Ecco chi ha inventato le inesistenti atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre
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The Grayzone, 6 dicembre 2023 (trad.ossin)
Ecco chi ha inventato le inesistenti atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre
Max Blumenthal
Fondato da uno stupratore seriale noto come “Haredi Jeffrey Epstein”, il gruppo di soccorso ultraortodosso israeliano ZAKA è responsabile di alcune delle più oscene invenzioni sulle atrocità di Hamas prodotte dopo il 7 ottobre, dai bambini decapitati allo “stupro di massa”, fino al feto estratto con un coltello dal corpo di sua madre.
Il segretario di Stato Tony Blinken e il presidente Joseph Biden hanno entrambi dato credito e rilanciato testimonianze ZAKA, palesemente false, sulle atrocità di Hamas.
Sull’orlo della rovina per le accuse di frode finanziaria, ZAKA sta sfruttando la pubblicità del 7 ottobre per raccogliere somme di denaro senza precedenti.
Il suo rivale, United Hatzalah, ha inventato storie fasulle di bambini cotti nei forni e così ha raccolto fondi per un ammontare che si avvicina ai 50 milioni di dollari.
Durante un'audizione al Senato del 31 ottobre sulla guerra di Israele a Gaza, il Segretario di Stato Antony Blinken ha motivato la propria contrarietà ad ogni ipotesi di un cessate il fuoco. Ricorrendo a tutta l’emotività che un tetro esponente del Partito Democratico può mettere in campo, Blinken ha tirato fuori dal cilindro una scena raccapricciante intesa a illustrare la ferocia di Hamas e l’impossibilità di negoziare con una simile organizzazione: “Un ragazzo e una ragazza, di 6 e 8 anni, e i loro genitori attorno al tavolo della colazione”, ha intonato Blinken. “L'occhio del padre è stato cavato davanti ai suoi figli, Il seno della madre tagliato, il piede della ragazza amputato, le dita del ragazzo tagliate, prima di essere tutti giustiziati".
Il Segretario di Stato ha concluso: “Questo è ciò con cui ha a che fare questa società [israeliana]”.
Sebbene Blinken non abbia indicato la fonte del suo inquietante racconto – e non sia stato sollecitato in tal senso da nessun senatore – esso corrisponde in tutto e per tutto alla testimonianza resa da Yossi Landau, il capo operativo per la regione meridionale di Israele di un’organizzazione religiosa di “identificazione delle vittime di disastri” chiamata ZAKA. In effetti, Landau, dal 12 ottobre, ha fornito diverse versioni della storia a cui Blinken ha fatto riferimento, descrivendo dettagliatamente come i militanti di Hamas avrebbero brutalmente mutilato e ucciso due bambini di 6 e 8 anni e i loro genitori nel Kibbutz Beeri, e poi avrebbero tranquillamente cenato davanti ai corpi mutilati.
Nonostante che molte persone siano entrate a Beeri anche prima che ZAKA arrivasse per raccogliere i cadaveri, devono ancora emergere testimonianze indipendenti che corroborino l'affermazione di Landau. Inoltre, non sono state registrate morti di fratelli di età compresa tra 6 e 8 anni a Beeri il 7 ottobre. Non è stata registrata l’uccisione di nessun bambino piccolo nel modo descritto da Landau, né sono state pubblicate le foto della famiglia assassinata di cui parla. In effetti, gli unici fratelli vicini a questa fascia d’età che morirono nella comunità quel giorno – i gemelli dodicenni Liel e Yanai Hetrzroni – furono uccisi dal bombardamento dei carri armati israeliani.
La storia di Landau – e per estensione, la testimonianza di Blinken davanti al Senato – sembra quindi essere stata inventata di sana pianta; una cinica invenzione intesa ad enfatizzare la presunta barbarie di Hamas, per rendere politicamente accettabile la furia di Israele nella Striscia di Gaza. Come dimostrerà questa indagine, la storia di Landau è semplicemente una delle tante storie inventate da una piccola cerchia di loschi personaggi, che sono riusciti a plasmare la narrazione ufficiale del 7 ottobre nei media occidentali.
Anche se i funzionari israeliani hanno giocato un ruolo centrale nella campagna di disinformazione di Tel Aviv sugli eventi del 7 ottobre – affermando falsamente, per esempio, che corpi di bambini ebrei morti erano stati trovati appesi allo stendibiancheria in un kibbutz – le accuse più provocatorie sono state quelle inventate da organizzazioni di volontariato ultraortodosse come ZAKA. Sebbene ZAKA sia specializzato “nella raccolta e nello smaltimento di corpi”, il gruppo non ha credenziali mediche ed è composto da frotte di volontari scarsamente addestrati.
