L'Ucraina, il giornalismo corrotto e la fede atlantista
- Dettagli
- Categoria: Le guerre dell'Impero in declino
- Visite: 3344
Le guerre dell'Impero in declino, 17 aprile 2022 - Un'analisi del 2014, che potrebbe essere scritta oggi tanto è attuale. Karel van Wolferen è forse il più prestigioso giornalista olandese, nonché professore in pensione all'Università di Amsterdam...
Unz Review, 14 agosto 2014 (trad.ossin)
L'Ucraina, il giornalismo corrotto e la fede atlantista
Karel Van Wolferen
L'Unione Europea non è (più) guidata da politici con una conoscenza della storia, capaci di una valutazione sobria della realtà globale o anche di semplice buon senso connesso agli interessi a lungo termine dei popoli che rappresentano. Se ci fosse bisogno di qualche altra prova di ciò, basti pensare alle sanzioni che hanno concordato la scorsa settimana per punire la Russia
Una traccia per analizzare la loro stupidità può essere fornita dai media, dal momento che qualunque idea o timore questi politici possano personalmente nutrire, si preoccuperanno solo di mostrarsi come se stessero facendo la cosa giusta, e la cosa giusta è stabilita dalla TV e dai giornali.
In gran parte dell'Unione Europea, la verità sull'orribile destino delle persone a bordo dell'aereo di linea malese proviene da giornali e TV mainstream, che la hanno a loro volta mutuata dai media mainstream anglo-statunitensi, che hanno divulgato "notizie" in cui l'insinuazione e la diffamazione sostituiscono una corretta denuncia. Pubblicazioni rispettate, come il Financial Times o quotidiani un tempo autorevoli come l’olandese NRC Handelsbladdei, per il quale ho lavorato sedici anni come corrispondente per l'Asia orientale, non solo si sono adeguati a questo giornalismo corrotto, ma hanno contribuito a guidarlo verso conclusioni folli. La saccenteria e gli editoriali che abbiamo letto hanno superato ogni esempio di isteria mediatica alimentata per scopi politici che riesco a ricordare. L'esempio più plateale che ho incontrato, un leader anti-Putin nell'Economist Magazine (26 luglio), aveva il tono dell'Enrico V di Shakespeare che esortava le sue truppe prima della battaglia di Agincourt mentre invadeva la Francia.
Bisogna tenere conto del fatto che non ci sono giornali o pubblicazioni a livello europeo capaci di formare un’opinione pubblica europea, nel senso di uno strumento di riflessione e dibattito tra europei sui grandi temi internazionali. Perché chi è interessato agli affari mondiali di solito legge l'edizione internazionale del New York Times o del Financial Times, e le domande e le risposte su questioni geopolitiche vengono di solito modellate, o fortemente influenzate, da ciò che gli editori di New York e Londra hanno ritenuto importante. Pensando che, discostandosi significativamente, Der Spiegel , Frankfurter Allgemeine Zeitung , Die Zeit e Handelsblatt, non oltrepasserebbero i confini tedeschi. Quindi non vediamo nulla di simile a un'opinione europea in evoluzione sugli affari globali, anche quando questi hanno un impatto diretto sugli interessi della stessa Unione europea.
La popolazione olandese è stata bruscamente scossa nel suo generale compiacimento rispetto agli eventi mondiali, dalla morte di 193 connazionali (insieme a 105 persone di altre nazionalità) nell'aereo abbattuto, e i suoi media si sono affrettati a puntare il dito contro Mosca, seguendo l’esempio statunitense. Le dichiarazioni che non coinvolgessero, in un modo o nell’altro, la responsabilità del presidente russo sono sembrate fuori luogo. Questo atteggiamento era in palese contrasto con le dichiarazioni di un sobrio primo ministro olandese, che è stato sottoposto a notevoli pressioni per condannare il presidente russo, ma che ha insistito nel voler attendere gli esiti di un esame approfondito di ciò che era successo veramente.
