Boris Vian : Il Disertore
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Lhistgeobox, 14 aprile 2009 (trad. Ossin)
Boris Vian: “Il Disertore”
Boris Vian scrisse “Il Disertore” nel 1954, quando la controffensiva francese contro l’attacco del generale Giap, in Indocina, si risolse nella disfatta di Dien Bien Phu. L’esercito francese, accerchiato in questa conca, perse 1500 uomini. Pierre Mendès France avviò allora i negoziati per porre termine alla “sporca guerra”. Gli accordi di Ginevra, firmati il 21 luglio 1954, riconobbero l’indipendenza del Vietnam, della Cambogia e del Laos
Peraltro la Francia rimaneva invischiata in altre guerre coloniali, giacché la “Ognissanti rossa” di quello stesso 1954 segnò l’inizio del conflitto d’Algeria. Ebbene, a differenza della guerra di Indocina, che aveva impegnato un solo contingente, quella algerina comportò una mobilitazione generale. Tutte le famiglie francesi si trovarono quindi ad essere direttamente coinvolte. La canzone di Boris Vian interpretava splendidamente la stanchezza generale e il sentimento condiviso che occorreva farla finita una volta per tutte con la fatalità della guerra. Dal 1939, infatti, erano stati assai rari i momenti di tregua (“Da quando sono nato/ho visto morire mio padre/ ho visto partire i miei fratelli/ e piangere i miei figli”).
Il testo della canzone ha la forma di una lettera indirizzata al Presidente da un uomo che ha ricevuto la cartolina precetto. L’autore della missiva spiega perché sceglie di disertare. Nel corso del testo si moltiplicano le provocazioni e si incita anche l’auditorio a seguire il suo esempio di rifiuto di obbedienza (“Non obbedite/non fatelo/non andate alla guerra/non partite”). Giunge a porre la più alta autorità del paese di fronte alle sue contraddizioni ed alle sue responsabilità (“Se occorre versare del sangue/versi il suo/ sia un buon apostolo/signor Presidente”).
Per una malaugurata coincidenza, Mouloudji, al quale Boris Vian aveva proposto il suo testo, incise il disco il 7 maggio 1954, lo stesso giorno della disfatta di Dien Bien Phu. Nella particolare situazione di due guerre coloniali in corso, il ritornello pacifista di questo pamphlet antimilitarista provocò un immenso scandalo che portò rapidamente al divieto puro e semplice della canzone. Vian fece adirate i benpensanti, già rimasti scioccati dal suo romanzo: “Sputerò sulle vostre tombe”.
Nel 1955, Paul Faber, consigliere municipale di Parigi, ottenne il divieto di trasmissione radiofonica della canzone. Come risposta, Boris Vian scrisse una lettera memorabile che diffuse dappertutto in forma di lettera aperta, col titolo di “Lettera aperta al signor Paul Faber”. Nella stessa diceva, tra l’altro: “La mia canzone non è per nulla antimilitarista ma, lo riconosco, violentemente filo-civile”. “D’altronde morire per la patria è molto bello, ma bisogna che non muoiano tutti, perché altrimenti dove sarebbe la patria? Non è la terra – sono le persone, la patria. Non sono i soldati: sono i civili che devono difenderla – e i soldati non vedono l’ora di ritornare civili, perché questo significa che la guerra è finita”.
Vian diventò uno dei bersagli preferiti delle associazioni di ex combattenti, che contesteranno tutti i concerti di Vian dell’anno successivo.
Ma, come spesso accade, questa censura provocò l’effetto opposto, giacché il passaparola funzione perfettamente. La canzone si diffuse così, discretamente, negli ambienti pacifisti dell’epoca.
La giovane radio Europe n.1 (fondata nel 1955), che tentava di darsi un tono anticonformista, fiutò il colpo trasmettendo la canzone che diventò, nel corso del decennio successivo, un vero successo popolare, ripreso da molti interpreti come Serge Reggiani, Joan Baez o il trio folk Peter, Paul and Mary. Questi ultimi ne faranno un inno di protesta contro la guerra del Vietnam.
Dietro l’aspetto puramente pacifista e antimilitarista della canzone, “filo-civile” diceva Vian, non bisogna dimenticare che la versione originale era assai più minacciosa, in quanto si concludeva con i versi “Avvisi i suoi gendarmi/che io sono armato/e che so sparare”, al posto di quelli conosciuti: “che non sarò armato/e che potranno sparare…”.
Il significato della canzone ne è risultato profondamente trasformato. La versione originale propugnava una vera e propria ribellione e proponeva di rispondere alla violenza con la violenza. Fu Mouloudji che, alla fine, riuscì a convincere Vian a modificare il testo.
In italiano, si ricordano le interpretazioni, tra le altre, di Ornella Vanoni e di Ivano Fossati
Le déserteur (Boris Vian)
Monsieur le Président
Je vous fais une lettre
Que vous lirez peut-être
Si vous avez le temps
Je viens de recevoir
Mes papiers militaires
Pour partir à la guerre
Avant mercredi soir
Monsieur le Président
Je ne veux pas la faire
Je ne suis pas sur terre
Pour tuer des pauvres gens
C'est pas pour vous fâcher
Il faut que je vous dise
Ma décision est prise
Je m'en vais déserter
Depuis que je suis né
J'ai vu mourir mon père
J'ai vu partir mes frères
Et pleurer mes enfants
Ma mère a tant souffert
Elle est dedans sa tombe
Et se moque des bombes
Et se moque des vers
Quand j'étais prisonnier
On m'a volé ma femme
On m'a volé mon âme
Et tout mon cher passé
Demain de bon matin
Je fermerai ma porte
Au nez des années mortes
J'irai sur les chemins
Je mendierai ma vie
Sur les routes de France
De Bretagne en Provence
Et je dirai aux gens:
Refusez d'obéir
Refusez de la faire
N'allez pas à la guerre
Refusez de partir
S'il faut donner son sang
Allez donner le vôtre
Vous êtes bon apôtre
Monsieur le Président
Si vous me poursuivez
Prévenez vos gendarmes
Que je n'aurai pas d'armes
Et qu'ils pourront tirer
Versione italiana: Il Disertore
In piena facoltà
egregio presidente
le scrivo la presente
che spero leggerà.
La cartolina qui
mi dice terra terra
di andare a far la guerra
quest'altro lunedì
Ma io non sono qui
egregio presidente
per ammazzar la gente
più o meno come me
Io non ce l'ho con lei
sia detto per inciso
ma sento che ho deciso
e che diserterò.
Ho avuto solo guai
da quando sono nato
i figli che ho allevato
han pianto insieme a me.
Mia mamma e mio papà
ormai son sotto terra
e a loro della guerra
non gliene fregherà.
Quand'ero in prigionia
qualcuno mi ha rubato
mia moglie e il mio passato
la mia migliore età.
Domani mi alzerò
e chiuderò la porta
sulla stagione morta
e mi incamminerò.
Vivrò di carità
sulle strade di Spagna
di Francia e di Bretagna
e a tutti griderò.
Di non partire più
e di non obbedire
per andare a morire
per non importa chi.
Per cui se servirà
del sangue ad ogni costo
andate a dare il vostro
se vi divertirà.
E dica pure ai suoi
se vengono a cercarmi
che possono spararmi
io armi non ne ho.