Verso un terremoto in Medio Oriente ?
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Le Grand Soir, 22 dicembre 2013 (trad. ossin)
I retroscena dello storico accordo USA-Iran
Verso un terremoto in Medio Oriente ?
Marc Vandepitte
Nonostante fossero nemici genetici, Iran e USA hanno stipulato un accordo storico le cui ripercussioni per la regione e per il mondo intero sono importanti. Marc Vandepitte ha analizzato la portata di questo accordo e gli interessi che nasconde
Nemici giurati diventati alleati
Il 24 novembre scorso, gli Stati Uniti e l'Iran stipulavano un accordo storico. In cambio della riduzione delle sanzioni, l'Iran si è impegnata a ridurre e a far controllare il suo programma nucleare. Il solo fatto che i ministri degli affari esteri dei due paesi si siano incontrati apertamente sarebbe stato un fatto impensabile solo qualche mese fa, e certamente agli esordi della repubblica islamica.
Negli ultimi sessanta anni le relazioni tra i due paesi sono state particolarmente tumultuose. Nel 1953, volendo assicurarsi il controllo delle ricchezze petrolifere iraniane, gli Stati uniti e la Gran Bretagna contribuirono a rovesciare il governo democraticamente eletto di Mossadeq. Lo Scià regnò con mano d'acciaio, forte del sostegno degli Stati Uniti. Fu costretto alla fine ad abbandonare il potere con la rivoluzione islamica del 1979. Poco dopo gli Stati Uniti subirono l'assalto della loro ambasciata e la presa in ostaggio del suo personale.
Da allora, l'Iran e gli Stati Uniti sono diventati nemici giurati. All'inizio degli anni 1980, quando l'Iraq attaccò con il gas tossico centinaia di migliaia di Iraniani, anche oriundi dagli Stati Uniti, la Casa Bianca fece finta di guardare altrove. Nel 1983 l'esercito degli Stati Uniti venne cacciato dal Libano da un attentato omicida che uccise 2141 marine. Dietro l'attentato c'era Hezbollah, il più fedele alleato dell'Iran in Libano. Nel 1986 il presidente Reagan perse la faccia a causa dello scandalo dell'Irangate.
Dopo l'11 settembre, l'Iran si ritrovò inserito nella lista "dell'Asse del male" (1).
Nel 2003 l'invasione dell'Iraq rimescolò le carte nella regione. Saddam Hussein, principale avversario dell'Iran, venne eliminato, e venne sostituito al potere dagli sciiti. L'Iran non era più un nemico genetico, ma un alleato. In quel momento l'Iran aveva già esteso la sua influenza sulla Siria, sul Libano (Hezbollah) e sulla Palestina (Hamas). Per contro gli Stati uniti perdevano gradualmente la presa sull'Iraq. L'egemonia regionale cominciò a spostarsi verso Teheran.
Fonte: latimes.com
Non è un caso che proprio in quel periodo sia cominciata la controversia a proposito del programma nucleare iraniano. La questione nucleare diventò la leva con la quale Washington ha cercato di limitare la crescente influenza dell'Iran e di mettere il paese in ginocchio.
L'Iran non ha mai avuto - non ha nemmeno adesso - l'intenzione di sviluppare una bomba atomica a breve termine (2). Acquisire l'arma nucleare non costituisce una priorità per la dirigenza iraniana.
Inoltre il paese non è in grado di renderla operativa in tempi brevi. Non dispone di sufficiente uranio impoverito e non dispone nemmeno di missili affidabili di sufficiente portata, meno ancora di una forza aerea abbastanza equipaggiata per poter raggiungere Israele. Se così non fosse, Israele avrebbe da molto tempo già bombardato le installazioni nucleari (3).
La prima risoluzione delle Nazioni Unite concernente il programma nucleare iraniano è datata luglio 2006. Dopo Washington ha fatto di tutto per isolare il paese e portarlo alla rovina. Nel 2003, e poi ancora nel 2009, l'Iran aveva presentato delle proposte per giungere ad un accordo con gli Stati Uniti, ma Wahington aveva rifiutato in entrambi i casi (4). Alla fine ci sono comunque arrivati...
