Il gorilla, ovvero il giudice che la fa l’aspetti
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Il gorilla, ovvero il giudice che la fa l’aspetti
Nel 1952, fu pubblicato l’album “La Mauvaise Réputation” di George Brassens, che comprendeva anche un brano che, in un primo momento, si intitolava “Gorille Vendetta”, poi modificato in “Le Gorille” o “Gare au Gorille” (Attenti al Gorilla). La musica era sempre di Georges Brassens, ma venne registrata a nome di Eugène Metehen, perché all’epoca l’autore non era ancora iscritto alla Società degli autori ed editori. Nello stesso anno il brano uscì come singolo a 78 giri, edito dalla Polydor. Quattro anni dopo, sarà ripubblicato a 45 giri.
La canzone, nota in Italia nella versione di Fabrizio di Andrè, ha una trama molto semplice: un gruppo di donne osserva con occhio concupiscente l'anatomia di un vigoroso gorilla rinchiuso in una gabbia. Improvvisamente la porta, probabilmente chiusa in modo improprio, si apre e l'animale esce. Tutti scappano, tranne una vecchia signora (« une centenaire ») e un giudice impettito e inesperto (« un jeune juge en bois brut »). L'autore interroga quindi i suoi ascoltatori:
Supponiamo che uno di voi possa essere,
Come la scimmia, costretto a
Stuprare un giudice o una vecchia,
Quale dei due sceglierebbe?
Il succo della canzone è nella scelta che fa il gorilla: egli scarta la vecchia e afferra il giudice, lo trascina in un cespuglio e gli infligge gli oltraggi peggiori. Mentre subisce una simile prepotenza, il giudice piange e invoca la madre. Proprio come quel tale cui quello stesso giorno aveva fatto tagliare il collo.
È il tema della vendetta del gorilla, un gorilla che punisce il giudice per la sua leggerezza e l’agghiacciante superficialità delle sue sentenze.
Ma, attenzione! Fedeli allo spirito irriverente dell’autore, segnaliamo qui un problema: non è ben chiaro se i pianti e le invocazioni del magistrato siano dovuti allo stupro vero e proprio, o soltanto all’oltraggio di essere stato scambiato per una scimmia, qualcosa di insopportabile per un giudice inesperto e arrogante, dall’ego debordante.
E aggiungeremo che, con tutte le "comari" che oramai sono in magistratura, forse la vendetta del gorilla non ha più potenzialità particolarmente dissuasive (Non ci assumiamo alcuna responsabilità, ma questo sarebbe stato probabilmente il commento di Brassens...)
Le Gorille
C’est à travers de larges grilles,
Que les femelles du canton,
Contemplaient un puissant gorille,
Sans souci du qu’en-dira-t-on;
Avec impudeur, ces commères
Lorgnaient même un endroit précis
Que, rigoureusement ma mère
M’a défendu d’nommer ici…
Gare au gorille!
Tout à coup, la prise bien close,
Où vivait le bel animal,
S’ouvre on n’sait pourquoi (je suppose
Qu’on avait du la fermer mal);
Le singe, en sortant de sa cage
Dit “c’est aujourd’hui que j’le perds !”
Il parlait de son pucelage,
Vous avez deviné, j’espère !
Gare au gorille!
L’patron de la ménagerie
Criait, éperdu : “Nom de nom !
C’est assomant car le gorille
N’a jamais connu de guenon !”
Dès que la féminine engeance
Sut que le singe était puceau,
Au lieu de profiter de la chance
Elle fit feu des deux fuseaux !
Gare au gorille!
Celles là même qui, naguère,
Le couvaient d’un oeil décidé,
Fuirent, prouvant qu’ell’s n’avaient guère
De la suite dans les idées;
D’autant plus vaine était leur crainte,
Que le gorille est un luron
Supérieur à l’homme dans l’étreinte,
Bien des femmes vous le diront !
Gare au gorille!
Tout le monde se précipite
Hors d’atteinte du singe en rut,
Sauf une vielle décrépite
Et un jeune juge en bois brut;
Voyant que toutes se dérobent,
Le quadrumane accéléra
Son dandinement vers les robes
De la vielle et du magistrat !
Gare au gorille!
“Bah ! soupirait la centaire,
Qu’on puisse encore me désirer,
Ce serait extraordinaire,
Et, pour tout dire, inespéré !”
Le juge pensait, impassible,
“Qu’on me prenne pour une guenon,
C’est complètement impossible…”
La suite lui prouva que non !
Gare au gorille!
