Minaccia sciopero generale
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Conakry, 30 gennaio. I negozi hanno riaperto e i Guineani hanno ripreso il lavoro lunedì, dopo che il generale Lantana Conté ha accettato di dividere il potere con un Primo Ministro e le centrali sindacali hanno deciso di sospendere lo sciopero generale proclamato il precedente 10 gennaio.
Dopo tre giorni di negoziati con i sindacalisti e i rappresentanti della società civile, il presidente Conté ha accettato sabato scorso di dividere il potere con un primo ministro che dovrà essere scelto tra i rappresentanti delle forze vive della nazione. Il testo della dichiarazione finale, firmata dai sindacalisti e M. Conté, prevede la cessazione delle esportazioni delle derrate alimentari e di lottare contro la corruzione. Il Presidente Conté s è per altro impegnato a ridurre il prezzo del riso e del carburante, impegni questi che aveva già assunto per mettere fine ai rpecedenti scioperi di febbraio e giugno 2006.
La nomina di un nuovo primo ministro figurava tra le principali rivendicazioni dei sindacati, che attribuiscono alla cattiva salute del presidente Conté e alla sua incapacità di amministrazione le ragioni della decadenza del paese. Il nuovo primo ministro deve essere un civile autorevole, onesto e “che non sia stato implicato nelle malversazioni che hanno portato il paese nel caos” ha spiegato Ibraima Fofana, il segretario generale dell’Unione sindacale dei lavoratori della Guinea (USTG). Secondo M. Fofana, lo sciopero è stato un “successo”, perché il movimento sindacale dimostra che la sua forza sociale “è capace di cambiare un regime”.
La piattaforma rivendicativa dei sindacati ha beneficiato di un sostegno che è andato ben al di là della loro base abituale, molto superiore a quello che può vantare alcun partito politico di opposizione.
Secondo il ministro della salute, le manifestazioni hanno provocato 59 morti tra i manifestanti, più della metà sono stati uccisi dalle forze dell’ordine durante la grande marcia organizzata il 2 gennaio nelle grandi città del paese.
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Al potere da 23 anni, M. Conté, molto indebolito da una interminabile malattia, trova sostegno solo nel suo entourage e si isola sempre più dalla popolazione.
Malgrado i profitti che vengono dai suoi minerali, soprattutto la bauxite ma anche l’oro, i diamanti e il ferro, la Guinea resta un paese povero, classificato 156 su 177 nella scala dello sviluppo umano del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUD).
Dopo le speranze suscitate nel 1984 dalla morte di Sekou Touré, eroe dell’indipendenza nazionale diventato dittatore, il progresso economico ha toccato solo settori assai limitati, soprattutto le estrazioni minerarie. A parte una minoranza, che gravita intorno al potere e che cerca di impadronirsi della cassa prima che sia troppo tardi, la maggioranza degli abitanti si impoverisce sempre più.
Circolano voci di un colpo di Stato, che fanno pesare sulla regione nuove minacce di stabilizzazione. I movimenti sociali che agitano la Guinea fanno eco alle lotte sindacali che si moltiplicano in tutto il continente nero (Africa del Sud, Repubblica democratica del Congo, Mali, Senegal, Kenya ecc)da una dozzina d’anni. Essi interpretano le aspirazioni delle popolazioni alla democrazia e al progresso sociale.
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Intervista rilasciata da Hadja Rabatou Serah Dallo, segretaria generale della CNTG, il 17 gennaio 2007
Leader dello sciopero generale insieme a Ibrahima Fofana dell’ Unione sindacale dei lavoratori della Guinea. Incarcerata con Fofana, è stata poi liberata dalla protesta popolare.
Domanda: Perché avete deciso la marcia di questo mercoledì?
Risposta: L’abbiamo organizzata perché siamo convinti che il messaggio letto ieri sera dal Presidente dell’Assemblea non provenga dal presidente Conté. Non ci siamo fidati perché il capo dello Stato ci aveva detto che stava studiando il documento che gli avevamo depositato. Eravamo ancora in attesa di risposta quando abbiamo appreso che il governo intendeva ordinare la ripresa del lavoro. E’ anormale, perché solo chi ha proclamato lo sciopero può decretare la ripresa del lavoro. Allora ieri abbiamo preso la decisione di consegnare il nostro documento al presidente dell’Assemblea generale, ricordandogli alcuni articoli della Costituzione e quale deve essere il suo ruolo in situazioni simili. Dunque abbiamo voluto accompagnare questo documento marciando, una marcia pacifica senza rottura, senza niente.
Domanda: Allora come mai questa manifestazione è degenerata in atti violenti?
Risposta: Abbiamo marciato fino a un certo punto, qualche istante dopo abbiamo visto dei carri e dei camion militari davanti a noi. Eravamo veramente soddisfatti perché la marcia era stata pacifica. Ma credo che nel frattempo le forze dell’ordine abbiano ricevuto il comando di spararci contro. E hanno effettivamente sparato e lanciato gas lacrimogeni. Per me è stato particolarmente faticoso perché ero malata e non ho potuto sopportarli. Sono caduta per strada, i compagni sono venuti a prendermi, mi sono leggermente ferita ad una coscia. La Croce Rossa mi ha soccorso e siamo andati al Palazzo del popolo. Io avevo una distorsione e respiravo con difficoltà.
Domanda: Poi siete andati all’incontro col presidente dell’Assemblea nazionale. Che cosa avete detto a Aboubacar Somparé?
Risposta: Siamo andati all’Assemblea per dire al presidente di finirmi. Io preferirei essere uccisa piuttosto che sparare su dei lavoratori e su dei poveri giovani. Là abbiamo detto a Somparé che non ci saremmo mossi se non fossero stati liberati otto dei nostri compagni arrestati dalle forze dell’ordine. Fortunatamente sono stati liberati, e noi siamo tornati alla camera del lavoro.
Domanda: Ci sono stati altri incidenti alla Camera del lavoro?
Risposta: Siamo tornati alla Camera del lavoro dove ci attendeva un folla impressionante, siamo rimasti sorpresi nel contestare che le forze speciali di polizia sparavano ancora sulla folla con proiettili veri. Hanno sparato e rotto i vetri della Camera del lavoro quando eravamo all’interno dei locali. Abbiamo raccolto i bossoli dei proiettili sparati. Questi atteggiamenti provano che il Governo è pronto a fare ribellare i Guineani. Ci siamo rifiutati di andare alla presidenza dove il presidente Conté ci aspettava.
Domanda: Cosa contate di fare adesso?
Risposta: La soluzione dello sciopero è nelle mani del presidente Conté e delle istituzioni repubblicane. Noi abbiamo fatto delle proposte. Spetta al presidente Conté prenderle sul serio, perché noi abbiamo constatato che il cpao dello Stato è incapace di dirigere il paese a causa della sua malattia. Noi continueremo a combattere fino ad ottenere il completo accoglimento delle nostre rivendicazioni.
Il movimento continua e mentre vi parlo Mamou. Kankan, Fria, Labé, N’Zérékoré, Pita, Kindia etc stanno facendo le loro marce. Apprendo ora che il segretario generale dell’Unione di Pita è ricoverato in ospedale. Abbiamo ancora appreso che una madre è stata uccisa dalle forze dell’ordine. Stiamo andando a verificare la notizia all’ospedale Ignace Deen di Conakry.
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