I telegiornali che ho visto nei giorni immediatamente successivi hanno invitato, tra i vari giornalisti anti-russi, anche teste parlanti statunitensi legate ai neocon perché facessero rivelazioni a un pubblico perplesso e veramente scosso. Uno specialista di politica estera olandese ha spiegato che il ministro degli Esteri o il suo vice non potevano recarsi sul luogo dell'incidente (come avevano fatto i funzionari malesi) per recuperare le spoglie dei cittadini olandesi, perché ciò avrebbe significato un implicito riconoscimento dello status diplomatico per il " separatisti”. Quando l'Unione europea riconosce in blocco un regime nato da un colpo di Stato promosso dagli USA, resti diplomaticamente bloccato.
Gli abitanti e i combattenti anti-Kiev sul luogo dell'incidente sono stati ritratti, con immagini da youtube, come criminali non collaborativi, il che per molti spettatori è stato una conferma della loro colpevolezza. La situazione è cambiata quando successivi reportage di veri giornalisti hanno mostrato abitanti del villaggio scioccati e profondamente preoccupati, ma la discrepanza non è stata spiegata e le precedenti ipotesi di malvagità non hanno lasciato spazio a un'analisi obiettiva dei motivi per i quali queste persone si stanno battendo. Le tendenziose "notizie" di Twitter e YouTube erano diventate la base dell'indignazione ufficiale degli olandesi nei confronti degli ucraini orientali, e si è diffusa l’idea che qualcosa doveva essere chiarito, quando si è vista alla televisione la consegna dei resti umani (rilasciati attraverso la mediazione malese) nel corso di una dignitosa sobria cerimonia marziale.
Nulla di ciò che ho visto o letto lasciava intendere che la crisi ucraina – che ha portato al colpo di Stato e alla guerra civile – sua stata opera dei neoconservatori e di alcuni fanatici della R2P ("Responsabilità di proteggere") del Dipartimento di Stato e della Casa Bianca, che sembrano avere avuto carta bianca dal presidente Obama. I media olandesi sembravano anche ignari del fatto che la catastrofe si fosse immediatamente trasformata in un football politico utile ai fini perseguiti dalla Casa Bianca e dal Dipartimento di Stato. L’idea che Putin avesse ragione quando ha dichiarato che la catastrofe non si sarebbe verificata se la sua insistenza sul cessate il fuoco fosse stata ascoltata, non è stata presa in considerazione.
Di fatto Kiev ha rotto il cessate il fuoco - il 10 giugno - nella sua guerra civile contro gli ucraini orientali di lingua russa che non vogliono essere governati da un gruppo di teppisti, discendenti di nazisti ucraini e oligarchi innamorati del FMI e dell'Unione Europea. I presunti "ribelli" hanno risposto all'avvio di operazioni di pulizia etnica (attentati terroristici sistematici e atrocità - 30 o più ucraini bruciati vivi) commessi dalle forze di Kiev, di cui poco o nulla si è saputo in Europa.
È improbabile che le ONG statunitensi, che per ammissione ufficiale hanno speso 5 miliardi di dollari nei tentativi di destabilizzazione politica prima del putsch di febbraio a Kiev, siano improvvisamente scomparse dall'Ucraina, o che i consiglieri militari statunitensi e le truppe specializzate siano rimasti a braccia conserte mentre l’esercito di Kiev e le milizie mappavano le loro strategie di guerra civile; dopotutto, i nuovi teppisti sono come un regime di sostegno finanziario fornito da Washington, dall'Unione Europea e dal FMI. Quello che sappiamo è che Washington sta incoraggiando le uccisioni in corso nella guerra civile che ha contribuito a innescare.
Ma Washington ha costantemente avuto la mano vincente in una guerra di propaganda contro (al contrario di quanto i media mainstream vorrebbero farci credere) un avversario essenzialmente riluttante. Ondate di propaganda provengono da Washington e forgiano l’idea di un Putin, guidato e assistito da un nazionalismo acuito dalla perdita dell'impero sovietico, che sta cercando di espandere la Federazione Russa fino ai confini di quell'impero defunto. Gli esperti più audaci, infettati dalla febbre neocon, dicono che la Russia minaccia di invadere l'Occidente. Quindi agli Europei viene fatto credere che Putin rifiuti la diplomazia, mentre invece ha sempre tentato di praticarla. Quindi la propaganda prevalente ha fatto in modo di far considerare pericolose ed estreme le iniziative di Putin, e non quelle di Washington che lo sono davvero. Chiunque abbia una storia personale che metta Putin o la Russia in cattiva luce deve farsi avanti adesso; Gli editori olandesi sembrano insaziabili in questo momento.