Supposez que l’un de vous puisse être,
Comme le singe, obligé de
Violer un juge ou une ancètre,
Lequel choisirait-il des deux ?
Qu’une alternative pareille,
Un de ces quatres jours, m’échoie,
C’est, j’en suis convaicu, la vielle
Qui sera l’objet de mon choix !
Gare au gorille!
Mais, par malheur, si le gorille
Aux jeux de l’amour vaut son prix,
On sait qu’en revanche il ne brille
Ni par le goût, ni par l’esprit.
Lors, au lieu d’opter pour la vielle,
Comme aurait fait n’importe qui,
Il saisit le juge à l’oreille
Et l’entraîna dans un maquis !
Gare au gorille!
La suite serait délectable,
Malheureusement, je ne peux
Pas la dire, et c’est regrettable,
Ca nous aurait fait rire un peu;
Car le juge, au moment suprême,
Criait :“Maman !”, pleurait beaucoup,
Comme l’homme auquel, le jour même,
Il avait fait trancher le cou.
Gare au gorille.
Le Gorille, in una recente interpretazione di Francis Cabrel
Traduzione letterale e poco poetica
È attraverso le larghe inferriate,
Che le donne del quartiere,
Contemplavano un prestante gorilla,
senza preoccuparsi del giudizio degli altri;
Senza pudore, queste comari
Fissavano un punto preciso
Che, rigorosamente mia madre
Mi ha vietato di menzionare qui...
Attenti al gorilla!
Improvvisamente, la custodia ben chiusa,
Dove viveva il bell’animale,
Si aprì, non so perché (immagino
Che debbano averla chiusa male);
La scimmia, uscendo dalla gabbia
Disse "sarà oggi che la perdo!"
Parlava della sua verginità,
l’avete capito, spero!
Attenti al gorilla!
Il padrone del serraglio
Gridò sconcertato: “Santo Cielo!
È un problema, perché il gorilla
Non ha mai montato una scimmia!"
Quando il gruppo di commarelle
Seppe che la scimmia era vergine,
Piuttosto che correre il rischio
preferì darsela a gambe!
Attenti al gorilla!
Anche quelle che, poco prima,
se lo covavano con gli occhi vogliosi,
Fuggirono, dimostrando che tra il dire e il fare
c'è di mezzo il mare;
Tanto più assurda era la loro paura,
dal momento che il gorilla è un buontempone
Più forte dell’uomo nella presa (1),
Molte donne te lo sapranno dire!
Attenti al gorilla!
Tutti si precipitarono
Fuori dalla portata della scimmia in calore,
Tranne una vecchia decrepita
e un giovane giudice rigido e inesperto;
Vedendo che tutti si sottraevano,
Il quadrumane accelerò
Dirigendosi goffamente verso le gonne
Della vecchia e del magistrato!
Attenti al gorilla!
"Bah! sospirò la centenaria,
che mi si possa ancora desiderare,
sarebbe cosa straordinaria,
E, ad essere onesti, inaspettata! ”
Il giudice pensò, impassibile,
"Che mi si prenda per una scimmia,
È completamente impossibile ... "
Il seguito dimostra il contrario!
Attenti al gorilla!
Supponete che uno di voi possa essere,
Come la scimmia, costretto a
Violare un giudice o una vecchia,
Quale dei due sceglierebbe?
Se una tale alternativa,
un giorno o l’altro, mi fosse posta,
Sarebbe, ne sono convinto, la vecchia
Quella che sceglierei!
Attenti al gorilla!
Ma, ahinoi, sebbene il gorilla
Nei giochi d'amore valga il suo prezzo,
Lo sappiamo che però non brilla
Né per il gusto né per lo spirito.
Quindi, invece di optare per la vecchia,
Come chiunque avrebbe fatto,
Afferrò il giudice per l'orecchio
E lo trascinò in un cespuglio!
Attenti al gorilla!
Sarebbe divertente raccontare il seguito,
Purtroppo non posso
farlo, ed è un peccato,
Ci avrebbe fatto ridere un po';
Perché il giudice, nel momento supremo,
Gridava: "Mamma!", piangeva molto,
Come l'uomo al quale, lo stesso giorno,
Aveva fatto tagliare il collo.
Attenti al gorilla.
(1) Solo nella “presa”. E questa è un’altra sottolineatura ironica di Brassens, perché in realtà le dimensioni del sesso del gorilla sono assai inferiori a quelle dell’uomo, attestandosi in media sui 5 cm.