“Confermando” la storia fraudolenta di bambini decapitati trovati in un kibbutz, inventandone altre sui combattenti di Hamas che estraevano col coltello feti dai corpi di donne incinte, recidevano il braccio di una bambina e cuocevano un bambino in un forno, ZAKA e i gruppi rivali hanno dimostrato una spiccata capacità di inondare i media di racconti depravati sulla presunta brutalità di Hamas. In tal modo, hanno armato leader occidentali come Blinken e il presidente Joe Biden, fornendo loro la narrazione che essi avrebbero utilizzato come arma per bloccare le proposte di cessate il fuoco e riarmare un esercito che ha ucciso oltre 15.000 civili a Gaza in meno di due mesi.
ZAKA è ora protagonista della campagna di Tel Aviv per convincere il mondo che Hamas, non solo ha violentato le donne israeliane il 7 ottobre, ma da allora ha continuato ad abusare delle donne prese in ostaggio. Infatti, la “Commissione civile sui crimini del 7 ottobre di Hamas contro donne e bambini”, recentemente costituita in Israele, si basa soprattutto sulle crude affermazioni di seconda mano fornite da ZAKA. E non è stata in grado di produrre una sola testimonianza di prima mano o un video che provasse le accuse di stupro di massa.
Da allora i media tradizionali hanno ripetuto le dubbie accuse lanciate dal gruppo, e il Sunday Times del Regno Unito ha anche diligentemente citato un autorevole esponente dello ZAKA che ha affermato: "era chiaro che stavano cercando di diffondere quanto più orrore possibile - per uccidere, per bruciare vivi, per violentare”.
Che ZAKA sia protagonista di una importante indagine sugli stupri è però paradossale. Fino a poco tempo fa, la presenza sulla stampa israeliana dell’organizzazione era soprattutto dovuta ai raccapriccianti crimini sessuali commessi proprio dal suo fondatore, il pezzo grosso ultra-ortodosso Yehuda Meshi-Zahav. Conosciuto nella comunità ortodossa di Gerusalemme come "l'Haredi Jeffrey Epstein" a causa della sua ben documentata propensione a stuprare giovani di entrambi i sessi, la decennale attività predatoria di Meshi-Zahav era senza dubbio nota ai membri dello staff ZAKA - e si è conclusa solo col suo suicidio.
Oltre ad essere uno stupratore seriale, il leader di lunga data di ZAKA era un imbroglione dissoluto, che finanziava il suo stile di vita sontuoso con i milioni di dollari intascati illegalmente dalla sua organizzazione. Brad Pearce, uno studioso indipendente che ha pubblicato un ampio profilo della corruzione di ZAKA nell'ottobre 2023, ha descritto il gruppo come "l'organizzazione non governativa più opaca e sospetta su cui abbia mai indagato".
Da quando i suoi volontari hanno cominciato ad apparire per la prima volta nelle strade di Israele a bordo delle loro motociclette negli anni '90, ZAKA si è impegnata in una guerra pubblicitaria con gli altri gruppi di soccorso ultra-ortodossi rivali come United Hatzalah, nel tentativo di accaparrarsi i milioni donati da ebrei ricchi che vivono all’estero. La competizione tra queste organizzazioni sembra guidare anche il flusso di false storie di atrocità di Hamas, che entrambi i gruppi di volontari hanno fatto a gara ad inventare. Quanto più ogni gruppo riesce ad accaparrarsi l’attenzione dei media e dei leader occidentali con le loro false storie di atrocità, maggiore è la probabilità che raggiungano i propri obiettivi di raccolta fondi.
Lo shock del 7 ottobre si è infatti rivelato una fonte di raccolta fondi per queste organizzazioni religiose notoriamente senza scrupoli, consentendo loro di trasformare il governo israeliano, i media occidentali come la CNN e l’amministrazione Biden in agenti pubblicitari gratuiti.