Non è la prima volta che Washington scende a patti col "diavolo". Roosevelt ha (temporaneamente) collaborato con Stalin per abbattere la Germania nazista e Nixon, dopo la sconfitta del Vietnam, ha stipulato un accordo con Mao, per indebolire l'Unione Sovietica.
Nella geo-politica i principi o l'ideologia non giocano un ruolo troppo importante, contano solo gli interessi nudi e crudi. E' così anche questa volta. Esaminiamo dunque questi interessi e la questione del perché le due parti abbiano fatto una tale virata e perché la abbiano fatta adesso. Capiremo così quali vantaggi i due paesi tentano di trarre da questo accordo.
Il movente degli Stati Uniti
Cominciamo dagli Stati Uniti. Cinque fattori almeno spiegano perché Washington cerca di stringere un accordo ed una collaborazione con Teheran
Super-sfruttamento
Il primo governo Bush era un vero e proprio gabinetto di guerra (5). Voleva piegare alcuni paesi indisciplinati del Medio Oriente e dell'Africa. Dopo l'11 settembre l'obiettivo era, dopo la conquista dell'Iraq, di "distruggere" altri sette governi: l'Iraq, la Siria, il Libano, la Libia, la Somalia, il Sudan e l'Iran. Ma in Afghanistan e in Iraq vi è stato un fiasco militare. E una vera catastrofe economica. Queste guerre sono costate più di quella contro il Vietnam (6).
La guerra contro il terrorismo si rivelò un ponte troppo lungo per gli Stati Uniti. La disillusione fu immensa e Obama venne eletto con la promessa di ritirarsi dall'Iraq e dall'Afghanistan. Nello stesso contesto, un attacco militare contro la Siria venne alla fine annullato (7).
Meno interesse per il Medio Oriente
Fino a pochissimo fa, il Medio Oriente aveva una importanza vitale per l'approvvigionamento energetico degli Stati Uniti. Ma attualmente questo è sempre meno vero, grazie allo sviluppo in proprio che hanno fatto del gas di scisto e delle sabbie bituminose, oltre allo sfruttamento delle grandi riserve di petrolio in Canadà. Gli Stati Uniti sono attualmente il produttore di petrolio e gas con il più alto tasso di crescita mondiale. L'importazione di petrolio medio-orientale diminuirà di quasi il 40% tra il 2011 e il 2017. Intorno al 2020, gli USA diventeranno esportatori di gas naturale (8).
Focus sulla Cina
Nel 1992, un anno dopo la caduta dell'Unione Sovietica, il Pentagono dichiarava: "Il nostro primo obiettivo è di impedire che un nuovo rivale appaia sulla scena mondiale. Dobbiamo dissuadere i potenziali concorrenti anche solo dal giocare un ruolo più importante a livello regionale o mondiale". E' la dottrina che è stata mantenuta con qualsiasi presidente (9).
Oggi questi proponimenti fanno pensare in primo luogo alla Cina. Per Hillary Clinton, l'attenzione strategica degli USA deve spostarsi verso l'Oceano Pacifico: "L'avvenire della politica si deciderà in Asia, non in Afghanistan o in Iraq. E gli Stati Uniti si troveranno esattamente al centro dell'azione". In un dibattito televisivo con Romney, Obama è stato ancora più esplicito, ha definito la Cina un avversario (10).
Non si tratta solo di parole. Tutto intorno alla Cina gli USA hanno dislocato truppe, basi militari, punti di appoggio o centri di addestramento in 17 paesi o territori marittimi: Tajiikistan, Kirghizistan, Afghanistan, Pakistan, Mare d'Arabia, Oceano Indiano, Stretto di Malacca, Australia, Filippine, Oceano Pacifico, Taiwan, Corea del Sud, India, Bangladesh, Sri Lanka, Nepal e Malesia. Nuove basi sono previste in Thailandia, Vietnam e nelle Filippine.