La strofa censurata e il successo della canzone
La canzone conteneva un’ultima strofa, che Brassens giudicò prudente eliminare, nella quale in definitiva consigliava ai giudici di cambiare mestiere.
Nous terminerons cette histoire
par un conseil aux chats fourrés
redoutant l'attaque notoire
qu'un d'eux subit dans les fourrés
quand un singe fauteur d'opprob'
hante les rues de leur quartier,
ils n'ont qu'à retirer leur robe
ou mieux, à changer de métier.
Concluderemo questa storia
Con un consiglio ai dignitari in ermellino
Presi dal timore della famigerata aggressione
Subita da uno di loro in un cespuglio
Quando una scimmia vendicatrice
Si aggira per le strade del loro quartiere,
Hanno solo da togliersi la toga
O meglio, cambiare mestiere.
Anche amputato, però, il "Gorilla" (così ribattezzato dall’originario “Vendetta del Gorilla”) non riuscì a superare lo scoglio del Comitato Radio Censura, che lo vietò e lo bandì da tutti i programmi radiofonici. Andrà in onda solo nel 1955, quando nacque l’emittente Europa 1... ma sempre con la strofa mancante.
L’autocensura inflitta da Brassens al suo testo fu un gesto di prudenza. Riteneva a giusta ragione di essersi già spinto molto oltre descrivendo il suo giovane magistrato in lacrime "nel momento supremo". Ebbe il timore che quell’ultima strofa potesse definitivamente compromettere le sorti dell’intera canzone. La presentò quindi già amputata a Patachou, regina delle notti di Montmartre.
La giovane donna ne fu conquistata, ma anche un po’ imbarazzata. Preferì che fosse lo stesso Brassens a cantare sul palco la sua canzone, come farà anche per "P ... de toi". Così, nel 1952, il giovane plumitif del Libertaire pubblicò il suo primo 78 giri con la Polydor e conquistò decisamente il pubblico parigino, scandalizzato e deliziato. Il brano diventò così famoso che, da allora, ad ogni apparizione sul palco Brassens verrà introdotto dal ritornello del Gorilla suonato dall’orchestra.
Il brano venne poi ripreso da altri cantanti. Nel 1996, Renaud ha inserito la canzone nel suo album Renaud chante Brassens. Maxime Le Forestier l’ha inclusa in diverse raccolte. Più recentemente, è stata pubblicata una versione interpretata da Francis Cabrel.
In Italia, la canzone è stata tradotta in milanese da Nanni Svampa (El Gorilla)
E nel 1968, è stata pubblicata la traduzione in italiano di Fabrizio De Andrè
Il Gorilla (traduzione di Fabrizio De André)
La canzone fu pubblicata nel 1968 in un album dal titolo “Volume 3”, comprendente tra gli altri, La Canzone di Marinella, La Ballata dell’eroe, La Guerra di Piero.
Il titolo di questo disco riprende la titolazione cronologica delle pubblicazioni di De Andrè, saltata dall'album “Tutti morimmo a stento” (che pure nelle prime stampe riportava in copertina l'indicazione aggiuntiva "Volume 2", come i 33 giri precedente e successivo).
Come ha raccontato Roberto Dané, dopo “Tutti morimmo a stento”, decisamente l’album più rozzo e meno riuscito, De André era un po’ in crisi. Questo periodo nero si concluderà con l’uscita della raccolta “La buona novella” (prima opera “matura” dell’autore). Nel frattempo, De André decise di realizzare un disco con varie re-incisioni di canzoni già pubblicate con la Karim, alternate a quattro brani inediti: tra questi, due traduzioni da Georges Brassens, Il gorilla e Nell'acqua della chiara fontana, un sonetto di Cecco Angiolieri messo in musica, S'i' fosse foco, ed un brano presentato come "tradizionale francese del XIV secolo", Il re fa rullare i tamburi, che anni prima era stato inciso nella lingua d'origine da Yves Montand (e da quella versione è ripreso l'arrangiamento per clavicembalo utilizzato nel disco). Gli arrangiamenti furono curati da Gian Piero Reverberi, che aveva seguito anche le prime registrazioni dei brani reincisi.
L'album verrà ristampato dalla Produttori Associati nel 1970 con numero di catalogo PA/LPS 33 e la canzone Il pescatore (allora appena uscita su singolo) al posto de Il gorilla. Dal 1971 fu ripristinata la tracklist originale.
Il 20 novembre 2009 è uscita un'edizione a tiratura limitata in vinile colorato blu (Sony RCA LP 88697615141). (Wikipedia)
Fabrizio De André amava molto George Brassens, che aveva imparato a conoscere attraverso i dischi che, quando era giovanissimo, suo padre gli portava da Parigi.