Una scena del concerto di raccolta fondi di ZAKA del 19 novembre 2023 a New York City, che ha raccolto oltre 1 milione di dollari
Yossi Landau di ZAKA, il maestro narrante che ha ingannato Biden e Blinken
Quando i militanti di Hamas hanno invaso, il 7 ottobre, le basi militari israeliane meridionali che stringono d’assedio la Striscia di Gaza, e le comunità di coloni vicine, la società ebraica israeliana ha subito un trauma senza precedenti. Il diffuso senso di insicurezza si è presto trasformato in una sete di vendetta quasi insaziabile, quando il vasto apparato di propaganda di Tel Aviv si è mobilitato per trovare giustificazioni al massacro della popolazione civile di Gaza, che la leadership israeliana ritiene collettivamente responsabile degli eventi del 7 ottobre. L'esercito israeliano ha distrutto la maggior parte delle strutture residenziali nel nord di Gaza, e solo l'1,8% degli ebrei israeliani ha dichiarato ai sondaggisti di ritenere che l'esercito del proprio paese stesse utilizzando troppa potenza di fuoco.
Con il bilancio delle vittime a Gaza che aumenta di migliaia ogni settimana, gli esperti in raggiri del governo israeliano hanno cercato di raccogliere le testimonianze più spaventose del 7 ottobre, per spiegare perché la loro campagna di punizione collettiva non è solo necessaria da un punto di vista militare, ma è una risposta moralmente giustificata. Aiutati dai media internazionali compiacenti, i propagandisti israeliani hanno capito che Washington era fin troppo ansiosa di riprendere e promuovere le sue storie stupide di bambini decapitati e di famiglie selvaggiamente mutilate da Hamas.
E come vedremo, alcune delle invenzioni più oscene diffuse dal governo israeliano, e riecheggiate a Washington, sono state inventate da un uomo dotato di un’immaginazione particolarmente attiva: Yossi Landau di ZAKA.
Secondo Landau chiunque metta in dubbio la sua versione dei fatti “dovrebbe essere ucciso”.
La storia dei militanti di Hamas che si godono un piacevole pasto mattutino dopo aver fatto a pezzi un'intera famiglia non è stata l'unico contributo di Landau al blitz mediatico. Egli si è assunto anche il compito di “confermare” la falsa storia di Hamas che decapitava i bambini nel kibbutz Kfar Aza – una bufala che il presidente Joseph Biden ha fatto sua contro il parere dei suoi collaboratori. Come riportato da CBS News l’11 ottobre, Landau ha affermato di “aver visto con i propri occhi bambini e neonati che erano stati decapitati”.
Un portavoce dell'esercito israeliano ha ripreso le affermazioni di Landau e le ha accreditate, dichiarando che “un alto funzionario del servizio sanitario israeliano” aveva confermato l'accusa di bambini decapitati. In realtà, ZAKA è una associazione religiosa sprovvista di qualificazioni mediche.
L’affermazione è poi arrivata alla CNN, che ha dedicato quasi un’intera ora di trasmissione in prima serata alla bufala che era stata intanto “confermata” dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha poi fatto eco a questa assurda accusa, proclamando imbambolato durante una conferenza stampa di aver visto “immagini di terroristi che decapitano bambini”. Il presidente non ha tenuto in alcun conto quanto emergeva dal registro delle morti accertate del 7 ottobre, che menziona tra gli uccisi una sola bambina, di 10 mesi, di nome Mila Cohen.
BREAKING:
— FJ (@Natsecjeff) October 11, 2023
President Biden confirms he has seen pictures of beheaded Israeli children. https://t.co/bQI0qAQa62
In breve tempo, sia Sara Sidner della CNN che la Casa Bianca di Biden sono stati costretti a ritrattare le loro affermazioni sui bambini decapitati. "Il presidente ha basato i suoi commenti, a proposito delle presunte atrocità, sulle affermazioni del portavoce di Netanyahu e sui resoconti dei media israeliani", ha chiarito la Casa Bianca.
D’altronde anche Netanyahu e i media israeliani avevano basato le loro affermazioni interamente sulle dichiarazioni di Landau dello ZAKA. Forse estasiato dalla sua capacità di galvanizzare l’arsenale propagandistico di Israele e di manipolare la leadership del suo paese e la superpotenza globale che lo sponsorizza, l’attivista nazionalista religioso ha presto ampliato le sue elaborate invenzioni sugli eventi del 7 ottobre.
In un’intervista del 12 ottobre con il canale i24 finanziato dal Ministero degli Esteri israeliano, Landau ha affermato che, entrando in una casa nel Kibbutz Beeri, “vediamo una donna incinta sdraiata sul pavimento, poi la giriamo e vediamo che la pancia è stata aperta con un coltello, spalancata. Il nascituro, ancora collegato con il cordone ombelicale, è stato trafitto con un coltello. E la madre è stata colpita alla testa. E possiamo solo immaginare che cosa sia accaduto prima”.