Non c'è dubbio che la propaganda di Mosca, a cui si fa spesso riferimento, esista. Ma i giornalisti seri hanno i mezzi per valutare la propaganda contrapposta e discernere verità e bugie. Nel mio campo visivo questo è avvenuto solo un po' in Germania. Per il resto dobbiamo ricostruire la realtà politica affidandoci agli ormai più che mai indispensabili siti statunitensi alternativi e al giornalismo investigativo vecchio stile che, soprattutto dall'inizio della "guerra al terrorismo" e dall'invasione dell'Iraq, hanno formato una forma stabile dell'editoria samizdat.
Nei Paesi Bassi quasi tutto ciò che proviene dal Dipartimento di Stato è preso per vero. Eppure, dalla fine dell'Unione Sovietica, gli Stati Uniti ci hanno propinato bugie davvero mozzafiato: su Panama, Afghanistan, Iraq, Siria, Venezuela, Libia e Corea del Nord; il loro record di governi rovesciati; le loro operazioni black-op e false flag; e la loro furtiva sorveglianza del pianeta con alcune migliaia di basi militari, tutto questo viene puntualmente dimenticato. La reazione quasi isterica per tutta una settimana all’abbattimento dell'aereo di linea ha impedito alle persone dotate di una certa conoscenza della storia di aprire bocca. Le garanzie di impiego nell’attuale mondo del giornalismo sono piuttosto scarse, e andare controcorrente sarebbe quasi come schierarsi dalla parte del diavolo, perché danneggerebbe la propria "credibilità" giornalistica.
Ciò che colpisce una vecchia generazione di giornalisti seri e che mina la credibilità dei media mainstream è l'indifferenza editoriale verso potenziali indizi che minerebbero o distruggerebbero la trama ufficiale; una trama che ha già permeato la cultura popolare, come è evidente nei commenti usa e getta che abbelliscono le recensioni di libri e film insieme a molto altro. Nei Paesi Bassi la storia ufficiale è già scolpita nella pietra, come è prevedibile quando essa viene ripetuta diecimila volte. Non può essere scontato, ovviamente, ma non si basa su uno straccio di prova.
La presenza di due aerei da combattimento ucraini vicino all'aereo di linea malese sul radar russo sarebbe un potenziale indizio a cui sarei molto interessato se stessi indagando come giornalista o come membro della squadra investigativa che i Paesi Bassi guidano ufficialmente. Il dato sembra essere confermato da un reportage della BBC con testimonianze oculari da terra di abitanti del villaggio che hanno visto chiaramente un altro aereo, un caccia, vicino all'aereo di linea, nel momento dello schianto, e hanno sentito esplosioni provenire dal cielo. Questo rapporto ha recentemente attirato l'attenzione perché è stato rimosso dall'archivio della BBC. Avrei parlato con Michael Bociurkiw, uno dei primi ispettori dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) a raggiungere il luogo dell'incidente, e che ha trascorso più di una settimana ad esaminare il relitto e ha descritto a CBC World News due o tre pezzi di fusoliera "veramente crivellati". “Sembra quasi il fuoco di una mitragliatrice; fuoco di mitragliatrice molto, molto forte che ha lasciato questi segni unici che non abbiamo visto da nessun'altra parte”.
