Stati Uniti/Iran: Trump ritenta l'imbroglio iracheno
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Cf2R (Centre Français de Recherche sur le Renseignement), 3 settembre 2017 (trad. ossin)
Stati Uniti/Iran: Trump ritenta l'imbroglio iracheno
Alain Rodier
Per una volta la Storia sembra ripetersi. All'inizio degli anni 2000, l'amministrazione del presidente George W. Bush voleva assolutamente ottenere la prova che il regime di Saddam Hussein deteneva armi di distruzione di massa. Quindi i servizi di informazione vennero tormentati dalla Casa Bianca perché fornissero le prove irrefutabili che confermassero la tesi presidenziale. Alla fine, siccome il governo voleva prove concrete, i servizi gliele consegnarono in quanto molte fonti si fecero un dovere di vendere quanto veniva loro chiesto. L'esempio più lampante fu quello dei camion impiegati per realizzare dei palloni meteorologici che sarebbero diventati per miracolo – disegni alla mano – dei «laboratori mobili» di fabbricazione di armi biologiche. Era semplice! Se non si era trovata nessuna istallazione fissa, è perché gli Iracheni li avevano montati su ruote per renderle mobili e così sfuggire alle ispezioni!
A lungo resterà il ricordo del generale Colin Powell che agitava, il 5 febbraio 2003, una fialetta contenente ipotetico antrace, in piano Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Buona parte degli informatori degli USA erano dei truffatori dell'intelligence – categoria diffusissima nel mondo dello spionaggio[1] – che si facevano pagare a caro prezzo le informazioni che venivano loro chieste, e ciò provocava un fenomeno di auto-suggestione[2]. Corre voce che anche i servizi iraniani avrebbero partecipato alla fornitura agli Statunitensi e ai Britannici di false informazioni sull'arsenale iracheno. Era infatti loro interesse che Washington intervenisse in Iraq e qui si impantanasse «dimenticando» il più importante paese designato come membro «dell'asse del male» : l'Iran. Dopo l'inizio delle operazioni militari, gli stessi canali sono serviti per dare questa volta vere informazioni tattiche sull'esercito di Saddam Hussein, perché i carri armati USA potessero raggiungere rapidamente Bagdad. Prima si impantanavano meglio sarebbe stato!
La ricerca di un pretesto
Oggi Donald Trump è convinto che Teheran non rispetti gli obblighi assunti nell'ambito dell'accordo 5+1[3] (conosciuto col nome di Joint Comprehensive Programme of Action (JCPOA) firmato nel 2015 sul programma di sviluppo del nucleare. Di conseguenza, come nell'era Bush, i servizi di informazione sono pronti a portare a Trump le «prove» della sua tesi, al punto che molti analisti che non hanno la memoria corta si ribellano agli ordini ricevuti.
Come Bush, Trump mette anche pressione sull'Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA) perché mostri maggiore aggressività nelle sue richieste di ispezione dei siti iraniani sospettati di fare attività proibite dallo JCPOA. Quindi Washington vorrebbe cambiare le regole che disciplinano le ispezioni. Attualmente, quando un dubbio su una istallazione viene segnalato da un paese firmatario, in un primo momento l'AIEA chiede spiegazioni a Teheran. Se queste vengono giudicate insufficienti, occorre rispettare un termine di due settimane per negoziare le modalità di ispezione del sito in questione. Se, all'esito, Teheran continua a respingere l'ispezione, i 5+1 possono decidere una visita alla quale gli Iraniani devono piegarsi nel giro di tre giorni, pena il ripristino delle sanzioni internazionali. Ma Washington vorrebbe poter chiedere alla AIEA di compiere ispezioni senza fornire spiegazioni in anticipo. Insomma di fare ispezioni aleatorie «a sorpresa».
Il tempo oggi è cruciale perché se Teheran non accetta una ispezione (programmata nel quadro dell'accordo 5+1) da qui a metà ottobre, è probabile che il presidente Trump coglierà l'occasione per non firmare la proroga dell'accordo che deve essere rinnovato ogni tre mesi dal Congresso. Questo riattiverebbe le sanzioni statunitensi contro Teheran. Gli altri paesi firmatari sarebbero molto indispettiti da questa decisione unilaterale. D'altronde tutti la criticano, a eccezione della Gran Bretagna che, come è sua abitudine, si sforza di complicare le relazioni tra Stati Uniti ed Europa. Che ne sarebbe degli scambi commerciali occidentali con l'Iran, se Washington applicasse sanzioni agli investitori stranieri[4] che commerciano con Teheran?