Sembra che Landau abbia creato questa testimonianza sulla base di una voce diffusa online da una fonte militare anonima due giorni prima. Secondo la fonte, la vittima presumibilmente incinta aveva 30 anni. Già questo particolare, da solo, era in grado di smentire le affermazioni di Landau, perché le uniche vittime donne registrate a Beeri o nei dintorni, sono Rinat Segev Even, 44 anni, e Tair Bira, 22 anni, e nessuna delle due era incinta. Tra le vittime del 7 ottobre, infatti, non si registra alcuna donna incinta.
Il Kibbutz Beeri ha tacitamente smentito il racconto di Landau in una dichiarazione del 3 dicembre al giornale israeliano Haaretz, affermando che "la storia della donna incinta riportata da ZAKA non riguarda Beeri". Come ha spiegato al quotidiano una fonte coinvolta nell’esame dei corpi, “i volontari non sono esperti di patologia e non hanno strumenti professionali per identificare la persona assassinata e la sua età, o per comprendere il modo in cui è stata macellata”. Da parte sua, la polizia israeliana afferma di non avere rinvenuto alcuna traccia dell'incidente.
La favola quasi esplicitamente inventata di Landau è stata tuttavia amplificata dall'account ufficiale dell’esercito israeliano sui social media, dove si legge che vi sono foto del crimine che non possono però essere pubblicate per non violare le condizioni di utilizzo di Twitter/X. Nonostante l'ansia di Israele di denunciare le atrocità del 7 ottobre, per quanto raccapriccianti, le foto non sembrano però essersi materializzate in nessuna occasione.
Nel disperato tentativo di convalidare le dubbie affermazioni di Landau, un utente di social media israeliano ha creato un video che combina la testimonianza del volontario ZAKA con le immagini di esponenti di un cartello della droga messicano che torturano a morte un prigioniero. Il video falso è diventato rapidamente virale negli ambienti dei social media ebraici, attirando anche l'attenzione della moglie del presidente israeliano Isaac Herzog. In un editoriale del 22 novembre per Newsweek, la first lady israeliana Michal Herzog ha affermato che “un video di Hamas da un kibbutz mostra terroristi che torturano una donna incinta e le asportano il feto”.
Ovviamente non esiste alcun video del genere. L'unica fonte era Landau, il maestro narrante di ZAKA.
Nel frattempo, Landau insisteva che aveva “visto 20 bambini uccisi, bruciati e ammassati insieme in due mucchi”. Ha aggiunto che le mani dei bambini erano state legate prima che fossero bruciati dai militanti di Hamas. Eppure questo è assolutamente impossibile, dato che solo 13 bambini risultano essere stati uccisi durante l’attacco del 7 ottobre, e il maggior numero di bambini ritrovati insieme in un unico luogo è 3. E come rivelato in precedenza da The Grayzone, il più grande mucchio di corpi israeliani bruciati nel Kibbutz Beeri è l’esito della decisione dell’esercito israeliano di bombardare deliberatamente una casa in cui c’erano 13 prigionieri israeliani.
Landau ha poi raccontato a i24 di essere entrato in una casa vicina e di essere stato testimone di un'altra atrocità straziante: “Nel soggiorno vediamo due genitori, madre e padre, con le mani legate dietro la schiena. Sdraiati al loro fianco c'erano due bambini piccoli, anche loro con le mani legate dietro la schiena. Sono stati tutti bruciati vivi. I terroristi erano seduti a tavola e mangiavano mentre li bruciavano a morte”.
Questa bufala è stata rilanciata in pieno Campidoglio, a Washington, dove il Segretario di Stato Blinken l’ha ripetuta, quasi parola per parola, durante un'udienza al Senato del 31 ottobre. Come ho già detto, non c'è semplicemente alcuna traccia di bambini uccisi nel modo descritto da Landau, o di bambini di 6 o 7 anni nell’elenco dei morti, come da lui affermato (Blinken ha detto che avevano 6 e 8 anni). I profili che più si avvicinano alla bufala sono quelli di Eitan e Alin Kapshitter, che avevano rispettivamente 5 e 8 anni. Tuttavia, non sono stati uccisi in una casa, ma in un'auto, quando i loro genitori sono finiti tragicamente per errore nel fuoco incrociato delle forze israeliane e di Hamas.
