere in sicurezza e rimuovere i magazzini di una forza di 2.000 uomini in un territorio per lo più amico.
Il NYT rivela anche che gli USA vogliono dare indicazioni al PKK curdo di mantenere le armi che ha ricevuto:
Una riunione a fine gennaio del "comitato dei deputati" del Consiglio di sicurezza nazionale - i due capi dei dipartimenti e delle agenzie di sicurezza nazionali – ha raccomandato di autorizzare le Forze Democratiche siriane, una coalizione di combattenti curdi e arabi, a mantenere le attrezzature loro fornite dal Pentagono e di avviare una campagna aerea a guida USA per difenderli contro lo Stato islamico, secondo due alti funzionari statunitensi.
Ciò tradisce una promessa che gli Stati Uniti hanno ripetutamente fatto alla Turchia e dà ad Ankara altre ragioni per minacciare i Curdi.
Sabato un attacco aereo statunitense ha preso di mira una posizione dell'esercito siriano a sud dell'Eufrate vicino alla città di confine al-Bukamal:
Una fonte militare ha detto a SANA che gli aerei da guerra della coalizione guidata dagli Stati Uniti hanno effettuato un attacco aereo durante la notte di sabato sulla posizione dell’artiglieria siriana nel villaggio di Sokkariyeh, a ovest della città di al-Bukamal.
La fonte ha aggiunto che l'attacco ha provocato la distruzione dell'artiglieria e il ferimento di due soldati.
Il reporter della SANA ha detto che, parallelamente all'aggressione della coalizione, terroristi di Daesh hanno attaccato alcuni punti militari nell'area, ma le unità dell'esercito hanno respinto l'attacco e ucciso e ferito la maggior parte dei terroristi attaccanti.
Questo è uno dei numerosi incidenti che fanno pensare che gli Stati Uniti abbiano deliberatamente lasciato scappare alcuni combattenti dell'ISIS, perché realizzassero azioni contro il governo siriano.
L'esercito USA dice di temere che l'ISIS potrebbe riorganizzarsi se le truppe statunitensi si ritirassero. Ma questo argomento vale solo se nessun altro esercito ne prendesse il posto. L'unica soluzione praticabile per gestire la Siria nord-orientale dopo la sconfitta territoriale dello Stato islamico è ovviamente quella di chiedere al governo siriano di riprendere il controllo del suo territorio. Potrebbe sconfiggere le rimanenti celle dormienti dello Stato Islamico, gestire i prigionieri che i Curdi hanno preso e mantenere separati YPK / PKK e Turchia. Ma questa è una verità che gli Stati Uniti non sono ancora disposti a riconoscere.
James Jeffrey, neocon USA che ha l’incarico di inviato speciale presso la coalizione anti-ISIS, ha elaborato un piano studiato per "proteggere i Curdi" e assicurare al contempo la sicurezza dei confini della Turchia con l'aiuto delle truppe alleate.
Aaron Stein @ aaronstein1 - 17:33 utc - 24 gennaio 2019
Il piano di Jeffrey per regolare i rapporti Ankara / Rojava è molto complesso, richiede impegni a tempo indeterminato da parte di UK e Francia, pattuglie turche nelle aree rurali, acquiescenza delle Forze Democratiche Siriane, presenza di altre forze e copertura aerea statunitense, forse includendo una zona di interdizione aerea imposta dagli Stati Uniti (non chiaro se POTUS sia d’accordo)
Una settimana dopo questo tweet, il Wall Street Journal ha riferito che questo schema delirante non era riuscito ad ottenere l’approvazione di nessuna delle parti interessate. I Curdi l’hanno respinto e la Gran Bretagna e la Francia hanno rifiutato di inviare truppe in una missione senza fine tra Turchi e Curdi in guerra.
Nessuna notizia è stata pubblicata circa l’esistenza di un altro piano. I Curdi YPK / PKK che gli Stati Uniti hanno usato come forza sostitutiva contro lo Stato islamico hanno recentemente esercitato pressioni su Washington perché mantenesse alcune truppe statunitensi nell'area:
Il messaggio del gruppo ai decisori di Washington si è incentrato sul rallentamento del ritiro degli Stati Uniti e sulla sospensione del piano della Turchia di una sua presenza di polizia in una zona di sicurezza al confine con la Siria settentrionale, che la DSC (Syrian Democratic Council, braccio politico delle Forze Democratiche Siriane, ndt) considera una ripetizione potenzialmente mortale dell'incursione del 2018 nella città curda di Afrin.