Nel suo repertorio figurano diversi brani del compositore francese. Oltre al “Gorilla”, "Morire per delle idee" (Mourir pour des idées), "Marcia nuziale" (Marche nuptiale), "Nell'acqua della chiara fontana" (Dans l'eau de la claire fontaine), “Delitto di paese” (L’assassinat), “Le passanti” (Les passantes).
Si sostiene che l’influenza dell’autore francese sia rintracciabile anche in altri testi di De André. Si cita in proposito "Leggenda di Natale": essa si ispira con tutta evidenza alla canzone di Brassens "Le père Noel et la pètite fille" del 1958. Si cita ancora "La morte", nella quale De André utilizza la partitura musicale di "Le Verzier du roi Louis", registrata da Brassens nel 1960, inserendovi un testo di sua composizione autonoma. Stesso discorso può farsi anche per "La città vecchia" che riprende il tema musicale di "Le bistrot" di Brassens. E infine anche "Preghiera in Gennaio", recherebbe tracce precise di un'altra canzone di Brassens: "La Prière", ispirata ad una poesia di Francis Jammes.
De André e Brassens non si sono peraltro mai conosciuti personalmente. L’amico italiano del cantautore francese era piuttosto Nanni Svampa (insieme nella foto a destra), che ha tradotto Il Gorilla in milanese (El Gorilla), insieme a molte altre canzoni nell’album W Brassens (Durium, 1964).
Si racconta che, pur considerandolo un maestro e addirittura un mito, quando ebbe l’occasione di conoscere personalmente Brassens, De André preferì evitarlo. Il francese aveva un carattere scontroso ed alquanto "difficile" (cosa percepibile anche durante i suoi concerti, eseguiti regolarmente in silenzio e con una scenografia inesistente; Brassens cantava e suonava la chitarra, accompagnato dal fido amico Pierre Nicolas al basso), e De André non volle rischiare una delusione da una conoscenza più personale.
Quanto al “Gorilla”, nel corso di un concerto a Napoli nel 1993, lo stesso De André introdusse così la canzone: "Brassens la scrisse a ghigliottina funzionante. Cela un significato molto profondo sulla ingiustizia della pena di morte. La sentenza ingiusta, se una persona è in vita, si può sempre modificare, ma se la persona viene punita con la pena di morte, non è più possibile."
Ma in realtà il tema dell’opposizione alla pena di morte è solo una parte della storia, e non esaurisce gli obiettivi polemici di Brassens (e dello stesso De Andrè). Il giovane e impettito magistrato, tanto pieno di sé e del suo ruolo da aggirarsi in toga per il quartiere, e che non avrebbe mai immaginato di poter essere scambiato – lui – per una scimmia, viene punito per la sua arrogante superficialità e per la leggerezza con cui aveva deciso la sorte di una persona. Lo stesso De André ha enfatizzato questo aspetto, introducendo il tema della “sentenza un po’ originale” con cui aveva pronunciato una condanna a morte.
E sentenze “un po’ originali” sono quelle con cui quotidianamente i giudici italiani, compresa la Suprema Corte di Cassazione, decidono travisando le leggi, abrogandole a loro piacimento, inventando reati inesistenti….
Sulla piazza d’una città
la gente guardava con ammirazione
un gorilla portato là
dagli zingari di un baraccone
con poco senso del pudore
le comari di quel rione
contemplavano lo scimmione
non dico dove non dico come.
Attenti al gorilla!
D’improvviso la grossa gabbia
dove viveva l’animale
s’aprì di schianto non so perché
forse l’avevano chiusa male
la bestia uscendo fuori di là
disse: “quest’oggi me la levo”
parlava della verginità
di cui ancora viveva schiavo.
Attenti al gorilla!
Il padrone si mise a urlare
“Il mio gorilla, fate attenzione,
non ha veduto mai una scimmia
potrebbe fare confusione”
tutti i presenti a questo punto
fuggirono in ogni direzione
anche le donne dimostrando
la differenza fra idea e azione.
Attenti al gorilla!
Tutta la gente corre di fretta
di qui e di là con grande foga
si attardano solo una vecchietta
e un giovane giudice con la toga
visto che gli altri avevan squagliato
il quadrumane accelerò
e sulla vecchia e sul magistrato
con quattro salti si portò.
Attenti al gorilla!