Mentre i macabri racconti di Landau finivano sui titoli dei giornali internazionali, il suo collega di ZAKA, Simcha Dizingoff, raccontava alcune sue storie fatte apposta per i media stranieri. Descrivendo una visita dell'11 ottobre a Kfar Aza, Dizingoff ha detto al Guardian di aver visto “una donna, nuda dalla vita in giù, [che] era stata piegata su un letto e poi colpita alla nuca. Quando la squadra ha provato a spostarla, una granata è rotolata fuori dalla sua mano stretta”.
Considerando che l’esercito israeliano aveva già sgombrato il kibbutz l’11 ottobre, il suo racconto sollevava seri interrogativi. Come hanno fatto gli artificieri dell'esercito a non notare una granata nella mano di una donna nuda distesa su un letto? E perché la neonata “Commissione civile sui crimini del 7 ottobre di Hamas contro donne e bambini”, che sta freneticamente cercando qualsiasi brandello di prova che implichi Hamas negli stupri di massa, finora non ha menzionato questo incidente scioccante?
Eppure la febbrile immaginazione di Dizingoff ha continuato a manifestarsi, quando ha detto di aver visto "un bambino, di circa sei anni, era stato ucciso con un coltello conficcato nel suo cranio".
Il registro ufficiale delle morti di Kfar Aza mostra che nessun bambino di età inferiore ai 14 anni è rimasto ucciso nel kibbutz, dimostrando la assoluta falsità del racconto di Dizingoff. Come per le favole inventate da Landau, Dizengoff non ha fornito alcuna documentazione a sostegno delle sue affermazioni: nessuna foto di cellulare, prove forensi o addirittura testimonianze corroboranti.
Per quanto ciniche possano sembrare le invenzioni dello ZAKA, esse risultano del tutto coerenti con l'etica dell'organizzazione e del suo fondatore: un molestatore sessuale seriale che raccoglieva donazioni per milioni e li usava per i suoi vizi.
Da un reportage di Israel YNet sul fondatore di ZAKA Yehuda Meshi-Zahav
Fondata da “l’Haredi Jeffrey Epstein”, Zaka, accusata di corruzione, raccoglie una fortuna grazie alle frottole sul 7 ottobre
ZAKA è stata fondata ufficialmente nel 1995 con l'obiettivo di consentire agli ebrei ultraortodossi che non prestano servizio nell'esercito israeliano di impegnarsi nelle operazioni di sicurezza, provvedendo al recupero dei corpi e parti dei corpi delle persone uccise in incidenti o conflitti, lavandone il sangue e organizzando le pratiche religiose. Secondo il sito web di ZAKA, il gruppo "lavora in stretta collaborazione con il Ministero degli Esteri israeliano, l'IDF e altri enti governativi".
Il fondatore del gruppo, Yehuda Meshi Zahav, un pezzo grosso ultra-ortodosso di famiglia rabbinica che viveva a Gerusalemme da 11 generazioni, ha diretto ZAKA fino a marzo 2021. Poi, dopo aver ottenuto il prestigioso Premio Israele “per l’impegno sociale” – assegnatogli dall’attuale ministro della Difesa, Yoav Gallant – Meshi Zahav è stato sommerso da un’ondata di accuse di abusi sessuali e stupri da parte di persone di entrambi i sessi, anche bambini.
Nel quartiere ultra-ortodosso di Mea Shearim, le trasgressioni sessuali di Meshi Zahav erano così ampiamente conosciute che gli sono valse un soprannome memorabile: "l'Haredi Epstein", un riferimento al famigerato finanziere e fecondo trafficante di sesso Jeffrey Epstein, che pare si sia anche lui tolto la vita mentre attendeva di essere processato nel 2019. (Meshi Zahav ha trascorso più di un anno in coma in seguito al suo tentativo di suicidio ed è morto nel giugno 2022).
Le accuse di abusi sessuali nei confronti di Meshi Zahav e della sua famiglia sono apparse per la prima volta nel 2003, quando il giornale israeliano YNet ha riferito che il fratello di Yehuda, Moshe Meshi Zahav, era stato arrestato con l'accusa di atti indecenti con minori e di offerte di danaro a giovani ragazze per fare sesso. Avendo aderito a ZAKA sin dalla sua fondazione, è praticamente impossibile che Landau non fosse a conoscenza della reputazione del suo capo. È altrettanto difficile immaginare come la miriade di sostenitori laici di ZAKA all’interno della leadership israeliana, che utilizzano il gruppo come uno dei pochi intermediari nei confronti della comunità ultra-ortodossa di Israele, ignorasse il suo scandaloso passato.
