Occidente/Russia: rottura totale
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Analisi, 27 aprile 2021 - I neoconservatori statunitensi, e appresso a loro gli omologhi europei, hanno vinto. Sembra che i rapporti tra Unione Europea e Russia siano oramai a pezzi (nella foto, l'anziano e goffo Joe Biden inciampa sulla scaletta dell'aereo)
Cf2R (Centre Français de Recherche sur le Renseignement), febbraio 2021 (trad.ossin)
Occidente/Russia: rottura totale
Alain Rodier
I neoconservatori statunitensi, e appresso a loro gli omologhi europei, hanno vinto. Sembra che i rapporti tra Unione Europea e Russia siano oramai a pezzi. Resta sicuramente il progetto North Stream II, che deve approvvigionare la Germania di gas russo, ma non possono esservi dubbi sul fatto che le lobbie cercheranno di silurarlo, imponendo sanzioni alle imprese che vi partecipano. Risultato, la Germania rischia di diventare dipendente in materia energetica, dopo le prese di posizione contrarie al North Stream II degli ecologisti radicali. In sintesi, avrà bisogno dell’elettricità dalle centrali a carbone, di acquistare gas scisto statunitense e altre risorse energetiche, compreso il nucleare francese
Il cambiamento della politica estera statunitense
Va notato che la nuova amministrazione insediatasi alla Casa Bianca segue il programma: « America is back ! ». In attesa di misurarsi con il « difficile » di questa politica – i rapporti con la Cina e l’Iran -, Joe Biden ha comunque trovato uno slogan adatto a segnare una discontinuità col suo predecessore e ad indicare il cammino da percorrere nei prossimi anni. Gli Stati Uniti dovranno nuovamente essere « pronti a guidare il mondo, non ad isolarsi, pronti ad affrontare i nostri avversari, non a respingere i nostri alleati, e pronti a difendere i nostri valori ».
Il programma è il seguente; ritorno all’ordine internazionale che gli Stati Uniti hanno definito all’indomani della Seconda Guerra Mondiale. Alla dottrina del disimpegno da guerre troppo costose e per nulla efficaci, voluta da Donald Trump, Biden contrappone una vecchia idea, aggiornata alla luce dei « valori » progressisti che ha sostenuto nel corso della sua campagna elettorale: il mondo funziona meglio quando gli USA ne assumono la direzione. Più neoconservatori di così, non si può essere ! Per prima cosa, ha preso in contropiede l’alleanza siglata dal suo predecessore con l’Arabia Saudita del principe Mohammed bin Salman. La decisione più spettacolare è stato il congelamento della vendita di armi a Riyad, impegnata in una lunga guerra contro gli insorti houthi in Yemen. Occorre « fare in modo che le vendite di armi da parte degli Stati Uniti siano coerenti coi nostri obiettivi strategici » ha sottolineato un portavoce del Dipartimento di Stato, minimizzando questa misura come « routine amministrativa tipica di ogni fase di transizione ». Il nuovo presidente ha tuttavia sottolineato, lo scorso 26 gennaio, l’impegno di Washington « ad aiutare il nostro partner, l’Arabia Saudita, a difendersi da attacchi contro il proprio territorio ». Ciò perché, al di là dell’effetto annuncio, l’operazione diplomatica messa in campo da Trump attorno al riconoscimento di Israele, che include oramai gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein, il Marocco e il Sudan, viene considerata meritevole di essere proseguita. Tanto più che i Russi sono in agguato nel mar Rosso, regione eminentemente strategica e da qui fanno gli occhi dolci al Sudan per trovare un punto d’appoggio per la loro flotta.
Joe Biden ha anche deciso di invertire la rotta impressa dal suo predecessore per ciò che riguarda la NATO e, in particolare, la presenza militare statunitense in Germania. Trump, che aveva pessime relazioni con la cancelliera Angela Merkel, aveva annunciato nel 2020 di voler ridurre di circa 9 000 uomini quel contingente che ammonta a quasi 35 000 militari. Questa decisione era stata presentata come una sanzione verso Berlino – ma anche indirettamente nei confronti degli altri paesi membri della NATO – accusati di non voler mettere mano al portafogli.
Il ritorno del « nemico » russo
Soprattutto, Joe Biden sembra deciso a mettere le cose in chiaro con la Russia, sospettata di varie interferenze nelle elezioni statunitensi e di altri paesi. Non è un ritorno alla Guerra Fredda ma vi assomiglia furiosamente, con una sfumatura che non viene generalmente sottolineata dagli esperti: Il Cremlino non ha più alcuna intenzione di invadere l’Europa per convertirla al marxismo-leninismo. Per Washington, il tempo dell’« indulgenza » è finito. Nel corso del primo colloquio telefonico con Vladimir Putin, Biden non ha esitato ad abbordare temi spinosi: la sorte dell’oppositore Alexei Navalny e dei suoi seguaci, gli attacchi informatici contro istituzioni federali statunitensi, le ricompense offerte ai Talebani per ogni soldato statunitense ucciso – sulla base di informazioni, almeno in parte, tutte da verificare. Fino ad avvertimenti appena velati: « Ho detto chiaramente al presidente Putin, in termini assai diversi da quelli del mio predecessore, che il tempo in cui gli Stati Uniti non reagivano agli atti aggressivi della Russia, all’ingerenza nelle nostre elezioni, alla pirateria informatica, all’avvelenamento dei suoi cittadini, è finito. Non esiteremo a far pagare dei costi alla Russia per tutto questo e a difendere i nostri interessi vitali e il nostro popolo ». Un discorso evidentemente ad uso interno, e che non ha alcuna possibilità di essere inteso dal momento che, per i dirigenti russi, l’aggressore è Washington.