Avrei anche dato un'occhiata al radar e alle registrazioni vocali presumibilmente sequestrate della Torre di controllo aereo di Kiev per capire perché il pilota malese ha virato fuori rotta ed è sceso rapidamente poco prima che il suo aereo si schiantasse, e scoprire se i controllori aerei stranieri a Kiev siano stati effettivamente inviati a fare i bagagli immediatamente dopo l'incidente. Come i "Veteran Intelligence Professionals for Sanity", avrei chiesto sicuramente alle autorità statunitensi con accesso alle immagini satellitari di mostrare le prove che davvero vi sono delle batterie missilistiche BUK nelle mani dei "ribelli" e del coinvolgimento russo, e chiedere loro perché non l'hanno già fatto. Finora Washington si è comportata come un guidatore che rifiuta di sottoporsi al test dell'etilometro.
Per guardare in prospettiva la lealtà dei media europei nei confronti di Washington nel caso dell'Ucraina e la condotta servile dei politici europei, dobbiamo conoscere e comprendere l'atlantismo. È una fede europea. Non ha dato origine a una dottrina ufficiale, ovviamente, ma funziona come tale. È ben sintetizzata dallo slogan olandese al tempo dell'invasione dell'Iraq: " zonder Amerika gaat het niet” (senza gli Stati Uniti [niente] funzionerà). Non è vero che sia stata la Guerra Fredda a dare vita all'atlantismo. Ironia della sorte, esso ha guadagnato forza quando la minaccia dell'Unione Sovietica era diventata meno convincente per un numero crescente di élite politiche europee. Probabilmente è stata una questione di ricambio generazionale: più ci si allontana dalla Seconda Guerra mondiale, meno i governi europei ricordano cosa significa avere una politica estera indipendente su questioni di portata globale. Gli attuali capi di governo dell'Unione europea non hanno familiarità con le deliberazioni strategiche pratiche. Il pensiero di routine sulle relazioni internazionali e sulla politica globale è profondamente radicato nell'epistemologia della Guerra Fredda.
Questo inevitabilmente informa anche le politiche editoriali "responsabili". L'atlantismo è ora una terribile afflizione per l'Europa: alimenta l'amnesia storica, la cecità volontaria e la rabbia politica pericolosamente mal concepita. Ma prospera su un misto di persistenti certezze indiscusse dell'era della Guerra Fredda in materia di protezione, di fedeltà da Guerra Fredda radicate nella cultura popolare, di pura ignoranza europea e di una comprensibile riluttanza ad ammettere che ci sia stato anche solo un po' di lavaggio del cervello. Washington può fare cose scandalose, senza mettere in discussione l'atlantismo avvalendosi della tendenza a dimenticare, che i media fanno poco o nulla per contrastare. Conosco olandesi che sono disgustati dalla denigrazione di Putin, ma ciò nonostante ritengono inaccettabile che per i fatti ucraini si punti il dito accusatore verso Washington. Quindi le pubblicazioni olandesi, insieme a molte altre in Europa, non riescono a mettere la crisi ucraina nella giusta prospettiva riconoscendo che Washington ha iniziato tutto e che Washington, piuttosto che Putin, ha la chiave per la sua soluzione. Indurrebbe a rinunciare all'atlantismo.
L'atlantismo trae gran parte della sua forza dalla NATO, la sua incarnazione istituzionale. La ragione dell'esistenza della NATO, scomparsa con la scomparsa dell'Unione Sovietica, è stata in gran parte dimenticata. Costituita nel 1949, si basava sull'idea che la cooperazione transatlantica per la sicurezza e la difesa fosse diventata necessaria dopo la seconda Guerra Mondiale di fronte alla minaccia guidata da Mosca di un comunismo mirante alla conquista dell'intero pianeta. Molto meno discussa è stata la sfiducia interna europea, poiché gli europei stavano facendo i loro primi passi verso l'integrazione economica. La NATO costituiva una sorta di garanzia statunitense che nessuna potenza in Europa avrebbe mai cercato di dominare le altre.