Fonte: Washington Post
Vi è una collaborazione militare con la Mongolia, l'Uzbekistan, l'Indonesia e, recentemente, anche con la Birmania. Entro il 2020, il 60% della flotta stazionerà nella regione. Se si esamini una cartina, non è esagerato dire che la Cina è militarmente accerchiata (11)
Fonte: media.economist. com
Una minacciosa radicalizzazione
Un quarto fattore è la radicalizzazione dei jihadisti nella regione. In Siria le milizie estremiste hanno preso il sopravvento e gli Stati Uniti hanno pochissima influenza su di esse (12). In Iraq, 5000 persone sono già state assassinate da Al Qaida solo nei primi sei mesi dell'anno. Anche in Libano la situazione rischia di diventare incontrollabile (13).
Fonte: policymic. com
In passato il Pentagono ha già collaborato strettamente con alcuni gruppi islamici estremisti. Così in Afghanistan negli anni 1980, in Bosnia negli anni 1990, un po' più tardi in Kosovo e recentemente in Libia e in Siria. Ma sempre a condizione che gli Stati Uniti mantenessero una posizione di preminenza. Washington vorrebbe ben dare una mano per eliminare il governo filo-iraniano del Libano e in Siria, ma non a costo di rafforzare i jihadisti transnazionali, ancor meno per farsi pestare le dita dagli emirati fondamentalisti.
Dovrebbe poi venire il turno della Giordania e in tal caso Israele sarebbe circondata da regimi estremisti. E' uno scenario da incubo (14). Agli occhi di Washington gli estremisti sunniti sono diventati un fattore troppo poco controllabile e dunque rischioso nella regione.
Alleati regionali
Un quinto fattore riguarda gli alleati regionali degli Stati Uniti. Dopo la "primavera araba", un certo numero di regimi autocratici della regione sono diventati partner dubbi e indeboliti. E' il caso in primo luogo dell'Egitto, ma anche dello Yemen, della Giordania, del Bahrein e della Tunisia. Lo stesso vale per l'Arabia Saudita, che si trova anche di fronte ad un delicato passaggio generazionale (15).
Washington aveva sperato di poter contare sul Pakistan per controllare la situazione in Afghanistan dopo il ritiro della maggior parte delle truppe. Ma la guerra ha molto indebolito il Pakistan e il paese subisce anche una forte destabilizzazione interna a causa dei jihadisti (16).
Poi ci sono l'Afghanistan e l'Iraq. In questi due paesi sono stati installati dei regimi filo-Usa. Ma sembra che non siano così docili come si sperava. Procedono sempre di più sulla loro strada, indipendentemente dalla Casa Bianca e talvolta apertamente contro di lei. Così l'Iraq ha rifiutato di aprire il proprio spazio aereo agli Stati Uniti per bombardare la Siria. mentre gli Iraniani possono tranquillamente utilizzarlo per dare assistenza all'esercito siriano (17).
Fonte: reuter.com
Vantaggi per gli Stati Uniti
E' il complesso di questi cinque fattori che spiega perché gli USA abbiano cercato un avvicinamento all'Iran. Essi non sono più in grado di dominare unilateralmente il mondo intero, né di scegliere e di controllare i loro alleati punto per punto. Dosare ed equilibrare, ecco la ricetta.
Zbigniew Brzezinski, super-consigliere di diversi presidenti USA e direttore d'orchestra attuale della politica estera di Washington, la esprime in questi termini:
"La nuova realtà è che nessuna grande potenza è in grado di 'dominare' l'Eurasia e dunque di 'comandare' il mondo. Il ruolo degli Stati Uniti, soprattutto dopo che si sono persi venti anni, deve adesso essere più sottile e giocare soprattutto coi nuovi rapporti di forza in Eurasia" (18)
Grazie all'accordo concluso con l'Iran, Washington ottiene più spazio (militare) per concentrarsi su altre regioni, in particolare sulla regione dell'Oceano Pacifico (19). Non è che gli USA vogliano ritirarsi dal Medio Oriente, ma non vogliono conservare una troppo forte presenza militare, che sarebbe inutile e impedirebbe loro di raggiungere altri obiettivi prioritari (20).