I media pro-Biden – soprattutto europei – hanno applaudito, insistendo molto sul sostegno dato ai « democratici » russi. Vladimir Putin ha, come sempre, mantenuto la calma, preferendo felicitarsi per la possibilità di prolungare di altri cinque anni l’ultimo accordo per la riduzione degli arsenali nucleari (New START), ma niente è ancora firmato: « Vediamo prima che cosa ci proporranno gli Statunitensi e poi faremo i nostri commenti » ha temperato il portavoce del presidente russo. Sa bene che, a dispetto dell’entusiasmo quasi unanime che hanno mostrato per l’elezione di Biden, molti Europei non sono ancora del tutto proni ai voleri di Washington.
Ancora più grave, secondo Mosca, è che i neoconservatori sembrano aver deciso di sfruttare l’affaire Navalny nel clima esplosivo creato dalla pandemia del Covid-19. Essi sperano, spronando migliaia di manifestanti a scendere in piazza – cifre al momento inverificabili – di provocare il caos in Russia, allo scopo di rovesciare il governo che a loro non piace perché non accetta di essere « agli ordini ». Questo modo di procedere non è affatto nuovo per gli Stati Uniti, che curano sempre di intervenire per procura.
La Russia è così diventata ancora una volta, che lo voglia o meno, il « nemico convenzionale » dopo le misure prese da Washington.
Secondo Arnaud Dubien, grande conoscitore della Russia, « il 2014 ha segnato la fine delle illusioni sulla convergenza tra Russia e Occidente, processo generalmente inteso come l’adozione da parte di Mosca del modello e delle regole del gioco stabilite a Bruxelles e a Washington ». Vale a dire un asservimento alle regole stabilite da queste entità. E’ comprensibile che i Russi, di cultura ortodossa e ancora impregnati dell’eredità marxista, siano stati reticenti ad aderire ai sistemi di pensiero occidentali, considerati decadenti e perversi.
Dunque che cosa deve rispondere Mosca ? Sempre secondo A. Dubien « quel che è accaduto in occasione della visita di Josep Borrell all’inizio del febbraio scorso a Mosca indica che la Russia non chiede dialogo politico, in ogni caso non con le priorità e le modalità volute da Bruxelles. Il Cremlino si sente forte, ascolta e ammonisce ».
In breve, sul piano politico, economico, culturale ecc, la Russia non si aspetta più niente dall’Unione Europea, considerata prossima ad affondare sotto ogni punto di vista. Poco a poco, quel che veniva acquistato in Europa adesso si produce localmente o, in mancanza, viene importato da altri paesi come la Cina. Non c’è da farsi illusioni, gli agricoltori europei in generale, e francesi in particolare, non venderanno più nulla in Russia nei prossimi anni.
Sul piano militare, proseguono i giochi « muscolari », la NATO e la Russia continuano a mettersi alla prova ma senza intenzioni di conquista dall’una e dall’altra parte. La Polonia e gli Stati Baltici possono ben agitare la minaccia rappresentata dall’Orso russo – che ha certamente recuperato la Crimea considerata vitale dal Cremlino -, ma la Russia non ha alcuna intenzione di invadere questi paesi. Per contro non può escludersi che Mosca decida di agire come fa Washington, favorendo « rivoluzioni colorate », organizzando agitazioni ad opera di terzi (ONG, simpatizzanti) per mantenere i decisori politici locali nell’incertezza, se non nell’inquietudine.
Il Grande Nord, nuova scommessa?
Senza menzionare le opportunità economiche – in parte legate ai mutamenti climatici – che molti citano, fino ad oggi il Grande Nord è stato un campo di gioco quasi esclusivo dei bombardieri strategici russi.
Ma le forze statunitensi hanno recentemente mostrato interesse per questa regione che non può più essere considerata come una « zona cuscinetto » per gli Stati Uniti. Nel 2020, per la prima volta dalla fine della Guerra Fredda, l’US Navy ha spedito quattro navi (USS Donald Cook, Porter, Roosevelt e USNS Supply) nel mare di Barents, punto di partenza dei sottomarini russi che operano nello spazio oceanico chiamato GIUK (Groenland/Iceland/United Kingdom), d’una importanza capitale per le rotte marittime tra l’Europa e l’America del Nord.
Da parte sua, l’US Air Force ha svolto diverse esercitazioni nella regione, utilizzando soprattutto bombardieri B-1 Lancer (privi oramai di capacità nucleari) che hanno sorvolato la Norvegia e la Svezia. Nel 2021, l’aeronautica militare statunitense ha intenzione di dislocare quattro di questi apparecchi in Norvegia. Saranno stazionati nella base aerea di Ørland. Questa missione dovrà ufficialmente migliorare l’inter-operatività con gli alleati e i partner di Washington in Europa, e abituare le forze alle operazioni nel Grande Nord. « La disponibilità operativa e la capacità di offrire aiuto ai nostri alleati e partner, e di reagire rapidamente, sono essenziali per il successo », ha dichiarato il generale Jeff Harrigian, comandante delle forze aeree statunitensi in Europa e in Africa. « Apprezziamo il durevole partenariato che abbiamo con la Norvegia e attendiamo con impazienza opportunità future per rafforzare la nostra difesa collettiva », ha aggiunto.
Conclusioni
Deve constatarsi che la rottura Occidente/Russia è consumata. Era prevedibile. Già da molto tempo la Russia ha ritirato i suoi osservatori dalla NATO. Deve registrarsi anche il divorzio con l’Unione Europea, dopo il recente viaggio di Josep Borell a Mosca e in vista delle future prevedibili sanzioni per l’affaire Navalny.
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