The vineyard of the saker, 3 dicembre 2014 (trad. Ossin)



La “nascita” di Israele

Come una menzogna è diventata “verità”

Inge Neefs


Alla fine di settembre 2014, lo storico Ilan Pappé (1), noto per le severe critiche rivolte a Israele, il suo paese, ha partecipato al Festival ManiFiesta (2), esponendo in sintesi il contenuto del suo ultimo libro, The idea of Israel: a history of power and knowledge





Tre paragrafi riassumono bene il discorso di Ilan Pappé

“Immaginate di essere un venditore di coltelli, alla ricerca di potenziali clienti. Che cosa fareste per convincerli della qualità del vostro assortimento? Li invitereste ad assistere ad una decapitazione”.

“Bisogna ricorrere a simili paradossi per spiegare alle gente quanto siamo grotteschi e ipocriti. Perché è questo che Israele fa con Gaza. Israele testa le nuove armi di sua produzione nella Striscia di Gaza in occasione di offensive assassine, come questa estate, dopo di ché invita i mercanti di armi internazionali e mostra loro come funzionano bene”.

“Conseguenza: i guadagni provenienti dalla vendita delle armi salgono e continueranno a crescere. Io non sono un profeta ma temo che, se il mondo non interviene, vi sarà ogni anno e mezzo una nuova operazione militare. E sarà sempre più pesante. Alla fine Israele avrà realizzato un genocidio”



Uguaglianza democratica e militarismo sacro

L’idea di Israele è nata nel 1948 ed è stata venduta in tutto il mondo come un prodotto della modernità e del senso di umanità. A proposito dell’idea di Israele, il mio libro dice tutt’altro, perché Israele è uno Stato-canaglia. La situazione peggiora ogni anno di più. Il mondo è uno spettatore sempre più critico del progetto sionista: la sua politica di violenza non è giustificabile. La maggioranza della popolazione ebraica di Israele crede nella sua “uguaglianza democratica”. Israele la distrugge e gli abitanti non se ne accorgono nemmeno.

Fin dagli esordi, Israele è stata una società coloniale, che vuole impadronirsi al massimo grado possibile delle terre palestinesi, con il minor numero possibile di Palestinesi.

Nello stesso tempo, Israele è alle prese con forti divisioni interne, ma la presenza di un comune nemico le relega in secondo piano. E’ per questa ragione che il carattere militare di Israele è sacro. In circostanze normali, queste tensioni interne alla società israeliana disgregherebbero la comunità nazionale, tanto esse sono profonde.

Esiste prima di tutto una divisione etno-socio-economica tra gli ebrei provenienti dai paesi europei, che beneficiano di una posizione privilegiata, rispetto agli ebrei che provengono dai paesi arabi. In secondo luogo, vi è il conflitto tra gli ebrei religiosi e quelli laici. Infine vi è la classe media impoverita: la maggioranza della quale non si piò permettere l’acquisto di un appartamento”. Queste tensioni regolarmente si acutizzano. Ed è in questi momenti che vediamo spesso acuirsi il conflitto coi Palestinesi. Allora tutto il resto passa in secondo piano, rispetto al valore della “sicurezza”.


La fabbricazione dell’idea di Israele

Come si è realizzata questa dissonanza tra l’idea e la realtà di Israele? Come può essere che tante persone all’estero continuano ancora ad accettare senza critiche la pretesa qualità morale di Israele?

Come è riuscita Israele a vendere questa idea di uno Stato democratico equo in contrasto con la realtà, malgrado l’esistenza della televisione e di internet?

Io individuo due gruppi che hanno esercitato la massima influenza nella trasformazione della menzogna in verità: i registi di film e gli universitari. I registi giocano sui sentimenti e vendono l’idea di Israele sia in patria che all’estero. Creano l’immagine di Israeliani eroici che, dopo un lungo calvario, tornano alla fine a casa. I Palestinesi in questi film sono a mala pena presenti.

I film sono la fiction, per contro gli universitari creano la verità accademica, ed è questo che rende autorevoli gli accademici occidentali. Questa collaborazione con la politica risale agli esordi di Israele, forse anche prima. Alla fine degli anni 1930, la Commissione inglese Peel (3) ebbe l’incarico di trovare una soluzione alle tensioni esistenti tra la popolazione locale e i coloni ebrei.

Ben Gurion, che diventò poi Primo Ministro di Israele, incaricò un universitario di svolgere il seguente tema: “La presenza ebraica (in Palestina) è stata permanente dall’epoca romana fino ai giorni nostri?” L’universitario ne fu entusiasta, una materia di ricerca tanto robusta gli avrebbe assicurato una decina d’anni di lavoro. Ma Ben Gurion lo avvertì: “Hai solo due settimane di tempo per dimostrare questo alla Commissione Peel: comincia quindi dalla conclusione”.

Si tratta dunque di un legame immaginario con un luogo che risale a 2000 anni fa. L’idea di Israele non è quella di voler visitare questo luogo o dividerlo coi suoi abitanti. No, lo si vuole sottrarre completamente ai suoi abitanti!

Immaginate qualcuno che bussi alla vostra porta e dica con fermezza: “Scusi, 2000 anni fa io abitavo qui”. E’ una cosa un po’ curiosa, ma insomma, voi dimostrate di essere ospitale e invitate l’uomo a prendere il caffè. Ma il giorno dopo quello ritorna: “Scusi, ma 2000 anni ero IO ad abitare qui”. Questa volta l’uomo non vuole solo il caffè, ma anche un posto per passare la notte. Voi dimostrate ancora di essere ospitale e lo albergate per la notte. Ma il giorno dopo quello si presenta con la polizia: “Sono 2000 anni che io abito qui, questa è casa mia”. E vi caccia da casa! E’ questa la realtà di Israele. Dovunque una cosa del genere sarebbe considerata folle, ma quando si tratta della Palestina, gli universitari prendono tutto sul serio.