La NATO è ormai da tempo un handicap per l'Unione Europea, poiché impedisce lo sviluppo di politiche estere e di difesa europee concertate e ha costretto gli Stati membri a diventare strumenti al servizio del militarismo statunitense. È anche una responsabilità morale perché i governi che partecipano alla "coalizione dei volenterosi" hanno dovuto vendere ai propri cittadini la menzogna che i soldati europei morti in Iraq e in Afghanistan siano stati un sacrificio necessario per mantenere l'Europa al sicuro dai terroristi. I governi che hanno inviato truppe nelle aree occupate dagli Stati Uniti lo hanno generalmente fatto con notevole riluttanza, guadagnandosi il rimprovero di una successione di funzionari statunitensi che accusano gli europei di fare troppo poco per la finalità comune di difendere la democrazia e la libertà.
Come è proprio delle ideologie, l'atlantismo è astorico. Come cura da cavallo contro il tormento dell'ambiguità politica fondamentale, crea da sé la propria storia: una storia che può essere riscritta dai media mainstream statunitensi mentre aiutano a diffondere la voce da Washington.
Difficilmente potrebbe esserci una dimostrazione migliore di questo, rispetto all'esperienza olandese in questo momento. Nelle conversazioni di queste ultime tre settimane ho colto una vera sorpresa quando ho ricordato agli amici che la Guerra Fredda si è conclusa con la diplomazia, con un accordo fatto a Malta tra Gorbaciov e l'anziano Bush nel dicembre 1989, nel corso del quale James Baker convinse Gorbaciov ad accettare la riunificazione della Germania e il ritiro delle truppe del Patto di Varsavia con la promessa che la NATO non sarebbe stata estesa nemmeno di un pollice verso est. Gorbaciov si impegnò a non usare la forza nell'Europa orientale, dove i Russi avevano circa 350.000 soldati nella sola Germania dell'Est, in cambio della promessa di Bush che Washington non avrebbe approfittato del ritiro sovietico dall'Europa orientale. Bill Clinton ha rinnegato quelle promesse quando, per ragioni puramente elettorali, cominciò a promuovere l’allargamento della NATO e, nel 1999, fece diventare membri a pieno titolo la Repubblica Ceca e l'Ungheria. Dieci anni dopo, altri nove paesi sono entrati nell’organizzazione, a quel punto il numero dei paesi della NATO era il doppio di quelli che vi facevano parte durante la Guerra Fredda. Il famoso specialista statunitense della Russia, l'ambasciatore George Kennan, ideatore della politica di contenimento della Guerra Fredda, ha definito la mossa di Clinton "l'errore più fatale della politica statunitense nell'intero dopoguerra".
L'ignoranza storica favorita dall'atlantismo è evidente nella tesi secondo cui la prova definitiva nel caso contro Vladimir Putin è la sua invasione della Crimea. Ancora una volta la realtà politica qui è stata creata dai media mainstream statunitensi. Non c'è stata alcuna invasione, poiché i marinai e i soldati russi erano già lì in quanto ospita la base "acqua calda" del Mar Nero per la marina russa. La Crimea fa parte della Russia da quando esistono gli Stati Uniti. Nel 1954 Krusciov, lui stesso originario dell'Ucraina, la cedette alla Repubblica socialista ucraina, e ciò equivaleva a uno spostamento da una provincia ad un’altra, dal momento che Russia e Ucraina appartenevano ancora allo stesso paese. La popolazione della Crimea di lingua russa è stata abbastanza soddisfatta, tanto da avere approvato dapprima un referendum per l'indipendenza dal regime di Kiev formatosi con un colpo di Stato, e poi per la riunificazione con la Russia.
Coloro che sostengono che Putin non avesse il diritto di fare una cosa del genere non sono a conoscenza di un altro filone della storia in cui gli Stati Uniti hanno spostato i sistemi di difesa missilistica (Guerre Stellari) sempre più vicino ai confini russi, affermando di dover intercettare missili ostili dall'Iran, che non esistono. I discorsi bigotti sull'integrità territoriale e sulla sovranità non hanno senso in queste circostanze e, provenendo da una Washington che ha eliminato il concetto di sovranità nella propria politica estera, sono decisamente ridicoli.