The U.S. Military’s Pivot to Africa, 2012-2013 (key below article) ©2013 TomDispatch ©Google
Una collaborazione con l'Iran permetterà loro di controllare meglio la situazione in Siria, in particolare la minaccia jihadista. Lo stesso vale anche per la situazione in Afghanistan dopo il ritiro della gran parte dei soldati USA previsto per il 2014 (21). L'aiuto di Teheran è indispensabile anche per migliorare la situazione in Iraq, in Libano e in Palestina (22). Infine la collaborazione con l'Iran ridurrà l'influenza russa nella regione dopo l'11 settembre. E' tanto di guadagnato per Washington (23).
Non sarebbe questa la prima volta che Teheran e Washington collaborano per contrastare i jihadisti estremisti. E' già successo in Iraq e in Afghanistan, rispettivamente contro Al Qaida e i Talebani. Ma si è sempre trattato di una collaborazione tattica che nulla cambiava dell'atteggiamento globalmente ostile tra i due e non aveva alcun impatto sulle alleanze degli Stati Uniti nella regione. Questa volta ci troviamo di fronte ad una collaborazione strategica che rimescola le carte in Medio Oriente (24).
Attraverso questo approccio gli Stati Uniti perseguono un equilibrio strategico tra Sciiti e Sunniti. Nessuno dei due campi dovrà diventare tanto potente da avere la meglio. Un islam diviso tra due poli in equilibrio che si neutralizzano a vicenda favorisce perfettamente il gioco di Israele e degli Stati Uniti. E' la strategia del "dividere per comandare", che ha dato tanto buona prova di sè (25).
Vantaggi per l'Iran
L'invasione dell'Iraq non è stata solo una sconfitta per gli Stati Uniti, ha anche smosso i rapporti di forza regionali a profitto di Teheran. L'Iraq, il più grande paese sciita dopo l'Iran, è caduto nella sfera di influenza di Teheran. La Siria e il Libano si trovavano già in questa sfera, e anche a Gaza Teheran faceva valere la sua influenza attarverso Hamas. Il paese è diventato una grande potenza regionale. Il presidente Ahmadinejad (2005 -2013) ha portato avanti una politica estera radicale e di livello (26).
Tre fattori minano questa posizione rafforzata:
1. la guerra in Siria
2. la situazione in Iraq
3. le sanzioni economiche
La guerra in Siria
La Siria è la linea del fronte della lotta sunno-sciita in seno all'islam, con - per grandi linee - da un lato l'Iran persiano e, dall'altro, i sunniti dei paesi arabi e della Turchia. Da questo punto di vista, è evidente che l'Iran faccia di tutto per difendere Assad. Ma la guerra costa cara a questo paese che paga all'embargo economico una somma valutabile intorno a 9 miliardi di dollari per anno (27).
Inoltre la guerra civile in Siria evolve in modo increscioso. Tollerati o sostenuti dagli Stati del Golfo e dalla Turchia, i jihadisti radicali hanno rapidamente preso il sopravvento nelle milizie. La Siria è diventata un vivaio di combattenti islamici sunniti ultra-radicali ben addestrati e ben organizzati. Ciò è estremamente allarmante per Teheran, tanto più che questo focolaio estremista minaccia di estendersi verso il Libano (28)
Il caos in Iraq
In Iraq la situazione evolve sfavorevolmente per Teheran. Lentamente ma inesorabilmente il paese va in pezzi, e il primo ministro sciita Maliki non ha più alcun controllo sul paese. A nord, il Kurdistan è semi-indipendente. In molte città nel centro del paese, l'esercito si è ritirato e i sunniti radicali dettano legge. Nella sua lotta contro Al Qaida, Maliki ha stretto una alleanza coi capi dei clan più sunniti, ma questi ultimi hanno recentemente rotto questa alleanza. Il governo centrale non ha più il controllo totale, se non del sud del paese.