I nuovi storici sono stati una breve rivoluzione nel mondo accademico

Alla fine degli anni 1980, un movimento critico è sorto in ambito universitario. Qualche storico ha posto in dubbio la storiografia sionista del 1948. Questi “nuovi storici”, come sono stati etichettati, erano influenzati dalla realtà sociale e politica del momento.

La guerra del 1982 contro il Libano non era stata ancora digerita ma, con la brutale repressione della prima Intifada del 1987, questi universitari hanno cominciato ad esaminare con spirito critico i documenti del 1948 che erano stati appena declassificati. E improvvisamente i fatti del 1948 si sono trovati ad essere spogliati del loro slancio eroico. Le vittime palestinesi apparvero per la prima volta sulla scena della Storia.

Il mito dell’allontanamento volontario dei Palestinesi dalla loro terra vacillò. I Palestinesi erano stati cacciati. Questi nuovi storici hanno rivisitato la storiografia israeliana ufficiale, ma non sono stati accolti a braccia aperte. Molti documenti militari sui misfatti commessi all’epoca dai soldati e sulle espulsioni dei Palestinesi vennero di nuovo segretati e chiusi al pubblico.

I nuovi storici vennero bollati come traditori. Le loro tesi hanno fatto sensazione ma non sono state accettate dal pubblico israeliano. Noi volevamo raccontare la verità, ma siamo stati trattati come traditori. Vero che il nostro lavoro ha avuto influenza all’estero: per la prima volta veniva espressa l’idea che tutta la nascita (del mito) era stata fabbricata.

Il movimento è morto ineluttabilmente negli anni 1990. L’opinione pubblica lo ha coperto con un silenzio di morte e la posizione dei nuovi storici nel mondo accademico è diventata insostenibile. Ho ricevuto io stesso molte pressioni perché mi dimettessi.

La maggioranza delle voci critiche ha cominciato ad autocensurarsi o a lasciare Israele. Le restrizioni nelle università israeliane sono tali da non consentire la critica individuale. Solo un profondo mutamento dell’ideologia dello Stato potrebbe portare con sé l’indipendenza delle università. Oggi esse sono completamente subalterne all’ideologia sionista di Stato. La situazione è attualmente disperata.


Il Boicottaggio: una pressione indispensabile

Non ci si può illudere che Israele cambi da sola. Questa società è un cerchio chiuso. Io credo che il movimento BDS (4) eserciti una pressione importantissima dall’esterno per spingere al cambiamento. E’ una massa critica che può aiutare quelli che lottano. Perché nella società civile israeliana vi sono delle voci critiche. Esse sono ancora poche ma potrebbero crescere e diventare una forza di cambiamento, giovandosi delle pressioni esterne.

Penso per esempio a delle organizzazioni come New Profile (5), che sostiene gli obiettori di coscienza. Organizzazioni come Anarchist Against the Wall (6) e Breaking the Silence (7) sono anch’esse assai significative. Esse svolgono il lavoro che dovrebbe fare il mondo universitario. Non tutte queste organizzazioni sono progressiste, qualcuna fa difficoltà ad associare l’occupazione di Gaza e della Cisgiordania con l’ideologia sionista. Pensano che l’occupazione sia una politica, mentre si tratta di una sola e identica ideologia.

Non si può essere sionisti e criticare allo stesso tempo l’occupazione: è come se si fosse criticata la politica sud africana all’epoca dell’apartheid, senza correlare questa politica all’ideologia dell’apartheid!

Molte organizzazioni occidentali hanno peraltro lo stesso problema: esse denunciano solo l’occupazione israeliana della Cisgiordania e di Gaza, ignorando del tutto la storia. Il cammino che abbiamo da percorrere è dunque ancora lungo prima di trovare una soluzione equa. Dobbiamo essere pazienti. Per me questa giustizia ha la forma di un solo Stato con diritti uguali per tutti gli abitanti e per tutti coloro che ne sono stati espulsi.


Note:

(1)    Ilan Pappé è uno dei “nuovi storici” israeliani e autore di diversi saggi. Esiliato dal 2007, lavora all’Università di Exeter e fa la navetta tra la Gran Bretagna e Israele dove la sua famiglia si trova ancora. E’ direttore del Centro europeo di studi palestinesi, all’Università di Exeter. Il suo ultimo libro si intitola “The idea of Israel: a history of power and knowledge”;

(2)      ManiFiesta è la Festa della Solidarietà, organizzata in Belgio ogni anno da “Medecin pour le people” e dal settimanale “Solidaire”  

(3)    La Commissione Peel, il cui nome ufficiale è Commissione reale per la Palestina, fu una commissione di inchiesta inglese convocata nel 1936 per elaborare delle proposte di modifica del mandato inglese in Palestina, dopo lo scoppio della Grande Rivolta araba. Era presieduta da Lord William Peel

(4)    Boycott Désinvestissement Sanctions (http://www.bdsitalia.org/)

(5)    New Profile, Movement for the Demilitarization of Israeli Society (newprofile.org)

(6)    Anarchists Against The Wall (awalls.org)

(7)    Breaking the Silence, Israeli soldiers talk about the occupied territories (breakingthesilence.org)



 

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