La democrazia del "voto di scambio"
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La democrazia del “voto di scambio”
di Azazello
Nel corso dell’ultima campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Regionale della Campania, una delle questioni più dibattute è stata la meritoria iniziativa delle locali Procure della Repubblica che, superando anni di inerzia dovuti anche a incertezze normative e difficoltà operative, hanno finalmente cominciato ad eseguire gli ordini di demolizione delle costruzioni abusive contenuti nelle sentenze passate in giudicato. Diversi esponenti del centro destra hanno esplicitamente promesso in campagna elettorale che “avrebbero fermato le ruspe”, creando grandi aspettative tra la popolazione locale, specie in località come l’isola di Ischia in cui più intensa è stata l’attività degli abusivi, e sicuramente influenzando l’esito del voto.
Voto di scambio dunque, puntualmente premiato con il recente decreto legge n. 62 del 28.4.2010, che ha in sostanza sospeso fino al 30.6.2011 le demolizioni nel territorio regionale.
Non è la prima volta che il Governo emana decreti-legge per modificare decisioni giurisdizionali. Già in occasione del drammatico caso di Eluana Englaro si è comportato allo stesso modo. Ma allora il Presidente della Repubblica non firmò, oggi invece lo ha fatto.
Eppure si tratta di un provvedimento piuttosto controverso, e non solo perché riguarda la sola Campania, come già è accaduto per quelli in materia di gestione dell’emergenza rifiuti. Gli aspetti più preoccupanti attengono al merito. Occorre precisare che esso non prevede un generale stop agli abbattimenti, perché è vincolato al precedente condono edilizio varato dalla stessa maggioranza di governo nel 2003, dal quale conviene partire.
Il discorso sarà un po’ tecnico, ma con pazienza anche un profano potrà orientarsi.
Il Decreto Legge n. 269 del 30.9.2003, contenente principalmente norme per la razionalizzazione della finanza pubblica, all’art. 32 prevede “misure per la riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica, per l’incentivazione dell’attività di repressione dell’abusivismo edilizio, nonché per la definizione degli illeciti edilizi e delle occupazioni di aree demaniali”. La norma, nonostante l’ipocrita denominazione formale, contiene principalmente disposizioni per la sanatoria degli abusi edilizi, prevedendo i requisiti necessari per la presentazione delle domande di condono.
Il primo è relativo all’epoca della costruzione abusiva, che deve essere stata ultimata prima del 31.3.2003. Il secondo riguarda i limiti volumetrici dell’abuso edilizio, che, se in ampliamento di un immobile già esistente, non può superare i 750 metri cubi o il 30% della volumetria preesistente mentre, se riguarda una nuova costruzione, non può superare i 3.000 metri cubi, anche in caso di domande presentate da più soggetti. Non è in ogni caso possibile sanare le nuove costruzioni che non abbiano natura residenziale (si pensi ai capannoni industriali).
Forti limitazioni, poi, sono previste per gli immobili ricadenti in zone vincolate, per i quali non è prevista una generale possibilità di sanatoria, come era accaduto in occasione dei precedenti condoni edilizi. Secondo la legge, così come interpretata dalla prevalente giurisprudenza amministrativa e penale, in zone sottoposte a vincoli sono sicuramente sanabili gli abusi minori, vale a dire le tipologie di abuso riconducibili ai nn. 4, 5 e 6 della tabella 1 allegata al D.L. n. 269/2003 e consistenti in opere di manutenzione, restauro e risanamento conservativo, sempre previo parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo. Per le altre e più gravi tipologie di abuso, invece, la sanabilità è subordinata alle seguenti condizioni: a) che le opere siano state realizzate prima dell'imposizione del vincolo; b) che le stesse siano sostanzialmente conformi agli strumenti urbanistici; c) che le difformità consistano esclusivamente in quelle analiticamente indicate nell'art. 32 L. n. 47 del 1985, fermo restando anche in tale caso il parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.