La grande sfera di influenza sulla quale Teheran aveva contato non si è alla fine realizzata. Con la guerra in Siria e la crescita dei jihadisti radicali in Iraq, al contrario Teheran è oggi sulla difensiva. Dal 2003 il paese è accerchiato da truppe USA o da jihadisti radicali.
Fonte: temi.repubblica.it
Le sanzioni economiche
Dal 2006 gli Stati Uniti e l'Unione Europea hanno rafforzato poco a poco l'embargo contro l'Iran. Esso non concerne solo il commercio ma anche gli investimenti esteri e i tentativi degli Stati Uniti di escludere l'Iran dal sistema bancario internazionale (30).
Le ripercussioni sono catastrofiche. Le sanzioni sono diventate dolorose soprattutto negli ultimi due anni. L'inflazione è al 40% su base annua e la disoccupazione dei giovani tocca il 28%. Dal 2005 la povertà è passata dal 22 al 40%. In questo momento le entrate petrolifere sono inferiori del 60% rispetto a quelle del 2005. Il valore del rial è diminuito del 70% e solo nel 2012 le riserve di valuta estera sono scese da 110 a 70 miliardi di dollari. Nel 2012 il PIL è sceso del 5,4% (31).
A termine, tutto ciò non è sostenibile economicamente, ma ciò comporta anche un indebolimento della stabilità politica. L'insoddisfazione della popolazione aumenta. Secondo un sondaggio di fine 2012, il 48% delle persone riferivano che le sanzioni toccano seriamente la loro vita personale e per un altro 35% un po' meno (32).
Sono soprattutto i ceti medi (33), vale a dire quasi la metà della popolazione, che ne hanno abbastanza della debolezza dell'economia e del monopolio del potere da parte del clero conservatore. In Egitto, in Turchia e in Brasile, è stata la rivolta del ceto medio che ha fatto tremare l'establishment politico. Tutto questo non è sfuggito alle autorità iraniane (34).
Dopo le lezioni del 2009, vi sono state ondate di proteste. E' quello che si è voluto evitare in occasione delle ultime elezioni di giugno. il fatto che il 51% della popolazione abbia votato per l'attuale presidente Rohani, che pure non era il candidato preferito dall'ayatollah Khamenei, il più alto dirigente religioso, è assai significativo. La leadership del paese ha capito il segnale e ha dato il semaforo verde ai pourparler con gli Stati Uniti (35).
Salvare il salvabile
Ricapitoliamo punto per punto gli elementi iraniani. Dopo l'invasione in Iraq i rapporti di forza regionali sono stati assai favorevoli. Ma la combinazione della guerra in Siria, la situazione instabile in iraq e le sanzioni economiche aggravate li mettono in pericolo. Teheran si rende conto di non essere abbastanza forte, allo stato, per svolgere il ruolo di grande potenza regionale. Era dunque giunto il momento di abbandonare la politica estera radicale e di sedersi al tavolo dei negoziati, tanto più che anche gli Stati Uniti volevano ridurre la loro presenza militare nella regione (36).
A inizio settembre Obama voleva bombardare la Siria. La sua intenzione non era di eliminare il presidente Assad, ma solo di indebolirlo e frenare l'offensiva dell'esercito siriano. Concludendo l'accordo con gli Stati Uniti, Teheran ha potuto evitare questo scenario svantaggioso (37).
Grazie a questo accordo, Teheran ha potuto anche consolidare la propria posizione in Iraq, e la posizione del suo alleato siriano si trova ad essere rafforzata. L'Iran viene riconosciuta di fatto come grande potenza regionale legittima e rafforza la sua posizione nei confronti della Russia e della Turchia (38).
Il miglioramento dei rapporti con l'Occidente dona nuova linfa all'economia. Nuovi investimenti stranieri erano urgenti per ammodernare l'apparato produttivo, e senz'altro arriveranno presto. La diminuzione delle sanzioni produrrà rapidamente i suoi effetti sul bilancio degli Iraniani, e ciò restituirà legittimità al governo (39).
