Le Grand Soir, 6 luglio 2009


Lettera da un carcere israeliano


di Cynthia McKinney*



° Cynthia McKinney è una ex deputata del Congresso USA, candidata presidenziale per il Partito dei Verdi ed è un avvocato, difensore accanito dei diritti umani e della giustizia. La prima donna nera nordamericana a rappresentare lo Stato della Georgia, McKinney è stata eletta sei volte alla Camera dei Rappresentanti, dal 1993 al 2003 e dal 2005 al 2007. E’ stata arrestata e sequestrata, poi trasferita di forza in Israele, mentre tentava di portare aiuti umanitari e materiali di ricostruzione a Gaza, il 30 giugno.
Per maggiori informazioni:
http://www.FreeGaza.org


 

Sono Cynthia McKinney e parlo dalla mia cella, in una prigione israeliana a Ramle. (Faccio parte) dei 21 attivisti per i diritti umani del Free Gaza Movement, incarcerati per aver tentato di trasportare medicinali e materiale di ricostruzione – e anche dei pastelli per i bambini; io avevo una valigia piena di pastelli per i bambini. Durante la nostra traversata verso Gaza, gli Israeliani hanno minacciato di  sparare sul nostro battello, ma noi non siamo tornati indietro. Gli Israeliani hanno ispezionato la nave e ci hanno arrestati perché volevamo portare dei pastelli ai bambini di Gaza. Noi siamo detenuti e vogliamo che i cittadini del mondo sappiano come siamo stati trattati, solo perché intendevamo portare degli aiuti umanitari al popolo di Gaza.
All’inizio dell’operazione israeliana chiamata “Piombo fuso” (nel dicembre 2008), io sono salita a bordo di un battello del Free Gaza Movement, avendo avuto un solo giorno di preavviso, e ho tentato, in qualità di rappresentante degli Stati Uniti in una delegazione multinazionale, di consegnare 3 tonnellate di aiuti medicinali ad una Gaza già posta in stato di assedio e devastata.
Durante l’”Operazione Piombo fuso”, degli aerei F-16, forniti dagli Stati Uniti, hanno aperto un fuoco infernale su un popolo preso in trappola. La pulizia etnica si è trasformata, puramente e semplicemente, in un genocidio generalizzato.  Fosforo bianco, uranio impoverito, tecnologia robotica, munizioni DIME, bombe a grappolo, fornite dagli Stati Uniti – nuove armi capaci di provocare ferite ancora mai trattate dai medici giordani e norvegesi. I medici presenti a Gaza durante il massacro israeliano mi hanno detto più tardi che Gaza era diventata il vero laboratorio di Israele per testare le sue armi, usando le persone  come cavie per testare e migliorare la micidialità delle sue armi.
Grazie a Al Jazeera, trasmessa in arabo e in inglese, e a Press TV, trasmessa in inglese, il mondo ha potuto vedere coi suoi occhi la spregevole violenza di Israele. E io ho visto queste trasmissioni, giorno e notte in diretta, non negli Stati Uniti, ma in Libano, dove si era arrestato il mio primo tentativo di entrare a Gaza, dopo che i militari israeliani avevano speronato, in acque internazionali, la nave a bordo della quale mi trovavo… E’ un miracolo che io possa trovarmi qui a scrivere del mio secondo incontro coi militari israeliani, un’altra missione umanitaria abortita per colpa dei militari israeliani.
Le autorità israeliane hanno tentato di farci confessare che avevamo commesso un crimine… Ora io sono conosciuta come la prigioniera di Israele numero 88794. Come è possibile che io sia in prigione per aver raccolto dei pastelli per i bambini?
Il sionismo è sicuramente giunto al capolinea della sua legittimità, se questa è la risposta che riesce a dare  alle persone che credono profondamente nei diritti umani, a tutti quelli che mettono a repentaglio la propria vita per i figli di qualcun altro. Israele è l’espressione massima del sionismo, ma se Israele si sente insicura quando i bambini di Gaza ricevono dei pastelli, allora non solo Israele ha perso il suo ultimo brandello di legittimità, ma Israele deve essere dichiarata uno Stato in fallimento.
Io rischio di essere deportata da uno Stato che mi ha trascinato qui con la minaccia delle armi, dopo che la nostra nave era stata requisita. Io sono stata tradotta in Israele contro la mia volontà. Sono rinchiusa in una prigione perché avevo un sogno, quello che i bambini di Gaza potessero colorare e dipingere, che le ferite di Gaza potessero essere curate e che le case bombardate di Gaza potessero essere ricostruite.
Ma in questa prigione ho imparato una cosa interessante. Per prima cosa, la popolazione è in maggioranza nera: composta principalmente da etiopi che, anche loro, avevano un sogno… come le mie compagne di cella, una delle quali è incinta. Hanno tutte una ventina d’anni. Pensavano di venire in Terra Santa. Avevano un sogno, che la loro vita avrebbe potuto essere migliore… L’Etiopia, una volta fiera e mai colonizzata, (si è trovata) sotto il giogo degli Stati Uniti ed è diventata un luogo di tortura, di “rendition” (trasferimento e detenzione segreta) e di occupazione. Gli etiopi devono liberare il loro paese perché le politiche delle super-potenze sono diventate più importanti dei diritti umani e dell’autodeterminazione.