Bah, sospirò pensando la vecchia
ch’io fossi ancora desiderata
sarebbe cosa alquanto strana
e più che altro non sperata
che mi si prenda per una scimmia
pensava il giudice col fiato corto
non è possibile, questo è sicuro
il seguito prova che aveva torto.
Attenti al gorilla!
Se qualcuno di voi dovesse
costretto con le spalle al muro,
violare un giudice od una vecchia
della sua scelta sarei sicuro
ma si dà il caso che il gorilla
considerato un grandioso fusto
da chi l’ha provato però non brilla
né per lo spirito né per il gusto.
Attenti al gorilla!
Infatti lui, sdegnando la vecchia
si dirige sul magistrato
lo acchiappa forte per un’orecchia
e lo trascina in mezzo ad un prato
quello che avvenne fra l’erba alta
non posso dirlo per intero
ma lo spettacolo fu avvincente
e lo “suspence” ci fu davvero.
Attenti al gorilla!
Dirò soltanto che sul più bello
dello spiacevole e cupo dramma
piangeva il giudice come un vitello
negli intervalli gridava mamma
gridava mamma come quel tale
cui il giorno prima come ad un pollo
con una sentenza un po’ originale
aveva fatto tagliare il collo.
Attenti al gorilla!
George Brassens, l’anarchico irriverente e mezzo italiano
(Estratto da wikipedia)
Georges Charles Brassens (1921 – 1981) nacque a Sète, nel dipartimento di Hérault (Occitania francese), il 22 ottobre del 1921, figlio di Jean-Louis Brassens, un muratore francese, ateo ed anti-clericale, e di Elvira Dagrosa, una casalinga italiana originaria di Marsico Nuovo (in provincia di Potenza), emigrata con la famiglia in Francia quand'era ancora bambina, cattolica praticante, vedova di guerra e già madre di una bambina, Simone Comte (nota poi, in età adulta, come Simone Cazzani, dal cognome del marito Yves Cazzani).
Ereditando la passione della madre per la musica, il piccolo Georges cominciò a scrivere canzoni all’età di 14 anni.
Al liceo fece un incontro che si rivelò determinante per il suo avvenire: il suo professore di lettere, Alphonse Bonnafé, una personalità fortemente anticonformista, riuscì a catturare il suo interesse e, grazie a lui, il giovane Brassens conobbe la poesia francese; cominciò ad impegnarsi seriamente nella scrittura di poesie e testi di canzoni. In terza liceo, tuttavia, venne sospeso dalla scuola, “chiamato in correità” da un compagno per alcuni piccoli furti compiuti dagli alunni della scuola nelle case degli allievi più benestanti (la canzone Les quatre bacheliers allude appunto a questo episodio). Il padre lo prese allora a lavorare con sé, nell'impresa edile di famiglia. La passione per la musica, però, non si interruppe, e Georges si appassionò particolarmente ad un grande interprete del momento, Charles Trenet, del quale cercava di imitare lo stile.
L'arrivo nella capitale
Nel 1940, a diciott'anni, Brassens decise di stabilirsi a Parigi da una zia; nella capitale, oltre a lavorare come operaio alla Renault, cominciò a frequentare le biblioteche e a studiare la poesia francese, da Villon a Hugo, da Apollinaire a Verlaine. Con lo scoppio della guerra, la fabbrica di automobili dove lavorava Brassens venne bombardata, e i tedeschi entrarono a Parigi; fu allora costretto a rientrare a Sète, dalla sua famiglia.
Soltanto in seguito all'Armistizio, Brassens poté far ritorno a Parigi; questa volta, non provò nemmeno a cercare un lavoro: aveva deciso di consacrarsi interamente alla musica e alla poesia. Fu così che, nel 1942, pubblicò a proprie spese le sue prime raccolte poetiche “A la venvole” e “De coups d'épée dans l'eau”, che rivelavano già la sua vena satirica e anticonformista. Nel 1943, in seguito ad un decreto di lavoro obbligatorio (STO) imposto dai tedeschi al governo francese, Brassens fu mandato nel campo di lavoro della BMW a Basdorf, vicino a Berlino; fu qui che conobbe Pierre Onteniente (soprannominato da Brassens Gibraltar), prigioniero come lui, il quale diverrà uno dei suoi migliori amici e il suo uomo di fiducia.
Nel 1944, approfittando di una licenza di quindici giorni, fece ritorno a Parigi, dove si nascose presso i coniugi Jeanne e Marcel Planche, figure fondamentali per la vita e l'opera del cantautore; fu a loro, la sua nuova famiglia, che Brassens dedicò canzoni quali Jeanne, La cane de Jeanne e Chanson pour l'Auvergnat.