Conclusioni
L'accordo concluso dai due paesi è provvisorio ed ha una portata limitata. Ma sei i due partner ne rispetteranno le clausole, esso si trasformerà alla fine dei sei mesi in un grande accordo di cooperazione. E ciò potrà certamente provocare un terremoto in tutto il Medio Oriente.
Note:
[1] http://fr.wikipedia.org/wiki/Guerre_iran-irak et http://fr.wikipedia.org/wiki/Iran-Contra
[2] E' la conclusione cui sono giunti diversi servizi di intelligence USA nel 2012. Ufficiali superiori appartenenti a tutti i servizi di intelligence statunitensi hanno dichiarato che non esiste alcuna prova formale che l'Iran abbia fatto tentativi di produrre armi nucleari dopo il 2003.
[3] Nessuna intenzione. Israel’s New Strategic Position
[4] A US detente with Iran could be game-changing e U.S., Iran : Why They Will Now Likely Negotiate.
[5] Il vice-presidente Dick Cheney, in qualità di ministro della Difesa, fu politicamente responsabile dell'invasione di Panama (1989) e dell'operazione ‘Desert Storm’ in Iraq (1991).
Il ministro degli affari esteri Colin Powell : ex capo di stato maggiore dell'esercito USA durante l'operazione ‘Desert Storm’.
Il ministro della Difesa Donald Rumsfeld : ex pilota, era prima ministro della Difesa e ambasciatore presso la NATO; durante l'amministrazione Reagan cancellò la parola "distensione" (tra USA e URSS) dal vocabolario ufficiale.
IL segretario aggiunto alla Difesa Paul Wolfowitz : ha lavorato come consigliere al pentagono e dato una mano a creare il « Central Command », spina dorsale delle forze armate durante la Guerra del Golfo; ha lanciato la teoria dei falchi dell’unipolarismo, vale a dire che dopo la caduta dell’Unione Sovietica gli USA devono dominare il mondo; ha insegnato al National War College.
Richard Armitage, assistente del segretario di Stato: ha fatto carriera al Pentagono e fu negoziatore durante la Guerra del Golfo e in rapporti con una base militare nelle Filippine.
James Kelly, Segretario di Stato aggiunto ha servito nella Navy et lavorato al Pentagono.
I. Lewis Libby : assistente del vice-presidente Cheney per gli affari di sicurezza, prima aveva lavorato per il Ministero della Difesa, è stato decorato dalla Navy e ha lanciato con Wolfowitz la dottrina dell’unipolarismo.
John Negroponte : ambasciatore presso le Nazioni Unite, una delle figure-chiave della guerra sporca e segreta contro i Sandinisti in Nicaragua (decine di migliaia di morti, soprattutto civili).
Richard Perle : consigliere del ministro della Difesa, membro influente dell’American Free Entreprise Institute, un Think Tank ultra-conservatore ; membro di un gruppo di studio per l’utilizzo delle tecnologie di punta per il miglioramento della produttività dell’esercito; autore di « Hard Line ».
Fonte : Vandepitte M., ‘Irak : Startschot voor de Derde Wereldoorlog’, Brussel 2003, p.71-2.
[6] http://www.youtube.com/watch?v=Ha1rEhovONU et http://www.ft.com/intl/cms/s/0/f6acf1a6-d54d-11e0-bd7e-00144feab49a.html
[7] http://www.ft.com/intl/cms/s/0/a5612aca-1f91-11e3-aa36-00144feab7de.ht...