Nel marzo 2021, i siti di notizie israeliani erano inondati di resoconti dettagliati di presunti abusi sessuali subiti per mano di Meshi-Zahav forniti da vittime sia maschi che femmine. Una teste di accusa ha detto ad Haaretz che Meshi-Zahav l'aveva avvertita: "Se dici qualcosa a qualcuno, un furgone ZAKA ti travolgerà".
Un'altra fonte ortodossa ha detto a YNet che i precedenti di stupro del fondatore dello ZAKA “non erano un segreto. Parliamo di tantissime persone. Per lui va bene tutto: donne, bambini, ragazzi e ragazze, e se gli animali potessero parlare e raccontare le loro storie, non ho dubbi che avremmo scoperto abusi anche contro di loro. Tutto ciò che si muove, per lui va bene.”
La fonte continua: “Ricordo una storia di quando si recava in una panetteria di matzah e adescava i giovani ragazzi che lavoravano lì prima della Pasqua ebraica per avere con loro rapporti sessuali. Era davvero l’Haredi Jeffrey Epstein”.
Il comportamento illecito di Meshi-Zahav ha riguardato anche le operazioni finanziarie della ZAKA. Un rapporto del 2013 dell’israeliano Mako ha rivelato che l’amministratore delegato era riuscito a distrarre milioni di donazioni all’organizzazione per finanziare il suo stile di vita opulento, compreso l’acquisto di una villa di lusso. Quando le accuse di stupro emersero otto anni dopo, i media israeliani rivelarono che ZAKA utilizzava organizzazioni ombra gestite dalla famiglia di Meshi-Zahav per incanalare il denaro nei conti privati della leadership dell'organizzazione.
Nel 2022, un'indagine di Haaretz ha stabilito che ZAKA ha visto accrescere la sua quota di finanziamenti statali, mentendo al governo israeliano e affermando di avere 2000 volontari inesistenti. Pare che anche Landau sia coinvolto nella truffa, perché era lui a dichiarare, nel 2019, di gestire 3.000 volontari quando, in realtà, solo circa 1.000 erano attivi.
Dall'inizio di ottobre fino al momento della pubblicazione di questo articolo, ZAKA ha raccolto 3,3 milioni di dollari, tanto che l’obiettivo di raccolta fondi è stato elevato da 3 a 4,5 milioni di dollari. A coloro che donano più di 1.000 dollari viene promessa una medaglia decorativa che commemora l'assalto militare israeliano delle “Spade di ferro” a Gaza.
Come ha rivelato un’indagine di Haaretz del 2016, ZAKA è in feroce concorrenza, per la raccolta di donazioni, con consimili squadre di soccorso composte da ebrei ortodossi. Tra i suoi principali rivali c'è un gruppo chiamato United Hatzalah, che sta anch'esso approfittando del 7 ottobre e della conseguente campagna israeliana di pulizia etnica a Gaza per raccogliere enormi donazioni per le sue operazioni.
Nel tentativo di attirare l'attenzione, il direttore di United Hatzalah ha inventato forse la più assurda falsificazione di atrocità mai vista finora.
Mentire in grande a Las Vegas
“Abbiamo visto un bambino in un forno. Quei bastardi hanno messo questi bambini nel forno e hanno acceso il forno. Abbiamo trovato il ragazzo poche ore dopo”, ha dichiarato il 30 ottobre Eli Beer, direttore di United Hatzalah, a proposito di un’operazione realizzata dalla sua organizzazione nel sud di Israele all'inizio di quel mese.
Indossando il giubbotto di sicurezza arancione che è diventato il marchio di fabbrica dei volontari di United Hatzalah, Beer si trovava davanti a un pubblico di ricchi sionisti riuniti a Las Vegas, Nevada, per il vertice annuale della Coalizione ebraica repubblicana (RJC). L'incontro si è svolto nella sua sede tradizionale, il Venetian Resort fondato dal suo principale finanziatore, il defunto oligarca del Likudnik Sheldon Adelson. Oltre a sborsare centinaia di milioni di dollari ai media favorevoli a Netanyahu, Adelson e sua moglie Miriam sono anche riusciti a classificarsi come i principali donatori individuali della campagna presidenziale del 2016 di Donald Trump.