Una detestabile mossa atlantista è stata l'esclusione di Putin dagli incontri e da altri eventi legati alla commemorazione dello sbarco in Normandia, per la prima volta in 17 anni. Di conseguenza, il G8 è diventato il G7. L'amnesia e l'ignoranza hanno reso gli olandesi ciechi di fronte a una storia che li riguardava direttamente, da quando l'Unione Sovietica ha strappato il cuore alla macchina bellica nazista (che occupava i Paesi Bassi) a costo di un numero incomparabile e inimmaginabile di morti militari; senza di essa non ci sarebbe stata un'invasione della Normandia.
Non molto tempo fa, i disastri militari completi dell'Iraq e dell'Afghanistan sembravano destinare la NATO ad una fine inevitabile. Ma la crisi ucraina e la risolutezza di Putin nell'impedire alla Crimea con la sua base della Marina russa di cadere nelle mani dell'alleanza di proprietà statunitense, sono state una manna dal cielo per questa istituzione vacillante.
La leadership della NATO ha già spostato truppe per rafforzare la propria presenza negli Stati baltici, inviando missili e aerei d'attacco in Polonia e Lituania, e dall'abbattimento dell'aereo di linea malese ha preparato ulteriori mosse militari che potrebbero trasformarsi in pericolose provocazioni della Russia. È diventato chiaro che il ministro degli Esteri polacco, insieme ai paesi baltici, nessuno dei quali partecipava alla NATO quando la sua ragione d'essere poteva ancora essere concepibile, sono diventati una forte forza trainante. Nell'ultima settimana si è diffuso uno stato d'animo di mobilitazione. Si può fare affidamento sui manichini ventriloqui Anders Fogh Rasmussen e Jaap de Hoop Scheffer per portare sugli schermi TV invettive contro la timidezza degli Stati membri della NATO. Rasmussen, l'attuale Segretario Generale, ha dichiarato il 7 agosto a Kiev che "il sostegno della NATO alla sovranità e all'integrità territoriale dell'Ucraina è incrollabile" e che intende rafforzare la partnership con questo paese al vertice dell'Alleanza in Galles a settembre. Questa partnership è già forte, ha affermato, "e in risposta all'aggressione della Russia, la NATO sta lavorando ancora più strettamente con l'Ucraina per riformare le sue forze armate e le istituzioni di difesa".
Nel frattempo, al Congresso statunitense, 23 repubblicani del Senato hanno presentato un progetto di legge, il "Russian Aggression Prevention Act", che ha lo scopo di consentire a Washington di fare dell'Ucraina un alleato non NATO e potrebbe preparare il terreno per un conflitto militare diretto con la Russia. Probabilmente dovremo aspettare fino a dopo le elezioni di medio termine statunitensi per vedere cosa ne sarà, ma aiuta già a fornire una scusa politica per coloro che a Washington vogliono fare i prossimi passi in Ucraina.
Nel settembre dello scorso anno Putin ha aiutato Obama permettendogli di fermare una campagna di bombardamenti contro la Siria promossa dai neocon, e aveva anche aiutato a disinnescare la disputa nucleare con l'Iran, altro progetto neocon. Ciò ha indotto i neocon a impegnarsi per rompere il legame Putin-Obama. Non è certo un segreto che i neoconservatori desiderino il rovesciamento di Putin e l'eventuale smembramento della Federazione Russa. Meno nota in Europa è l'esistenza di numerose ONG al lavoro in Russia, che si propongono tale obiettivo. Vladimir Putin potrebbe colpire ora o presto, per anticipare la NATO e il Congresso statunitense, prendendo l'Ucraina orientale, cosa che probabilmente avrebbe dovuto fare subito dopo il referendum in Crimea. Ciò, ovviamente, sarebbe una prova delle sue cattive intenzioni agli occhi dell'editoria europea.
Alla luce di tutto ciò, una delle domande più fatali da porsi nell'attualità globale è: cosa deve succedere agli europei per rendersi conto del fatto che Washington sta giocando con il fuoco e ha smesso di essere il protettore su cui contavano, e sta invece ora mettendo in pericolo la loro sicurezza? Verrà il momento in cui diventerà chiaro che la crisi ucraina riguarda, soprattutto, il posizionamento di batterie di missili Star Wars lungo un ampio tratto di confine russo, il che conferisce a Washington – nel gergo folle degli strateghi nucleari – capacità di "primo attacco"?