Le mie compagne di cella sono venute in Terra Santa per sfuggire alle esigenze delle super-potenze. Non hanno commesso alcun crimine, a parte quello di avere un sogno. Sono venute in Israele perché pensavano che Israele offrisse loro una speranza. Il loro viaggio verso Israele, passando per il Sudan e l’Egitto, è stato faticosissimo. Io posso solo immaginare quello che è stato per loro. E non è stato certo regalato. Molte tra loro sono il simbolo dei rilevanti sforzi collettivi delle loro famiglie. Si sono aperte un cammino fino all’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’ONU. Hanno ricevuto la loro carta di identità gialla. Hanno ottenuto il loro salvacondotto. Sono delle rifugiate della tragedia e sono arrivate in Israele e, solo dopo essere arrivate, Israele ha detto loro: “Non esiste l’ONU in Israele”.
La polizia qui è libera di acciuffarle e darle in pasto ad una simulacro di sistema giudiziario. Ognuna di queste donne, superbe, diligenti e fiere, è la speranza di tutta la famiglia. L’immagine di Israele le ha prese, e noi con loro. Attraverso una campagna pubblicitaria furbesca e diffusa su larga scala, Israele si è autorappresentata come primo luogo di rifugio e di sicurezza per gli ebrei e i cristiani. Anche io ho creduto a questa pubblicità e ho trascurato di guardare più in profondità.
La verità è che Israele ha mentito al mondo. Israele ha mentito alle famiglie di queste ragazze. Israele ha mentito anche a queste stesse donne che ora sono prese in trappola nel centro di detenzione di Ramle. E che cosa dobbiamo fare? Una delle mie compagne di cella ha pianto oggi. E’ qui da sei mesi. Come americana, piangere con lei non è abbastanza. La politica degli Stati Uniti deve migliorare e mentre il presidente Obama dona 12,8 bilioni di dollari alle élite finanziarie degli Stati Uniti, dovrebbe essere chiaro che la speranza, il cambiamento, il “si, si può fare” sono state immagini fortissime di dignità e realizzazione di sé, individualmente e collettivamente, nelle quali dappertutto le persone assediate hanno realmente creduto.
E’ stata una campagna pubblicitaria molto forte, abilmente venduta al mondo e agli elettori americani, proprio come lo è stata anche la campagna di Israele.  Non tutti siamo stati imbrogliati, ma più tragicamente, lo sono state queste ragazze.
Noi dobbiamo votare in tutta consapevolezza per migliori candidati desiderosi di rappresentarci. Io ho letto e riletto la lettera del Dr. Martin Luther King Junior, scritta da una prigione di Birmingham. Mai nei miei sogni più folli, avrei immaginato che anche io, un giorno, avrei dovuto scriverne una.  E’ chiaro che i contribuenti, in Europa e negli Stati Uniti, hanno molto di cui pentirsi per quello che hanno fatto agli altri in giro per il mondo.
Che ironia! Mio figlio entra alla scuola di diritto senza di me perché io sono in prigione, avendo cercato di fare del mio meglio, a modo mio, per i figli di altre persone. Perdonami, figlio mio. Suppongo si essere in procinto di conoscere la dura realtà, la ragione per la quale la gente ha bisogno di sognare. (Ma) io sono fortunata. Uscirò da questo posto. Forse che Israele è diventato il luogo dove i sogni muoiono?
Domandatelo al popolo palestinese, Domandatelo alla fila ininterrotta di persone nere e asiatiche che vedo arrivare a Ramle. Domandatelo alle donne della mia cella. Domandatevi: che cosa siete pronti a fare?
Cambiamo il mondo insieme e riappropriamoci di quello di cui abbiamo bisogno come esseri umani: la Dignità. Chiedo alle Nazioni Unite che queste donne, che non hanno fatto niente di male se non di aver creduto in Israele come guardiana della Terra Santa, siano collocate in case tranquille. Chiedo al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti di includere la situazione disperata dei rifugiati riconosciuti dal HCR e detenuti nel rapporto annuale su Israele, al momento del loro annuale rapporto sui diritti umani. Chiedo ancora una volta al presidente Obama di andare a Gaza: mandate il vostro inviato speciale, Georges Mitchell, laggiù a incontrare Hamas, come il partito eletto dai Palestinesi.
Io dedico questo messaggio a quelle ed a quelli che si battono per una Palestina libera, ed alle donne che ho conosciuto a Ramle.

Sono Cynthia McKinney, conosciuta come prigioniera di Ramle numero 88794. Il 2 luglio 2009 

 



 

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