Evocando intenzionalmente il ricordo della mitica gasazione degli ebrei da parte della Germania nazista durante l'Olocausto, la storia scioccante di Beer è diventata il momento clou della conferenza RJC, guadagnandosi i titoli dei tabloid e accendendo di una frenesia di indignazione tutti i filo-israeliani.
"We saw a little baby in the oven."
— Howard Mortman (@HowardMortman) October 30, 2023
-- @EliBeerUH to @RJC pic.twitter.com/MBKgrgwxRi
Caroline Glick, la redattrice accanitamente anti-palestinese del Jewish News Service, è stata la prima a convalidare l'affermazione di Beer: "HANNO COTTO UN BAMBINO EBREO VIVO in un forno", ha urlato Glick su Twitter/X. “Hanno ucciso suo padre. Hanno violentato sua madre in gruppo, ancora e ancora, e hanno riso tutto il tempo. Mentre cuocevano vivo il suo bambino nel forno. I palestinesi sostengono Hamas. AMANO Hamas. NESSUN RIFORNIMENTO. NESSUNA CONCESSIONE. NESSUNA PIETÀ."
John Podhoretz, l’editore della rivista neoconservatrice Commentary Magazine, un tempo influente, ha fatto eco a Glick: “HANNO COTTO UN BAMBINO IN UN FORNO. Dite cessate il fuoco ancora una volta, fottuti demoni amanti dell'omicidio di bambini", ha sbraitato su Twitter/X. I post di Glick e Podhoretz sono stati ritwittati oltre 22.000 volte.
Chaim Levinson, un reporter israeliano del quotidiano liberal Haaretz, ha commentato in tono più scettico la performance di Beer. "Come ogni buon ebreo che vede i ricchi, [Beer] ha pensato ai soldi e ha raccontato una storia che non esisteva... su un bambino in un forno", ha twittato Levinson.
In effetti, la storia di Beer è un'altra frode, che è smentita nel modo più semplice: come abbiamo già detto, l'unico bambino morto il 7 ottobre è Mila Cohen di 10 mesi, uccisa da un colpo d’arma da fuoco. Un portavoce di United Hatzalah ha riconosciuto pubblicamente l'inganno di Beer il 3 dicembre, incolpando "un volontario che pensava di aver visto un caso del genere".
Quel volontario era probabilmente Asher Moskowitz, un operatore della United Hatzalah che affermava di aver visto il cadavere bruciato del bambino inesistente. Mentre si trovava a Camp Shura, la base militare israeliana trasformata in un centro per l'identificazione delle vittime del 7 ottobre, Moskowitz ha detto di aver visto il corpo carbonizzato di un bambino arrivare da Kfar Aza, un kibbutz in cui non sono state registrate vittime infantili. "Hanno preso il bambino e lo hanno messo, letteralmente, nel forno della cucina", ha affermato il volontario di United Hatzalah in una testimonianza video.
Secondo la Jewish Telegraphic Agency, che ha citato Moskowitz, il bambino “è arrivato in una piccola borsa il cui contenuto raccontava una storia triste: un corpicino, bruciato e gonfio, con i segni rivelatori di essere stato premuto contro un elemento riscaldante”.
"Il corpo si è indurito e, sfortunatamente, sembrava essersi anche gonfiato", ha detto. "E in realtà, l’elemento riscaldante del forno era rimasto attaccato al corpo."
Pertanto, l’affermazione che il bambino fosse stato scoperto in un forno era pura speculazione, basata esclusivamente sullo stato del presunto cadavere o sulle parti del corpo che Moskowitz avrebbe potuto vedere. Per schiere di creduloni consumatori di media filo-israeliani, la storia si ferma qui.
Ma l’esistenza di corpi carbonizzati e parti di corpi come quelli che Moskowitz afferma di aver visto suggerisce uno scenario alternativo non meno inquietante: come riportato da The Grayzone, molti israeliani e palestinesi infiltrati furono completamente bruciati nei loro veicoli dai missili Hellfire lanciati da elicotteri israeliani il 7 ottobre – un fatto inquietante confermato da un’indagine della polizia e da un cittadino israeliano recentemente rilasciato dalla prigionia a Gaza.
Anche se il “bambino cotto al forno” raccontato da Beer e Moskowitz è stato clamorosamente smentito, lo staff di United Hatzalah ha continuato ad utilizzare altre sedi importanti, per raccontare le loro storie sul 7 ottobre.