L'atteggiamento di Trump è molto influenzato dagli Israeliani, che considerano l'Iran una minaccia esistenziale per lo Stato ebraico. A favore di questa tesi, vi sono gli appelli di Teheran alla sparizione di Israele che si ripetono regolarmente a intervalli regolari, fin dalla presa del potere da parte dei mullah nel 1979[5]. Il Primo Ministro Netanyahu ha d'altra parte approfittato della visita del segretario generale delle Nazioni Unite a Gerusalemme, Antonio Guterres, ad agosto 2017, per affermare che gli Iraniani stanno realizzando una fabbrica di missili in Siria, a Wadi Jahannam, vicino a Baniyas, sula costa mediterranea.
Ma, a differenza di quanto avveniva negli anni 2000, quando le opinioni delle diverse agenzie di informazione statunitensi e straniere erano quanto meno contrastanti[6], vi è oggi piena concordanza tra esse e l'AIEA sul fatto che non v'è, allo stato, alcuna prova formale che Teheran violi le sue obbligazioni. Di fatti, subito dopo la firma dell'accordo JCPOA, l'Iran ha ridotto il numero delle sue centrifughe e anche i suoi stock di combustibile.
L'Organizzazione dei mujaheddin del popolo (OMPI[7]), che aveva rivelato l'impegno nucleare militare iraniano nel 2002, sta cercando informazioni, ma non sembra avere raccolto elementi decisivi allo stato.
Secondo l'OMPI, il brigadiere generale dei pasdaran Mohsen Fakhrizadeh Mahabadi - alias dottor Hassan Mohseni – riconosciuto come il padre del programma nucleare militare iraniano, dirige oggi l'Organizzazione dell'innovazione e della ricerca della Difesa, nata nel 2011 e conosciuta con l'acronimo SPND. Questa organizzazione proseguirebbe segretamente le ricerche nonostante l'accordo 5+1. Tutte queste informazioni devono ancora trovare conferma, ma è vero che il presidente Hassan Rohani ha dichiarato in un discorso pronunciato al Consiglio della Shura, lo scorso 15 agosto, che l'Iran è in grado di riprendere il suo programma nucleare «in poche ore e pochi giorni», se Washington continuasse a minacciare e imporre sanzioni a Teheran.
Per ragioni politiche, da individuare nell'influenza dell'Iran sul Vicino Oriente, il presidente Trump ha deciso di demonizzare Teheran, a vantaggio dell'Arabia Saudita e di Israele. E' per questo che ha bisogno di rompere ad ogni costo l'accordo che era stato concluso tra Teheran e il suo predecessore, Barack Obama. I suoi Servizi Segreti sono stati messi all'opera per tentare di giustificare le misure coercitive che, in ogni caso, egli ha intenzione di prendere. «Chi vuole ammazzare il cane, l'accusa di avere la rabbia» recita il vecchio proverbio popolare...
Note:
[1] Talvolta soprannominati i «ratti novizi».
[2] Un ufficiale trattante (UT) chiede alla sua fonte di trovargli gli indizi della presenza di armi chimiche. Quest'ultima si fa un dovere di trovarli perché sa che sarà lautamente ricompensata. Di rimando l'UT è convinto della veridicità dell'informazione. Si tratta di un circolo vizioso.
[3] Questo accordo è stato firmato con l'Iran dai cinque paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, più la Germania.
[4] Gli USA impongono le loro regole giuridiche a tutto il commercio mondiale, si tratta di un metodo eccellente per realizzare una concorrenza totalmente sleale.
[5] Salvo durante la guerra Iran-Iraq, perché allora era Bagdad ad essere considerata la minaccia numero UNO per Israele, che non ha esitato a rifornire Teheran di pezzi di ricambio e munizioni per il materiale di origine statunitense.
[6] I Servizi francesi nutrivano forti dubbi sulla veridicità delle informazioni statunitensi. Il presidente Chirac decise quindi di non intervenire, cosa che provocò una importante ostilità verso la Francia negli Stati Uniti.
[7] Organizzazione considerata terrorista da Teheran, a causa dei numerosi attentati che compie in Iran.