In questa casa finì per restare più di vent'anni, fino al 1966, conducendo un'esistenza serena, malgrado le ristrettezze. Fu proprio nella casa al numero 9 dell'Impasse Florimont (nel XIV arrondissement), tra gatti e animali di ogni specie, che Brassens compose la maggior parte delle sue canzoni. Componeva cominciando dalla scrittura dei testi (al contrario della maggioranza dei cantautori), adattando poi la melodia al pianoforte, senza avere nessuna conoscenza in materia di solfeggio e di armonia.
Brassens l’anarchico
A partire dal 1946 cominciò la sua collaborazione al Libertaire, rivista anarchica; e per tutta la vita Brassens esprimerà, con l'irriverenza delle sue canzoni, la sua vena anticonformista ed antiautoritaria. In particolare, in tutta la sua opera, se la prenderà spesso con le figure del giudice e del poliziotto: nel celebre brano Hécatombe, Brassens si immagina a tifare dalla sua finestra per le "massaie gendarmicide", che si stanno battendo al mercato contro degli agenti venuti a sedare una rissa:
«Ces furies, à peine si j'ose / Le dire, tellement c'est bas,
Leur auraient même coupé les choses: / Par bonheur ils n'en avaient pas!»
(IT)
«Quelle furie, e ho appena il coraggio / di dirlo, talmente è volgare ,
gli avrebbero anche tagliato i coglioni, / menomale che non ce li avevano!»
Nel 1947 pubblicò il suo primo romanzo, La lune écoute aux portes; nello stesso anno, scrisse alcune tra le sue più grandi canzoni, come Brave Margot, La mauvaise réputation e Le gorille.
In questo periodo, Brassens conobbe Joha Heiman (che lui chiamava Püpchen, in tedesco "bambola"), la donna d'origine estone che sarebbe diventata la compagna di una vita; i due non vissero mai assieme e non ebbero figli, ciononostante restarono uniti fino all'ultimo giorno di vita del cantautore. Fu a lei che dedicò La non-demande en mariage ("La non domanda di matrimonio").
Gli inizi come interprete
Gli anni Cinquanta videro Brassens impegnato in una lunga ed ostinata gavetta nei cabaret parigini; Jacques Grello, un celebre chansonnier, lo sentì cantare ed, entusiasta, lo invitò ad esibirsi nel suo cabaret, il Caveau de la République, e in altri locali in voga, come il Lapin agile a Montmartre e la Villa d'Este; il pubblico, però, non condivideva il giudizio di Grello, e i primi concerti furono dei veri e propri fiaschi.
All'inizio del 1952, alcuni amici lo convinsero a partecipare ad un provino nel celeberrimo cabaret di Montmartre, Chez Patachou; la proprietaria, la stessa Patachou, rimase estasiata e volle cantare i suoi brani nel proprio locale, facendolo così conoscere al grande pubblico; fu sempre lei a convincere Brassens, che si vedeva soltanto nei panni del compositore, ad interpretare lui stesso le sue canzoni. Fu l'inizio del successo.
Brassens cominciò ad esibirsi in numerosi locali parigini e a raccogliere consensi tra il pubblico e i critici, malgrado alcuni suoi testi suscitassero scalpore e scandalo. La consacrazione arrivò quando Patachou lo presentò a Jacques Canetti, direttore artistico della casa discografica Polydor e proprietario del cabaret Les Trois Baudets; grazie all'impegno di Canetti, Brassens poté registrare il suo primo album, La mauvaise réputation, che fu un trionfo.
Nel 1953, il 16 ottobre Brassens debuttò al prestigioso music-hall parigino dell'Olympia; proponeva, oltre ai suoi testi, brani ripresi da poeti celebri come François Villon (Ballade des dames du temps jadis), Victor Hugo (Gastibelza), Paul Fort (Le petit cheval); il 1953 fu anche l'anno di pubblicazione del romanzo La tour des miracles. Nel 1954, oltre a ricevere il Gran Premio del Disco dell'Accademia Charles Cros, pubblicò il suo secondo album, Les amoureux des bancs publics, a cui fece seguito, l'anno seguente, Chanson pour l'Auvergnat.