La normativa del 2003, pertanto, costituiva e costituisce il limite entro il quale il legislatore del 2010 poteva e può operare un provvedimento di sospensione delle demolizione, fermo restando le altre problematiche che tale provvedimento propone. In altri termini, solo per le opere condonabili ai sensi dell’ultimo condono è possibile disporre un rinvio delle demolizione, il quale, evidentemente, è finalizzato a una possibile riapertura dei termini previsto dal D.L. n. 269/2003. Viceversa, disporre la sospensione per abusi edilizi che in ogni caso non potrebbero essere sanati ai sensi della normativa vigente configurerebbe un palese e ulteriore profilo di incostituzionalità. Si finirebbe, infatti, per introdurre una sorte di quarto condono edilizio, valido per solo per la Campania, ma stabilito da una legge nazionale. A meno che il vero intendo del legislatore non sia proprio questo, vale a dire aprire le porte a un generalizzato condono edilizio, il quale, a questo punto, interverrebbe a soli sette anni da quello precedente. Tale eventualità sancirebbe definitivamente l’impossibilità in Italia di svolgere alcuna seria forma di tutela e salvaguardia del territorio.
Ebbene il D.L. n. 62 del 28.4.2010 in certi punti non rispetta i limiti del condono: Esso ne richiama infatti alcuni, quale quello dell’ultimazione delle opere entro il 31.3.2003 e l’esclusione dalla sospensione per gli abusi non aventi natura residenziale, ma non fa menzione dei limiti volumetrici. Così consentendo la sospensione della demolizione anche di edifici residenziali di vaste e vastissime dimensioni. Il mancato richiamo dei limiti volumetrici non è certo compensato dalla previsione che la sospensione opera solamente per gli “immobili occupati stabilmente da soggetti sforniti di altra abitazione”, requisito che ricorre quasi sempre e che è facilmente aggirabile.
Per le zone vincolate, poi, il decreto ha previsto che si procede in ogni caso alla demolizione ove “sia stata accertata la violazione di vincoli paesaggistici previsti dalla normativa nazionale vigente”. Tale formulazione, però, è estremamente ambigua e si presta a diverse interpretazione, che certamente favoriranno gli interessi speculativi. Sul punto in esame, infatti, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 49/2006, ha distinto tra vincoli assoluti e relativi, vale a dire tra vincoli introdotti da norme nazionali, che rimangono inaggirabili, e vincoli regionali, parzialmente rimuovibili.
Insomma, il decreto legge apre spazi di favore per la speculazione anche nelle zone sottoposte a vincoli paesaggistici, come pure ci si poteva aspettare visto che esso è stato adottato soprattutto sull’onde delle proteste popolari a Ischia, zona totalmente sottoposta a vincolo paesaggistico. Non una truffa elettorale dunque, come qualcuno aveva azzardato ad una lettura superficiale del decreto. Non una promessa di “fermare le ruspe” fatta in campagna elettorale e poi non mantenuta.
Ma un voto di scambio vero e proprio, con impegni puntualmente rispettati, come nelle abitudini del “governo del fare”
E poi c’è un altro favore per gli abusivi, quello di guadagnare tempo. In virtù del decreto legge emanato dal governo, infatti, anche lo speculatore che abbia costruito abusivamente un mega hotel in zona vincolata può ottenere la sospensione della demolizione proponendo un incidente di esecuzione, seguito poi dal ricorso in cassazione… Coi tempi della nostra giustizia, qualche anno di tempo guadagnato, in vista di nuove promesse elettorali e, forse, di un nuovo condono generalizzato magari giustificato dalla necessità di “fare cassa” a causa della crisi economica.
Solo nel novembre dello scorso anno, la frana di un costone di montagna ha provocato, proprio a Ischia, la morte di una bambina di 15 anni e almeno 20 feriti. Il saccheggio del territorio favorito da queste leggi del governo rischia oramai di non essere solo irresponsabile, ma assassino.