È probabile che lo sforzo di lobbying fallisca.
I Curdi chiedono ancora una sostanziale autonomia in cambio del loro consenso a lasciare che l'esercito siriano riprenda il controllo del nord-est. Damasco respinge qualsiasi autonomia locale che vada oltre i diritti culturali. Sarà ammesso l'insegnamento di una lingua curda nelle scuole locali, ma non ci sarà un'amministrazione curda separata. In mancanza di alternative, i Curdi dovranno presto scegliere tra accettare le condizioni di Damasco o essere massacrati da una forza di invasione turca.
Nel frattempo la Russia sta lavorando per ristabilire il Memorandum Adana del 1998 tra Turchia e Siria. Esso prevedeva l’impegno della Siria a impedire qualsiasi attacco curdo proveniente dalla Siria alla Turchia, mentre la Turchia prometteva di astenersi da incursioni anti-curdi in territorio siriano. Il rilancio dell'accordo richiederebbe che la Turchia rinunci alle parti della Siria che le sue forze attualmente occupano e continuano a turchizzare. Ci sono già contatti di basso livello tra Turchia e Siria sul terreno, ma il presidente turco Erdogan non è ancora disposto ad andare oltre. Si prevede che un nuovo incontro nell’ambito dell’accordo di Astana tra Turchia, Russia e Iran si svolgerà il 14 febbraio. Potrebbe emergere una nuova proposta di soluzione.
Nella sua intervista di domenica con il presidente della CBS Trump ha nuovamente spiegato la sua posizione sul tema del ritiro. Alla domanda circa la preoccupazione che l'ISIS sconfitto potrebbe risorgere se gli Stati Uniti si ritirassero, ha risposto:
PRESIDENTE DONALD TRUMP: E sai cosa faremo? Torneremo se dobbiamo. Abbiamo aeroplani velocissimi. Abbiamo ottimi aerei cargo. Possiamo tornare molto velocemente e non me ne vado. Abbiamo una base in Iraq e la base è un edificio fantastico. Voglio dire, ci sono stato di recente. E non potevo credere ai soldi spesi per queste enormi piste. E questi ... io ... raramente ho visto niente del genere. Ed è lì. E noi saremo lì. E, francamente, stiamo colpendo il califfato dall'Iraq e mentre lentamente ci ritiriamo dalla Siria. Ora l'altra cosa dopo questo--
MARGARET BRENNAN: quante truppe sono ancora in Siria? Quando torneranno a casa?
PRESIDENTE DONALD PRESIDENTE: Duemila soldati.
MARGARET BRENNAN: Quando torneranno a casa?
PRESIDENTE DONALD TRUMP: Stanno iniziando a, mentre sgominiamo il resto, il resto finale del califfato dell'area, andranno alla nostra base in Iraq. E, alla fine, alcuni torneranno a casa. Ma ci saremo e resteremo ...
MARGARET BRENNAN: Quindi è questione di mesi?
PRESIDENTE DONALD TRUMP: Dobbiamo proteggere Israele. Dobbiamo proteggere le altre cose che abbiamo. Ma noi ... sì, torneranno, è una questione di tempo. ...
L'affermazione di Trump che ci sono solo 2.000 soldati statunitensi in Siria dimostra che, a quanto pare, non sa cosa stia facendo il Pentagono alle sue spalle. Inoltre non ha idea di una vera cronologia per il ritiro, anche se continua a prometterlo.
Trump crede di poter mantenere le truppe in Iraq e di potere utilizzare quel paese come base contro l'Iran:
MARGARET BRENNAN: Ma vuoi tenere le truppe [in Iraq] ora?
PRESIDENTE DONALD TRUMP: - ma quando è stato scelto-- beh, noi ... abbiamo speso una fortuna per costruire questa incredibile base. Potremmo anche tenerla. E uno dei motivi per cui voglio tenerla è che voglio guardare un po' l'Iran perché l'Iran è un vero problema.
MARGARET BRENNAN: Whoa, questa è una novità. Stai tenendo truppe in Iraq perché vuoi essere in grado di colpire in Iran?