Sta cominciando a farsi largo tra gli europei più anziani l’idea che gli Stati Uniti hanno nemici che non sono nemici dell'Europa perché ne hanno bisogno per ragioni di politica interna; per mantenere in vita un'industria bellica estremamente importante dal punto di vista economico e per mettere alla prova con una scorciatoia la buona fede politica dei candidati a cariche pubbliche. Ma mentre usare stati canaglia e terroristi come bersagli per "guerre giuste" non è mai stato convincente, la Russia di Putin demonizzata da una NATO militarista potrebbe aiutare a prolungare lo status quo transatlantico. La verità dietro il destino dell'aereo di linea malese, ho pensato dal momento in cui ne ho sentito parlare, sarebbe stata politicamente determinata. Le sue scatole nere sono a Londra. In mano alla NATO?
Restano ulteriori enormi ostacoli ad una simile presa di coscienza; la finanziarizzazione e le politiche neoliberiste hanno prodotto un intimo intreccio transatlantico di interessi plutocratici. Insieme alla fede atlantista, hanno contribuito a ostacolare lo sviluppo politico dell'Unione europea e, di conseguenza, la capacità dell'Europa di procedere con decisioni politiche indipendenti. Da Tony Blair, la Gran Bretagna è nelle tasche di Washington, e da Nicolas Sarkozy si può dire più o meno lo stesso della Francia.
Non troppo diversa la Germania. Angela Merkel era chiaramente scontenta delle sanzioni, ma alla fine si è adeguata perché vuole rimanere dalla parte buona del presidente statunitense e gli Stati Uniti, quali vincitori della Seconda Guerra mondiale, hanno ancora influenza attraverso una serie di accordi. Il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, citato sui giornali e apparso in TV, ha ripudiato le sanzioni e indicato l'Iraq e la Libia come esempi dei risultati portati dall'escalation e dagli ultimatum, eppure anche lui gira le spalle e, alla fine, si adegua.
Der Spiegel è una delle pubblicazioni tedesche che offrono speranza. Uno dei suoi editorialisti, Jakob Augstein, attacca i “sonnambuli” che hanno accettato le sanzioni e critica i colleghi che puntano il dito contro Mosca. Gabor Steingart, che pubblica Handelsblatt, inveisce contro la "tendenza statunitense all'escalation verbale e poi militare, all'isolamento, alla demonizzazione e all'attacco dei nemici" e conclude che anche il giornalismo tedesco "è passato da un atteggiamento equilibrato ad uno agitato in poche settimane. Lo spettro delle opinioni è stato ristretto al campo visivo di un mirino da cecchino". Ci devono essere più giornalisti in altre parti d'Europa che dicono cose del genere, ma le loro voci non sopportano il frastuono della diffamazione.
La storia si fa, ancora una volta. Ciò che potrebbe condannare il destino dell'Europa è che, anche a tra i non atlantisti, gli europei perbene non riescano a credere nella disfunzione e nell'assoluta irresponsabilità degli Stati Uniti.
Karel van Wolferen è un giornalista olandese e professore in pensione all'Università di Amsterdam. Dal 1969 ha pubblicato oltre venti libri su questioni di ordine pubblico, che sono stati tradotti in undici lingue e venduto oltre un milione di copie in tutto il mondo. In qualità di corrispondente estero per NRC Handelsblad , uno dei principali giornali olandesi, ha ricevuto il più alto riconoscimento olandese per il giornalismo e negli anni i suoi articoli sono apparsi su The New York Times , The Washington Post , The New Republic , The National Interest, Le Monde , e numerosi altri giornali e riviste.
AGGIORNAMENTO 2:
Scott Horton ha un'intervista in podcast di Karel van Wolferen riguardo al suo articolo su:
Ossin pubblica articoli che considera onesti, intelligenti e ben documentati. Ciò non significa che ne condivida necessariamente il contenuto. Solo, ne ritiene utile la lettura |