Middle East Eye, 16 gennaio 2017 (trad. ossin)
 
Israele mette sotto accusa i suoi leader per qualsiasi misfatto, salvo che per il loro vero crimine: l’occupazione
Gideon Levy
 
L’occupazione israeliana della Palestina è la fonte di tutta la corruzione israeliana, e ad essa nessun altro crimine è paragonabile
 
 
Ombre grigie minacciano il futuro del Primo Ministro israeliano. Benjamin Netanyahu è sospettato di avere commesso una serie di crimini, fondamentalmente raggruppati in due dossier. Il primo riguarda l’avere accettato dei doni dal produttore cinematografico israelo-statunitense Arnon Milchan.
Ammontanti a diverse centinaia di migliaia di dollari, i regali di Milchan, protrattisi nel corso di diversi anni, avrebbero compreso anche sigari di lusso e champagne direttamente consegnati nella residenza del Primo Ministro. Milchan ha anche interessi commerciali in Israele, in campi nei quali Netanyahu, che è anche ministro delle comunicazioni, è in grado di esercitare una notevole influenza. In un caso, Netanyahu sarebbe intervenuto sul segretario di Stato USA John Kerry, per aiutare Milchan ad ottenere un visto di ingresso negli Stati Uniti di lunga durata. Netanyahu è stato già interrogato in relazione a tali accuse.
 
Il secondo dossier è più complicato. La polizia è riuscita ad ottenere le registrazioni di conversazioni intervenute tra Netanyahu e un altro Arnon, Arnon Mozes, editore e redattore in capo di Yediot Aharonot, fino a poco fa il più grande quotidiano di Israele. La polizia è venuta per caso in possesso di queste intercettazioni, nell’ambito di un’altra indagine a carico di un ex assistente di Netanyahu. Queste registrazioni, recentemente divulgate dai media, hanno creato scompiglio in Israele. Il dialogo tra i due uomini, un Primo Ministro in servizio e un editore di primo piano, sembra piuttosto una discussione a muso duro tra due cinici uomini d’affari, o peggio, addirittura tra due mafiosi. Li si sente negoziare uno scambio di favori tra una copertura più favorevole del Primo Ministro da parte del giornale Yediot Aharonot, in cambio di alcuni benefici per il giornale stesso.
 
La guerra dei giornali
Sullo sfondo figura il tabloid gratuito israeliano Israel Hayom, che ha cominciato le pubblicazioni nel 2007 e che appartiene al magnate statunitense dei casinò Sheldon Adelson. In distribuzione gratuita, Israel Hayom è oggi il giornale a più alta tiratura del paese, avendo spodestato Yediot Aharonot dal suo primo posto, sia in termini di tiratura che di controllo del mercato pubblicitario.
Adelson, tra i collaboratori più stretti e devoti di Netanyahu, ha fondato Israel Hayom con il solo obiettivo di aiutare Netanyahu a migliorare la sua immagine e a contrastare le critiche che gli venivano rivolte da Yediot Aharonot. Adelson ha già perso più di 700 milioni di dollari in questa impresa editoriale, ma il successo del giornale in termini di tiratura e di pubblicità ha provocato danni enormi al suo rivale, Yediot Aharonot, che ha perso molto potere, influenza e profitti a causa di Israel Hayom.
 
Nel corso degli ultimi anni, la guerra tra questi due giornali si è trasformata in guerra contro Netanyahu, che sta dietro Israel Hayom e ne influenza grandemente i contenuti. Quando una nuova legge che metteva fuori legge i giornali gratuiti è stata adottata alla Knesset, qualche anno fa, Netanyahu è ricorso ad elezioni anticipate per impedirne l’approvazione definitiva.
Le conversazioni registrate tra il Primo Ministro e l’editore hanno ad oggetto un accordo di cessate il fuoco, secondo il quale Israel Hayom avrebbe dovuto ridurre la sua tiratura e Yediot Aharonot avrebbe dovuto in cambio offrire un’immagine più favorevole del Primo Ministro. La soluzione ipotizzata dai due uomini va ancora oltre: il Primo Ministro tenta di piazzare degli uomini di suo gradimento nella redazione del giornale Yediot Aharonot, mentre l’editore promette di “coccolare” il Primo Ministro nel suo giornale, ecc. 
 
Lo scandalo ha assunto caratteri violenti e di grande ampiezza, mentre nuovi dettagli vengono quotidianamente portati alla luce per accrescere l’imbarazzo. Il procuratore generale israeliano Avichai Mandelblit, che è anche il procuratore capo di Israele, dovrà decidere in un breve lasso di tempo se procedere o meno contro Netanyahu per i crimini di corruzione e abuso di fiducia in entrambi i casi oggetto di indagine, in uno solo di essi o in nessuno dei due.
La sensazione in questo momento è che Mandelblit non avrà altra scelta che di incriminare il Primo Ministro. Mandelblit è un ex Capo di gabinetto ed uno dei più stretti collaboratori di Netanyahu, cosa che non fa altro che complicare le cose ed accrescere i sospetti di mancanza di imparzialità.
I giorni che verranno decideranno della sorte di Netanyahu. Se sarà incriminato, sarà sottoposto a grandissime pressioni perché si dimetta, anche se la legge non lo obbliga in senso stretto. Pare dubbio che egli potrebbe resistere alle pressioni politiche e dell’opinione pubblica e restare al suo posto.
 