Negli anni successivi, spinto da Jacques Canetti, fu più volte in tournée in Europa e in Africa del Nord; si dedicò a recital e, anche se per una volta soltanto, al cinema: nel 1956, interpretò un ruolo quasi autobiografico nel film Quartiere dei Lillà di René Clair. Con i primi guadagni ottenuti, Brassens comprò la casa dell'Impasse Florimont, dove viveva con Jeanne e Marcel. Nel 1957, assieme a Pierre Onteniente, creò le Editions Musicales 57 e pubblicò Je me suis fait tout petit, mentre continuava a dividersi tra l'Olympia, l'Alhambra e Bobino.
Sin dalla fine della guerra Brassens aveva sofferto di coliche nefritiche e di calcoli renali che gli impedirono, talvolta, di portare a termine i suoi spettacoli; pur rallentato dalle sue condizioni di salute, non mancò mai all'appuntamento e continuò a pubblicare dischi a cadenza regolare: del 1958 è Le Pornographe, mentre Le Mécréant e Les trompettes de la renommée uscirono rispettivamente nel 1960 e nel 1961. Nel 1964, Brassens fece nuovamente capolino al cinema: la sua canzone Les copains d'abord (pubblicata lo stesso anno nell'album omonimo) rientrò nella colonna sonora del film Les Copains di Yves Robert.
Nel 1966, oltre a lasciare definitivamente l'abitazione condivisa con Jeanne e Marcel per stabilirsi poco lontano, nel XV arrondissement, Brassens pubblicò l'album Supplique pour être enterré à la plage de Sète; la canzone che dà il titolo al disco diverrà il suo testamento messo in musica. Nel 1967 ricevette il Premio di poesia dell'Académie française. Ormai famoso e senza problemi economici, dichiarò: «Ora ho sei case, due macchine, quattro letti, cinque gabinetti [...] e un culo soltanto».
L'anno seguente, durante gli avvenimenti del maggio 1968, Brassens venne colpito da nuovi problemi renali: si trovava in un letto d'ospedale, dopo un'operazione di asportazione di calcoli. Poco prima della sua morte, qualcuno gli chiese che cosa facesse durante le giornate del maggio '68, perché non si fosse schierato pubblicamente; la sua risposta ("Soffrivo di coliche nefritiche") venne interpretata come un'irriverenza tra le tante, ma rispecchiava la realtà; Brassens, senza che nessuno lo sapesse, affrontava la sua malattia in silenzio.
Accusato di qualunquismo, disimpegno e addirittura "revisionismo storico" (già era stato nel mirino per il pezzo La tondue), per la sua canzone antimilitarista e dal tono anarco-individualista Les deux oncles - che parla di due immaginari zii del narratore, uno simpatizzante degli statunitensi, l'altro dei tedeschi, ed entrambi morti nella seconda guerra mondiale, mentre il protagonista invece non si schiera e sopravvive - risponde con l'ironica Mourir por des ideés ("Morire per delle idee"), in cui conferma uno scomodo anarchismo "duro e puro", che non intende schierarsi a priori con una parte politica militante, né aderire a concetti astratti ("moriamo per delle idee, va bene, ma di morte lenta", intendendo "di vecchiaia" o dopo "parecchi anni", perché le idee presto diventano "fuori moda", è la conclusione emblematica del ritornello).
Nello stesso anno, il 24 ottobre, l'amica Jeanne morì, all'età di settantasette anni. Nel gennaio del 1969, su iniziativa della rivista Rock et Folk e della radio RTL, Brassens partecipò ad un'intervista che divenne un evento storico, in compagnia di Léo Ferré e Jacques Brel, altri due pilastri della canzone d'autore francese; nello stesso anno, oltre a continuare le esibizioni a Bobino, pubblicò La Religieuse, il suo decimo disco. Negli ultimi anni, i problemi di salute l'avevano fatto invecchiare prematuramente: dopo aver acquistato una casa a Lézardrieux, in Bretagna (regione che amava al punto da studiare la lingua bretone), nel 1973 disse addio alle scene, con un'ultima tournée in Francia e in Belgio e pubblicando il suo penultimo disco, Fernande.
Due anni dopo, nel 1975, Brassens ricevette il Gran premio della città di Parigi; nel 1977, in seguito all'uscita del suo ultimo lavoro, Don Juan, salì un'ultima volta sul palco di Bobino; fu il suo ultimo concerto. Nel 1979 accettò la proposta del musicista Moustache, suo vecchio amico, di partecipare alla registrazione di un album in cui i suoi titoli più celebri venivano ripresi in versione jazz. Alla fine dell'anno ricevette il Gran Premio del disco dalle mani del sindaco di Parigi, Jacques Chirac.