[8] Medio-Oriente, gas di scisto, la crescita più forte, importazione, esportatori
[9] www.yale.edu/strattech/92dpg.html
[10] Cina, Clinton, Avversario
[11] India, Aphorisms and suspicions, Mongolia, Uzbekistan, Indonesia, Malesia, Birmania, 60% della flotta
[12] Tra i gruppi ribelli, i jihadisti sono diventati maggioranza. L’Esercito Siriano Libero, che è laico, conta 50.000 combattenti. I jihadisti hanno tra i 54.000 e i 69.000 combattenti, per lo più stranieri. La milizia più « efficiente » è quella che fa capo ad Al Qaida, con Jabhat al-Nusra e i suoi 7.000 combattenti. Tra i jihadisti la ripartizione è la seguente: il Fronte Siriano di Liberazione conta 37.000 combattenti, il Fronte Siriano Islamico da 10 a 25.000 e Jabhat al-Nusra 7.000.
http://www.policymic.com/articles/42317/who-are-the-syrian-rebels-a-ba...
http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-15798218
http://www.economist.com/news/middle-east-and-africa/21582037-one-isla...
http://www.ft.com/intl/cms/s/0/ce19f802-6c5e-11e2-b774-00144feab49a.ht... http://www.economist.com/news/middle-east-and-africa/21578057-more-dec...
Scarsa presa
[13] Libano : idem
[14] Afghanistan, Bosnia, Libano e Siria
[15] partner inaffidabili, Arabia Saudita
[16] http://www.stratfor.com/analysis/us-iran-why-they-will-now-likely-negotiate
[17] Afghanistan, Stati-Uniti, gli Iraniani
[18] Brzezinski Z., ‘Strategic Vision. America and the Crisis of Global Power’, New York 2012, p. 131.
Scegliere gli alleati
[19] Spazio militare
Anche negli altri continenti si assiste a un incremento delle attività militari. Gli USA disporrebbero di più di 700 basi militari o installazioni all’estero. In America del Sud, dopo 60 anni, starebbero riattivando la Quarta Flotta. La CIA è stata direttamente o indirettamente coinvolta nei colpi di Stato in Venezuela (2002) e in Honduras (2009). Nel 2009 il Pentagono ha costituito Africom, un nuovo comando militare per il coordinamento di tutte le operazioni sul continente africano. Africom è attualmente attivo in 49 dei 54 paesi africani e gli USA dispongono di basi militari o di installazioni permanenti in almeno 10 paesi. La militarizzazione degli USA in questi paesi va progressivamente aumentando.
http://www.globalsecurity.org/org/news/2004/041101-iraq-basing.htmhttp://www.rense.com/general88/usnato.htm
http://www.globalresearch.ca/africa-nato-africom-and-the-new-white-man...
http://www.alternet.org/print/world/huge-growth-us-military-ops-africa
[20] presenza militare
[21] Il rimanente delle truppe USA vi resterà almeno fino al 2024
[22] http://web2.thenation.fayze2.com/article/176476/time-detente-iran# http://www.ft.com/intl/cms/s/0/a5612aca-1f91-11e3-aa36-00144feab7de.ht...
[23] http://www.stratfor.com/analysis/russia-warily-eyes-us-iran-deal
[24] http://www.stratfor.com/geopolitical-diary/obstacles-us-iranian-detente
[25] http://www.stratfor.com/weekly/israelis-saudis-and-iranian-agreement et http://www.stratfor.com/weekly/saudi-nightmares
[26] http://www.stratfor.com/analysis/irans-arc-influence-jeopardy
[27] http://www.ft.com/intl/cms/s/0/a5612aca-1f91-11e3-aa36-00144feab7de.ht...
[28] http://www.ft.com/intl/cms/s/0/9830b1da-5368-11e3-9250-00144feabdc0.ht...
[29] http://www.economist.com/news/middle-east-and-africa/21588902-iraqs-le...
[30] Sistema bancario
[31] 2012 : ripercussioni catastrofiche ; inflazione ;
entrate petrolifere : (vedere su wikipedia) ; valore del rial
[33] La classe media mondiale si risveglia. Per reddito medio si intende generalmente un reddito di almeno 12 dollari al giorno
[34] Metà della popolazione ; rivolta dei ceti medi
[35] Candidato preferito ; segnale
[36] Non tanto forte ; era dunque tempo
[37] Otto buone ragioni per non bombardare la Siria