Una corruzione di modesta entità
Non è la prima volta che Netanyahu è sospettato di avere commesso dei reati, ma fino ad oggi le indagini si sono sempre chiuse con provvedimenti di archiviazione. Anche sua moglie risulta attualmente indagata in un procedimento penale.
Il predecessore di Netanyahu, il Primo Ministro Ehud Olmert, sta attualmente scontando una pena detentiva per corruzione. Due ex primi ministri, Ariel Sharon e Ehud Barak, sono stati oggetto in passato di inchieste giudiziarie conclusesi con l’archiviazione. Un altro ex Primo Ministro, Yitzhak Rabin, poi assassinato, si è dimesso nel corso del suo primo mandato, a causa di un conto bancario internazionale che deteneva, all’epoca vietato.
Israele ha anche avuto un ex presidente condannato per stupro, un ministro delle Finanze e un ministro dell’Interno condannati per corruzione e messi in carcere, qualche legislatore pure condannato e perfino un ex rabbino capo, attualmente a giudizio per gravissime infrazioni finanziarie.    
 
Israele è uno Stato corrotto? Sì e no. E’ sufficientemente corrotto per produrre tutte queste inchieste contro i suoi eletti, ma sempre relativamente pulito, dal momento che processa e punisce i suoi responsabili politici senza timori, anche quelli di massimo livello.
Stiamo qui parlando di corruzioni di entità relativamente modesta: vendita al dettaglio, piuttosto che all’ingrosso. Tuttavia, questi atti relativamente piccoli di corruzione personale non devono essere trascurati. Devono essere presi sul serio, perché sono seri e sono sintomi di un decadimento dei costumi in piena espansione.
 
Il comportamento di Netanyahu, per esempio, non solo sul piano personale ma anche nella sfera pubblica, suggerisce inaccettabili atteggiamenti imperiali del tipo: “L’état c’est moi”, una confusione tra danaro pubblico e privato e un diffuso sentimento ai vertici dello Stato che tutto sia loro dovuto. Ed è un bene che i rappresentanti della legge contrastino questi atteggiamenti; essi infatti non si sono sempre mostrati intransigenti quando si è trattato di crimini commessi da funzionari in Israele.
Allo stesso modo, nel caso di Netanyahu, il procuratore generale sembra fare tutto il possibile per allungare i tempi dell’inchiesta, depotenziarla e ritardare il rinvio a giudizio. I nastri di Netanayahu e Mozes sono rimaste per esempio nelle mani del procuratore generale per sei mesi, senza che alcun dettaglio fosse reso pubblico.
 
Processi mai celebrati
Al di là di tutto questo, un’altra ombra ancora più scura si profila all’orizzonte – un’ombra che nessuno osa menzionare. L’elefante nella stanza è la corruzione di Stato istituzionalizzata che viene da un’occupazione che si prolunga da 50 anni e alla quale nessuno fa mai allusione.
Il Primo Ministro Ehud Olmert è stato messo in prigione per avere intascato qualche centinaia di migliaia di dollari. Non è mai stato però processato per il suo ruolo nell’Operazione Piombo Fuso a Gaza, un assalto brutale portato da Israele contro una popolazione inerme, che ha provocato la morte di migliaia di civili innocenti, tra cui donne e bambini, persone anziane e malate, e ridotto in rovina migliaia di loro abitazioni.
 
Nessuno si è preoccupato di incriminare Olmert per l’operazione Piombo Fuso, né per le devastazioni provocate dalle sue direttive durante la guerra che ha dichiarato contro il Libano. L’unico soldato ad essere stato processato per uno dei crimini commessi a Gaza è stato un soldato che aveva rubato una carta di credito in una casa; la stessa dinamica è evidente ai vertici del governo: nonostante i crimini di guerra, le violazioni del diritto internazionale, i crimini di occupazione e le colonie illegali, che tutti insieme costituiscono un crimine enorme, sprezzante e sanzionato dal diritto internazionale, nessuno in Israele è stato mai processato per questo.
 
Israele ama presentarsi come un paese democratico, come uno Stato di diritto, come “l’unica democrazia del medio Oriente”. Israele ama anche occuparsi di questioni relativamente futili: un simulacro di processo ad un giovane soldato (Elor Azaria), che ha ucciso un Palestinese in fin di vita che aveva tentato di pugnalare un soldato, ha occupato le prime pagine per dimostrare la statura morale di Israele. L’evacuazione di qualche fabbricato della colonia di Armona ne è un esempio di pari portata.
 
L’accento posto sulla “corruzione minore” e i crimini relativamente futili distolgono l’attenzione dal fatto principale: la prosecuzione di una occupazione che è la fonte di ogni corruzione nello Stato di Israele e dei suoi atti criminali, ai quali nessun altro crimine e paragonabile. Il fatto che nessuno sia processato o punito per questo, mentre il paese è tutto preso dalle sue vicende di corruzione minore, è preoccupante e di cattivo auspicio.
Occorre ricordarlo: la guerra contro la corruzione in Israele è importante. La sua importanza non deve essere sminuita. La guerra alla corruzione è importante per forgiare il carattere e l’immagine di un paese relativamente giovane. Occorre però sforzarsi di conservare una giusta prospettiva: Israele prende misure contro cose della grandezza di un mal di denti – un compito necessario – del tutto ignorando la lotta più difficile e più seria contro la malattia mortale che l’affligge.
 
Gideon Levy è cronista e membro del comitato di redazione del giornale Haaretz, dove ha cominciato a lavorare nel 1982 ed è stato per quattro anni viceredattore capo.  
 
 
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