Il leader di Hatzalah inventa l'omicidio-mutilazione di un bambino per Jake Tapper della CNN
Nel corso di un'intervista del 1° novembre con il conduttore veementemente filo-israeliano Jake Tapper, Linor Attias, vicedirettore delle operazioni internazionali di emergenza di United Hatzalah, ha raccontato in lacrime di aver scoperto un'intera famiglia nel Kibbutz Beeri: due genitori, un bambino di 6 anni e una bambina di 11 anni, che erano stati legati e uccisi in stile esecuzione.
Tuttavia, non è stato registrato alcun bambino di 6 anni tra i morti a Beeri. Inoltre, solo due ragazze intorno agli 11 anni sono morte nella piccola comunità il 7 ottobre: la 12enne Liel Hetzroni, di cui è stato confermato che è stata uccisa da un carro armato israeliano insieme al suo fratello gemello, e la 13enne Yahel Sharabi , uccisa in casa con la sua famiglia in un modo stranamente simile a quello di Hetzroni. (Il corpo di Hetzroni era così gravemente ustionato che ci sono voluti 30 giorni per identificarla). E’ quindi chiaro che Attias ha totalmente inventato il racconto fatto a Tapper.
Attias, però, non si è fermato qui con le sue storie. Singhiozzando manifestamente, ha mimato un taglio sull'avambraccio, dicendo a Tapper di aver scoperto "una bambina di circa 8 o 9 anni, e le hanno tagliato la mano qui".
"L'hanno proprio tagliata", ha aggiunto. "La mano non c’era più". Attias ha raccontato di aver tentato di applicare un laccio emostatico, ma la ragazza improvvisamente ha smesso di respirare ed è morta.
"Quanti anni aveva?" ha chiesto Tapper.
Mentre subito prima aveva detto che aveva “8 o 9 anni”, alla domanda di Tapper, Attias ha risposto che aveva “circa 10, 10 o 12 anni. Non lo so."
Ma come abbiamo già detto, tra i morti a Beeri sono state registrate solo due ragazze nella fascia di età descritta da Attias. E nessuna delle due ragazze è morta da sola come quella del racconto di Attias, o in circostanze anche lontanamente simili.
Due settimane prima della sua apparizione con Tapper davanti alla telecamera della CNN, Attias aveva concesso un'intervista a Jay Ruderman, un ricco filantropo sionista ed ex vicedirettore dell'AIPAC che presiede la Ruderman Family Foundation. Per 20 minuti, ha parlato con calma, senza lacrime, fornendo dettagli clinici di ciò che aveva visto il 7 ottobre. Aveva fatto cenno ad una “cosa commovente” cui aveva assistito durante la sua visita al Kibbutz Beeri, ma stranamente non ha detto proprio nulla a proposito della ragazza mutilata che gli è morta tra le braccia.
Allora perché il vicedirettore della United Hatzalah ha impiegato tre settimane per divulgare l’orribile morte a cui presumibilmente ha assistito? Perché le prove fotografiche della ragazza mutilata da Hamas non si sono materializzate? E perché è stata l'unica persona a menzionare questa morte orribile?
Tutto ciò dimostra che si tratta di un’ulteriore invenzione assai fantasiosa di un soggetto che fa parte di un'organizzazione che ha recentemente annunciato un enorme obiettivo di raccolta fondi di 49,6 milioni di dollari per sostenere 7000 volontari che dovrebbero operare sotto la sua direzione.
Landau di ZAKA: chi mette in dubbio quel che dico “dovrebbe essere ucciso”
Finora, solo un numero minuscolo delle testate giornalistiche che hanno divulgato i tanti inganni, le distorsioni e le mezze verità di ZAKA e di United Hatzalah hanno pubblicato smentite. Da parte sua, Yossi Landau di ZAKA ha dichiarato in un'intervista del 3 dicembre che chiunque metta in dubbio le sue storie "dovrebbe stare insieme ai terroristi di Hamas, e dovrebbe essere ucciso".
Already dealt with all your lurid baseless accusations against Landau, it's beyond desperate now
— Marlon Solomon (@supergutman) December 5, 2023
Mentre Landau augura la morte ai suoi critici, ZAKA e i suoi rivali nella United Hatzalah continuano a rastrellare somme senza precedenti tra la diaspora ebraica.
"Queste cose costano denaro", ha detto delle operazioni della sua organizzazione Yerach Tucker, consulente per i media del co-fondatore di United Hatzalah. “Ci sono dei costi e sono necessarie donazioni. È qui che entrano in gioco l’opinione pubblica e il desiderio di pubblicità”.
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