Haaretz, 13 aprile 2010


L’Olocausto non proteggerà per sempre Israele



di Mehemia Shtrasler


“Sono Anna Weiss, origine italiana, n. A5377. Sono uscita viva da Auschwitz. Lo sento come fosse un trionfo. Oggi ho una vita ricca e appagata. Ogni giorno della mia vita è un giorno di vacanza”.
Questa dichiarazione di una sopravvissuta della Shoa può riassumere la settimana più importante del calendario giudaico-israeliano, la settimana che va dalla commemorazione dell’Olocausto a quella dei soldati israeliani caduti al fronte. La settimana che incarna la rivoluzione sionista: dall’Olocausto alla Resurrezione.
E’ evidente che non sono stati i sei milioni di vittime della Shoa che hanno creato lo Stato di Israele, ma essi sono stati per Israele una specie di giubbotto antiproiettile durante tutti questi anni. Le migliaia di persone che hanno pagato l’indipendenza con la loro vita, quelle che commemoreremo la prossima settimana, dovranno essere aggiunte a quei sei milioni.
Si deve ai sei milioni di vittime la divisione della Palestina votata dall’ONU nel novembre 1947. Senza di loro non si sarebbe raggiunta la maggioranza necessaria. E’ stato solo il greve senso di colpa delle nazioni del mondo, che non avevano fatto nulla per fermare la sedicente “soluzione finale”, che ha fatto pendere la bilancia. Il 30 novembre 1947 Haaretz ha pubblicato un editoriale speciale in prima pagina: “Le nazioni del mondo hanno deciso di porre riparo a 2000 anni di ingiustizia… le aspirazioni di un popolo che ha conosciuto la sofferenza e ha subito un Olocausto stanno infine per realizzarsi”.
Senza questo senso di colpa, i Cecoslovacchi non ci avrebbero rifornito di armi durante la guerra di indipendenza, i Tedeschi non ci avrebbero sostenuti in ogni circostanza e gli USA non ci avrebbero aiutato con aerei e danaro, anno dopo anno.  E’ dunque giusto collegare il Giorno dell’Olocausto a quello del Ricordo (dei soldati morti). Costituiscono entrambi il fondamento del Giorno dell’Indipendenza.
Il mondo si sente colpevole perché l’uccisione degli ebrei d’Europa è stato un fatto unico negli annali dell’umanità. La storia ha conosciuto altre atrocità, ma una liquidazione pianificata e realizzata seguendo un programma che aveva la finalità di distruggere una nazione intera è cosa che non si era ancora vista.
I paesi occidentali si sentono colpevoli anche per non aver aperto le loro porte ai rifugiati provenienti dalla Germania  e dall’Austria prima dello scoppio della seconda guerra mondiale. Non sono intervenuti nemmeno nel 1942, quando erano già al corrente del processo di sterminio in corso. Non hanno bombardato neppure una volta i binari ferroviari che conducevano ai forni crematori e alle camera a gas, né gli stessi campi di sterminio, nonostante le migliaia di raid aerei e le migliaia di bombe sganciate nei pressi di Auschwitz mentre la macchina di morte nazista uccideva e bruciava i corpi di 12.000 ebrei al giorno.
La crudele verità è che tutti se ne fregavano. Centinaia di anni di propaganda anti-ebraica, di persecuzioni, di pogrom e di espulsioni avevano consolidato l’odio.
La conclusione deve dunque essere senza appello: in questo mondo crudele e cinico, noi dobbiamo continuare a rafforzare le forze armate israeliane, indipendentemente dai nostri obiettivi politici. Il mondo deve saperlo. Mai più. Mai più il sangue ebraico sarà versato impunemente. Né qui in Israele, né in alcuna altra parte del mondo.
Tanto più in questo mondo cinico e crudele, dobbiamo essere capaci di riconoscere il segno del Male. E’ stato il Male ad assassinare sei milioni di Ebrei ed a mettere l’Europa a ferro e fuoco (solo i Sovietici hanno sacrificato 27 milioni di persone nella guerra contro la Germania). E il Male continua a imperversare.
Ma rafforzare l’esercito non è cosa che dipende solo da noi. Dipende anche dalla posizione del nostro paese, che a sua volta, dipende dalle nazioni del mondo e dall’opinione pubblica. Sessantacinque anni dopo la rivelazione dell’Olocausto, sempre più voci si levano in Europa per dire a Israele: Adesso basta! Anche il senso di colpa ha i suoi limiti. E’ giunto il momento di considerarvi come un paese uguale a tutti gli altri. Sarete giudicati per i vostri atti nella buona e nella cattiva sorte.
E in effetti le ultime notizie mostrano che il numero di incidenti antisemiti è aumentato significativamente nel 2009. E’ una nuova forma di antisemitismo che combina l’antico odio con una forte opposizione all’occupazione. In altri termini, il tempo lavora contro di noi. Il sostegno a Israele e alle sue forze armate non può considerarsi come dato acquisito. Il senso di colpa si va attenuando e rende possibile lo sviluppo di una critica globale all’occupazione dei territori palestinesi. E siccome in Occidente sono le opinioni pubbliche che determinano in ultima istanza la politica dei governi,  Israele deve arrivare ad un accordo per uscire dai territori occupati e ritornare ad essere un paese morale e giusto.
Perché il giubbotto antiproiettile dell’Olocausto non funzionerà per sempre. Lo vediamo creparsi e non ci potrà più proteggere a lungo.  


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