PRESIDENTE DONALD TRUMP: No, perché voglio essere in grado di guardare l'Iran. Tutto quello che voglio fare è essere in grado di guardare. Abbiamo un'incredibile e costosa base militare costruita in Iraq. E' perfettamente situata per osservare le diverse parti del Medio Oriente in difficoltà
... ...
PRESIDENTE DONALD TRUMP: - piuttosto che ritirarsi. E questo è ciò che molte persone non capiscono. Continueremo a guardare e continueremo a vedere e se ci sono problemi, se qualcuno sta cercando di fare armi nucleari o altro, lo sapremo prima di loro.
Che gli Stati Uniti abbiano intenzione di rimanere in Iraq per "guardare l'Iran" è stata una novità per il presidente di quel paese:
Il presidente iracheno Barham Salih ha detto lunedì che il presidente Donald Trump non ha chiesto il permesso all'Iraq per mantenere nel suo paese truppe USA di stanza per "guardare l'Iran"
...
"Non sovraccaricare l'Iraq con i vostri problemi", ha detto Salih. "Gli Stati Uniti sono una potenza importante... ma non pensate solo alle vostre priorità politiche, ci siamo noi a vivere qui"
.
"È di fondamentale interesse per l'Iraq avere buoni rapporti con l'Iran" e gli altri paesi vicini, ha affermato Salih.
Il Parlamento iracheno ha già assunto delle iniziative per (di nuovo) cacciare gli Stati Uniti fuori dal paese. Il partito di Sadr, il più numeroso nel parlamento, sta preparando un progetto di legge a tal fine. Altri gruppi hanno minacciato di usare la forza per cacciare gli Stati Uniti. A dicembre, Elijah Magnier aveva predetto che gli Stati Uniti se ne sarebbero andati di loro spontanea volontà, o sarebbero stati espulsi con la forza:
Il Parlamento iracheno può esercitare pressioni sul governo del primo ministro Adel Abdel Mahdi perché chieda al presidente Trump di ritirare le truppe statunitensi prima della fine del suo mandato nel 2020. L'establishment statunitense e l '"Asse della resistenza" possono entrambi chiudere gli occhi e pianificare, ma l'ultima parola apparterrà al popolo iracheno e a quelli che respingono l'egemonia statunitense in Medio Oriente...
Ritorno in Siria. Il governatorato di Idelb continua ad essere il più grande problema rimasto della guerra in Siria. È controllato da Hayat Tahrir al-Sham (HTS), alleato di Al Qaeda.
L'esercito siriano sta aspettando ordini per attaccare l'enclave e sta usando l'artiglieria per "ammorbidire" le posizioni di al-Qaeda vicino alle sue linee. Un nuovo articolo di Bloomberg evidenzia la contraddizione nel ragionamento di chi vuole che gli Stati Uniti restino in Siria a causa di ISIS. Non dicono mai una parola sulla forza molto più grande di al Qaeda:
Sostengono che l'estremismo islamico, in quel paese dilaniato dalla guerra, non è affatto battuto come afferma il presidente.
Ci sono molte prove che danno loro ragione su questo punto. Ma questo non significa necessariamente che si debba restare in Siria. Perché le truppe statunitense non sono impegnate nemmeno marginalmente nella lotta contro la più grande forza jihadista residua - che è al-Qaeda, non ISIS.
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Dopo otto anni di guerra civile, la più grande fetta di territorio sotto controllo jihadista in Siria ora appartiene ad al-Qaeda, il nemico originale degli USA nella guerra globale al terrore. Quasi due decenni dopo gli attacchi dell'11 settembre, la filiale siriana del gruppo avanza e ha conquistato la provincia di Idlib il mese scorso. La sua forza militare è stimata in decine di migliaia di uomini, forse la più grande concentrazione di jihadisti armati mai riuniti in un unico luogo.
Ma l'esercito USA non lo sta combattendo, ed è probabile che non lo farebbe anche se Trump dovesse abbandonare il suo piano di ritiro.
Saranno siriani, russi e forse alcune forze supportate dall'Iran che dovranno ripulire il caos creato dagli Stati Uniti armando al-Qaeda. Ma potranno farlo solo quando le loro spalle non saranno minacciate da qualche nuovo nefasto piano statunitense. Il fatto che gli Stati Uniti continuino a concentrare forze nel nord-est, dotate anche di armi anticarro, accresce la preoccupazione che i ripetuti annunci di ritiro fatti da Trump non siano le ultime parole pronunciate su tale questione.