Affetto da un cancro intestinale, nel novembre del 1980, Brassens si sottopose all'ennesima operazione. Dopo aver passato l'estate del 1981 nella sua casa in Bretagna, trovò ricovero presso il suo amico e medico Maurice Bousquet, a Saint-Gély-du-Fesc, vicino a Montpellier. È lì che, alle 23.15 del 29 ottobre 1981, Georges Brassens morì all'età di sessant'anni.
Tutta la Francia (compreso il presidente Mitterrand), a dispetto dei funerali modesti e della sua riservatezza, gli rese pubblici omaggi, dichiarandolo "poeta" e accostandolo alla corrente letteraria dell'esistenzialismo, anche se lui preferiva essere chiamato semplicemente "cantautore" o "artigiano di canzoni"
Fu inumato a Sète, nel cimitero Le Py, soprannominato il cimitero dei poveri, per distinguerlo dal cimitero marino della cittadina, in cui giace il poeta Paul Valéry, e che sovrasta il paese.
Nel 1984, venne dedicato all'artista il nome di un asteroide.
Attualità della “Vendetta del Gorilla” (ovvero l’alternativa alla responsabilità civile del magistrato)
L’Italia che, nel 1992, guardava con stordita ammirazione ai suoi giudici che facevano pulizia, sbattendo in galera politici corrotti e mafiosi impuniti, trent’anni dopo si è resa conto, sgomenta, di avere allevato col proprio entusiasmo una burocrazia giudiziaria che si caratterizza oramai nel suo complesso, per incompetenza, ignoranza e arroganza, tra le peggiori d’Europa, e forse del mondo (fatte ovviamente le debite eccezioni).
Anche se il dibattito pubblico è dominato dai temi dello “strapotere delle correnti”, dei giudici "politicizzati", e del “mercato delle nomine”, rivelati dalle chat dell’ex magistrato Palamara, in realtà l’esperienza del cittadino comune, o almeno di chiunque abbia la sventura di essere coinvolto in una indagine giudiziaria o in un processo, è soprattutto quella dell’approssimazione, sciatteria, agghiacciante leggerezza con cui i giudici dispensano anni e anni di galera, e perfino ergastoli “ostativi”, sulla base di prove discutibili o addirittura inesistenti.
Ciò accade più spesso quando l'imputato è un “nemico” riconosciuto: presunti mafiosi o camorristi, amministratori pubblici, e tutti quelli che i media hanno già bollato come delinquenti. Perché nei confronti di chi riesce a mobilitare un po’ di opinione pubblica a proprio favore, i nostri timorosi giudici si comportano in modo assai diverso.
In realtà la burocrazia giudiziaria distribuisce condanne con la stessa irresponsabile superficialità degli utenti di Facebook. E, del popolo dei social network, condivide il rancore e la furia contro chiunque non sia in grado di difendersi.
La situazione è ulteriormente peggiorata da quando gli imputati sono stati “espulsi” dal processo, attraverso videoconferenze e limitazioni formidabili al diritto di difesa. Oggi un giudice può condannare una persona senza nemmeno doverla guardare negli occhi, senza nemmeno rendersi conto che si tratta di un essere umano, e non soltanto di un segno di inchiostro sulle sue carte da “tenere in ordine”.
Infine, i giudici (in generale) sono letteralmente tenuti al guinzaglio da Procure e Direzioni Distrettuali Antimafia, il cui potere organizzato è enorme all’interno del CSM e nel rapporto coi media, e dalla cui benevolenza i giudici finiscono per dipendere, se vogliono fare carriera o anche solo evitare procedimenti disciplinari.
La responsabilità civile dei magistrati
Già nel 1987, un referendum popolare introdusse, con l’80,21% di SI, nel nostro ordinamento la responsabilità civile dei magistrati per dolo o colpa grave. Ma le leggi attuative furono talmente protettive nei confronti della burocrazia giudiziaria che, negli ultimi 11 anni, si sono registrate solo 8 condanne.
Attualmente sono in corso le procedure per l’indizione di sei referendum sulla Giustizia, per i quali si voterà – se supereranno il vaglio di ammissibilità della Corte Costituzionale – probabilmente nel 2023. Tra essi anche un nuovo quesito sulla responsabilità civile per gli errori inescusabili.
È indispensabile che sia introdotta una qualche forma di responsabilità per i magistrati che sbagliano. L'impunità di cui godono ha già prodotto troppi danni e troppi lutti.
E, se è diventato pressocché impossibile trovare un "giudice a Berlino", difficile è anche trovare tanti gorilla pronti a riparare i torti !!!
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